lunedì 18 marzo 2019

LA SANTISSIMA EUCARESTIA



LA FEDE NELL'EUCARISTIA
Chi crede in me ha la vita eterna! (Giovanni, VII, 47).


Che felicità sarebbe la nostra se avessimo una fede viva verso il Santissimo Sacramento! L'Eucaristia è la verità regale della fede; è la virtù, l'atto supremo dell'amore, tutta la religione in atto. Oh, se conoscessimo il dono di Dio!
Ma la fede nell'Eucaristia è un tesoro che si cerca con l'umiltà di spirito, si conserva con la pietà, si difende con ogni sorta di sacrificio. Non aver la fede nel Santissimo Sacramento è la più grande sventura.

I. Anzitutto, è possibile perdere completamente la fede verso il Santissimo Sacramento, quando la si ebbe un tempo e si ricevette la S. Comunione? No, non lo credo! Può un figlio disprezzare suo padre, insultare sua madre, ma non riconoscerli, è impossibile! Cosi un cristiano non può negare di aver ricevuto la Comunione, non può dimenticare ch'ebbe un giorno felice!

L'incredulità verso il Santissimo Sacramento non viene mai dall'evidenza delle ragioni contrarie a questo mistero. Quell'uomo è stordito dagli affari temporali, la sua fede dorme: ha dimenticato. Ma che la grazia lo svegli, la semplice grazia del ravvedimento: il suo primo impulso lo porterà istintivamente verso l'Eucaristia.

L'incredulità proviene talvolta dalle passioni che signoreggiano un cuore. Una passione che vuol regnare è crudele. Soddisfatta nelle sue brame, disprezza; presa di fronte, nega. Da quando, domandate allora, lei non crede più all'Eucaristia? E, risalendo alla sorgente dell'incredulità, si trova una debolezza, un fascino a cui non si ebbe il coraggio di resistere.

L'incredulità viene ancora da una fede per lungo tempo debole e dubbiosa. Taluni rimasero scandalizzati dal numero degli indifferenti, degli increduli nella pratica; altri per aver udito le ragioni artificiose, i sofismi della falsa scienza: perché Nostro Signore non punisce? perché, se è là, si lascia insultare? vi sono tanti che non credono, eppure sono onesti!

Ecco la fede dubbiosa che conduce a non più credere all'Eucaristia. Sventura immensa! Chi vi cade s'allontana, come i Cafarnaiti, da Colui che ha le parole della verità e della vita!

II. - A quali conseguenze si espone chi non crede all'Eucaristia?

Nega la potenza di Dio. Come? Dio sotto questa infima apparenza? Impossibile; chi lo può credere? Accusa di menzogna Gesù Cristo; poiché il Salvatore ha detto: Questo è il mio Corpo, questo è il mio Sangue.

Ne disprezza la bontà, come fecero quei discepoli, i quali, all'udire la promessa dell'Eucaristia, si ritirarono e abbandonarono il loro divin Maestro. Quindi, presto sarà scossa e perduta la fede agli altri misteri: se non crede questo mistero vivente e che si afferma con un fatto attuale, qual mistero crederà?

Fra poco diverrà sterile la sua virtù, giacché perde il suo naturale alimento, rompe l'unione con Gesù Cristo, da cui traeva tutto il suo vigore; più non guarda e dimentica il suo modello presente.

La pietà tosto si inaridisce, non avendo più centro di vita e di affezione.

E allora, non più consolazioni nelle traversie della vita; e quando la tribolazione diviene più forte, non tarda la disperazione. Un dispiacere che non possa versarsi in un cuore amico finisce per soffocarci.


III. Crediamo dunque all'Eucaristia. Diciamo spesso: Credo, Signore; aiutate la mia fede vacillante. Nulla più di quest'atto di fede alla sua presenza eucaristica da gloria a Nostro Signore.

Onora eminentemente la sua divina veracità: l'onore più grande che possa farsi ad un uomo è credere sulla sua parola; come la più grave ingiuria sarebbe averlo in sospetto di mentitore, mettere in dubbio la sua parola, domandargli prove, garanzie. Ora se un figlio crede al padre sulla parola, un servo al padrone, un suddito al re, perché non credere sulla parola a Gesù Cristo che ci afferma solennemente la sua presenza nel Santissimo Sacramento?

Quest'atto di fede semplice e assoluto alla parola di Gesù Cristo gli da’ gloria anche perché lo riconosce e l'adora nel suo stato di nascondimento: l'onore che si rende ad un amico che si presenta in incognito, ad un re vestito semplicemente, è più grande che mai; si rende allora veramente onore alla persona e non all'abito. Così avviene riguardo a Gesù nel Santissimo Sacramento: onorarlo, crederlo Dio sotto il velo di debolezza che lo ricopre, è onorare la sua divina Persona, rispettare il mistero di cui si circonda.

Ed è insieme molto più meritorio per noi. Come Pietro allorquando confessò la divinità del Figliuolo dell'uomo, ed il buon ladrone allorché affermò l'innocenza del Crocifisso, così noi affermiamo di Gesù Cristo quello che è, sebbene appaia diversamente; anzi, crediamo il contrario di quello che ci dicono i sensi, appoggiandoci unicamente sulla certezza della sua parola infallibile.

Oh, crediamo, crediamo alla presenza reale di Gesù nell'Eucaristia! Gesù Cristo è là. Il rispetto s'impossessi di noi nell'entrare in chiesa, il rispetto della fede e dell'amore per l'incontro di Gesù Cristo in persona: perché proprio Lui incontriamo! Sia questo il nostro apostolato: sarà anzi la nostra predicazione più eloquente per gli increduli e per gli empi. 

di San Pietro Giuliano Eymard

L'IMITAZIONE DI CRISTO E IL DISPREZZO DI TUTTE LE VANITA' DEL MONDO



1.  "Chi segue me non cammina nelle tenebre" (Gv 8,12), dice il Signore. Sono parole di Cristo, le quali ci esortano ad imitare la sua vita e la sua condotta, se vogliamo essere veramente illuminati e liberati da ogni cecità interiore. Dunque, la nostra massima preoccupazione sia quella di meditare sulla vita di Gesù Cristo. Già l'insegnamento di Cristo è eccellente, e supera quello di tutti i santi; e chi fosse forte nello spirito vi troverebbe una manna nascosta. Ma accade che molta gente trae un ben scarso desiderio del Vangelo dall'averlo anche più volte ascoltato, perché è priva del senso di Cristo. Invece, chi vuole comprendere pienamente e gustare le parole di Cristo deve fare in modo che tutta la sua vita si modelli su Cristo. Che ti serve saper discutere profondamente della Trinità, se non sei umile, e perciò alla Trinità tu dispiaci? Invero, non sono le profonde dissertazioni che fanno santo e giusto l'uomo; ma è la vita virtuosa che lo rende caro a Dio. Preferisco sentire nel cuore la compunzione che saperla definire. Senza l'amore per Dio e senza la sua grazia, a che ti gioverebbe una conoscenza esteriore di tutta la Bibbia e delle dottrine di tutti i filosofi? "Vanità delle vanità, tutto è vanità" (Qo 1,2), fuorché amare Dio e servire lui solo. Questa è la massima sapienza: tendere ai regni celesti, disprezzando questo mondo.  

 2.    Vanità è dunque ricercare le ricchezze, destinate a finire, e porre in esse le nostre speranze. Vanità è pure ambire agli onori e montare in alta condizione. Vanità è seguire desideri carnali e aspirare a cose, per le quali si debba poi essere gravemente puniti. Vanità è aspirare a vivere a lungo, e darsi poco pensiero di vivere bene. Vanità è occuparsi soltanto della vita presente e non guardare fin d'ora al futuro. Vanità è amare ciò che passa con tutta rapidità e non affrettarsi là, dove dura eterna gioia. 
Ricordati spesso di quel proverbio: "Non si sazia l'occhio di guardare, né mai l'orecchio è sazio di udire" (Qo 1,8). Fa', dunque, che il tuo cuore sia distolto dall'amore delle cose visibili di quaggiù e che tu sia portato verso le cose di lassù, che non vediamo. Giacché chi va dietro ai propri sensi macchia la propria coscienza e perde la grazia di Dio. 

L'Imitazione di Cristo 

E MOSTRATI SEMPRE NOSTRA MADRE. AMEN




Come dubitarne? Ci vien voglia di ricordare quell'episodio, forse frutto della fantasia di un predicatore, che ha per protagonista un "devoto" di Maria. Egli pregava rimproverando: "Mostrati Madre!" e Maria rispose: "Mostrati figlio!". Ecco, Maria sempre la mamma nostra, vigile sul nostro vero bene. Ma perché possa assolvere al suo compito di madre è necessario che noi ci comportiamo da figli degni di lei. Maria, Nostra Signora del S. Cuore, fa' il nostro cuore secondo il suo cuore.

(a cura di P. Puglisi m.s.c.)

L'umanità cammina per scorciatoie (*) di autodistruzione che gli uomini hanno preparato con le loro proprie mani.



Messaggio di Nostra Signora Regina della Pace, trasmesso il 16/03/2019

Cari figli, non tiratevi indietro. Dio ha fretta e questo è il momento opportuno per il vostro grande ritorno. Voi siete del Signore e solamente Lui dovete seguire e servire. L'umanità cammina per scorciatoie (*) di autodistruzione che gli uomini hanno preparato con le loro proprie mani. Convertitevi sinceramente e ritornate a Colui che è la vostra unica Via, Verità e Vita. In questi tempi difficili, non vi allontanate dalla preghiera. Sostenetevi nelle Parole del Mio Gesù e nell'Eucaristia. Giorni verranno in cui cercherete il Prezioso Alimento ma in pochi luoghi lo troverete. Soffro per quello che viene per voi. DateMi le vostre mani e Io vi condurrò per il cammino della santità. Coraggio. Io pregherò il Mio Gesù per voi. Questo è il messaggio che oggi vi trasmetto nel nome della Santissima Trinità. Grazie per avermi permesso di riunirvi qui ancora una volta. Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Rimanete nella pace.

NOTA:
(*) Nossa Senhora usa la parola "Veredas" che in portoghese brasiliano ha vari significati, può essere inteso come sentiero stretto, ad esempio percorso impervio, qui viene inteso come scorciatoia.

domenica 17 marzo 2019

METTICI IL CUORE



....e Dio farà miracoli

MAI DIRE NON POSSO

Una Suora che vive tra i lebbrosi ha scritto: Oggi ho visto un povero lebbroso che si trascinava senza gambe, l’ho visto aiutare un bimbo poliomielitico a camminare. Il piccolo era aggrappato alle sue spalle e lui si trascinava carponi intorno alla capanna per farlo camminare.  Ho pianto davanti a quella scena e ho chiesto perdono a Dio per tutte le volte che ho detto:  NON POSSO.
E’ tremendo dire: non posso, è la ghigliottina della carità cristiana. Quando non posso veramente, posso unirmi al bisogno del fratello e piangere con lui.

Carla Zichetti

SPIRITO SANTO



Vieni, Chiarezza eterna, e splendi fra le ombre della nostra ignoranza, affinchè ogni anima fedele sia da te arricchita di quel santo sapere, che distacca i cuori dalle terrene vanità. 

La Madre della Salvezza: Nessun uomo ha l‟autorità di fare del male ad un altro uomo nel Nome di Dio



Miei cari figli, quando un uomo perseguita un altro uomo e gli causa delle sofferenze, lo Spirito di Dio non può rimanere in quell‟anima poiché é il maligno che dimora in lui. Ogni qualvolta un uomo ne perseguita un altro, causandogli un danno, sia spirituale che fisico e poi giustifica le sue azioni dicendo che egli sta difendendo la Parola di Dio, sappiate che questo è il peccato maggiore, in quanto offende la Divinità di Dio. 

Nessun uomo ha l‟autorità di far del male ad un altro uomo nel Nome di Dio, in quanto ciò non verrebbe mai legittimato né consentito, da mio Figlio Gesù Cristo. 
Man mano che le calamità nel mondo aumenteranno, ogni atto malvagio sarà giustificato da coloro che sono colpevoli di terribili peccati contro Cristo. Essi troveranno ogni scusa per giustificare le loro azioni malvagie e non uno di loro scamperà al castigo nel Piano di Redenzione di Dio. Se un uomo farà del male ad un‟altra anima, dovrà rispondere sia dei suoi peccati contro Dio, che di quelli contro la Sua Creazione ed ognuno dei Suoi figli. 

In questo momento di grande inganno, quando è difficile per i peccatori distinguere il bene dal male, è importante ricordare le Parole di mio Figlio, Gesù Cristo: “ Chi è senza peccato, scagli la prima pietra”. La persona che provoca terribili sofferenze agli altri sarà giudicato secondo le sue azioni. 

In questo momento dovete pregare per l‟umanità e per ricevere la grazia di discernere la differenza tra i peccati che vengono commessi contro l‟umanità, e quelli commessi contro Dio. 
Il peccato è sempre peccato, ma quando gli atti malvagi vengono compiuti nel Nome Santo di Dio, allora sono seguiti da una scia di gravi conseguenze. Così come l‟odio si diffonderà, altrettanto si propagherà anche l‟Amore di Dio nelle anime dei miti e degli umili, poiché costoro portano la fiaccola della Salvezza in un contesto tenebroso. Solo tramite la Grazia di Dio l‟uomo potrà essere salvato dal peccato; sarà attraverso coloro i quali amano Dio senza condizioni che le anime di coloro che sbagliano potranno essere riscattate. 

Dovete pregare, pregare, pregare per i peccatori, ovunque, poiché l‟oscurità li rende ciechi alla Verità. Senza la Verità, il mondo sprofonderebbe in una completa oscurità. Pregate perché voi, miei cari figli, possiate sopportare l‟orrore che il peccato porterà nella vostra vita. Pregate per coloro che perseguitano i figli di Dio, affinché possano trovare nei loro cuori il modo di mostrare amore e compassione per gli altri. 

Pregate per la salvezza delle anime, soprattutto per quelle che hanno permesso all‟odio di offuscare i loro cuori e che hanno più bisogno della Misericordia Divina. 

La vostra Amata Madre 

Madre della Salvezza 

21 Agosto 2014


La Stolta Superbia e Soave Umiltà



LA  SUPERBIA


LUCIFERO

Satana, vittima della superbia

“L’orgoglio, o il male, è una forza che è nata da sola, come certi mali mostruosi, nel corpo più sano. Lucifero era angelo, il più bello degli Angeli, spirito perfetto, inferiore soltanto a Dio. Eppure nel suo essere luminoso nacque un vapore di superbia che egli non disperse, ma anzi, condensò, covandolo. Da questa incubazione è nato il male. Era già prima che l’uomo fosse. Questo maledetto covatore del male, questo insozzatore del Paradiso, Dio l’aveva precipitato fuori, ma è rimasto l’eterno propagatore del male. Non potendo più insozzare il Paradiso, ha insozzato la Terra. Il male, dolce al palato, sceso nel sangue ne desta la febbre che uccide, produce una arsione per cui più se ne beve e più se ne ha sete” (Quad. ‘44, p. 251).
“Dio c’impose un ossequio umiliantissimo, inaccettabile: ci mise di fronte al suo disegno della Creazione dell’uomo e dell’Incarnazione del Verbo. La nostra intelligenza ne sbalordì.
Milioni di Angeli si piegarono vilmente.
Moltissimi di noi vi vedemmo un affronto alla nostra dignità e ci rifiutammo. La divina vendetta scattò immediatamente. In un attimo ci trovammo come siamo” (Intervista col diavolo. Anonimo p. 31).
“Lucifero ha voluto giudicare Dio in un suo divino pensiero (della creazione dell’uomo, immagine della Famiglia Trinitaria), che definì errato. Ha voluto sostituirsi a Lui, credendosi più giusto di Lui. La superbia è il peccato più grande, perché peccato di Lucifero.
Tutto il dolore che soffriamo proviene da quella superbia”.
“Volere essere come Dio è imitare Lucifero. L’orgoglio è il prurito di Lucifero che vuole mettere, oltre gli angeli ribelli, altri infelici nel suo Inferno” (Poema 4°, p.901).
“La superbia è in voi la pietra sulla quale ha piede Satana, è il suo piedestallo”. “Dove c’è superbia, non c’è santità”,  perché non vi è Dio, ma Satana” (Quad. ‘43, p. 420). L’io invece di Dio.
“Spirituali come sono, gli Angeli non possono avere che un peccato, come lo ebbe uno di loro (il Capo) che, con sé ha trascinato i meno forti dell’amore di Dio. Il peccato di superbia, freccia che deturpò Lucifero, il più bello degli Arcangeli, ne fece l’orripilante mostro dell’Abisso. Dopo la sua caduta, gli spiriti celesti inorridiscono anche alla sola larva di un pensiero di orgoglio” (Poema 2°,  p. 171).
“Quando il peccato di Lucifero sconvolse l’ordine del Paradiso e travolse nel disordine gli spiriti meno fedeli, un grande orrore ci percosse tutti, quasi che qualcosa si fosse lacerato, irrimediabilmente distrutto. In realtà era così! Si era distrutta quella completa carità che prima era solo esistente lassù ed era crollata in una voragine dalla quale uscivano fetori d’Inferno.
Si era distrutta l’assoluta, universale, totale carità degli Angeli ed era sorto l’odio. Tutti eravamo sbigottiti, come lo si può essere in Cielo. Noi, Angeli fedeli al Signore, piangemmo per il dolore di Dio e per il corruccio suo, piangemmo sulla manomessa pace del Paradiso, sull’ordine violato, sulla fragilità degli spiriti. (Davvero potentissimo l’orgoglio, se il più potente degli Angeli ne fu vittima!...).
Non ci sentimmo più sicuri di essere impeccabili, perché fatti di puro spirito. Lucifero e i suoi pari ci avevano dimostrato che anche l’Angelo può peccare e diventare demonio.
Sentimmo che la superbia poteva, latente, svilupparsi in noi. Tememmo che nessuno, fuorchè Dio, potesse resistere ad essa, se Lucifero aveva ceduto.
Tremammo per queste forze latenti che non avevamo pensato che esistessero, potessero invederci, ma bruscamente si disvelavano.
Abbattuti ci chiedevamo: “Allora, l’essere così puri (quali Angeli) non serve? Chi mai darà a Dio l’amore che esige e merita, se anche noi siamo soggetti a peccare?
Ecco, allora, che alzando il nostro sguardo dall’abisso della desolazione alla Divinità, e fissando il suo splendore con un timore fin’allora ignorato, contemplammo, nel Pensiero eterno l’Immacolata Madre di Dio. Tornò in noi la pace che si era turbata. Vedemmo Maria nel Pensiero Eterno. Vederla e possedere quella sapienza, umiltà che è conforto, sicurezza e pace, fu la stessa cosa. Salutammo la futura nostra Regina con il nostro canto, la contemplammo nei suoi privilegi e meriti, sue perfezioni gratuite e volontarie. O bellezza di quell’attimo in cui, a conforto dei suoi Angeli, l’Eterno loro presentò la Gemma della sua Potenza e del suo Amore! La vedemmo così umile da riparare da sola ogni superbia di creatura. Ci fu Maestra da allora nel non fare dei doni uno strumento di rovina. Non il suo corporeo aspetto, ma la sua spiritualità ci parlò senza parola e da ogni pensiero di superbia fummo preservati per avere contemplato l’Umilissima.
Per secoli e secoli operammo nella soavità di quella fulgida rivelazione, per l’eternità godiamo di possedere Colei che avevamo spiritualmente contemplata, Gioia di Dio e nostra gioia” (Libro di Azaria, p. 336).
“Maria è la Creatura più alta e santa. Dio l’ha voluta così a mio dispetto, perché fosse la mia più schiacciante umiliazione, la odio infinitamente”.

René Vuilleumier

Per mantenerci costanti nel suffragare le Anime del Purgatorio



Fate l'elemosina ai poveri con tre intenzioni, cioè: 1. Per amor di Dio; 2. In suffragio delle Anime purganti; 3. per soddisfare alla divina giustizia pei vostri peccati. In tal modo vi aprirà le porte del Cielo.

"Filotea per i defunti"

I Dieci Comandamenti



Alla luce delle Rivelazioni a Maria Valtorta


 IL TERZO COMANDAMENTO: “RICORDATI DI SANTIFICARE LE FESTE”. 



3.2.2 Gesù interroga Jabé sui Dieci Comandamenti. 

Con riferimento al Comandamento sulla ‘Santificazione delle feste’ vi è un altro insegnamento di Gesù, questa volta non più dodicenne ma adulto, rivolto al piccolo Jabè, un povero orfanello37 che poi prenderà il nome di Marziam e che sarà dato in adozione a Pietro e a sua moglie Porfirea. 
Jabé – che avrebbe  dovuto sostenere anch’egli l’esame della maggiore età - viene interrogato dallo stesso Gesù per capire che tipo di preparazione avesse.  
Anche da Jabé il Signore vorrà sentirsi dire il perché dell’importanza del riposo sabbatico. 
L’episodio avviene nel secondo anno della vita pubblica di Gesù mentre Egli ed il Gruppo apostolico sono in cammino verso Gerusalemme per partecipare alle solenni manifestazioni religiose della Pasqua. 

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[…] Come un fiume che si arricchisce per sempre nuovi affluenti, così la via che da Sichem va a Gerusalemme si fa sempre più folta di popolo, man mano che da altre vie secondarie i paesi riversano i fedeli diretti alla Città santa. 
Cosa che aiuta non poco Pietro nel tenere distratto il bambino, che rasenta i colli natii, sotto le cui zolle franate sono sepolti i genitori, senza avvedersene. 
Dopo una lunga marcia, interrotta - dopo che Silo, erta sul suo monte, è stata lasciata a sinistra - per prendere riposo e cibo in una verde vallata sonante d'acque pure e cristalline, i gitanti si rimettono in cammino e superano un monticello calcareo, piuttosto nudo, su cui il sole picchia senza misericordia. Si inizia la discesa per una serie di vigneti bellissimi, che mettono i loro festoni sulle balze dei monti calcarei, ma solatii al sommo.  
Pietro ha un arguto sorriso e fa un cenno a Gesù, che a sua volta sorride. Il bambino non si accorge di nulla, intento come è ad ascoltare Giovanni di Endor che gli parla di altre terre da lui viste e nelle quali crescono uve dolcissime, che però non servono tanto al vino quanto a fare dolciumi più buoni delle focacce di miele.  
Ecco una nuova salita molto ripida poiché, lasciata la via maestra, polverosa e affollata, la comitiva ha preferito prendere questa scorciatoia boscosa. E, giunti alla cima, ecco in lontananza splendere, già distintamente, un mare lucente, sospeso sopra un agglomerato bianco, forse case nitide di calcina.  
«Jabé» chiama Gesù, «vieni qui. Vedi quel punto d'oro? È la Casa del Signore. Là tu giurerai di ubbidire alla Legge. Ma la conosci bene?».  
«La mamma me ne parlava e il padre mi insegnava i precetti. So leggere e... e credo sapere ciò che "essi mi hanno detto prima dì morire...». Il bambino, che è accorso con un sorriso alla chiamata di Gesù, piange ora, col capino basso e la mano che trema nella mano di Gesù. 
«Non piangere. Senti. Sai dove siamo? Questa è Betel. Qui il santo Giacobbe fece il suo sogno angelico. Lo sai? Lo ricordi?».  
«Sì, Signore. Vide una scala che toccava dalla terra al Cielo, e su e giù andavano gli angeli, e la mamma mi diceva che nell'ora della morte, se si era stati sempre buoni, si vedeva la stessa cosa e si andava per quella scala alla Casa di Dio. Tante cose mi diceva la mamma... Ma ora non me le dirà più... le ho tutte qui ed è tutto quello che ho di lei...».  
Le lacrime scendono sul visetto tanto triste.  
«Ma non piangere così! Senti, Jabé. Ho anche Io una Madre che si chiama Maria, e che è santa e buona e sa dire tante cose. È più sapiente di un maestro, e più buona e bella di un angelo. Ora andiamo da Lei. Ti vorrà tanto bene. Ti dirà tante cose. E poi con Lei è la mamma di Giovanni, anche lei tanto buona e di nome Maria. E la madre di mio fratello Giuda, anche lei dolce come un pan di miele, e anche lei ha nome Maria. Ti vorranno tanto bene. Ma tanto. Perché sei un bravo bambino, e per amor mio che ti amo tanto. E poi tu crescerai con loro e fatto grande sarai un santo di Dio, predicherai come un dottore il Gesù che ti ha ridato una madre qui, e che aprirà le porte dei Cieli alla tua madre morta, al padre tuo, e che te l'aprirà anche a te, alla tua ora. 
Tu non avrai neppure bisogno di salire la lunga scala dei Cieli all'ora della morte. L'avrai già salita durante la vita tua, essendo un buon discepolo, e ti troverai là, alla soglia aperta del Paradiso, ed Io ci sarò e ti dirò: "Vieni, amico mio e figlio di Maria" e staremo insieme». Il sorriso fulgido di Gesù, che cammina un poco curvo per essere più vicino al visetto alzato del bambino che gli cammina a lato con la manina nella sua, e il racconto meraviglioso rasciugano le lacrime e fanno spuntare un sorriso.  
Il bambino, che deve essere tutt'altro che stolto, ma che è solo intontito dal tanto dolore e privazione che ha patito, interessato alla storia chiede: «Ma Tu dici che aprirai le porte dei Cieli. Non sono serrate per il gran Peccato? La mamma mi diceva che nessuno poteva entrare finché non fosse venuto il perdono e che i giusti lo attendevano nel Limbo». 
«Così è. Ma poi Io andrò al Padre dopo avere predicato la parola di Dio e... e avervi ottenuto il perdono, e dirò: "Padre mio, ora tutta la tua volontà Io l'ho compiuta. Ora Io voglio il mio premio per il mio sacrificio. Vengano i giusti che attendono al tuo Regno." E il Padre mi dirà: "Sia come Tu vuoi”. Ed allora Io scenderò a chiamare tutti i giusti, e il Limbo aprirà le sue porte al suono della mia voce, e usciranno esultanti i santi Patriarchi, i luminosi Profeti, le donne benedette d'Israele e poi, sai quanti bambini? Come un prato in fiore di bambini di ogni età! E cantando mi verranno dietro, ascendendo al bel Paradiso».  
«E ci sarà la mia mamma?».  
«Certamente».  
«Tu non mi hai detto che ci sarà con Te sulla porta del Cielo quando sarò anche io morto...» 
«Ella, e con lei il padre tuo, non avranno bisogno di essere su quella porta. Come fulgidi angeli intrecceranno sempre voli dal Cielo alla terra, da Gesù al piccolo loro Jabé, e quando tu sarai per morire faranno come fanno quei due uccellini, là, in quella siepe. Li vedi?».  
Gesù prende in braccio il bambino perché veda meglio.  
«Vedi come stanno sulle loro piccole uova? Attendono che si schiudano e dopo stenderanno le ali sulla loro covata per proteggerla da ogni male e poi, quando sarà cresciuta e pronta al volo, la sorreggeranno con le loro forti ali portandola su, su, su... verso il sole. I tuoi parenti faranno così con te».  
«Proprio così sarà?».  
«Proprio così».  
«Ma Tu glielo dirai di ricordarsi di venire?».  
«Non ce ne sarà bisogno perché essi ti amano, ma Io lo dirò loro».  
«Oh! come ti voglio bene!».  
Il bambino, ancora in braccio a Gesù, gli si stringe al collo e lo bacia con una espansione così gioiosa che commuove. 
Gesù ricambia il bacio e lo posa.  
«Oh! bene! Ora andiamo avanti. Verso la Città santa. 
Dobbiamo arrivarci verso sera di domani. Perché tanta fretta? Me lo sai dire? Non sarebbe lo stesso arrivare dopo domani?».  
«No. Non sarebbe lo stesso. Perché domani è Parasceve38 e dopo il tramonto non si cammina che per sei stadi. 39Oltre non si può perché è incominciato il sabato e il suo riposo».  
«Si ozia dunque in sabato».  
«No. Si prega il Signore altissimo».  
«Come si chiama?».  
«Adonai. Ma i santi possono dire il suo Nome».  
«Anche i bambini buoni. Dillo se lo sai».  
«Jaavé» (questo piccolo dice così: un G molto dolce che diviene quasi un J, e l'a molto lunga).  
«E perché si prega il Signore Altissimo al sabato?».  
«Perché Egli lo ha detto a Mosè, dandogli le tavole della Legge».  
«Ah, sì? E che ha detto?».  
«Ha detto di santificare il sabato.  
"Lavorerai per sei giorni, ma il settimo riposerai e farai riposare, perché così ho fatto Io pure dopo la creazione».  
«Come? Il Signore si è riposato? Si era stancato a creare? E ha proprio creato Lui? Come lo sai? Io so che Dio non si stanca mai».  
«Non si era stancato perché Dio non cammina e non muove le braccia. Ma lo ha fatto per insegnare ad Adamo, e a noi, e per avere un giorno in cui noi si pensi a Lui. E ha creato Lui, tutto, sicuro. Lo dice il Libro del Signore».  
«Ma il Libro è stato scritto da Lui?».  
«No. Ma è la Verità. E va creduto per non andare da Lucifero».  
«Mi hai detto che Dio non cammina e non muove le braccia. Come allora ha creato? Come è? Una statua?».  
«Non è un idolo, è Dio. E Dio è... Dio è... lasciami pensare e ricordare come diceva la mamma mia, e meglio ancora di lei quell'uomo che va in tuo nome a trovare i poveri di Esdrelon... La mamma diceva, per farmi capire Dio: "Dio è come il mio amore per te. Non ha corpo, ma pure c'è". E quell'uomo piccolo, con un sorriso così dolce, diceva: "Dio è uno Spirito eterno, uno e trino, e la seconda Persona ha preso carne per amore di noi, poveri, ed ha nome...". Oh! mio Signore! Ma ora che ci penso... sei Tu!».  
Il bambino sbalordito si getta a terra adorando. 
Accorrono tutti credendo che sia caduto, ma Gesù fa un cenno di silenzio col dito sulle labbra, poi dice: «Alzati, Jabé. 
I bambini non devono avere paura di Me!».  
Il bambino alza la testa venerabondo e guarda Gesù con mutata espressione, quasi di paura. Ma Gesù sorride e gli tende la mano dicendo: «Sei un sapiente, piccolo israelita. 
Continuiamo l'esame fra noi. Ora che mi hai riconosciuto, sai se di Me si parla nel Libro?».  
«Oh! sì, Signore! Dal principio a ora. Tutto parla di Te. Tu sei il Salvatore promesso. Ora capisco perché aprirai le porte del Limbo. Oh! Signore! Signore! E mi vuoi bene tanto?».  
«Si, Jabé».  
«No. Più Jabé. Dammi un nome che voglia dire che Tu mi hai amato, che Tu mi hai salvato..»  
«Il nome lo sceglierò insieme alla Madre. Va bene?».  
«Ma che voglia proprio dire così. E lo prenderò dal giorno che diventerò figlio della Legge». 
«Lo prenderai da quel giorno».  
Betel è superata, e in una valletta fresca e ricca d'acqua sostano a prendere cibo.  
Jabé è rimasto mezzo intontito dalla rivelazione e mangia in silenzio, accettando con venerazione ogni boccone che gli porge Gesù.  
Ma piano piano si rinfranca e, specie dopo una bella giocata con Giovanni mentre gli altri riposano sull'erba verde, torna a Gesù insieme al ridente Giovanni e fanno un crocchietto a tre.  
«Non mi hai più detto chi parla di Me nel Libro».  
«I Profeti, Signore. E prima ancora ne parla il Libro fin da quando è cacciato Adamo e poi a Giacobbe e ad Abramo e a Mosè... Oh!... Mi diceva mio padre che era andato da Giovanni - non questo, l'altro Giovanni, quello del Giordano - che egli, il gran Profeta, ti chiamava l'Agnello... Ecco, ora capisco l'agnello di Mosè... La Pasqua sei Tu!».  
Giovanni lo stuzzica: «Ma quale è il Profeta che ha profetato meglio di Lui?».  
«Isaia e Daniele. Ma... mi piace di più Daniele, ora che ti amo come il padre mio. Lo posso dire? Dire che ti amo come ho amato mio padre? Sì? Ebbene, ora preferisco Daniele».  
«Perché? Chi parla tanto del Cristo è Isaia».  
«Sì. Ma parla di dolori del Cristo. Invece Daniele parla del bell'angelo e della tua venuta. È vero... lui pure dice che il Cristo sarà immolato. Ma io penso che l'Agnello sarà immolato d'un colpo solo. Non come dicono Isaia e Davide. Io piangevo sempre quando li sentivo leggere, e la mamma non me li disse più».  
Quasi quasi piange anche ora, mentre carezza una mano di Gesù.  
«Non ci pensare per ora. Ascolta. I precetti li sai?40».  
 «Sì, Signore. Credo di saperli. Nel bosco me li ripetevo per non dimenticarli e per sentire le parole della mamma e del padre mio. Ma ora non piango più (veramente c'è un grande luccicore nelle pupille) perché ora ho Te».  
Giovanni sorride e si abbraccia il suo Gesù dicendo: «Le mie stesse parole! Tutti i pargoli di cuore parlano uguale».  
«Sì. Perché le loro parole vengono da un'unica sapienza. 
Ora bisognerebbe andare, in modo da giungere a Berot molto presto. La gente cresce e il tempo minaccia. I ricoveri saranno presi d'assalto. E non voglio che vi ammaliate».  
Giovanni chiama i compagni, e si riprende la marcia fino a Berot attraverso una pianura non molto coltivata, come non assolutamente arida come era il monticello valicato dopo Silo.  
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a cura del Team Neval 

Riflessioni di Giovanna Busolini  





Atto di Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria



Vergine Santissima, Madre mia, Immacolata Maria, io mi consacro per tutta la vita, per tutta l’eternità al Tuo bellissimo Cuore. 

(Preghiera di San Pio da Pietrelcina) 

Giorni di tenebra verranno e molti consacrati saranno contaminati.




Cari figli, sono la vostra Madre Addolorata e soffro per quello che viene per voi. State attenti. Amate e difendete la verità. Giorni di tenebra verranno e molti consacrati saranno contaminati. La Chiesa del Mio Gesù ha la missione di difendere la verità e di curare il gregge ad essa affidato da Mio Figlio Gesù. Il gregge si disperderà di fronte alla grande confusione che verrà. Molti cammineranno alla ricerca della verità, ma ovunque ci sarà confusione e molti si allontaneranno dal cammino della verità. Piegate le vostre ginocchia in preghiera. Questo è il tempo che vi ho annunciato nel passato. Rimanete con Gesù e ascoltate gli insegnamenti del vero Magistero della Sua Chiesa. Coloro che rimangono fedeli a Gesù avranno sempre la verità nelle loro vite. Coraggio. Questo è il messaggio che oggi vi trasmetto nel nome della Santissima Trinità. Grazie per avermi permesso di riunirvi qui ancora una volta. Vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Rimanete nella pace.

sabato 16 marzo 2019

IN ADORAZIONE



Testimonianza di Catalina RIVAS


Gesù, il Buon Pastore

Alcuni anni fa, fummo invitati ad una Conferenza Mariana, nella città di Pittsburg, Pennsylvania – Stati Uniti del Nord America. Questa Conferenza viene ripetuta ogni anno e vengono invitate molte Personalità importanti tra i vari Gruppi Mariani del Mondo intero.
Da quel poco che potevo ascoltare dai vari interventi, le loro esperienze e la conoscenza dei Partecipanti, capivo che le loro esperienze in questo campo sembravano molto forti.
Ho cercato di raccogliermi e preparare la mia testimonianza, che doveva essere il racconto della mia Conversione.
Ho pensato che quella mia testimonianza non andava bene per quel Pubblico e mi misi in preghiera, supplicando l’assistenza dello Spirito santo.
Il mio Gruppo era composto da persone molto preparate nel loro campo: Scienziati – Sacerdoti – Persone del Gruppo e, poi, io.
Durante la Santa Messa, celebrata giusto prima dell’ultimo intervento, che corrispondeva al nostro Gruppo, ho chiesto al Signore che cosa Lui desiderasse dire alla gente, attraverso me, e Gli chiedevo che mi facesse sapere il perché ero lì.
Quasi tutte le tremila persone presenti si Comunicarono.
Noi fummo i primi a farlo.
Ho ricevuto la Santa Eucaristia e mi sono messa in ginocchio, nel mio banco.
In quel momento, ho visto come uno schermo dentro di me, uno schermo gigante, nel quale c’era un vasto, enorme paesaggio campestre: siti verdeggianti, piccole colline con piante, filari di alberi, un lago molto grande…
Era, insomma, un luogo splendido!
Ma, in mezzo a questo vasto paesaggio, ho visto che un gran pezzo di terreno non era coltivato: si vedeva che era senza vita, pieno di spine e di terra, era come un pugno nell’occhio in mezzo a quel magico paesaggio.
E in mezzo a tutte quelle spine e rovi, c’era una piccola pecorella bianca, della quale non si poteva vedere molto il manto peloso, perché era pieno di sangue.
Aveva molte ferite nelle zampe, nel corpo e piangeva sconsolatamente, senza fermarsi.
Cercava di uscire da lì, ma non ci riusciva: faceva due passi e… le spine cominciavano a crescere e a pungerla di più.
Questo luogo era sovrastato da un cielo oscuro, coperto da molte nubi: tuoni, lampi e un vento infido rendevano più tetra la scena.
Il piccolo animale era sempre più spaventato.
All’improvviso, vidi di spalle una donna, vestita di azzurro e con un velo bianco.
Seppi, in seguito, che era la Santissima Vergine.
Distese le mani, chiamando la pecorella perché si avvicinasse a Lei, ma la pecorella cercava di uscire dall’altro lato, perché le spine crescevano in fretta e si allontanava sempre più, come cercando di scappare dalle spine, ma anche da quelle mani che volevano tirarla fuori.
Era tanta la sua paura che non sapeva dove correre: scivolava, cadeva e le si apriva nuovamente la carne in sanguinose ferite.
Per un attimo, la Vergine si voltò ed io ho potuto vedere il Suo profilo, tanto bello e dolce.
Guardò verso un punto lontano, come se stesse con lo sguardo cercando qualcuno e, poi, sparì.
In quel momento, apparve davanti ai miei occhi un uomo alto e forte, vestito con una tunica luminosa, di colore bianco perla.
Calzava i sandali e teneva un bastone.
I capelli, castano scuro, scendevano sfiorando le spalle, le braccia e la parte alta del collo, che si potevano vedere molto abbronzate quando il vento sollevava i suoi capelli.
Aveva braccia forti, di persona dedita al lavoro.
Il mio cuore cominciò a saltare di emozione: era Gesù che, senza pensarci neppure un attimo, entrò in mezzo a quelle spine.
Per tre o quattro volte, con il Suo bastone, colpì le spine più lunghe e poi si diede a sradicare le piante, ma le altre spine graffiavano anche Lui, strappavano la sua tunica, che si impigliava in mezzo ad esse.
Sembrava, però, che a Lui niente importasse, né della Sua tunica che si strappava, né della Sua pelle che si lacerava.
Si affrettava in questo compito e vedevo il sangue sgorgare dai Suoi piedi, dalle caviglie e dalle gambe e che bagnava la terra, via via che Egli la calpestava.
La pecorella si inoltrava, sempre più, in altri gineprai ed era diventata praticamente tutta una macchia di sangue, quando Gesù le si avvicinò, la prese tra le Sue braccia e si avviò per uscire da quel campo.
Non si curava più delle spine, attraverso cui passava e che laceravano il suo Corpo.
L’unico oggetto della Sua attenzione era, adesso, la piccola bestiola che teneva tra le Sue braccia.
Uscì da quel campo, dirigendosi verso un luogo dove io potevo vederLo di fronte.
Stava piangendo e, insieme a Lui, anche la pecorella piangeva: tremava tra le Sue braccia, che si tingevano di sangue e Lo guardava, come se cercasse la sua consolazione.
Gesù la stringeva contro il Suo petto.
All’improvviso, Egli guardò verso il Cielo: il suo gesto diventò per un attimo severo, il tempo sufficiente perché sparissero velocemente tutte le nubi oscure e potesse uscire il Sole.
I Suoi occhi erano pieni di lacrime, che scorrevano lungo le Sue guance.
Gesù cominciò a baciare la pecorella ed ecco che lì, dove cadeva una delle Sue lacrime, o dove Egli baciava, di colpo si chiudevano le ferite del piccolo animale e appariva la bianca lana.
Erano tanto grandi la Tenerezza e l’Amore di Gesù, che sembrava che quel piccolo animale fosse tutto quello che Egli possedeva.
Giunse un momento in cui, mentre Egli baciava la testolina della pecorella, essa lambì la Sua mano, le lacrime di tutti e due si mescolavano e, mentre piangevano insieme, Gesù sorrideva e la pecorella emetteva debolmente dei teneri belati.
Un momento dopo, vidi Gesù che camminava a passi lenti, come se aspettasse la Sua piccola compagna che Lo seguiva.
Il Suo portamento era sicuro, forte.
Nonostante la semplicità del Suo vestire, era Maestoso come un Re e la pecorella, felice, con la testa sollevata, guarita, correva dietro a Lui, belando ora con più vigore, lambendoGli, di quando in quando, la punta delle dita delle mani.
Di tanto in tanto, Egli le accarezzava la testolina, rispondendo così alla sua tenerezza.
In immagini successive, vidi poi Gesù, seduto sopra ad un sasso.
Parlava e la pecorella, seduta sulle sue due zampe posteriori, come si siedono i cani, Lo ascoltava, tutta attenta.
Ogni tanto, Egli le prendeva la testolina tra le Sue mani e la baciava, ridendo.
Poi, era lei che lambiva i piedi di Gesù e le ferite del Signore guarivano.
Tutte le ferite si chiusero e perfino la tunica di Gesù pareva diventata nuova.
Non c’erano più tracce di tanto sangue e di tanto dolore.
Era una scena perfetta, non c’erano più nubi e il Sole brillava, dardeggiando di luci dorate la testa del Pastore; correva una fresca brezza, che scompigliava leggermente i Suoi capelli ed Egli sorrideva.
Si udì, ad un tratto, un altro lamentevole belato e vidi Gesù alzarsi e, premuroso, avviarsi di nuovo verso quel campo di spine.
La Sua andatura esprimeva tristezza e preoccupazione; si stava di nuovo incamminando in cerca di un’altra pecorella, ma, questa volta, quella pecorella, che era già stata sanata, si affrettò davanti al Signore, correndo a cercare quella che ora gemeva.
Come una che, ormai, era molto esperta, si incamminò verso sentieri più ripidi e scoscesi.
Si lamentava, sì, però era come se non le importasse, perché correva, cercava la sua compagna per guidarla dove stava il Signore, per trovare le braccia forti e sicure di Gesù…
In quel momento, la voce del Sacerdote mi portò alla Celebrazione della Santa Messa e sentii le sue parole:“Oremus…”.
Mi guardai intorno e vidi tutta quella gente: peccato, quella bella Visione era terminata.
Avevo il volto coperto di lacrime e mi lasciai sfuggire qualche singhiozzo.
Allora, Gesù mi parlò e, dolcemente, mi disse:
“Ecco, l’argomento: racconta la tua Conversione, perché quella prima pecorella, che hai visto, sei tu!”.
Mentre tutte quelle persone, che mi precedevano, stavano parlando, sentivo che, ormai, non avevo più paura di parlare. Sentivo appena ciò che dicevano, udivo gli applausi, ma come se venissero da molto lontano.
Ho chiuso gli occhi ed ho potuto vedere il Volto bellissimo di Gesù: un po’ piangeva, un po’ sorrideva e questo riempiva completamente il mio cuore.
Ho saputo che quello è stato uno dei miei migliori discorsi: avevo messo tutto il mio cuore nel descrivere ciò che il Signore mi aveva permesso di vivere, pochi momenti prima.
Quando hanno acceso le luci ed ho potuto vedere il Pubblico, molta gente stava piangendo, forse si erano identificati con la piccola pecorella, che era stata liberata dal campo del Mondo, pieno di spine e guarita con le lacrime, con il sangue e con l’Infinito Amore di Gesù.
Sono passati diversi anni, forse otto o nove, da quel giorno e nello scrivere, ora, questa esperienza, il Signore mi ha permesso di riviverla con una chiarezza ed una nitidezza incredibili.
Da quel giorno, tengo in casa mia, di fronte al mio letto, un’Immagine del Buon Pastore, perché mai dimentichi il luogo da cui fui liberata, per avere sempre presente la Missione che Dio mi ha assegnato nel suo Gregge e per poter vincere, così, il timore e le mie comodità, che mi possono impedire di uscire in cerca di altre Anime bisognose di Gesù… per poter guardare il futuro con speranza e fiducia totale nel suo Divino Volere: tutto, con un inno di gratitudine che, ogni giorno ed ogni notte, elevo, con il cuore innamorato, ai piedi del Buon Pastore.







Io sono il Prigioniero dell’Amore dietro ogni Tabernacolo, che attende e spera di vedervi arrivare



Alleluia! Il Signore si china 
per ascoltarmi ogni volta che chiamo.
Il mio sguardo è fisso su di Te, mio Signore,
penso a Te incessantemente,
Tu sei il mio Cibo, il mio Pane e il mio Vino,
non ho bisogno d’altro 
in questo mondo ostile,
la mia anima ha sete di Te,
per Te le mie labbra sono inaridite,
Tu sei il mio Dio che m’ha cercata
e mi ha trovata nella mia miseria.
Permettimi di dimorare nel Tuo Sacro Cuore.


non subirai mai alcun rigetto da parte Mia; ogni volta che vieni a riceverMi, il Mio Sacro Cuore sussulta di gioia; Mi sono fatto più piccolo che mai nella piccola Ostia bianca; prendendoMi, tu Mi accetti e, accettandoMi in questo modo, tu riconosci La Verità; Io e tu siamo uno in quel momento, tu sei in Comunione con Me, quale maggiore delizia che essere con Me, tuo Dio? quale incontro più puro e santo? Io, tuo Dio, incontro te, Mia creatura; Io, tuo Redentore, e tu, colei che ho redenta; Io, Gesù, ti amo alla follia; come, alcuni tra voi, possono dubitare del Mio Amore e oltraggiare questo Amore puro e santo? Come possono, così tanti fra voi, dubitare della Mia Santa Presenza nell’Ostia?

la Mia Santa Eucarestia non dovrebbe essere sciupata o maltrattata, come se non fosse Santa; se solo capiste pienamente quello che Io vi offro e Chi ricevete in voi, Mi benedireste continuamente; guardate! anche i Miei Angeli che vi guardano dall’alto desiderano questo Cibo che voi potete prendere, ma che loro non possono; tuttavia, molti fra voi non sembrano percepire la Sua Pienezza...

Io sono il Prigioniero dell’Amore dietro ogni Tabernacolo, che attende e spera di vedervi arrivare; avvicinatevi, voi tutti che ancora errate in questo deserto, venite a Me, puri e senza macchia; permetteteMi di gioire in voi; così siate più graditi al Mio Cuore col vostro pentimento, riconoscendo i vostri peccati; non dite: “perché confessarmi? non ho nulla da dire al mio confessore”, non siate uno di quelli che hanno perduto il senso del peccato; siete lontani dall’essere perfetti, alcuni di voi si comportano ancora come se fossero senza macchia ed avessero raggiunto la perfezione; siate umili, siate umili, potrete facilmente discernere i vostri peccati se pregate con sincerità di cuore e se Mi domandate aiuto per discernerli;

benedetti sono coloro che obbediscono alla Mia Legge, che seguono i Miei precetti e che onorano i Miei Santi Sacramenti; benedetti sono tutti coloro che vengono a Me, pieni di Fede, per mangiare Me e bere Me; Io sono Santo, quindi trattatemi con Santità perché riversi su di voi, in questo momento più che mai Santo, le Mie grazie che rianimeranno la vostra anima; Io non nascondo mai le Mie Ricchezze, Io Le concedo gratuitamente, anche all’ultimo di voi;

venite, desidero ardentemente essere con voi, allora non affrettatevi e non siate impazienti nel dire le preghiere; non burlatevi della pietà; riflettete e meditate i Miei ordini; sebbene voi non Mi vediate, Io vi dico che la Mia Mano è su ciascuno di voi e vi benedico, lasciando su tutti voi il Mio Sospiro;

29 Settembre, 1989