sabato 31 agosto 2019

ILDEGARDA DI BINGEN


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Ancora una volta, già più avanti negli anni, quasi alla fine della sua vita, Ildegarda descrive in una lettera in risposta ad un giovane monaco vallone, Guibert de Gembloux, che voleva essere informato a riguardo: “Sin dalla prime infanzia e fino all’ora presente - ha più di settant’anni - trovo la mia gioia in questa visione; in questa visione la mia anima sale fino alle altezze del firmamento. Quanto io nella visione vedo, non l’avverto con gli occhi che vedono quanto sta di fuori, né l’ascolto con le orecchie esteriori, né l’avverto con il pensiero del mio cuore, né con altra mediazione dei cinque sensi. Piuttosto lo vedo nell’anima mia ad occhi aperti, perché mai ho provato la perdita di conoscenza propria dell’estasi, mentre questa visione io l’ho da sveglia, di giorno come di notte.  E la luce che io vedo non ha a che fare con il luogo in cui mi trovo; è molto, molto più luminosa di ogni nube che porta con sé il sole e non riesco a scorgerne né altezza, né lunghezza, né larghezza. Mi è stato fatto conoscere il suo nome: ombra della luce vivente. Come il sole, la luna, le stelle si specchiano nell’acqua, così in questa luce mi si presentano, sfavillanti, scritti, parole, virtù, azioni e quanto lo vedo e apprendo nella visione lo conservo a lungo nella memoria, perché mi basta di vedere alcunché nella visione per ritenerlo a mente, Vedo, ascolto e so, tutto nello stesso tempo e in un istante apprendo perfettamente quello che poi so…non so nulla che non abbia veduto”.
Neanche Ildegarda stessa può spiegare ciò che le succedeva. Interessante è notare che Ildegarda qui, come nelle altre volte quando parla delle sue visioni, insiste sul fatto che le ha da sveglia e non nel sonno o in sogni. Per esempio, autori come il celebre Ruperto di Deutz, uno scrittore che ha commentato tutta la Scrittura in non so quanti volumi, le sue visioni le ha avuti in sogni, ma c’era
questa differenza nell’interpretazione dei sogni al tempo di Ildegarda: che i sogni degli uomini avevano valore, invece quelli delle donne, no. Così Ildegarda dice qui che quello che ha visto non
ha nulla a che fare con i sogni.
I genitori di Ildegarda l’affidano ad una giovane, perché l’introduca alla vita religiosa. Nel capitolo 59 della Regola di San Benedetto leggiamo che i genitori possono offrire il figlio ancora bambino a Dio,  basta che avvolgano la carta dello scritto della loro donazione e la mano del bambino nella tovaglia dell’altare e così l’offrono. E questa offerta è definitiva.  Ildegarda più tardi, quando parla di questo tipo di offerte, le giudica negativamente; dice che bisogna dare al figlio, giunto all’età adulta, ai quindici – vent’anni, la possibilità di decidere egli stesso. Non è giusto farne l’offerta; lei non è la sola a pensare così.

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Sr. ANGELA CARLEVARIS osb

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