sabato 24 agosto 2019

PADRE PIO E IL DIAVOLO



Gabriele Amorth racconta... 

Una testimonianza molto interessante inedita, contenuta nella Positio, è stata fornita da padre Aurelio di Sant'Elia a Pianisi, che era uno degli allievi di Padre Pio. «Seppi più tardi» racconta «delle lotte che lui sosteneva con il diavolo. Devo affermare che fui testimone di quanto veniva asserito dagli altri, religiosi maturi e coscienti. Nel 1917, ricordo, rientrando dopo le preghiere della sera nella camerata, adibita oggi ad archivio, trovai, o meglio trovammo, i ferri grossi quanto un dito che sostenevano le tende di separazione del letto del Padre contorti e divelti dal loro posto. Presi tutti da stupore prima e da paura dopo, ognuno diceva la sua. I piccoli piangevano, i più grandi cercavano di sedare gli animi. Richiamato dal fracasso, arrivò il Padre. Sedò lui la tempesta, raccomandandoci di pregare assieme a lui perché il maligno non avesse cantato vittoria. Con la tenerezza di una mamma ci pregò di metterci a letto perché avrebbe lui vegliato accanto ai nostri letti. E non si mosse davvero fintanto che non prendemmo sonno. Fece suonare un poco più tardi del solito la sveglia e, svegli, ci raccomandò di non dire a nessuno quello che era avvenuto. Conservammo i ferri gelosamente per parecchi mesi. Un incosciente superiore poi permise che venissero utilizzati per il davanzale del piccolo balcone che venne aperto nella scuola, oggi adibita per gli abbonamenti della “Voce di Padre Pio”.» Un altro episodio di questo genere, ma tutto personale: «Non vedevo bene, come piccolo responsabile del gruppo dei seminaristi più piccoli, che si fossero attardati, dopo aver ricevuto la benedizione serale, che il Padre dava a tutti noi’ a richiederne un’altra. Me ne lamentai risentitamente con loro e con il medesimo Padre, affermando che stimavo inutile e ipocrita la richiesta di una seconda benedizione. Il Padre si turbò un tantino e mi pregò di mitigare il giudizio proprio perché avrei potuto pentirmene. Non cedei alle sue reiterate preghiere e turbato anch'io mi allontani da lui portandomi nella cella, oggi abitata dal superiore del convento, a dormire. Ma cosa insolita per un ragazzo di quindici anni, non riuscivo a prendere sonno. Il Padre venne per due volte a visitarmi, sempre raccomandandomi di pregare. Con tutte queste sue accortezze paterne, non riuscii ad addormentarmi. Alla mezzanotte, dopo aver contate le ore, battute dall'orologio, sito allora in fondo al corridoio principale, avvertii uno strano fenomeno. Caldo intenso e soffocante, fetore nauseante, passi di piedi scalzi e un respiro accelerato e ansante. Avrei voluto gridare e muovermi, ma, per la paura, non riuscivo né a gridare e né a muovermi dalla posizione presa. Questo fenomeno durò oltre dieci minuti. Avvertii, distintamente, il raschiare di unghie vicino al letto. Non esagero: niente vidi, ma tutto potei avvertire. Dalla mano invisibile fu preso il quadretto della Madonna di Pompei, che ebbi regalato dal medesimo Padre, e fu scaraventato contro le imposte della piccola finestra della mia cella. Sentii il colpo e constatai al mattino, alla presenza del Padre Pio, quello che era avvenuto nella notte. 
Terrorizzato non osai uscire dalla cella e non mi mossi dal letto fintantoché non si fece giorno e non avvertii i primi passi nel corridoio. Senza vestirmi, in mutandine e maglietta, corsi alla cella del Padre tremando e piangendo e gridando per narrare l'accaduto e per pregarlo di farmi partire immediatamente per il mio paese. Il Padre non mi fece dire. Capì tutto. Si alzò anche lui e mi disse queste parole: “Meno male che hai sentito solamente e non hai visto". Mi toccò la testa e il polso e senza farmi tornare alla mia cella, mi adagiò sul suo letto. Mi addormentai subito. Venne lui a svegliarmi, dopo la colazione. Mi fece promettere che non avrei detto a nessuno dei compagni la terribile e paurosa nottata e mi assicurò che mi avrebbe passato dalla cella alla cameratina, dove avrei potuto stare più tranquillo. Da quella notte il primo a richiedere una e due benedizioni ero io». 

MARCO TOSATTI 

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