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IL CULTO DEI MORTI NELLA RIVELAZIONE DIVINA
L'immortalità dell'anima
Dio creò l'uomo biologicamente immortale, ma il peccato limitò la durata della sua vita e la riempì di dolori e angosce come progressiva preparazione alla morte stessa. È impressionante vedere come gli autori sacri presentino la vita umana: una «goccia» nel mare, un «granello» di sabbia, un «sogno» che svanisce, un'«ombra» che passa, un «fiore» che marcisce, una «spola» che corre veloce... All'esperienza della vita fisica così presentata dalla Scrittura, fa luminoso contrasto l'alito di vita (Gen. 2,7) che, uscito dalla bocca di Dio, assicura l'immortalità all'uomo.
L'immortalità dell'anima, intesa come sopravvivenza nell'aldilà, è affermata con forza già nei più antichi libri della Scrittura. La Genesi ricorda che il patriarca Abramo si riunì ai suoi antenati (Gen. 25,8), le quali parole non si riferiscono alla tomba di famiglia, ma al regno dei morti dove le anime dei defunti si trovano riunite. Il Qoelet, uno degli ultimi libri dell'Antico Testamento, attesta che l'uomo se ne va nella dimora eterna per due strade: la polvere (il corpo) alla terra, come era prima, e lo spirito... a Dio che lo ha dato (Qo. 12,5.7). L'autore sacro del secondo libro dei Maccabei, afferma l'immortalità dell'anima e la sua sopravvivenza nel mondo futuro, quando insegna che Dio, giusto giudice, darà una degna ricompensa a quanti fanno il bene e un meritato castigo a coloro che fanno il male. Giuda Maccabeo mandò i suoi uomini a raccogliere i cadaveri dei caduti in battaglia contro Gorgia. Nota il testo sacro: Ma trovarono sotto la tunica di ciascun morto oggetti sacri agli idoli di Iamnia, che la legge proibisce ai Giudei; fu perciò a tutti chiaro il motivo per cui costoro erano caduti. Allora Giuda, dopo aver esortato il popolo a mantenersi senza peccato, fece una colletta e raccolte circa duemila dramme d'argento, le inviò a Gerusalemme perché fosse offerto un sacrificio espiatorio... suggerito dal pensiero della risurrezione. Perché se non avesse avuto ferma fiducia che i caduti sarebbero risuscitati, sarebbe stato superfluo e vano pregare per i morti (2 Mac. 12,40-44).
Nello stesso libro sacro si racconta il martirio di sette fratelli uniti alla loro madre. Il fatto è certamente storico e le affermazioni dei protagonisti, davanti al feroce tiranno, testimoniano non solo le loro personali convinzioni, ma anche quelle di tutto il popolo ebreo in mezzo al quale vivevano ed erano stati educati. Il secondogenito rispose al re: Tu, o scellerato, ci elimini dalla vita presente, ma il re del mondo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a una vita nuova ed eterna. Dello stesso tenore sono le affermazioni del quarto giovane: È bello morire a causa degli uomini, per attendere da Dio l'adempimento delle speranze di essere da lui di nuovo risuscitati... Meravigliose, poi, sono le parole con le quali la coraggiosa madre esortava i suoi figli: Senza dubbio il Creatore del mondo che ha plasmato all'origine l'uomo ed ha provveduto alla generazione di tutti, per la sua misericordia vi restituirà di nuovo lo spirito e la vita... Rivolgendosi, poi, al più giovane dei figli, diceva: Non temere questo carnefice, ma, mostrandoti degno dei tuoi fratelli, accetta la morte, perché io ti possa riavere, insieme con i tuoi fratelli, nel giorno della sua misericordia (2 Mac. 7).
L'immortalità dell 'anima, la conseguente felicità dei giusti e il castigo dei cattivi, sono cantati dall'autore del libro della Sapienza: Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio, e nessun tormento le toccherà. Agli occhi degli stolti parve che morissero; la loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro partenza una rovina, ma essi sono in pace. Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi, la loro speranza è piena d'immortalità. Per una breve pena riceveranno grandi benefici perché Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé: li ha saggiati come oro nel crogiolo e li ha graditi come un olocausto. Nel giorno del giudizio risplenderanno; come scintille nella stoppia, correranno qua e là. Governeranno le nazioni, avranno potere sui popoli e il Signore regnerà sempre su di loro (Sap. 3,1-8).
La rivelazione divina dell'Antico Testamento che abbiamo ora ricordato, proclama a una voce che il peccato ha condannato l'uomo alla morte biologica, ma non a una totale distruzione o un ritorno nel nulla. L'alito di vita che vivifica il corpo durante il suo pellegrinaggio terreno, è la «scintilla divina» che gli assicura una nuova vita nel regno di Dio, quando la redenzione di Gesù rinnoverà tutto il creato. Così davanti al mistero della morte e soprattutto del dopo-morte, la parola di Dio è preziosa, confortatrice e ricca di speranza per noi pellegrini verso il camposanto.
Del Padre francescano Pasquale Lorenzin
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