lunedì 30 settembre 2024

Bambini senza amore

 


Oltre la morte

Carlo Carretto, nel suo libro “Un cammino senza fine” scrive: «Ho viaggiato molto nella mia vita. Quello che sto raccontando potrebbe essere successo a New York, a Tokio o a Rio de Janeiro. Non chiedermi i dettagli. Non sono un poliziotto. So che mi trovavo nei pressi di un ospedale. Ero uscito da una chiesa dove avevo passato la notte con alcuni amici adorando Gesù Eucaristia. Faceva abbastanza freddo e l’aurora cominciava a spuntare. Vidi la massa grigia di un grande contenitore zincato e chiuso con due botole rotonde...

Un amico infermiere mi disse: Vieni, ti voglio mostrare quello che avviene nei nostri tempi. è triste, tristissimo, ma è così. Si avvicinò al contenitore, aprì il coperchio come se fosse un tecnico della materia, prese la pila dalla tasca e con il bastone che porto sempre cominciò a rivoltare quello che stava nel contenitore. Guarda, mi disse. Volevo che tu vedessi: sono gli aborti praticati oggi in ospedale. Guardai e alla pallida luce della pila, scoprii fra bende sanguinolente e sporche un pezzo di carne rosacea nella posizione caratteristica dei feti umani.

Le parole non volevano uscire dalla mia bocca. Non avevo voglia di dire nulla. Era come se tutto l’orrore del male con volto di banale normalità fosse crollato addosso a me...

Aprii la Bibbia e lessi: «Alla tua nascita, quando fosti partorita, non ti fu tagliato l’ombelico e non fosti lavata con l’acqua per purificarti; non ti fecero le frizioni di sale, né fosti avvolta in fasce. Occhio pietoso non si volse su di te per farti una sola di queste cose e usarti compassione, ma come oggetto ripugnante fosti gettata via in piena campagna, il giorno della tua nascita. Passai vicino a te e ti vidi mentre ti dibattevi nel sangue e ti dissi: Vivi nel tuo sangue e cresci come l’erba del campo» (Ez 16, 4-7).

In quell’istante vidi con chiarezza che sopra il mio ginocchio vi era un angelino, e quel piccolo angelo era proprio quello che avevo visto nel contenitore dell’ospedale. E ci mettemmo a parlare come vecchi amici.

Mi disse: Per quel che so, mio padre era un pover’uomo, un irresponsabile: può servirgli come attenuante tutto quello che vede ogni giorno alla televisione. Mia madre? Sento una tenerezza profonda per mia madre... non sono solo, sai? sapessi quanto siamo numerosi! Non ci stiamo neanche nella cattedrale... adesso vado nella cattedrale. Devo recitare le preghiere del mattino con tutti coloro che sono stati assassinati come me stanotte.

- dimmi una cosa: Che nome hai, come ti chiami?

- Al momento mi chiamo Nonnato: è un nome generico. Lo porterò finché mia madre non mi darà un nome, non appena prenderà coscienza di me. Sicuramente mi ricorderà...

La cattedrale era un brulichio di vita e di luce... Prese la parola uno di quei bambini abortiti, un aborto clandestino causato da un puntura praticata da una “strega”. Disse: Noi siano vittime di egoismi infiniti, ma non possiamo mettere nessuno sotto accusa. Non siamo qui per questo. Io non mi azzardo ad accusare mia madre, che era tanto povera. Io la amo e pensando a lei mi sento in pace. Ci siamo riuniti in questa cattedrale per pregare e soprattutto per amare coloro che ci hanno fatto male... L’assemblea concluse i suoi lavori con un canto molto armonioso che sembrava l’eco del giuramento di Sichem: “Noi serviremo il Signore nostro Dio e obbediremo alla sua voce!” (Gs 24, 24).

E quei piccoli esseri stanchi dormirono in pace».

 

Anche se in questo brano vi è molta fantasia dell’autore per farci capire la malizia dell’aborto, tuttavia dobbiamo pensare a questi bambini che ci aspettano nell’aldilà e che sono ancora viventi. Così come loro ci amano, aspettano che noi li riconosciamo come creature e attendono il nostro amore. Incominciamo a dare loro un nome e a pregare per loro. Ricordiamoci che san Ramón Nonato (1204-1240) è il patrono dei bambini non nati, perché fu tirato fuori dal ventre di sua madre dopo che era morta. Non dimentichiamoci che ci aspettano a braccia aperte perché sono assetati del nostro amore.

P. Angel Peña


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