Dice Gesù:
«Uno dei maggiori dolori che Io abbia è quello di vedere come il razionalismo sia infiltrato nei cuori, anche nei cuori che si dicono miei. Sarebbe inutile mettere a parte di tanto dono i sacerdoti. Proprio fra questi si trovano quelli che, predicando Me e i miei passati miracoli, negano la Potenza mia, quasi Io non fossi più il Cristo capace di parlare ancora alle anime che languono per mancanza della mia Parola, quasi ammettendo la mia incapacità attuale al miracolo e la potenza della grazia in un cuore.
Credere è segno di purezza oltre che di fede. Credere è intelligenza oltre che fede. Chi crede in purezza e in intelligenza distingue la mia Voce e la raccoglie.
Gli altri sofisticano, discutono, criticano, negano. E perché? Perché vivono della pesantezza e non dello spirito. Sono ancorati alle cose che hanno trovato e non pensano che sono cose venute da uomini, i quali non sempre hanno visto giusto, e se anche hanno visto giusto e scritto giusto hanno scritto per il loro tempo e sono stati male capiti dai futuri. Non pensano che Io posso avere altro da dire, atto ai bisogni dei tempi, e che sono Padrone di dirlo come e a chi mi piace, poiché Io sono il Dio e il Verbo eterno che mai non cessa d’essere Parola del Padre.
Tento le ultime prove per infiammare le anime che non sono più anime vive ma automi dotati di moto, ma non di intelligenza e carità. Il mio operare, dal principio di questo secolo, l’ultimo di questo II° millennio, è un miracolo di Carità per tentare la Ia salvezza del genere umano, specie delle anime sacerdotali senza le quali la salvezza di molti è impossibile. Mi sostituisco Io ai pulpiti vuoti o suonanti parole senza vita vera. Ma pochi sono coloro che sono degni di capirmi. Pochi anche fra i miei ministri.
Perciò il Padre42 si regoli. Attinga e s’informi al mio dire per sé, per tutti, ma cerchi soprattutto di accendere carità nei cuori, anche dei confratelli.
Meno scienza e più carità. Meno libri e più Vangelo. E luce nelle anime perché Io sono Luce.
Sgomberare tutto per far posto alla Luce.»
DA: I QUADERNI DEL 1943
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