domenica 28 gennaio 2024

I PASTORI E I CHIERICI CHE DIFENDONO LE BENEDIZIONI DELLE "COPPIE DELLO STESSO SESSO" DOVREBBERO ESSI STESSI METTERE IN DISCUSSIONE IL PROPRIO MODO DI VIVERE LA CASTITÀ NEL CELIBATO e "ANCHE NEL SEGRETO DELLE LORO STANZE"! -- Per le coppie di divorziati che si sono "risposati" civilmente e che desiderano essere beati e ricevere la comunione eucaristica, la Chiesa chiede loro di vivere come fratelli e sorelle.

 


Un respiro che passa...

Messaggi dal cielo al mondo di oggi


26 dicembre 2023

Fratelli carissimi,

La Chiesa del Signore Gesù Cristo si trova oggi sempre più di fronte a lotte interne a causa della Dichiarazione Fiducia supplicans, pubblicata dal Dicastero per la Dottrina della Fede, giudicata, nonostante la sua origine, confusa e inaccettabile da molti Pastorichierici e fedeli che la trovano lontana dall'insegnamento morale della Chiesa cattolica. dai suoi dogmi e dalla sua Tradizione (1).

Questa Chiesa, detta "militante" in virtù delle armi spirituali di cui dota i battezzati nella lotta contro il male, si è sempre vista, fin dalle sue origini, assalita dalle potenze delle tenebre, dall'esterno come dall'interno, che hanno dato luogo a persecuzioni, eresie e scismi – a cominciare dalla strage degli Innocenti dopo la nascita del Figlio di Dio (cfr Mt 2, 16-18).

Per rimanere fedeli al Signore, uomini e donne, come i tre bambini del Cantico che porta il loro nome (cfr Dn 3), hanno preferito sottoporsi alla tortura piuttosto che rinunciare alla loro fede. Altri ancora furono martirizzati a morte. È il caso, ad esempio, dell'Antico Testamento con i sette fratelli e la loro madre nel secondo libro dei Maccabei (cfr 2 Ms 7,1-41), e nel Nuovo Testamento con il nostro caro Stefano, il diacono, che la Chiesa commemora oggi (cfr At 6,8-15; 7,1-60).

Io, Paolo, mi sono rallegrato per la prima volta della sua lapidazione (cfr At 8,1) quando ero ancora un giovane ebreo focoso, che resisteva alla fede in Cristo Gesù ed era animato da un furore omicida contro i suoi discepoli (cfr At 8,3.9.1-2). Ma questo Gesù stesso mi colpì in un certo modo mentre andavo a Damasco (cfr At 9,3-8) con cattive intenzioni. Così, il persecutore che ero, trasmutato dall'amore di Dio e dall'effusione del suo Spirito, si trovò nella posizione di Apostolo delle genti, testimone ardente nella Chiesa nascente e missionario presso le nazioni. Sì, di questa Chiesa sono diventato ministro per volontà di Dio, e ho posto le basi di una teologia indissolubile sulla quale essa ha potuto contare nell'elaborazione dei suoi dogmi e della sua legge.

Oggi, molte persone che affermano di essere cristiane ma sanno poco di teologia morale e di diritto canonico esortano la Chiesa cattolica ad adattarsi ai mutevoli costumi del tempo. Tuttavia, vi dico, diletti fratelli, è imperativo che questa Chiesa non ceda in alcun modo alle loro richieste e continui a custodire e difendere senza compromessi o ambiguità l'insegnamento del Signore Gesù Cristo come tramandato dai Suoi Apostoli. Quando un frutto inizia a marcire, è fondamentale estrarre la parte cattiva prima di iniziare a mangiarlo e lodarne i sapori. Bene! lo stesso vale per gli uomini e le donne che si trovano in una situazione irregolare nei confronti della Chiesa: prima di ricevere una benedizione, qualunque sia il suo contenuto, è indispensabile che abbiano già intrapreso un cammino di conversione, e che questa benedizione non possa in alcun modo essere percepita come la legittimazione di una situazione peccaminosa sempre presente. né come un invito alla conversione, che equivarrebbe a mettere il carro davanti ai buoi.

Mentre molti governi condonano e legalizzano comportamenti manifestamente immorali, il Dicastero, da parte sua, ne minimizza la gravità (3) cedendo a concessioni che sono senza dubbio intese come caritatevoli verso coloro che non sono in comunione ecclesiale, ma che tuttavia modificano il Vangelo di Cristo fino a disturbare i Pastori. il clero e i fedeli (cfr Gal 1,7).

Nella Chiesa, infatti, chi ama sinceramente Cristo Gesù deve sempre sforzarsi di seguire i Comandamenti e rimanere fedele al Magistero e alla Tradizione, perché non ci sono mezze misure!

"Benedetto sei tu, Signore, insegnami i tuoi comandamenti", dice il salmista [...].
Trovo più gioia nella via delle vostre richieste che in tutte le ricchezze [...].
Mi compiaccio dei tuoi comandamenti, non dimentico la tua parola [...].
Ho scelto la via della fedeltà, mi sto adeguando alle tue decisioni [...].
Insegnami, o Signore, le vie dei tuoi comandamenti; se li osservo, avrò la mia ricompensa [...].
Trovo il mio piacere nelle tue volontà; Sì, davvero, li adoro. »
(Sal 119 [Vulg. 118], 12. 14. 16. 30. 33. 47)

Tuttavia, ci sono coloro che professano di amare il Signore Gesù che si rifiutano di aderire pienamente al Suo insegnamento morale, e quando si tratta di ministri ordinati, dico che questo è sconveniente e scandaloso! Ma come possono questi ministri arrivare a questo punto?, vi chiederete. La mia risposta è che, poiché non accolgono pienamente l'amore della Verità nei loro cuori, Dio manda loro una forza di errore (cfr 2 Ts 2,9-12) che li porta a privilegiare il sentimentalismo rispetto alla dottrina, e infine ad avallare una benedizione la cui ambiguità rende impossibile ma invalida (5).

Infatti, desiderosi di promuovere una Chiesa "più accogliente", "più tollerante" e "più caritatevole", alcuni chierici abbandonano la prudenza più elementare per schierarsi dalla parte di coloro che non sono credenti dichiarati, ma membri di gruppi di pressione o di società segrete, il cui unico scopo è quello di infiltrarsi nella Chiesa come spie (cfr Gal 2, 4) cercare di corromperlo dall'interno portandovi dentro il loro male – e Dio solo sa se ci riusciranno!

Già quando ero su questa terra, per prudenza e nel nome stesso del Signore Gesù, ho comandato a tutti i cristiani di Tessalonica di evitare di associarsi con fratelli e sorelle che conducevano una vita disordinata e rifiutavano di seguire la tradizione ricevuta da noi (cfr 2 Ts 3,6). Oggi dico che la benedizione di cui parla la Dichiarazione è contraria a questa stessa prudenza, perché porterà le persone che si trovano in una situazione irregolare a credere di essere accolte nella Chiesa cattolica come figli prodighi, dove, in verità, non cesseranno mai di vedere il padre uccidere il vitello grasso (cfr Lc 15, 11-32) – comprendere: che le loro unioni illegittime, anche sacrileghe, siano benedette e celebrate, e che sia loro concesso l'accesso alla comunione eucaristica. Sappiate però, carissimi fratelli, che la maggior parte di questi uomini e donne non hanno, in generale, alcun desiderio di vera conversione, poiché non hanno alcuna intenzione di abbandonare una condotta che ritengono buona, anche se riprovevole agli occhi di Dio e punibile con l'Inferno – e l'Inferno, lo ripeto con forza, non è un mito !

Se i chierici, indipendentemente dalla loro posizione nella Chiesa, ratificano la famosa Dichiarazione e cominciano, se non lo fanno già, a benedire le persone che rifiutano di camminare rette secondo la verità del Vangelo – debosciati, idolatri, adulteri, effeminati, pederasti, ecc. (cfr 1 Cor 6,9) – siano anatema (cfr Gal 1,8)!

Nella Chiesa Cattolica, nessuno dovrebbe voler essere più caritatevole di Cristo Gesù interpretando male le ScrittureQuando, ad esempio, nel Libro della Sapienza si dice che Dio, che è longanime, ha misericordia di tutti gli uomini e chiude gli occhi sui loro peccati perché si convertano (cfr. Sa 11,23), prefigura semplicemente che egli ha voluto manifestare la sua giustizia al mondo inviandovi suo Figlio, perché fosse strumento di perdono, anche per i peccati commessi a partire da Adamo, se i loro autori avevano un sincero desiderio di cambiamento nel loro cuore (cfr Rm 3,25).

E se il Signore Gesù si è seduto a tavola con i peccatori noti in bella vista, è stato per chiamarli alla conversione (cfr Mt 9,11-13) e non per condonare in alcun modo le loro scappatelle. Perché con lui nulla è mai stato confuso: "Va', e d'ora in poi non peccare più!" (Gv 8,11), disse all'adultera. E alla donna che nasconde la verità sulla sua vita coniugale, dichiara che ha avuto cinque mariti e che l'uomo con cui ora vive non è suo marito (cfr Gv 4,17-18). Richiamando il comandamento del Decalogo: «Non commettere adulterio» (Es 20,14; Deuteronomio 5,18), arriva persino a dichiarare che «chiunque guarda una donna con concupiscenza, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore» (Mt 5,28).

Questo è lo splendore della Verità, lo splendore del vero amore, che solo può condurvi al Cielo. Quindi, amati fratelli, siamo seri! Come si può dare la benedizione delle persone che vivono in una situazione irregolare al Signore Gesù, che è la Via, la Verità e la Vita (cfr Gv 14,6) e che vuole che i suoi figli diventino santi, immacolati e irreprensibili davanti a Lui (cfr Col 1,22)?

Posso solo esortare tutti coloro che si professano cristiani o desiderano diventarlo a comportarsi onestamente, come fanno in pieno giorno, senza orge o bevute, senza lussuria o dissolutezza, e a non abbandonarsi alle preoccupazioni della carne per soddisfare le sue concupiscenze (cfr Rm 13,13-14). Solo allora potranno rivendicare un'autentica benedizione!

Per le coppie di divorziati che si sono "risposati" civilmente e che desiderano essere beati e ricevere la comunione eucaristica, la Chiesa chiede loro di vivere come fratelli e sorelle, e li invita a chiedere a lei la dichiarazione di nullità del loro matrimonio religioso. Se questo è stabilito, possono sposarsi nella forma dovuta. Se non se ne accorgono, o se preferiscono non farlo per qualsiasi motivo, chiedo loro, nel nome di Cristo Gesù, di astenersi dall'Eucaristia per obbedienza e di offrire a Dio una comunione di desiderio fino alla morte del primo sposo, che poi permette loro di entrare in una nuova unione. La domanda, infatti, non è: "Voglio assolutamente accedere all'Eucaristia!" come se fosse un diritto o un diritto, ma piuttosto: "Desidero fare ciò che piace a Nostro Signore nel rispetto del suo insegnamento". E il Signore Gesù concede sempre le sue grazie a coloro che gli sono obbedienti e fedeli, tanto più a costo di sofferenze e fastidi.

Per le coppie che vivono insieme e hanno rapporti carnali (questo si chiama "fornicazione"), che si sposino religiosamente se vogliono accedere all'Eucaristia!

Infine, per le "coppie" omosessuali che vogliono avere accesso ai sacramenti, vivano castamente come fratelli o sorelle, altrimenti si astengano dal ricevere l'Eucaristia, perché sarebbe un sacrilegio.

Comunque sia, e qualunque sia la sua situazione, ogni persona che vuole vivere una vita cristiana deve sforzarsi di vivere una vita retta sotto la tutela dello Spirito Santo e in conformità con l'esigente Parola del Signore Gesù Cristo, il quale ha detto che se qualcuno vuole seguirlo, deve rinnegare se stesso. Prendete la sua croce e seguitelo (cfr Mt 16,24).

I pastori e i chierici che difendono le benedizioni delle "coppie" omosessuali dovrebbero essi stessi mettere in discussione il modo in cui vivono la castità nel celibato, anche nella segretezza delle loro stanze. Vorrei dare loro un consiglio: si sforzino di non trascurare i loro momenti di preghiera con il passare delle ore e di celebrare, se possono, la Messa ogni giorno. Non trascurino la Confessione frequente e si ricarichino regolarmente le batterie riservando momenti di preghiera, di adorazione davanti al Santissimo Sacramento, di meditazione dei misteri del Rosario e di letture spirituali la cui ortodossia non può essere messa in discussione. Veglino caritatevolmente su tutto il loro gregge, insegnandogli amorevolmente la sana dottrina e non esitando a venire in aiuto di coloro che sono in partenza o che si sono perduti. Se vivranno in questo modo, le loro anime risplenderanno di autentica spiritualità, i loro cuori bruceranno di carità e tutta la loro vita sarà una vera benedizione per se stessi e per gli altri.

Tuttavia, e sfortunatamente, sono sempre meno coloro che servono il Signore Gesù in modo così degno. Alcuni pastori e chierici, infatti, si sono rifugiati nel sacerdozio per celare desideri inconfessabili, che a volte non sono mai riusciti a frenare a causa della vita più o meno dissoluta che si sono permessi di condurre di nascosto (7): frequentare luoghi malsani, persone con una vita brutta, guardare pornografia in modo assuefacente, ecc. Spesso si tratta delle stesse persone che oggi sostengono le minoranze sessuali e di genere e vogliono accoglierle a braccia aperte nella Chiesa. Questo, diletti fratelli, è ciò che si chiama portare i lupi all'ovile! Quando ero su questa terra, vi avevo avvertito che dei lupi spaventosi si sarebbero introdotti nella Chiesa e non avrebbero risparmiato il gregge (cfr At 20,29-30).

Invece di stare nel mondo senza appartenere al mondo (cfr Gv 17,16), questi pastori e chierici, sedotti dalla carne, scendono fino alla vetta più alta della Chiesa con la loro bassezza, le loro ignominie e le loro perversioni, e si dilettano nell'impurità: pensano il male, guardano il male, si lasciano trascinare nel male e vi conducono anche vittime innocenti, spesso giovani. Vergogna per coloro che, in preda alle loro debolezze, non vogliono rimediare a tutto questo – né darsi i mezzi per farlo accettando aiuti psicologici e spirituali – e ripetono continuamente le loro cattive azioni profanando il loro sacerdozio. Sì, fratelli miei, il mistero dell'iniquità è all'opera oggi (cfr 2 Ts 2,7) anche al vertice più alto della Chiesa.

In termini di moralità, nessuno può presumere di respingere a priori l'insegnamento di Cristo Gesù. Quando ero su questa terra, ho incoraggiato vivamente tutti i nuovi cristiani a rimanere saldi e ad attenersi alle tradizioni che avevamo insegnato loro (cfr 2 Ts 3,15) per sfuggire alle persone perverse e malvagie (cfr 2 Ts 3,2), che sarebbe stato impensabile benedire!

Perciò, in questi tempi difficili, vi chiedo, carissimi fratelli, di pregare assiduamente, di fare l'elemosina, di offrire a Dio digiuni e sacrifici per la conversione dei dissoluti, degli idolatri, degli adulteri, degli effeminati, dei pederasti, ecc. Guardateli con compassione senza mai giudicare le persone, e spiegate loro, in nome della verità insegnata dallo stesso Signore Gesù, che se vogliono appartenere alla Chiesa – che è una, santa, cattolica e apostolica – non sono i loro sentimenti, se sono sinceri, che li rendono colpevoli, ma le relazioni carnali che condividono. Esortate Dio a guarire le loro anime ferite, affinché possano raggiungere la pienezza dell'intelligenza della fede, e così la vera conoscenza del mistero di Dio: Cristo Gesù (cfr Col 2, 2), unico Messia e Redentore del mondo.

Pregate affinché i Pastori, i presbiteri e i diaconi, forti dell'insegnamento dei Padri e della Tradizione, rimangano fedeli alla sana dottrina e sappiano discernere la vera carità suscitata dallo Spirito Santo, con un sentimentalismo mieloso che si compiace di mettere da parte o di censurare apertamente le parole bibliche quando vanno al sodo o disturbano. Pregate perché abbiano il coraggio di rivolgere agli interessati, senza timore del giudizio degli uomini, parole di fuoco, taglienti di verità, che spieghino senza mezzi termini che una benedizione non deve essere impartita con leggerezza e sotto il moggio a persone che sono estranee alla vita divina e che non hanno o non hanno più un senso morale. non rispettano i comandamenti e compiono ogni sorta di azioni impure (cfr Ef 4,19). Pregate perché anch'essi aiutino queste persone, con una parola buona e costruttiva (cfr Ef 4,29), a spogliarsi della loro condotta passata e a rivestirsi dell'uomo nuovo, creato secondo Dio, nella giustizia e nella santità della verità (cfr Ef 4,24).

Cristo Gesù non risparmiò mai, secondo le sue parole, il capro e il cavolo. Nemmeno io, Paolo, l'ho mai fatto. Una volta mi sono persino opposto a Pietro, il quale, per lo stesso timore del giudizio degli uomini, usava la dissimulazione e non camminava secondo la verità del Vangelo (cfr Gal 2,11-14). Questo è esattamente ciò che accade ancora oggi. Per questo, attraverso questi "messaggi" continuo ad essere l'Apostolo che vi ricorda la verità senza mezzi termini, per condurvi tutti, indipendentemente dal vostro rango o dalla vostra condizione nella santa Chiesa, all'obbedienza della fede e alla comprensione di tale obbedienza. Allora l'amore e la verità possono incontrarsi, la giustizia e la pace possono essere abbracciate, la verità può scaturire dalla terra e dal cielo la giustizia (cfr Sal 85 [Vulg. 84], 11-12).

Di cuore vi benedico.

+ Paolo, apostolo di Gesù Cristo

DISCORSO SULLA FINE DEL MONDO




Presentiamo qui la prima traduzione italiana di un testo apocalittico, risalente forse al VII secolo, pervenutaci in latino (probabilmente da un originale greco), opera di un autore che si appoggia all'autorità di sant’Ephraem di Nisibi o di Edessa, noto padre orientale del IV secolo, famoso per i suoi Inni che gli valsero il soprannome di “arpa dello Spirito Santo”. Si tratta di un discorso che è sintomatico di una mentalità diffusa tra le é l i t e s cristiane altomedievali e che, nella sua brevità e semplicità, ci pare significativo in quanto riassume e condensa in poche pagine e con una certa sobrietà molteplici tradizioni patristiche relative ai tempi ultimi. Le note — che vogliono esclusivamente introdurre a dette tradizioni senza alcuna pretesa di  esaustività filologica anzi senza propriamente  volersi sostituire al lavoro proprio dei filologi  sull’inquadramento storico dello scritto — faranno emergere anche i temi che secondo noi sono maggiormente degni di nota (il katéchon; l’Anticristo “buono” etc.). Nel redigere il piccolo apparato di commento al testo sono risultati di grande aiuto i testi curati da Fausto Sbaffoni (Testi sull’anticristo, 2 voll., Nardini, Firenze 1992) e da Gianluca Podestà e Marco Rizzi (L’Anticristo, il nemico dei tempi finali, vol. I, Mondadori-Fondazione Lorenzo Valla, Milano 2005) che segnalo a chiunque voglia approfondire l’argomento.

Cap. 1
 Fratelli carissimi, credete allo Spirito Santo che parla in noi. Già prima abbiamo detto che la fine del mondo è molto vicina e il compimento si approssima. Forse che la fede originaria non è venuta meno negli uomini? Quanto se ne vedono gli effetti nei fanciulli ... le azioni infamanti nei capi, le azioni ingannatrici nei sacerdoti, gli spergiuri nei leviti, i malefìcii dei ministri, le passioni adultere nei vecchi, gli istinti lussuriosi nei giovani, lo sguardo menzognero nelle donne, le passioni lascive nelle giovani. E in mezzo tutte queste cose vi sono le guerre dei Persiani, e il minacciare incombente di popoli diversi e l’insorgere di regno contro regno (Mt 24,7); e quando comincerà la distruzione militare dell’impero dei Romani, sarà imminente l’avvento del male. Infatti nel compiersi del declino dell’impero romano è necessario che finisca questo mondo (1). In quei giorni saliranno al potere due fratelli (2), comanderanno senza dubbio con un solo proposito, ma poiché uno prevaricherà l’altro, ci sarà dissidio fra loro. E così sarà liberato l’Avversario e inciterà l’odio tra il regno dei Persiani e quello dei Romani (3). In quei giorni in molti si leveranno insieme contro l’impero romano, e suo avversario sarà il regno dei Giudei. Vi saranno movimenti di popoli e circoleranno storie malvagie e vi saranno pestilenze, carestie, terremoti in vari luoghi (Mt 24,7) e saranno fatti dei prigionieri in tutte le popolazioni (Lc 21,24), vi saranno guerre e rumori di guerra (Mt 24, 6-8) molte cose distruggerà la spada da un confine all’altro della terra. E ci saranno tempi troppo pericolosi che non consentiranno alla mente di pensare a cose migliori per la paura e il disordine, quando si avvicineranno le molte afflizioni e desolazioni delle  terre.

Cap.2
 Dobbiamo pertanto, fratelli miei, comprendere che cosa si avvicina e incombe. Già si sono abbattute carestie e pestilenze, migrazioni di popoli, e sono ormai compiuti i segni che erano stati predetti dal Signore, e non resta altro se non il sopraggiungere del male alla fine dell’impero romano. Perché dunque ci occupiamo di affari terreni e la nostra mente è tutta intenta alle concupiscenze del mondo e alle preoccupazioni profane? Perché dunque non allontaniamo da noi tutte le preoccupazioni per le attività terrene e non prepariamo noi stessi all’incontro con Cristo Signore affinché ci salvi dalla confusione che opprime il mondo intero? Credetemi, fratelli carissimi, perché la venuta del Signore è vicina, credetemi, perché la fine del mondo è prossima, credetemi, perché i tempi sono gli ultimi. Oppure se non vedete con i vostri occhi non crederete (Gv 20, 25-27)? Badate che non si compia in voi la sentenza del profeta che dice: “Guai a quelli che desiderano vedere il giorno del Signore”(Am 5,18) (4). Infatti tutti i santi e gli eletti di Dio, prima della tribolazione che verrà, si riuniranno e saranno accolti dal Signore affinché quando verrà affinché non vedano la confusione che distruggerà il mondo intero a causa dei nostri peccati (5). E così, fratelli a me carissimi, è giunta l’ora undicesima (Mt 20, 1-16) e la fine di questo mondo verrà per la mietitura, e gli angeli attrezzati e pronti, terranno le falci in mano, aspettando il comando del Signore. E noi per cieca infedeltà al mattino riteniamo che esiste un mondo che arriva alla sera. Si genereranno agitazioni, incomberanno guerre fra genti diverse, battaglie e incursioni di barbari, le nostre terre si spopoleranno e noi saremo molto spaventati di non aver ascoltato e di non aver fatto penitenza in ogni modo: anche a noi incuteranno timore, e neppure a tal punto vorremo essere convertiti, quando avremo particolarmente bisogno di penitenza per i nostri misfatti!

Cap. 3
 Quando allora si avvicinerà la fine del mondo scoppieranno numerose guerre, ovunque agitazioni, orribili terremoti, sommovimenti di popoli, tempeste in ogni dove, pestilenze, carestie, sete lungo i cammini, enormi pericoli per mare e per terra, frequenti persecuzioni, uccisioni e massacri ovunque, timore nelle case, paura nelle città, terrore durante i viaggi, sospetti ad andar per mare, preoccupazioni nelle piazze. Nel deserto gli uomini diverranno insensibili, nelle città le anime si struggeranno. L’amico non si preoccuperà dell’amico, il fratello per il fratello, i genitori per i figli, il servo fedele per il suo signore, ma una sola necessità occuperà tutti quanti e non potrà essere trovato in quel tempo alcuno che non sia tutto rivolto al pericolo, ma tutti, costretti dalla paura, si logoreranno per il male incombente.

Cap. 4
 E quando la terra sarà scossa da popoli bellicosi, gli uomini si nasconderanno sui monti e tra le rocce, in spelonche e caverne della terra, in sepolcri e monumenti funebri, e lì, consumati dal terrore, spireranno perché non ci sarà ove fuggire ma sarà ovunque scompiglio e afflizione insopportabili (6). Chi è in Oriente fuggirà in Occidente, chi invece in Occidente fuggirà in Oriente, e non vi sarà luogo abbastanza sicuro poiché il mondo sarà ricoperto da genti assai dissolute, il cui aspetto sembrerà essere più quello di bestie che di uomini. Infatti quelle genti straordinariamente terribili, nemicissime di Dio e impure, che non rispettano né i vivi né i morti (spaventano i vivi e divorano i morti), mangeranno carne di cadaveri, berranno il sangue delle giumente, profaneranno la terra, contamineranno tutte le cose e non vi sarà chi potrà resistere (7). In quei giorni non saranno seppelliti gli uomini, né cristiani né eretici, né Giudei né pagani, perché, per paura e timore, non ci sarà chi li seppellirà; infatti, tutti intenti a mettere in salvo se stessi, li ignoreranno.

Cap. 5
 E quando saranno compiuti i giorni dei tempi di quelle genti, dopo che avranno devastato la terra, si avrà una tregua; il regno dei romani sarà ormai tolto di mezzo (8), e l’impero dei cristiani sarà consegnato a Dio e al Padre (9); e allora verrà la fine, quando verrà soppresso il regno dei Romani e saranno distrutti tutti i principati e le potestà. Allora apparirà quel nefandissimo e abominevole serpente, quello stesso che Mosè indicò nel Deuteronomio dicendo: “Dan è un leoncello che si accuccia e si slancia da Basan” (Dt 33,22). Infatti si accuccia per ghermire, distruggere e uccidere. Un giovane leone, in verità, non come il leone della tribù di Giuda, ma ruggente per l’ira e per divorare (10). Viceversa da Basan si slancia in avanti. Basan certo va interpretato come confusione. Egli emerge dalla confusione della sua iniquità. E questi come una pernice, raccoglierà a sé i figli della confusione, e accrescerà la sua azione, e chiamerà quelli che non ha generato, così come dice il profeta Geremia. Sebbene essi nell’ultimo giorno lo abbandoneranno lasciandolo confuso.

Cap. 6
 Dunque, quando sarà venuta la fine del mondo, quel bugiardo e assassino nascerà della tribù di Dan. Sarà concepito dal seme di un uomo e di una vergine immonda e turpissima, seme misto a uno spirito malvagio e assai iniquo. Ma quello scellerato, seduttore più di anime che di corpi, da giovane, prima di prendere il potere, sembrerà, subdolo serpente, dimorare sotto un’aura di giustizia. Scaltramente sarà mite con tutti, dal momento che non accetterà doni, non farà preferenza per alcuno, sarà amabile con tutti, pacifico verso tutti quanti, non chiederà regali, apparendo cortese verso i vicini, al punto che gli uomini lo magnificheranno dicendo: “Questo è un uomo giusto”, non sapendo che in lui si sarebbe nascosto un lupo sotto le sembianze di un agnello e un uccello rapace dentro la pelle di una pecora (11).

Cap. 7
 Ma quando inizierà ad avvicinarsi il tempo del suo abominio e della sua desolazione, reso legittimo, assumerà il potere e, come si dice nel salmo: “Sono venuti in aiuto ai figli di Loth” (Sal 82,9), a lui accorreranno per primi i Moabiti e gli Ammoniti (12) quasi come al loro re. Quindi quando avrà preso il regno, ordinerà loro di riedificare il tempio di Dio che è in Gerusalemme; e questi, una volta entrato lì, vi si sederà come Dio e ordinerà di essere adorato da tutte le genti pur essendo carnale e immondo e un impasto di spirito iniquo e carne. Allora si adempirà quella parola del profeta Daniele che dice: “Egli non si darà alcun pensiero del dio dei padri suoi, né conoscerà i desideri del dio amato delle donne” (Dan 11,37). Infatti egli, serpente tutto iniquo, rivolgerà a sé ogni culto. Inoltre proporrà un editto perché gli uomini siano circoncisi secondo il rito dell’antica legge. Allora si congratuleranno con lui i Giudei, giacché da lui sarà restituita loro la consuetudine dell’Antico Testamento; allora tutti da ogni parte accorreranno a lui nella città di Gerusalemme e la città santa sarà calpestata dai popoli per 42 mesi, come dice il Santo Apostolo nell’Apocalisse, i quali saranno tre anni e mezzo, cioè 1.260 giorni (13).

Cap. 8
 In questi tre anni e mezzo il cielo tratterrà le sue gocce; infatti non vi sarà pioggia sulla terra e le nubi cesseranno di solcare il cielo e le stelle difficilmente saranno viste in cielo prima della straordinaria siccità, che accadrà nel tempo del ferocissimo serpente. Si prosciugheranno infatti tutti i grandi fiumi e le fonti d’acqua più importanti che zampillano da sé, i torrenti lasceranno inaridire le loro vene d’acqua a causa di un calore intollerabile, e ci saranno grandi tribolazioni di entità tale quale non vi fu da quando gli uomini cominciarono ad abitare la terra, e vi saranno fame e sete insopportabili. I figli verranno meno nel seno delle loro madri e le mogli sopra le ginocchia dei loro uomini, non avendo cibo da consumare. Infatti in quei giorni ci sarà penuria di pane e di acqua e nessuno potrà vendere o comprare il frumento del tempo della caducità, se non colui che porterà in mano o in fronte il sigillo del serpente (14). Allora nelle piazze giaceranno in rovina oro e argento, indumenti preziosi e pietre di grande valore e ogni genere di perla per le strade e i vicoli delle città e non vi sarà chi allungherà la mano e prenderà o desidererà prendere ma ogni cosa sarà considerata un nulla per la straordinaria siccità e della mancanza di pane, perché la terra non sarà alimentata dalle piogge del cielo, né vi sarà più sulla terra rugiada né umidità di venti. Ma quelli, che vagheranno per i deserti, fuggendo dall’immagine del serpente, piegheranno le loro ginocchia a Dio, a quello stesso modo che è degli agnelli al seno delle madri, camminando nella salvezza di Dio, errando per luoghi deserti, mangeranno erba.

Cap. 9
 Allora, quando questa necessità avrà costretto tutti, giusti e empi, i giusti per essere giudicati dal loro Signore, al contrario gli empi per essere dannati in eterno con il loro diavolo istigatore, Dio vedendo il genere umano in pericolo e sconvolto dal soffio dell’orribile dragone, manderà loro una predicazione di conforto attraverso i suoi sacerdoti, i profeti Enoch ed Elia (15), i quali, non assaporando ancora la morte, saranno stati preservati per proclamare la seconda venuta di Cristo e accusare il nemico.

NOTE

(1) Qui vi è un accenno esplicito al tema, molto diffuso nella letteratura patristica, dell’impero romano come katéchon, cioè come quella forza al tempo stesso personale e impersonale che viene evocata da san Paolo (2 Tess 2, 6-8) quale soggetto che trattiene (katéchein) la manifestazione dell’Anticristo e dunque il precipitare degli eventi verso la fine escatologica di questo mondo: “Non ricordate quando ero ancora tra voi e venivo dicendo queste cose? E ora sapete ciò che impedisce [tò katéchon] la sua manifestazione [dell’Anticristo, ndr.] che avverrà nella sua ora. Il mistero dell’iniquità è già in atto, ma è necessario che sia tolto di mezzo chi finora lo trattiene [o katéchon]. Solo allora sarà rivelato l’empio e il Signore Gesù lo distruggerà con il soffio della sua bocca...”. Tra gli autori che hanno proposto l’identificazione di questa misteriosa figura (di cui Agostino ammetteva la sostanziale impossibilità di una spiegazione certa e incontrovertibile) con l’impero e/o l’imperatore si annoverano Tertulliano (Apologeticum, XXXII e XXXIX), Lattanzio (Divinae Institutiones VII, 15), Gerolamo (Ad Algasiam, 11,9 ss.) Giovanni Crisostomo (In II epistolam ad Thessalonicenses homilia IV ). Tale visione dell’impero convive in epoca patristica con quella che vede nello stesso impero una forza anticristica, sulla base soprattutto di Daniele e dell’Apocalisse. Nel medioevo romano-germanico i ruoli si chiarificheranno: Roma-katéchon avrà una connotazione esclusivamente positiva e l’Anticristo assumerà di volta in volta le sembianze dell’eretico, del giudeo, del pagano, del nemico di turno della Chiesa cattolica. Per una rassegna delle interpretazioni antiche, medievali e moderne delle pericope paolina mi permetto di rinviare a M. Maraviglia, La penultima guerra. Il concetto di katéchon nella dottrina dell’ordine politico di Carl Schmitt, Università degli Studi di Milano, 2002-2003, pp. 138-179. La questione del katéchon è stata ripresa nella nostra contemporaneità ed è uscita dal ristretto ambito degli studi biblici e patristici, diventando il concetto di “forza che trattiene” una categoria importante della filosofia politica e della storia (cfr., per esempio, oltre al citato C. Schmitt, M. Cacciari, Dell’Inizio, Adelphi, Milano 1990, pp. 621-638).

(2) Singolare questa citazione di due fratelli, dai quali sarebbe emerso l’Avversario. Forse per simmetria con la nascita di Roma e con il mito di Romolo e Remo, l’Autore vuole porre alla fine dell’arco storico della città imperiale due fratelli in dissidio tra loro. Commodiano (Carmen, 805-985) riporta la vicenda di una coppia di Anticristi, formata da Nerone redivivo e da un condottiero orientale parimenti in lotta fra loro, e dai quali emerge vittorioso l’Anticristo venuto da Oriente alla testa di Medi, Persiani, Caldei e Babilonesi. Non si può tuttavia porre una relazione tra il nostro testo e il poema commodianeo se non a livello di pura suggestione. Non è stato peraltro possibile esaminare i trattati escatologici di sant'Ephraem di Edessa che forse in questo e in altri casi sarebbero stati d'aiuto.

(3) Questa fase del racconto è un po’ confusa. Prima il regno dei Persiani è incitato all’odio per i Romani da uno dei fratelli (forse è ancora ravvisabile una suggestione commodianea, laddove nel Carmen, 910-926, il secondo Anticristo muove guerra a Roma e la distrugge), poi sono i Giudei ad essere, fra i molti nemici dell’impero, l’avversario principale di quest’ultimo. Probabilmente la citazione dei Persiani e l’allusione ad un loro ruolo nei tempi escatologici hanno a che fare con i grandi problemi che nel terzo secolo questo popolo guidato da re Sapor I diede ai Romani, giungendo fino a prendere prigioniero l’imperatore Valeriano e a rappresentare la maggiore minaccia per la compagine imperiale. Il diacono Ephraem, con cui il nostro autore si identifica e del quale probabilmente conosce alcuni scritti, nel secolo IV conobbe da vicino le lotte tra i Romani e gli eserciti persiani di Sapor II per la conquista di Nisibi, sua città natia, le vicende della quale sono riportate nei suoi Carmina nisibena. Nella leggenda del Nero redivivus (che ha origini pagane: Tacito, Historiae I,2; Svetonio, Nero, 40-47, ma che è stata poi variamente ripresa, attraverso gli Oracula sibyllina VIII 139-159, dai Padri, tra cui Cirillo di Gerusalemme, Vittorino di Pettau, In Apocalypsim, 17, 9-16; Commodiano, Carmen, 825 ss.; Instructiones I, 41,7 e Lattanzio) secondo la quale, come si è visto nella nota precedente, l’imperatore Nerone sarebbe ricomparso alla fine del mondo nelle vesti dell’Anticristo stesso, i Persiani hanno un ruolo specifico: o sono coloro presso quali l’imperatore malvagio sarebbe stato ospitato prima di ricomparire fra i vivi, oppure, come in Commodiano, sono gli avversari crudeli e potenti del primo Anticristo, Nerone, il quale sarà appunto soppiantato dal loro condottiero, che si proclamerà immortale e si proporrà agli stessi Giudei come Messia, tendendo loro una trappola mortale. La menzione dei Persiani ha anche una funzione importante per la datazione del testo (cfr. infra, nota 5).

(4) Nel testo biblico si allude ai peccatori per il quale la giustizia divina comporterà l’allontanamento definitivo da Dio: “Guai a coloro che attendono il giorno del Signore. Che sarà per voi il giorno del Signore? Sarà tenebre e non luce” (Am 5, 18). Il “voi”, qui sottointeso, si riferisce in Amos al popolo di Israele che insiste nel suo peccato. Così il significato della citazione risulta intelligibile, dato che in generale l’attesa del giorno del Signore rappresenta una delle basi fondamentali della fede prima giudaica e poi cristiana e riguarda normalmente un evento fausto, anzi, di più, l’ingresso nell’assoluta beatitudine del Regno.

(5) V’è qui uno strano prologo in cielo delle vicende escatologiche in cui, alimentando un dibattito a noi abbastanza estraneo, alcuni autori americani hanno voluto vedere la testimonianza di una sorta di pre-tribulational rapture dei cristiani, affinché non restino partecipi delle vicende più dolorose dei tempi penultimi (cfr. Grant R. Jeffrey, Final Warning, Frontier Research Publications, Toronto 1995; Timothy Demy e Thomas Ice, The Rapture and an Early Medieval Citation, “Bibliotheca Sacra” 152 (1995), pp. 300-311; Grant R. Jeffrey, A Pretribulational Rapture Statement in the Early Medieval Church, in Thomas Ice e TimothyDemy (eds.), When the Trumpet Sounds: Today’s Foremost Authorities Speak Out on End-Time Controversies, Harvest House, Eugene (Or) 1995; Tim Warner, Pseudo-Pseudo Ephraem. Grant Jeffry II, The Sequel, 2001, www.lasttrumpet.com: quest’ultimo articolo contiene anche la traduzione integrale in inglese del nostro testo). L’idea mi sembra un po’ complicata e contraddice le numerosissime e sostanzialmente universali (cioè ravvisabili in tutte le aree geo-culturali e in tutte le epoche della cristianità) paure dei fedeli riguardo alle immagini cupe che descrivono, nella letteratura biblica e presso i più autorevoli padri della Chiesa, i tempi immediatamente precedenti la parusia di Cristo (paure che seguendo l’interpretazione pre-tribulational non avrebbero ragione di essere). Il nostro testo, peraltro, afferma, da un lato, che nel tempo della desolazione sia i cristiani, sia i pagani o gli eretici non saranno seppelliti, e così dà per scontato che anche i cristiani vivranno e morranno durante questo periodo. Dall’altro lato sostiene che alla fine sia i giusti sia gli ingiusti “saranno costretti” a subire le angustie dei tempi penultimi, prima che il Signore salvi gli uni e danni gli altri. Tenendo conto anche solo di questi due elementi narrativi (tra gli altri che si possono intravvedere) si può escludere con buona sicurezza questa sorta di scorciatoia dei credenti verso la salvezza, che eviterebbe loro di vivere la tribolazione. In ambito anglosassone si è occupato dello Ps. Ephraem anche P-J. Alexander, The Byzantine Apocalyptic Tradition, University of California Press, Berkeley 1985.

(6) Questo passo corrisponde ad uno dello Pseudo-Metodio, Sermo de Regnum cantium et in novissimis temporibus certa demonstratio, 13, in E. Sackur, Sibillinische Texte und Forschungen, Max Niemeyer, Halle 1898, pp. 91-92: «Tunc reserabuntur portae aquilonis et egredientur virtutes gentium illarum, quas conclusis intus Alexander et concutietur omnis terra a conspectu eorum et expaviscent homines et fugientes conterriti abscondent se in montibus et speluncis et in monumentis et mortificabuntur a timore et corrumpentur prae pavore quamplurimi et non erit qui corpora sepeliat». Stabilire quale sia il rapporto tra il nostro testo e lo Ps. Metodio è questione complessa da lasciare ai filologi. Io rilevo soltanto che il Sackur (ivi, p. 93 n. 3 e p. 95 n. 2 in cui usa il verbo schöpfen=attingere) sostiene che lo Ps. Ephraem abbia attinto in diversi punti allo Ps. Metodio, e ciò implicherebbe una datazione del primo posteriore al secondo, quindi verso la fine del sec. VII o l’inizio dell’VIII (lo Ps. Metodio è datato nella seconda metà del sec. VII). Al contrario il primo editore del Sermo de fine mundi, Carl Paul Caspari, Briefe, Abhandlungen und Predigten, Malling, Christania 1890, sostiene che l’originale greco del testo sia stato abbozzato tra il 565 e il 628, cioè anteriormente alla vittoria definitiva dell’imperatore Eraclio sui Persiani guidati da Cosroe II e Kawad e alle invasioni arabe (le prime avrebbero reso poco plausibile la citazione dei Persiani come nemici dei tempi finali, mentre le seconde — con le loro conseguenze catastrofiche per il cristianesimo orientale — difficilmente sarebbero potute passare sotto silenzio) e di conseguenza anche allo scritto dello Ps. Metodio. In ciò sostanzialmente concorda l’Alexander (op. cit., p. 145), che ritiene comunque inaccettabile una datazione posteriore all’avvento dell'Islam.. Bousset (Der Antichrist in der Überlieferung des Jundentums, des Neuen Testaments und der Alten Kirche, Göttingen 1895) ritiene invece che il Sermo sia databile attorno al 375, con argomenti che, secondo quanto afferma il Migne stesso, sono “aliquo modo flaccidis” (PL supplementum, IV, col. 606). La datazione del codice Barberinus 671 (XIV, 44) da cui è stato tratto il testo (presente anche in un più tardo codice Sangallensis 108), è indubbiamente collocata da Wilmart nel sec. VIII (che concorda su questo argomento con Caspari e con Migne). Questi afferma anche di conoscerne un altro manoscritto antico: Paris. BN 13348. s. VIII, f. 89r-93v: cfr. D.A. Wilmart, Le discours de saint Basile sur l’ascèse en latin, “Revue Bénédectine” XXVII (1910), pp. 226-233, qui pp. 226-227.

(7) Chi sono questi “popoli bellicosi” e “genti dissolute”? L’ipotesi che l’Autore si riferisca alla tradizione biblica di Gog e Magog mi è confermata dal confronto con lo Ps. Metodio che tra i popoli “immondi e dall’aspetto orribile” (Sermo cit., 8, p. 72) “rinchiusi da Alessandro” (cfr. citaz dello Ps. Metodio nella nota precedente) e di nuovo liberi di compiere le loro malefatte negli ultimi tempi, include le genti di Gog e Magog (ivi, 74) secondo ciò cui allude appunto il testo del Sermo citato nella nota precedente. Questa tradizione ha inizio con Ezechiele (38,2 ss.) che indica nelle genti capeggiate da Gog nella regione di Magog (un coacervo di popoli tenuti assieme dalla ferocia e dalla volontà di conquista) i più pericolosi nemici della teocrazia d’Israele; essi, dice Jahwe, nella profezia saliranno “contro il mio popolo Israele come nube che copre la regione” (Ez, 38-16) ma Dio interverrà in soccorso del suo popolo, ne abbatterà le schiere e darà in pasto i soldati nemici agli uccelli rapaci (cfr. Ez, 39,1-5). Il tema sarà ripreso in Ap 20, 7-10 — in cui le genti di Magog guidate da Gog diventeranno le nazioni di “Gog e Magog” — e di qui verrà la sua rilevanza escatologica.

(8) Riferimento letterale a 2 Tess 2, 6, laddove si parla del katéchon che deve essere “tolto di mezzo” (ek mésou gènetai) prima della manifestazione del “mistero dell’iniquità” (cfr. nota 1).

(9) Come in Paolo [1 Cor 15,24] Cristo “rimetterà il regno a Dio, il Padre, dopo aver distrutto ogni principato e ogni dominazione e potenza”, così l’imperatore, in una situazione ben diversa, cioè consapevole della sconfitta delle forze umane di fronte alla preponderanza degli eserciti del male, riconsegnerà il suo regno mondano, che fino ad allora aveva avuto un fondamentale ruolo katéchontico, a Dio e al Padre, aspettando solo la finale parusia del Cristo che, solo, può distruggere l’iniquità dilagante. Tale episodio è riportato con maggiore dovizia di particolari dallo Ps. Metodio: «Et cum apparuerit filius perditionis, ascendit rex Romanorum sursum in Golgotha, in quo confixum est lignum sanctae crucis. In quo loco pro nobis Dominum mortem sustenuit, et tollit rex coronam de capite suo et ponet eam super crucem, et expandit manus suas in caelum et tradit regnum christianorum Deo et patri» (ps. Metodio, Sermo, 14 cit., in E. Sakur, Sibillinische, cit., p. 93). A tale fonte attingerà in epoca altomedievale anche Adso di Montier en Der, Epistola ad Gerbergam reginam de ortu et tempore Antichristi, ivi, p. 110: «Et ipse erit maximum et omnium regum ultimus. Qui postquam regnum feliciter gubernaverit, ad ultimum Ierosolimam veniet et in monte Oliveti sceptrum et coronam suam deponet. Hic erit finis et consummatio Romanorum christianorumque imperii».

(10) Ireneo di Lione (Adversus haereses 30.2) è il primo tenere conto di una tradizione del giudaismo che in base a Gdc 18, 30-31, 1 Re 12,29-30; Am 8.14 e altri testi apocrifi, considerava il cedimento della tribù di Dan all’idolatria una sorta di marchio d’infamia. Questo sarebbe stato il motivo principale del fatto che in Ap 5,8 tale tribù non fosse contemplata tra le tribù di Israele e, conseguentemente, del ruolo negativo che tutta l’apocalittica successiva avrebbe attribuito a Dan: cfr. Ippolito, Benedizioni di Giacomo, 22; Benedizioni di MoséBenedizione di Dan in PO 27, coll. 183-185; Gerolamo, In Danielem, XI;  Ambrogio, De benedictionibus Patriarcharum;  Agostino, Quaestio 22 in Josuè.

(11) In Ap 13,11 si dice che la seconda bestia “aveva due corna simili a quelle di un agnello, e parlava come un dragone”. Già qui è delineata una caratteristica tipica dell’Anticristo che questo passo inquadra con grande lucidità: colui che agisce in nome di Satana tende a presentarsi come un agnello, ossia come Cristo, sebbene parli propriamente come un dragone, ossia come un diavolo. Lo ps. Ephraem dà qui una magistrale descrizione di questa duplice veste dell’Anticristo e dell’inganno che vi è sotteso, descrizione che avrà successo nel Novecento, dopo che Carl Schmitt — a sua volta indirizzato verso un tema simile dalla letteratura di Soloviev e Benson — ne avrà ripreso i termini nel suo commento al Nordlicht del poeta Theodor Daubler (cfr. Carl Schmitt, Aurora Boreale, trad. it . di V. Bazzicalupo, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1995, p. 89). L’applicazione di questa tradizione all’umanitarismo ateistico dei nostri tempi costituisce il naturale sbocco di una riflessione sulla secolarizzazione da un punto di vista cristiano, la quale ha buon gioco nell’individuare le conseguenze estremamente negative di un’ideologia politica che, ponendosi sotto le insegne di una generica e universalistica bontà, persegue fini di potenza facilmente assimilabili a quanto il Cristianesimo e i suoi interpreti attribuiscono al progetto di dominio secolare dell’Anticristo.

(12) I Moabiti sono gli abitanti di Moab, a oriente del Mar Morto, il cui capostipite, secondo la Bibbia, nacque da un incesto di una figlia di Loth con suo padre (Gen 29,37; me’ abha significa “dal padre mio”). Storicamente parlando, il popolo era di stirpe assai affine agli Ebrei e con essi si trovò spesso in relazioni conflittuali. Dopo l’esilio babilonese non si hanno più notizie del popolo moabita, probabilmente distrutto e deportato da Nabucodonosor poco dopo la distruzione di Gerusalemme. Gli Ammoniti invece erano stanziati ad est del corso inferiore del Giordano e nella parte settentrionale del Mar Morto. Secondo il racconto biblico essi derivarono da un incesto della figlia minore di Loth con il padre (Gen 29,38) – Ben-‘Amma significa “figlio del mio parente”. Noti per la loro crudeltà (Am 1,13), adoravano, come i Moabiti, il dio Melek, e come questi ultimi ebbero notevoli e durevoli contrasti con il popolo ebraico. Di qui la cattiva fama biblica di entrambi, e il ruolo negativo attribuito loro dal nostro Autore nei tempi escatologici.

(13) Cfr. Dn 7, 25; 9, 27; 12,7; 12,11 e Ap 11,3 e 13,5. A partire da Daniele quella di 1.260 giorni o 42 mesi o tre anni e mezzo è divenuta una costante che indica la durata “canonica” della persecuzione escatologica.

(14) Tradizione risalente ad Ap 13,16-17, ove si allude ad un marchio che la seconda Bestia — lo pseudoprofeta per antonomasia di cui l’idea di un Anticristo personale è naturale esito — fa imprimere sulla fronte o sulla mano destra di tutti, marchio che rappresenta il “nome della fiera o il numero del suo nome”.

(15) Cfr. Enoc ed Elia sono i nomi che l’autore, seguendo una consolidata tradizione, attribuisce ai due testimoni del Signore di Ap 11, 3-13 mandati predicare l’estrema resistenza all’Anticristo nei tempi ultimi: «Ma farò in modo che i miei due Testimoni, vestiti di sacco, compiano la loro missione di profeti per milleduecentosessanta giorni. Questi sono i due olivi e le due lampade che stanno davanti al Signore della terra. Se qualcuno pensasse di far loro del male, uscirà dalla bocca un fuoco che divorerà i loro nemici. Così deve perire chiunque pensi di far loro del male. Essi hanno il potere di chiudere il cielo, perché non cada la pioggia nei giorni del loro ministero profetico. Essi hanno anche il potere di cambiar l’acqua in sangue e di colpire la terra con ogni sorta di flagelli tutte le volte che lo vorranno. E quando poi avranno compiuto la loro testimonianza, la bestia che sale dall’abisso farà guerra contro di loro, li vincerà e li ucciderà [...]. Ma dopo tre giorni e mezzo un soffio di vita procedente da Dio entrò in essi e si alzarono in piedi, con grande terrore di quelli che stavano a guardarli. Allora udirono un grido possente dal cielo: “Salite quassù” e salirono al cielo in una nube sotto gli sguardi dei loro nemici». L’identificazione di questi due testimoni con i profeti Enoc ed Elia si appoggia a testi molto autorevoli come per esempio l’Apocalisse di Pietro, cap. 2; Ippolito, De Antichristo, 46-47, In Danielem, IV, 35; Tertulliano, De Resurrectione carnis, XXII, 2, 10, De anima, L, 4-5; Commodiano, Carmen 833 ss.: Elia, con allusione ad Enoc in 856 (in F. Sbaffoni, Testi sull’Anticristo, vol. I [secc. I-II], Nardini, Firenze 1992, pp. 200-201) e costituisce, direi, un topos della letteratura apocalittica di epoca patristica e medievale.


Ephraem latinus, DISCORSO SULLA FINE DEL MONDO (Sermo de fine mundi) [cfr. Migne PL 4 supplementum coll 608-613] Traduzione italiana di F. Cucchi e S. Lucchesi. Note a cura di Massimo Maraviglia

sabato 27 gennaio 2024

Gli eletti sono già preparati dal cielo

 


Le persone che vengono scelte per certe missioni sono già preparate dal Cielo

Le cose, figli Miei, non saranno facili, ma ciò non significa che debbano smettere di essere fatte. Io, Gesù, vi parlo. Quando il Cielo chiede un'Opera, qualcosa che Egli desidera sia fatta perché sia perennemente registrata negli annali della Chiesa, ciò che chiede è pieno di grazie, ma anche pieno di difficoltà. Se vi rendessimo le cose facili, non sarebbero saldamente piantate sulla roccia, perché le cose facili hanno poca costanza. Io, Gesù, vi parlo.

Ma devo avvertirvi che le persone che vengono scelte per certe missioni sono persone già preparate per loro dal Cielo, con una serie di valori che sono ciò che fa andare avanti l'Opera o la missione richiesta. Così il Mio servo Mosè condusse il popolo d'Israele alla Terra Promessa, anche se non la vedeva, perché il popolo eletto (anche se) è adatto alle missioni che il Cielo chiede, non significa che sia (scelto) proprio per la sua santità, ma per i valori del suo carattere e della sua personalità. Io, Gesù, vi parlo.

Ogni difficoltà che vi si presenta, tutte le vicissitudini o le cose negative che soffrite, sono previste dal Cielo, e il Cielo lo permetterà affinché sappiate con la vostra ragione e la luce del Mio Santo Spirito discernere e prendere decisioni, ma non date spazio sotto nessun aspetto allo scoraggiamento, di cui il Mio nemico mortale si occuperà di aumentare incommensurabilmente le difficoltà e i riguardi umani. Io, Gesù, vi parlo.

Io, Gesù, Tuo Fratello, sono con te e non devi dimenticarlo, non ti chiederò qualcosa e poi ignorerò tutto e ti dirò di arrangiarti! No, figli, no, io sono con voi, vedete che vi dico, io sono! Non intendo dire che sarò con Me, la Tua Ineffabile Madre, desiderando che tu ti rivolga a Lei di fronte a qualsiasi difficoltà. Già nella Mia Passione dovette consolare alcune persone che, credendo in Me e di fronte al Mio apparente fallimento, dubitavano di Me come Messia. Nonostante le sue sofferenze, con la sua ferma fede e fortezza, ha consolato le sante donne e anche gli uomini che hanno pianto per me, dando tutto come perduto, e queste circostanze accadono anche in ogni Opera di Dio, che alla fine, chi ha la volontà di fare la volontà di Dio in modo mirabile, e non negligente, ne esce vittorioso e la missione o l'Opera richiesta si fonda sulla Santa Madre Chiesa. per secoli. Io, Gesù, vi parlo e vi benedico.

Io, Gesù, vi parlo

MARIA SIMMA LE ANIME DEL PURGATORIO MI HANNO DETTO…

 


Una donna salva un villaggio


Nel 1954 una valanga fu la causa di una grande catastrofe. Nel vicino villaggio di Fontanella morì poco dopo una donna di nome Stark, che era stata malata per trent'anni. Si raccontava che cent'anni prima le valanghe avevano causato delle rovine; ma quest'ultima catastrofe era stata la peggiore. Dopo la prima devastazione era stato piantato un bosco per proteggere il villaggio. Durante la valanga del 1954 questo bosco fu quasi totalmente sradicato. Qualche albero trattenne la forza della neve, altrimenti la metà del villaggio sarebbe stata distrutta. Quando mori la signora Stark, poco dopo la catastrofe, seppi dalle anime che soltanto le sue preghiere ed i suoi sacrifici erano serviti a trattenere gli alberi. Ella aveva offerto tutte le sue sofferenze per il bene del suo comune e gli aveva così ottenuto numerose grazie. Se avesse avuto la salute non avrebbe potuto farlo. Sopportando la sofferenza con pazienza si salvano più anime che con la preghiera. E evidentemente più facile esortare un malato a soffrire con pazienza che perseverare da soli a farlo umilmente. Io conosco la sofferenza: è perché essa è così penosa che ha tanto valore! Non guardiamola sempre come una punizione: essa può essere accettata come espiazione non solo per noi stessi, ma soprattutto per gli altri. Il Cristo è l'innocenza stessa, ed ha sofferto più di tutti per espiare i nostri peccati. Soltanto in cielo sapremo ciò che abbiamo ottenuto con la sofferenza, sopportata con pazienza, in unione con le sofferenze di Cristo. Il modo più efficace di offrire le nostre sofferenze consiste nel rimetterle nelle mani della Madre di Dio, affinché Ella le distribuisca a chi vuole perché sa a chi sono più necessarie.


Nel Vaticano, ci sono e ci sono stati peccati contro la volontà di Dio, ed è per questo che Dio li punirà. l’Italia soffrirà, alcune città saranno sommerse, tutto ciò agli occhi del mondo sarà imprevedibile

 

MESSAGGIO DONATO ATTRAVERSO IL GRUPPO DELL’AMORE DELLA SS. TRINITÀ 


 7 GENNAIO 2024

SAN GABRIELE ARCANGELO

Fratelli e sorelle, Sono Io, l’Arcangelo Gabriele, insieme a Me c’è il Generale Michele e l’Arcangelo Raffaele, gli Angeli sono in mezzo a voi, la SS. Trinità é in mezzo a voi. 

Fratelli e sorelle, oggi sono qui per volere del Padre Celeste, Lui Mi ha inviato per annunciare i momenti che stanno per accadere nel mondo, l’umanità sta affrontando un periodo di dura prova, satana si sta scatenando contro tutti coloro che fanno la volontà di Dio, la preghiera viene sempre a mancare, le tentazioni e i piaceri di questo mondo oscurano la divinità, perché le anime sono deboli. 

Molto presto in Israele ci saranno degli attacchi ancora più forti, il luogo dove il Padre Celeste aveva disegnato per salvare l’umanità è stato disprezzato, è stato ignorato, coloro che hanno permesso tutto ciò soffriranno, fratelli e sorelle non temete, i momenti si avvicinano. Nella Chiesa ci sono molti Sacerdoti che aspettano l’intervento potente di Dio, perché lì, nel Vaticano, ci sono e ci sono stati peccati contro la volontà di Dio, ed è per questo che Dio li punirà. La Chiesa doveva diffondere in tutto il mondo l’amore di Gesù, invece è stato trasformato tutto a loro piacimento. 

Fratelli e sorelle, la misericordia di Dio è infinita, ma non deve essere sottovalutata. Pregate e fate penitenze, i peccati ne sono molti, perciò c’è bisogno di tanta preghiera. 

Fratelli e sorelle, anche l’Italia soffrirà, alcune città saranno sommerse, tutto ciò agli occhi del mondo sarà imprevedibile, affinché si possa capire che è l’intervento di Dio per la salvezza delle anime. 

Fratelli e sorelle, vi amo, presto il Generale Michele vi indicherà come combattere il male, come combattere le tentazioni. Tornerò insieme al Generale Michele e all’Arcangelo Raffaele, adesso nel nome della SS. Trinità, vi benedico, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.