venerdì 31 luglio 2020

DA MEDITARE E PER METTERSI DAVANTI A DIO



Cammino e mi fermo, mi fermo e cammino, come se il tempo fosse il camminare e il fermarsi un arrestarsi.  

Respiro e mentre l’aria entra nei miei polmoni e ve la trattengo, penso:  
Come posso affidarmi a Te, mio Dio? Come correre alla ricerca di trovare la misura del Tuo Amore, perché sia pura ed abbondante, talmente abbondante che niente e nessuno possa distogliermi dalla sintonia con Te? 

Penso a quello che si possiede, ai beni che le persone posseggono e a quello a cui sono legate e a come quello che si possiede non faccia la felicità, ma a volte intrappoli, leghi e congeli l’amore. Penso a coloro che non posseggono nulla e di come si accontentino di poco e alla felicità che appare sui loro volti con il poco che la vita offre loro.  

E rifletto: è contraddittorio, ma è la realtà. E mi ricordo di qualcosa che in questi giorni una persona mi ha detto: “sai perché Dio permette che gli eventi della natura colpiscano maggiormente i poveri che i ricchi? Perché quando al ricco capita qualcosa di negativo rinnega Dio, mentre il povero Lo invoca.” 

Il respirare mi suggerisce l’invocare Dio. Se non respiri, si sente che la vita ti abbandona, invocare Dio è ricordarsi della Sua Misericordia, è credere che mi libera dall’abisso, è credere che i Miei orecchi possono sentire la Voce di Dio e che la Fede va vissuta.  

La Voce di Dio. Sì, quella Voce che riecheggia dentro di me, che ferisce come una daga e che delinea come un pennello, che può scrivere come una matita e come un fiammifero può accendere un fuoco e può bruciare. 

Voce di Dio che produce i colori, 
che dà vita, che abbraccia e consola.  

Voce di Dio che ama smisuratamente  
e che è quella Voce che dà sollievo, riposo  
e che mi dice: tu sei la mia amata creatura.  

Quella voce che mi dice che devo conoscere intimamente il mio Dio, per amarlo senza limiti ed in Lui amare il mio prossimo.  

Respiro profondamente, concentrandomi sul mio respiro e, a poco a poco, sento fluire l’aria in me, l’assaporo, la faccio mia, ne sono grata e con il respiro mi unisco a Dio, come se non fossi che un elemento, una delle tante sue creazioni.   

E sono grata di tanta grandezza per una creatura, di tanta magnificenza e delicatezza. 

Grandezza, cosa significa grandezza? E la mia mente mi porta ad evocare un luogo, un grande spazio, ma adesso non è questa la grandezza che desidero, ma quella di Dio, quella infinita. La grandezza di avermi dato la vita, una famiglia, i doni, le virtù, ma soprattutto la magnificenza di poterLo conoscere.  

La vita, pensare alla vita mi fa provare nostalgia, la nostalgia di un ieri che è trascorso ma che oggi è ancora presente, tuttavia è impossibile recuperare. 
E rifletto e penso alla vita, penso a una fanciullezza così felice, tra canti e innocenza. Forse mi sarebbe piaciuto fermarmi a quello stadio, non svegliarmi, ma rimanervi senza distaccarmene, ma so che è impossibile, perché la legge stessa della vita porta a percorrerne in fretta le varie tappe, necessarie allo sviluppo della persona.  

Respiro e mi soffermo, considerando quello che manipola l’uomo e che lo fa soccombere: il peccato, quel fango che invischia e che è difficile togliersi di dosso, quello sporco che non è compatibile con la verità, con l’amore.  

Ed io sono amore, come Dio È Amore, quello che Lui desidera è dolce, si unisce strettamente in me e si fonde con me, perché in Dio tutto l’essere si unifica, compresi i sensi corporali, perché Dio È Amore. 

Amen. 

(Ispirata a Luz de Maria, 20.10.2011) 

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