venerdì 30 luglio 2021

SULLA PREGHIERA

 


4.  Tratti generali della Contemplazione 


a) Il processo di contemplazione       

Ora, nella contemplazione, Dio agisce soprattutto in ciò che i mistici chiamano il punto fine dell’anima, la cima dell’anima, la cima della volontà, o il fondo intimo dell’anima. Ciò che si deve intendere per questi termini è tutto ciò che è di più elevato nell’intelligenza e nella volontà: l’intelligenza, non in quanto ragiona, ma in quanto percepisce la verità per mezzo di uno sguardo semplice, illuminata dai doni superiori dell’intelligenza e della saggezza; e la volontà nel suo atto più semplice che è di amare e di gustare le cose divine. 

Il venerabile Louis de Blois insegna che questo centro dell’anima dove opera la contemplazione è molto più intimo ed elevato delle tre facoltà principali dell’anima (ossia la conoscenza, la volontà, e la memoria), essendone la fonte. In esso, lui aggiunge, le facoltà superiori stesse sono un’unica cosa; là regna una tranquillità sovrana ed un perfetto silenzio, perché nessuna immagine lo può mai raggiungere; in questo luogo, dove si nasconde l’immagine divina, ci vestiamo della forma divina. 

In questo centro dell’anima, dunque, Dio produce allo stesso tempo la conoscenza e l’amore. L’oggetto della conoscenza colpisce vivamente l’anima perché è sperimentale, o quasi-sperimentale. L’amore che Dio produce è ineffabile: mediante una specie di intuizione esso fa comprendere all’anima che Lui solo è il Bene sovrano. Lui l’attira così in maniera forte, irresistibile, come il magnete attira il ferro, senza però violentare la sua libertà.  

Così, secondo lo stesso Louis de Blois , l’anima esce da sé stessa per versarsi intieramente in Dio e perdersi nell’abisso dell’amore eterno e là, morta a sé stessa, vive in Dio senza conoscere né sentire niente fuori dell’amore di cui è inebriata: si perde nell’immensità della solitudine e delle tenebre divine; ma perdendosi si ritrova, poiché l’anima, spogliandosi di tutto l’umano, si riveste di Dio. L’anima è tutta cambiata e trasformata in Dio, come il ferro sotto l’azione del fuoco riceve l’aspetto del fuoco e si cambia in esso. Se fino allora in quest’anima non c’era che la freddezza, ormai essa è tutta accesa; dalle tenebre è passata allo splendore più vivo; fino allora insensibile, ormai non è che tenerezza. 

La contemplazione, in una parola, è come una forma intensa di Fede e di Carità con una tendenza verso la visione beatifica. 

La contemplazione, in fin dei conti, è ineffabile ed inesprimibile, e questo per due motivi: il primo è che, essendo inondato dalla luce divina, lo spirito ne viene accecato; il secondo è che egli sperimenta un amore così intenso per Dio che non lo può descrivere. 

b) Gioia e sofferenza 

Nella contemplaz ione c’è un miscuglio di gioia da un lato, gioia ineffabile di gustare la Presenza dell’Ospite Divino, e sofferenza dall’altro. Questa sofferenza si manifesta soprattutto in fasi particolarmente dolorose che si chiamano ‘notti’, mentre la gioia si manifesta in fasi dolci e soavi. San Giovanni della Croce e santa Giovanna de Chantal si concentrano principalmente sulle prime fasi; santa Teresa d’Avila e san Francesco di Sales piuttosto sulle seconde. 

Perché la contemplazione implica la sofferenza? Prima di tutto in quanto l’anima sente profondamente la sua separazione dal suo Dio Benamato, e poi in quanto la contemplazione appartiene alla via unitiva e mistica, che è quella dei perfetti, o almeno di coloro che si stanno perfezionando: questo processo di perfezionamento comprende la purificazione dell’anima dai peccati passati e dalle tendenze peccaminose che ci hanno lasciato. Altrimenti come ci si potrebbe mai unire a Dio Che è completamente perfetto ed infinitamente puro? La purificazione è dolorosa poiché costituisce un processo di purgazione dell’anima da tutte queste impurità.   

Lo stesso processo avviene in Purgatorio: la stessa gioia, la stessa duplice sofferenza. Meglio sopportare quest’ultima quaggiù – osserviamo a questo punto – in una lotta gloriosa e meritoria per amare Dio e superare il Mondo, la Carne ed il Demonio, che in Purgatorio senza gloria, senza meriti, ed in mezzo a dolori indicibili. 

c) Sospensione      

Già nella contemplazione attiva si manifesta una certa sospensione dei sensi: il soggetto che contempla non riesce chiaramente ad afferrare l’oggetto della sua conoscenza, e può anche perdere il senso del tempo: può passare, infatti, parecchio tempo senza che egli se ne accorga. Questo però si deve considerare come un fenomeno tipicamente psicofisico e naturale.  

Nella contemplazione passiva, invece, come abbiamo accennato sopra, avviene una sospensione dei sensi o interni o esterni, o entrambi. Tale sospensione è di ordine puramente sovrannaturale. I sensi vengono immersi ed assorbiti in Dio e l’anima si unisce a Dio in un atto di contemplazione talmente perfetto e pieno che sembra durare solo un istante. Di fatti si tratta qui di due ordini di tempo: quello continuo, solare, secondo cui l’atto dura, diciamo, un’ora, e quello discontinuo che deriva dalla pienezza dell’atto, secondo cui l’atto dura solo un istante. L’istantaneità del tempo discontinuo è per l’anima una conseguenza della sua unione a Dio Atto Puro, Che esiste fuori dal tempo nell’Eterno presente. 

Tornando all’immagine della barca: ‘Come una barca che scinde il mare e non ci lascia alcuna traccia, l’anima afferrata dall’oceano delle divine contemplazioni, non può vedere, neanche tornando, né da dove è passata, né dove è arrivata’ 7 . In mari via tua et semitae tuae in aquis multis, et vestigia tua non cognoscuntur (Sal. 77.19).  

d)  Vantaggi della contemplazione 

Ci sono due vantaggi della contemplazione.  

Il primo vantaggio è che essa glorifica Dio in quanto ci fa sperimentare in un certo qual modo la Sua trascendenza infinita. La contemplazione prosterna il nostro essere tutto intiero davanti alla Sua Maestà e ci conduce a lodare e benedire Lui, non solo nel momento stesso in cui Lo contempliamo, ma lungo tutta la giornata. Quando guardiamo la grandezza divina, rimaniamo rapiti d’ammirazione e dalla virtù della devozione di fronte ad essa.  

Il secondo vantaggio della contemplazione è che essa santifica l’anima. La contemplazione difatti largisce tanta luce, tanto amore, e tante virtù all’anima da essere chiamata con ragione ‘un cammino di raccorciamento per arrivare alla perfezione’. 

Padre Konrad zu Loewenstein 

Il Terzo Segreto predice: La Grande Apostasia nella Chiesa dopo il Concilio Vaticano II

 


La Battaglia  Finale del Diavolo


I disastrosi effetti causati dalla  manomissione delle definizioni infallibili

La storia ci porta un altro esempio eclatante di ciò che può succedere  alla Chiesa quando anche un solo suo dogma venga contraddetto su  vasta scala. L’eresia ariana causò una confusione catastrofica nella  Chiesa, dal 336 al 381 d.C. L’Arianesimo era stato condannato nel 325,  ma nel 336 cominciò a diffondersi di nuovo. Proprio a partire dal 336,  l’eresia era riuscita a portare a sé ben il 90% dei vescovi dell’epoca,  prima che fosse sconfitta definitivamente circa cinquant’anni dopo.  Nella confusione e nella perdita di Fede che ne risultarono, persino il  grande Sant’Atanasio venne “scomunicato” dal Papa nel 357. Nel 381,  l’Arianesimo era stato sconfitto dal Primo Concilio di Costantinopoli.  Tuttavia, rimase ancora assai pericoloso e potente tra il 360 ed il 380. I  risultati furono del tutto devastanti per la Chiesa. 

La crisi Ariana ha molto da insegnarci sui possibili contenuti della  parte mancante del Terzo Segreto. Uno dei motivi per cui gli ariani  ebbero tanto successo per qualche anno, fu perché essi erano riusciti  ad attaccare “con successo” un dogma che era stato in precedenza  pronunciato solennemente ed infallibilmente dal Concilio di Nicea, nel  325 – ovvero che Cristo è Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio  vero; generato e non creato, consustanziale al Padre. Questa solenne ed  infallibile definizione è contenuta nel Credo di Nicea, che recitiamo  tutte le domeniche durante la Santa Messa. 

Gli Ariani ribaltarono quella definizione, facendo in modo che  molti “fedeli” chiedessero di sostituirla con un’altra definizione,  falsa e fallibile. Nel 336 gli Ariani rimpiazzarono la parola greca Homoousion con Homoiousion. La parola Homoousion vuol dire in  pratica “consustanziale ” al Padre. Perché Dio Figlio sia consustanziale  al Padre, il Figlio non deve essere solo Dio ma anche lo stesso Unico Dio  come il Padre, cosicché la sostanza del Padre è la sostanza del Figlio,  anche se la Persona del Padre non è la Persona del Figlio. Sono quindi  tre le Persone in Dio – Padre, Figlio e Spirito Santo – ma c’è solamente  un Dio, con un’unica sostanza, in tre Persone distinte. È il mistero della  Santissima Trinità. La nuova parola Homoiousion, tuttavia, significava  “di sostanza simile” al Padre. Così, la frase fondamentale del dogma –  “consustanziale col Padre” – era stata cambiata in “di sostanza simile al  Padre” o “come il Padre”. 

Gli Ariani avevano causato un’enorme confusione nella Chiesa grazie  all’aggiunta di una sola lettera alla parola Homoousion, creandone una  nuova con un significato diverso: Homoiousion. Essi attaccarono una  definizione solenne, pretendendo che la loro nuova definizione sarebbe  stata migliore di quella definita solennemente. Ma ovviamente, la  nuova definizione non era migliore della definizione solenne, dato che  questa, promulgata solennemente dal Concilio di Nicea, era infallibile. Aggiungendo una sola lettera ad una parola, gli ariani si erano sbarazzati di una definizione infallibile. Questo aprì le porte agli Ariani  e ai semi-ariani, scatenando una guerra aperta. La gente fu martirizzata,  perseguitata, portata in esilio o a morire nei deserti, solo per colpa di  un unico cambiamento ad un singolo dogma infallibile. Sant’Atanasio  venne mandato in esilio per cinque volte dal Sinodo d’Egitto (e passò  in esilio almeno 17 anni, per questo motivo). Ma aveva ragione, ed i  vescovi eretici di quel Sinodo erano tutti in errore.


Le definizioni infallibili sono al di sopra  di qualsiasi argomentazione o rango nella Chiesa

Perché Atanasio era certo di essere nella verità? Perché era rimasto  fedele alla definizione infallibile, a prescindere da cosa dicessero gli  altri. La verità di una definizione Cattolica infallibile, pronunciata  solennemente, non può essere negata da nessuno, a prescindere dal suo  rango ecclesiastico o dal suo livello di conoscenza. Anche gli elementi  più umili tra i fedeli, attenendosi ad una definizione infallibile, sapranno  di più dei teologi “eruditi” che invece negano o minano tale definizione. 

È Questo lo scopo dell’insegnamento della Chiesa definito infallibilmente – renderci indipendenti dalle semplici opinioni di un uomo, per quanto  sapiente e potente possa essere.

Nel 325, quindi, la solenne definizione data dal Concilio di Nicea era già infallibile, ma molte persone di allora non capivano pienamente  che le definizioni solenni di Fede erano infallibili. In quell’epoca infatti,  la Chiesa non aveva ancora emesso una solenne definizione secondo la  quale le definizioni di Fede sono infallibili. Nel 1870, infatti, il Concilio  Vaticano Primo avrebbe solennemente ed infallibilmente definito il  dogma dell’infallibilità delle definizioni solenni della Chiesa. Ora,  pertanto, lo sappiamo in modo inequivocabile. Ancora una volta: le  definizioni solenni sono infallibili – per sempre. 

Padre Paul Kramer

L'ora della resa dei conti è giunta su questo mondo, perché la mano della giustizia non può più essere trattenuta. La verità sarà mostrata al mondo

 


Figlia mia, i giorni sono ormai diventati l'ora in cui molti staranno davanti a Me. Un'ora in cui molti verranno a vedere a cosa li ha portati la paura. Ho avvertito i Miei figli che non sono il Dio della paura, perché non autorizzo queste cose. Sono un Dio che parla al cuore del Mio popolo e non semino semi di paura nella sua mente. Ho creato ognuno dei Miei figli con i mezzi necessari per vivere una missione su questa terra, per essere strumenti di luce e di speranza in questo mondo oscuro. Sono venuto a dire ai miei figli che è giunta l'ora in cui direte: "Dov'è mio fratello? Dov'è mia sorella? E' giunta l'ora in cui vorrete dire la Coroncina della Mia Divina Misericordia all'infinito per la moltitudine che non era preparata ad incontrarmi. Svegliatevi figli miei, perché siete stati ingannati dal principe delle tenebre, l'autore della paura. Siete guidati da una falsa promessa. Il vostro corpo è un tempio dello Spirito Santo - non deve essere messo a tacere, manipolato o impoverito della Mia Creazione. Questo mondo sta passando, ma molti sono compiacenti. È tempo di preparare la vostra anima, perché è giunta l'ora in cui avvertirò l'umanità che le sue vie non Mi sono gradite. Cosa raccoglierete, figli miei, quando i fuochi vi circonderanno? Cosa raccoglierete, figli miei, quando le inondazioni laveranno la vostra vegetazione? Il male dei Miei piccoli non va senza punizione. Ho implorato con amore e misericordia di allontanarsi dal peccato, eppure così tanti cercano di alterare la Mia Creazione, il Mio Piano. L'ora della resa dei conti è giunta su questo mondo, perché la mano della giustizia non può più essere trattenuta. La verità sarà mostrata al mondo, perché ciò che è stato messo a tacere a porte chiuse sarà aperto alla luce. È tempo di prepararsi e di avvertire coloro che si sono addormentati alle menzogne per le quali sono caduti. È tempo di legare i vostri rosari e di cadere in ginocchio in umiltà, perché Io sono Gesù, e la Mia misericordia e la Mia Giustizia prevarranno.

Jennifer


«La croce promette il cielo. E si fa preghiera»

 


«Signore, sono stremato dai lunghi lamenti, ogni notte inondo di pianto il mio giaciglio... I miei occhi si consumano nel dolore» (Sal 6, 7-8).

«Il tuo volto, Signore, io cerco, non nascondermi il tuo volto» (Sal 26, 8).

Solo gli occhi lavati dal pianto godono della trasparenza del Cielo e lo vedono (cf. Mt 5, 8). Chi soffre, se non respinge da sé il dono, si colloca sulle alture più prossime del Regno dei cieli: ne intravede il delizioso mistero di luce e di pace. Ha nello stesso dolore un annuncio d'immortalità nel Cristo, che è la Risurrezione e la Vita (cf. Gv 11, 25).

Piangere con il Cristo! Mistero di vita eterna.

Il gaudente è immensamente povero.

Beati noi se sappiamo soffrire (cf. Mt 5, 4): ogni lacrima mostra un lembo di cielo.

E lo vale. Affrettiamoci a bere a quel calice, al quale ha bevuto il Redentore stesso!

L'apostolo Pietro c'incoraggia a questa condivisione: «Carissimi, nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi perché anche nella rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare» (1 Pt 4, 13).

Occorrono molti atti di coraggio per testimoniare oggi la fede nel mistero di Dio e dell'eternità. Ad esempio:

• Un costume di vita, di abbigliamento, di lavoro, di svago, ecc. - da parte dei sacerdoti e dei consacrati -, che mostri al vivo un costante orientamento verso le realtà eterne.

• L'accettazione del Vangelo senza scorciatoie e senza sconti.

• L'accoglienza cordiale offerta ad ogni uomo come a un fratello.

• Seguire un regolamento di vita, secondo le proprie Regole o concordato con il padre spirituale.

• Pregare sempre e in ogni luogo.

• Rigettare frivolezze, bassezze, perdita di tempo, senza venire mai a compromessi.

• Resistere a satana che «va in giro come leone ruggente cercando chi divorare» (1 Pt 5, 8).

Chiediamo con umile insistenza di imparare presto a soffrire, come persone che hanno speranza e gettano l'àncora in Cristo per la vita che non conosce tramonto.

I pastori d'anime, fedeli alle proprie responsabilità, dovranno pure avere il coraggio di denunciare il male, l'umiliazione del peccato, il bisogno di evadere dal finito, l'urgenza della salvezza. Con tutti i suoi limiti personali e i condizionamenti del suo tempo, anche come evangelizzatore, il Curato d'Ars si presenta come un modello insuperabile e, nello stesso tempo, incoraggiante:

- «L'esame dei quaderni rivela la limitatezza dei suoi mezzi, la povertà dello stile, per non parlare dell'impossibile ortografia; nondimeno, fu amalgamando senz'arte, adattando senza originalità di pensiero dei testi presi in prestito che si formò progressivamente alla predicazione.

- Il Curato sceglieva il più delle volte dei soggetti capaci, secondo lui, d'impressionare il suo mondo. Sensibile com'era al dramma del destino umano, tremando al pensiero del pericolo di dannazione corso incessantemente dai peccatori, era portato istintivamente a porre senz'ambagi davanti agli uditori le questioni più inquietanti...

- Le prediche dei primi anni del Curato d'Ars sembrano confermare che i principi teologici insegnati da Ballay (il suo parroco) al suo discepolo s'ispirassero il più delle volte al timore e al tremore. Gli occorreranno anni di unione con Dio e di contatto con i peccatori per arrivare a disfarsi di questa pesante eredità...

- Il giovane prete, spinto da uno zelo ancora poco illuminato, sembrava esigesse anche dagli ultimi fedeli un'ascesi e un fervore pari a quelli cui tendeva personalmente. Formato alla più severa disciplina, non intuì subito la misura esatta della debolezza dei cristiani mediocri che costituiscono la massa dei battezzati.

- Temendo sempre di cedere, anche di poco, il passo al peccato, assumeva in ogni caso le posizioni più rigorose; ma l'esperienza, con l'aiuto di Dio, lo avrebbe fatto diventare più umano, adattando alla capacità dei peccatori le esigenze della vita cristiana e sarebbe divenuto infine quel Curato d'Ars che la Chiesa ha posto sugli altari.

- La sua predicazione doveva essere all'udito meno urtante che non nella rude stesura trasmessaci: i sentimenti di compassione espressi qua e là, il tono della voce, le lacrime mescolate ai rimproveri coloravano e attenuavano le tirate minacciose. I suoi uditori sapevano d'altra parte che il pastore era per se stesso d'una severità senza pari e che il rigore per le pecorelle era il volto del suo amore per loro. In tal modo, la sua bontà fondamentale, manifestata in tante occasioni, contrastava molto fortemente con le parole spietate lanciate la domenica dall'alto del pulpito, e finiva per chiarire bene le sue lezioni.

Notiamo infine che i suoi discorsi, sconcertanti per noi in tanti punti, vanno ricollocati in un contesto storico ben caratterizzato; perché non dovevano differire poi tanto da quelli della maggioranza dei preti della regione lionese...

- Dal suo arrivo ad Ars, il giovane pastore si gettò a corpo morto nella penitenza. Avrebbe dovuto un giorno rendere conto a Dio delle duecentotrenta anime sulle quali Courbon (il Vescovo) l'aveva incaricato di vegliare. Aiutare il suo gregge a salvarsi, strapparlo dall'inferno: egli non aveva ormai altra ambizione» (René Fourrey, Vita autentica del Curato d'Ars).

Concludiamo rivolgendo il pensiero e il cuore alla Vergine Addolorata, chiedendo a Lei di farci conformi al Figlio suo - Crocifisso e Risorto - e di starci vicino sempre, "adesso e nell'ora della nostra morte".

«Santa Maria, vergine della notte, noi t'imploriamo di starci vicino quando incombe il dolore, e irrompe la prova, e sibila il vento della disperazione, e sovrastano sulla nostra esistenza il cielo nero degli affanni, o il freddo delle delusioni, o l'ala severa della morte. Liberaci dai brividi delle tenebre. Nell'ora del Calvario, tu, che hai sperimentato l'eclissi del sole, stendi il tuo manto su di noi, sicché, fasciati dal tuo respiro, ci sia più sopportabile la lunga attesa della libertà. Allegerisci con carezze di madre la sofferenza dei malati. Riempi di presenze amiche e discrete il tempo amaro di chi è solo. Spegni i focolai di nostalgia nel cuore dei naviganti, e offri loro la spalla perché vi poggino il capo. Preserva da ogni male i nostri cari che faticano in terre lontane e conforta, col baleno struggente degli occhi, chi ha perso la fiducia nella vita.Ripeti ancora oggi la canzone del Magnificat, e annuncia straripamenti di giustizia a tutti gli oppressi della terra. Non ci lasciare soli nella notte a salmodiare le nostre paure. Anzi, se nei momenti dell'oscurità, ti metterai vicino a noi e ci sussurrerai che anche tu, vergine dell'Avvento, stai aspettando la luce, le sorgenti del pianto si disseccheranno sul nostro volto. E sveglieremo insieme l'aurora. Così sia» (Mons. Tonino Bello, Maria - Donna dei nostri giorni). 

PADRE STEFANO IGINO SILVESTRELLI


Lettere di Sant'Agostino

 


LETTERA 12 


Scritta tra il 389 e il 391. 

A. ritorna sul quesito relativo all'Incarnazione, che aveva  cominciato a discutere nell'Ep. precedente; ma la lettera ci è giunta  in minima parte. 


AGOSTINO A NEBRIDIO 

1. Tu mi scrivi d'avermi inviato più lettere di quante io ne abbia  ricevute: eppure né io posso non prestar fede a te né tu a me. Mi  spiego: anche se nel risponderti io non riesco ad essere alla pari  con te, tuttavia le tue lettere io le conservo con una cura non  minore della frequenza con cui mi sono inviate da te. Che tu poi ne  abbia ricevute da me non più di due piuttosto lunghe, siamo  d'accordo, giacché non te ne ho inviata una terza. Ora, controllando  le minute, mi sono accorto d'aver risposto press'a poco a cinque  tuoi quesiti; senonché una questione ivi trattata (per dir così) di  passaggio, pur essendo stata affìdata non avventatamente alla tua  intelligenza, tuttavia non ha forse soddisfatto appieno la tua avidità.  Ma bisogna che tu la freni un poco e accetti di buon grado qualche  trattazione sommaria; naturalmente col patto che se, risparmiando  le parole, io riesco incomprensibile in qualche cosa, tu non mi  risparmi affatto, ma mi chieda tutto ciò che ti è dovuto in forza di  quel diritto [dell'amicizia], di cui vi potrebbe essere per me forse  qualcosa di più efficace, se potesse esserci qualcosa di più  piacevole. Perciò tu potrai annoverare questa lettera tra le mie  minori, ma non ho potuto permettere che non diminuisse per nulla  il mucchio dei miei debiti. Poiché nemmeno tu me ne invii alcuna,  anche se di proporzioni minori, che non contribuisca ad accrescere  questo medesimo mucchio. Pertanto comprenderai molto facilmente  quello che mi domandi riguardo al Figlio di Dio, cioè perché si dica  che Lui ha assunto la natura umana anziché il Padre, pur essendo  entrambi inseparabili, se ricordi le nostre conversazioni in cui, per  quanto ho potuto (giacché è una cosa innegabile, ho cercato di  spiegare che cosa sia il Figlio di Dio, al quale siamo uniti per la  natura da Lui assunta. E per fare qui solo un breve cenno di ciò, si  chiama Figlio la stessa norma e forma di Dio per cui sono state  fatte tutte le cose che sono state fatte. E tutto ciò che è stato  compiuto da Lui tramite la natura umana assunta, è stato fatto per  la nostra istruzione e per la nostra formazione. 

 


SARANNO GIORNI DIFFICILI QUESTI GIORNI CHE VERRANNO, CI SARÀ UNA INSURREZIONE CIVILE TRA FRATELLI!

 


Carbonia 28-07-2021  –  ore 16.53

Nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo. Amen

Con voi in questo luogo sacro, discende la SS. Trinità e vi benedice.

Avanzate senza timore alcuno figli miei, tutto per voi sarà nelle braccia del vostro Creatore.

L’ora tuona la giustizia di Dio, l’uomo si è perso nella miseria di Satana, il suo cuore batte per le cose del mondo, ha perso la bussola, non ritrova più la strada da dove è venuto, la strada che lo riporta a casa dove il suo Dio Creatore lo attende a braccia aperte per tenerlo nel suo Seno, abbracciarlo a Sé per la vita eterna e donargli il suo Tutto.

Saranno giorni difficili questi giorni che verranno figli miei, perché l’uomo grida vendetta al fratello, ci sarà l’insurrezione di popolo contro popolo, ci sarà una grande battaglia figli miei, una insurrezione civile tra fratelli.

La battaglia è in atto, Io non possa fermarla perché l’uomo non si rivolge a Me, l’uomo Mi ignora, Mi ha abbandonato, Mi ha messo nel cantuccio, ormai Io non sono più il loro Dio, il loro dio è venuto dal male, è una bestia feroce che li metterà in ginocchio, succhierà il sangue dalle loro vene, li metterà in condizioni di pena, ma loro non si accorgono, chiudono gli occhi, sono accecati, Satana riesce ad usare i miei figli attraverso i suoi mezzi, mezzi di comunicazione: …attraverso suoni nuovi, attraverso la tecnologia malvagia.

Figli miei, amati miei, state in adorazione al SS. Sacramento, chiedete all’Altissimo di intervenire, supplicate la sua misericordia.

Figli miei, presto vi annuncerò la Croce Gloriosa! Presto Io Mi manifesterò al mondo perché il mondo creda, capisca, rifletta, torni a discernere, e veda di fronte a sé il suo Dio Amore.

Sono Colui che tutto può, Sono l’unico e vero Dio non c’è altro Dio all’infuori di Me, Io sono il Creatore di ogni cosa, …non appoggiatevi all’uomo ma cercate il vostro Dio perché l’uomo nulla può se Dio non permette.

Oggi voglio ringraziarvi perché vedo il vostro cuore dedito a Me, desiderate ardentemente essere miei figli, desiderate veramente entrare nel nuovo mondo, quel mondo che Io ho già preparato per tutti voi che con tutto il vostro cuore Mi seguite, Mi adorate, Mi amate, Mi servite.

Poso la mia mano sulla vostra fronte figli miei e vi segno ulteriormente con il segno della croce, vi mando quali soldati nel mondo, evangelizzatori della nuova era, evangelizzatori della vera Parola di Dio, del santo Vangelo di Gesù; vi mando nel mondo per recuperare le anime perdute, quelle anime che si sono allontanate da Me perché hanno preferito seguire il nemico infernale, il Serpente, che è riuscito a carpirli con i suoi falsi miracoli.

Oggi, voglio manifestare a voi, figli miei, a voi radunati qui in questo Colle davanti alla mia Grotta, tutto il mio amore. Vi benedico e vi amo, vi amo infinitamente, desidero da voi che salviate la vostra anima, nulla andrà perduto di ciò che voi possedete perché nel mio mondo tutto ritroverete, non sarete soli ma sarete una famiglia enorme. La sacra Famiglia abiterà con voi, Dio stesso sarà in mezzo a voi e vi abbraccerà eternamente, vi cullerà al suo Seno e vi amerà come bambini puri, e voi sarete felici tra le braccia del vostro Dio, e incontrerete tutti coloro che vi hanno preceduto, tutti coloro che vi stanno attendendo, che già sono nella grazia di Dio e godono della grazia di Dio.

Avanti! Tanti pargoletti qui battono le mani, i loro cuoricini esultano perché a breve rivedranno i loro cari, i loro genitori terreni. Questi figli purtroppo sono stati martirizzati per la cattiveria dell’uomo, per il denaro, per usufruire sempre più di questo miserabile denaro che ha portato la vita dell’uomo alla rovina, …alla morte.

Amati bambini miei, sono la vostra Madre SS. sono qui con voi, non Mi sposterò da questo luogo finché non arriverà il Signore, finché non spalancherà questa porta e vi dirà: « Eccomi figli miei, sono tornato in mezzo a voi, Sono tornato quale Gesù misericordioso, vi apro le mie braccia e il mio Petto per ricoverarvi tutti in Me, unirvi a Me per sempre ».

L’ora è giunta figli miei, a breve ci incontreremo tutti e faremo una grande festa, un grande Banchetto Nuziale, Io vi porgerò la sedia e voi sarete i commensali da Me preferiti, i miei figli diletti, i miei eletti, coloro che Mi avranno seguito e servito con amore.

Benedetti figli di Gesù, amatevi gli uni gli altri e servitemi come Io vi comando, lasciate le cose di questo mondo, nulla resterà in piedi di ciò che oggi conoscete Io ho pronto per voi un mondo nuovo, le cose di un tempo finiranno perché lasceranno spazio alle cose nuove.

Avanti, tutto è pronto, Io vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, assieme alla Mamma Celeste che è qui in mezzo a voi, e qui resterà finché Io non arriverò a unirmi a voi per riportarvi tutti in Paradiso con Me. Amen

 


giovedì 29 luglio 2021

La siccità annunciata, l’acqua, il fuoco sono venuti per purificare la terra.

 


Scrivi ciò che ti dico, che sappiano tutti gli studiosi, teologi moderni e antichi, che sappiano Sacerdoti e Vescovi, che sappia la Chiesa apostolica romana


La siccità annunciata, l’acqua, il fuoco sono venuti per purificare la terra.
I monti ricevono forze scatenate di tempeste.
I fiumi liberano la loro collera e invadono le vallate sommergendo tutto ciò che la natura racchiude.
I campi non potranno più bere acqua che sradica ogni minimo germoglio.
Le rocce si fanno pesanti e abbandonano il loro posto e vengono a distruggere le strade e così sarà tutto, ogni cosa fuori posto.
Oh studiosi, teologi, nulla avete capito, nulla capirete.
Sacerdoti, Vescovi, religiosi, religiose, laici tutti , svegliatevi, svegliatevi da questo sonno che è rigore di morte.
Affrettatevi, ripulite i vostri cuori dalle sozzure del mondo.
Affrettatevi, lasciate il vestito vecchio, venite a Gesù, adorateLo e tutti insieme camminate nella via stretta, pietrosa e spinosa.
Là in quella via Mi incontrerete, vi prenderò per mano e vi condurrò tutti nel Regno del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Maria Madre di Dio

La battaglia continua 4 - MALEDETTA LA NUOVA “ARTE SACRA” MODERNA

 


 MALEDETTA LA NUOVA “ARTE SACRA” MODERNA 


Queste moderne “chiese scatola”, che assomigliano a supermercati, sono delle vere archistar atee, che denunciano l’assenza completa di Fede e negano il Mistero. Infatti, sono senza Croce e senza Icone questi “garage” che mettono in fuga anche Dio. Ma, ormai, è tutto un proliferare di “capannoni”, spacciati per edifici di culto sacro, ma che, invece, ostacolano l’incontro con Dio! Oggi, è di moda parlare più di architetti che di architettura, forse perchè, come funzione religiosa, giace gravemente ammalata in ospedale. Comunque, questo stato comatoso dell’architettura sacra deve finire; gli edifici religiosi devono ritrovare quel sentimento del sacro che l’architettura moderna ha quasi cancellato. Chiunque può constatare quanta superficialità, estranea al sentimento religioso, vi sia nelle nuove presunte “chiese”, che sembrano più dei capannoni industriali, case popolari, senza alcun rispetto alla simbologia religiosa, che era, invece, l’anima di ogni chiesa del passato, mentre i moderni edifici, anche quelli committenti delle Commissioni Ecclesiastiche, sono evidentemente suggestionati dalla moda delle archistar e dei loro mediocri esecutori…

Il Tempio a Padre Pio, in San Giovanni Rotondo, per esempio, tutto pregno di simboli massonici, è un Tempio fatto a spirale, mentre le Chiese di prima, erano basate sulla forma della Croce. Oggi, purtroppo, vediamo crescere edifici sacri che pullulano di immagini simboliche che non illustrano alcuna realtà religiosa, né favoriscono l’incontro vivificante con Dio. Sarebbe ora di piantarla di concedere la costruzione di chiese che assomigliano a dei cubi di cemento, contrari, quindi, al ruolo che gli edifici sacri devono svolgere, perchè il cattivo gusto che sprizzano è, ormai, un dato di fatto. Lo ha ammesso persino Mons. Ravasi, Presidente del “Pontificio Consiglio della Cultura” e della “Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa”. Come non vedere, allora, che le chiese costruite in questi tempi sono dei garages grigi e spogli, dove Dio viene parcheggiato e i fedeli sono allineati, mentre nel Medio Evo erano la prefigurazione del Paradiso, ricche di colori, vere opere d’arte? Rivedano gli architetti le chiese del Cinquecento, dove la meraviglia dell’architettura offriva la presenza di artisti veri, quali il Bernini, il Tiziano, il Veronese... E si vedano tutti quei mantelli di basiliche, di cattedrali e di chiese, che hanno coperto tutti quei paesi dei secoli di fede! Ma anche oggi le chiese hanno bisogno di quelle opere d’arte che i Maestri di una volta volevano: begli altari, belle statue venerabili, il tutto in offerta a Dio! Purtroppo, dopo il massonico capovolgimento fatto dal Vaticano II, gran parte del clero divenne iconoclasta, spezzando, rompendo, sopprimendo, vendendo le opere d’arte delle chiese che erano state create per il culto di Dio. I fedeli, però, non capirono che quegli sfasati di preti parlavano a loro di liturgia semplificata, di riti impoveriti, di pietre d’altare rovinate, di calici e pissidi in plexiglass, perchè volevano un’altra chiesa, quella “dei poveri”!.. Invece, era una chiara pazzia di preti mediocri, colpiti dalla isteria della povertà, per cui si sbarazzavano degli oggetti religiosi che infastidivano la loro fame di miserabilismo!.. Un esempio: un prete tol se dall’altare un artistico Tabernacolo grande per farne una cuccia per un cane (naturalmente, al posto delle Sacre Specie!). È uno scandalo all’ennesima potenza, come quella di tanti altri, incolti e arroganti, che hanno disprezzato ogni tradizione, in sultando ogni sentimento religioso dei fedeli! Qui, voglio pormi una domanda: ma cosa avevano insegnato ai giovani preti nei Seminari? Cosa si insegnò loro se, dopo gli studi seminaristi, furono subito pronti a rompere tutto, mandando tra i rottami gli al tari e postergali, le statue della Madonna, dei Santi, cacciando via i veri fedeli col pretesto che quella ricchezza artistica impediva ai “lontani” di entrare nella Chiesa?.. Che cosa s’insegnò loro se non la corsa verso il nulla? Per convincersene, basta aver visto i loro “fatti” e sentito le loro parole, sia pure con una profonda disperazione nel cuore! Il prete moderno, quindi, respinge il Mistero in un mondo profondamente laicizzato, dove non si può più gridare neppure al sacrilegio, mentre lo si può fare ancora di gridare al ladro, al fuoco. E così non si hanno più delle chiese, ma solo dei luoghi inter-confessionali in luoghi di culti profani, senza più il SS. Sacramento, ridotti a dei templi protestanti, o, se si aggiunge qualche tappeto, a delle moschee. Povere chiese moderne dai tabernacoli aperti, vuoti, senza più la “Presenza Reale” di Cristo, che si può solo scoprire in una stanza, dietro o sotto la chiesa, dissimulato dietro una tenda che divide in due la Cappella. Ecco a quale gradino di abbassamento spirituale siamo arrivati, anche per questo vergognoso disprezzo dell’arte sacra! Eppure, nella “Costi tuzione Conciliare sulla Liturgia”, avevamo letto:

«Le Eccellenze (i Vescovi) veglieranno con zelo perchè gli arredi sacri e le opere di pregio, in quanto ornamenti della casa di Dio, non siano né alienati, né distrutti».

 Dopo il Vaticano II, però, e nel post-concilio, i “nuovi 4 La Batt. continua ANNA:4 La Batt. continua 24/08/10 14:45 Pagina 27 28 preti” ci hanno dato il rovescio di quello che si legge nel libro dell’Esodo:

 «Ho designato Bezeleel, figlio di Uri, della tribù di Giuda, l’ho colmato dello spirito di Dio che gli ha conferito abilità, intelligenza e sapere per concepire progetti di opere e attuarle in oro, in argento, in bronzo e gemme».

Perciò, noi crediamo che la “povertà caricaturale” d’oggi, sia anch’essa una delle tante astuzie del perenne Avversario di Dio. E noi crediamo pure che anche a quel filo indistruttibile, segreto, che riallaccia l’Arte sacra al Mistero. Noi crediamo, ancora, anche a quella bellezza sensibile che, alla magnificenza esterna, corrisponde a una magnificenza interiore di cui ha bisogno il “popolo di Dio”!

sac. dott. Luigi Villa

Nessun sollievo

 


Immagina all'inferno un luogo dove ci sono tre reprobi. Il primo è immerso in un lago di fuoco sulfureo, il secondo è incatenato a una grande roccia ed è tormentato da due diavoli, uno dei quali gli versa continuamente piombo fuso in gola, mentre l'altro glielo versa su tutto il corpo, coprendolo dalla testa ai piedi. Il terzo reprobo è torturato da due serpenti, uno dei quali avvolge il corpo dell'uomo e lo rosicchia crudelmente, mentre l'altro entra nel corpo e attacca il cuore. Supponiamo che Dio sia mosso a pietà e conceda una breve tregua.

Il primo uomo, dopo il passaggio di mille anni viene estratto dal lago e riceve il sollievo di una bevanda di acqua fresca, e alla fine di un'ora viene gettato di nuovo nel lago. Il secondo, dopo mille anni, viene liberato dal suo posto e gli viene permesso di riposare, ma dopo un'ora viene nuovamente riportato allo stesso tormento. Il terzo, dopo mille anni, è liberato dai serpenti; ma dopo un'ora di sollievo, è di nuovo maltrattato e tormentato da loro. Ah, quanto sarebbe piccola questa consolazione - soffrire mille anni e riposare solo un'ora.

Tuttavia, l'inferno non ha nemmeno questo sollievo. Uno brucia sempre in quelle terribili fiamme e non riceve mai alcun sollievo per tutta l'eternità. Egli è sempre roso e colpito dal rimorso, e non avrà mai riposo per tutta l'eternità. Soffrirà sempre una sete molto ardente e non riceverà mai il ristoro di un sorso d'acqua per tutta l'eternità. Si vedrà sempre aborrito da Dio e non godrà mai di un solo sguardo tenero da parte sua per tutta l'eternità. Si vedrà sempre maledetto dal cielo e dall'inferno e non riceverà mai un solo gesto di amicizia.

È una disgrazia essenziale dell'Inferno che tutto sarà senza sollievo, senza rimedio, senza interruzione, senza fine, eterno.

Gli eletti sono coloro che hanno risposto al Mio Invito…

 


Gesù 09-10-2001

Amata, colui che è entrato nel Mio Cuore ha la Mia Stessa Volontà: ciò che Io, Io Dio voglio, anch’egli vuole, ciò che non voglio anch’egli non vuole.

Concedo ad ogni uomo della terra le possibilità che gli servono per la salvezza, ma non costringo alcuno a fare scelte contro voglia.
Amata sposa, gli eletti sono coloro che hanno risposto al Mio Invito, hanno cercato Me con cuore sincero e si sono lasciati plasmare dal Mio Amore.

Tutta intera l’Umanità è stata invitata da Me,  chi ha risposto da tempo ora ha in sé già il segno che il Mio Amore ha impresso, gli angeli vedranno il segno e passeranno oltre, costoro sono Miei ed avranno la sorte sublime degli eletti.
Amata sposa, la terra sarà spossata da capo a fondo, non per l’opera dell’uomo ma per Volontà Mia.  

Tutto ciò che deve andare via andrà, la purificazione non si fermerà fino a quando l’ultima scoria non sarà eliminata.
Beato l’uomo che ha scelto Me, che pratica il Bene e poi cerca sicuro Riparo nel Mio Cuore che è la Reggia dalle porte ancora aperte per accogliere.

Guai all’uomo testardo che vede i segni così eloquenti e non fa nulla, guai all’insipiente di questo tempo perché tutto avverrà in rapida sequenza e nulla resterà più come prima…..

Il Mio Regno d’Amore si instaurerà anche sulla terra che diverrà per alcuni un Paradiso anticipato.  

Regnerò, amata, su di un popolo felice perché nutrito dalla Mia Linfa e bagnato dalla Mia Rugiada.   Ci sarà una generazione che vivrà nella gioia come mai in passato, nella pace come sulla terra mai si è verificato.
Sposa diletta, nessuno si affatichi a porsi infinite domande: il Mio Progetto Lo saprà nei particolari solo chi Lo vivrà;  ciascuno si sforzi di indossare la veste nuziale. Io Dio ho creato Cielo e terra ed ogni cosa bella: chi, pur sforzandosi al massimo, può riuscire a comprendere la Mia Sapienza?


CHIAMAMI PADRE

 


DIO, IL PADRE DEI POVERI E DEI SOFFERENTI


GIOBBE E TOBIA


La Bibbia, che nel suo insieme è stata definita "un grande libro sulla sofferenza", già nell'Antico Testamento presenta molte descrizioni impressionanti di vicende, situazioni e persone immerse nelle sofferenze più varie e sconvolgenti.

Due casi-limite molto significativi: Giobbe e Tobia.~ Giobbe è un uomo giusto che soffre atrocemente. Senza sua colpa, perde i figli e tutti i suoi beni; e infine viene colpito egli stesso da una grave e ripugnante malattia.

Gli amici lo ritengono colpevole. Ai loro occhi, la sofferenza può avere un solo senso: è una giusta pena per i suoi peccati!

Interviene Dio, ma non dà la soluzione del problema. Solo afferma che l'uomo non ha diritto di chiedergli il perché dei mali che lo colpiscono.

Giobbe accetta con umiltà, ovviamente senza capire. Riesce a capire che deve accettare le sue sofferenze e che non può pretendere di avere una risposta definitiva.

Tobia, in forma più semplice, propone lo stesso tema. Egli è divenuto cieco, e la moglie gli dice: "dove sono le tue elemosine? Dove sono le tue opere buone? Ecco... lo si vede bene da come ti sei ridotto!".

Più oltre però si dice che, appunto perché era giusto, era necessario che subisse una grande prova!

Non c'è dunque ancora una chiara rivelazione sul perché della sofferenza, e di una sua ricompensa nella vita futura.

Nei Salmi si susseguono considerazioni diverse e alterne, ma in essi già si accentua la certezza:

- che la sorte del giusto sarà diversa da quella del malvagio,

  - che è meglio soffrire con Dio che contro di Lui,

- che un giorno Dio "potrà riscattare il giusto e strapparlo dalla mano della morte" (cf. Salì; 49, 15-16; 53; 37; 73). La prima luce del Nuovo Testamento non è lontana!


IN GESÙ LA SOFFERENZA È VINTA DALL'AMORE


È con Gesù che il mistero viene ad assumere una sua luce piena e convincente.

È Lui a rivelarci l'infinito amore del Padre che proprio nella sofferenza e attraverso la sofferenza, realizza i suoi progetti.

Seguiamo Gesù nel suo incontro col mondo della sofferenza.


1. Gesù è sempre circondato da sofferenti e da malati.

Matteo: «Gesù andava intorno per tutta la Galilea... predicando la buona novella del regno e curando ogni sorta di malattie e di infermità del popolo» (Mt 4, 23). Luca: «Tutta la folla cercava di toccarlo perché usciva da lui una forza che sanava tutti»; «Al calar del sole tutti quelli che avevano infermi colpiti da mali di ogni genere li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva» (Le 6, 19; 4,40).

Dunque: un mondo di malati circonda ovunque Gesù. Sono tanti e non danno tregua: lebbrosi, paralitici, zoppi, idropici, ciechi, sordi, muti, storpi, indemoniati... Malati nel corpo e nello spirito.

Sono insistenti, petulanti, ossessivi. Non lasciano in pace Gesù. Ciascuno vuole poterlo avere per sé, per interessarlo al suo particolare problema.

2. Come si comporta con essi?

-       Con un grande senso di pietà e di compassione;

-          con atteggiamento di simpatia, e non di rifiuto;

-          con un trattamento uguale per tutti, senza distinzioni;

-          con un tocco personale di amore, che si traduceva in gesti di tenerezza;

-       a volte, con interventi straordinari miracolosi.


Mai reazioni nervose, mai parole meno che dolci e gradevoli; mai processi alle intenzioni, mai ricerche di colpe e responsabilità...; ma per tutti: interessamento, rispetto, disponibilità.

A Pietro che domanda: «chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?», Gesù, con una risposta che preclude la via a ogni discussione, risponde: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio» (Gv 9, 2-3).


3. A volte compie miracoli.

E perché non sempre e per tutti?

Evidentemente perché non era questo lo scopo della sua missione! I veri miracoli compiuti, (pochi in confronto alle richieste!) non sono direttamente finalizzati soltanto a guarire qualche malato, anche per questo, ma soprattutto per dare autorevolezza e sostegno alla sua Persona e al suo messaggio.

Attraverso i miracoli Gesù vuol dimostrare di essere venuto per salvare gli uomini e non per guarirli dai loro malanni.

Gesù si presenta come il Salvatore dell'uomo: dell'uomo tutto intero, anima e corpo, dell'uomo bisognoso di essere liberato dal peccato e di essere reso partecipe della vita divina; dell'uomo destinato alla vita eterna.

La salute fisica può entrare nel piano della salvezza globale dell'uomo, ma resta un aspetto limitato e transitorio.

Ecco perché


4. a tutti, indistintamente, dà una "cura su misura Ed è la cura dello spirito.

L'espressione "li curava tutti" va presa quindi in senso spirituale e morale: una cura su misura per tutti e per ciascuno, comunicata attraverso quel tocco personale rivolto alla persona che lo cercava.

Una cura che aiutava il sofferente a comprendere il significato e il valore del dolore e a sollevarlo nel suo arduo compito di portare la croce.

Una cura che doveva aiutare il malato ad accogliere e a valorizzare il suo dono: quello appunto del soffrire!

SOTTO LA GUIDA DELLO SPIRITO

 


La gioia

Qui ritorna la domanda: dobbiamo allora rinunciare alla gioia per seguire Gesù? E, se sì, in quale misura? Oppure, al contrario: la penitenza e la mortificazione non significano forse percorrere la via di Gesù per raggiungere la gioia perfetta, la gioia in pienezza (cf. Gv 15,11)? Come esiste un amore spinto all'estremo, che passa per la morte di Gesù (cf. Gv 13,1), non potrebbe esserci una gioia spinta all'estremo, attraverso questa stessa morte e resurrezione? Prima di andare oltre, sottolineiamo un attimo che la gioia autentica non è innanzitutto un sentimento di esaltazione. Non bisogna confondere la gioia con le sue diverse espressioni ai vari livelli: c'è il piacere, il benessere, la gioia intellettuale e artistica, la soddisfazione per il lavoro ben fatto o per l'impresa realizzata; ci sono soprattutto le innumerevoli gioie dei rapporti umani, compresa la gioia dell'amore, che deve accompagnare l'uomo durante tutta la sua vita. Eppure tutte queste esperienze sono solo forme esteriori della gioia. Più queste forme sono importanti, più hanno radici profonde; la gioia autentica si trova a una grande profondità e dobbiamo scavare molto profondo in noi per permetterle di sgorgare. E senza dubbio il senso dell'espressione che usiamo abitualmente per esprimere una grande felicità: "Sono profondamente contento". Ecco perché ogni grande felicità è anche silenziosa: non può essere espressa, è indicibile, raramente affiora in superficie e saremmo incapaci di farne sfoggio. E’ proprio alla radice del nostro essere che siamo abitati dalla nostra gioia. La gioia è il terreno in cui ogni vita mette radice per essere in grado di esistere. Senza la gioia non potremmo vivere, o meglio, non potremmo sopravvivere. La gioia sgorga in modo particolare in occasione di momenti esistenziali eccezionali, quando ci è dato di fare esperienza della nostra realtà profonda, della bellezza o della vita. Pensiamo alla gioia che può procurare un'opera d'arte: A thing of beauty is a joy for ever (una cosa bella è una gioia per sempre). Nel godimento artistico sboccia la vera gioia, proprio perché, grazie all'arte, scopriamo meglio l'essere delle persone e delle cose e, in qualche misura, lo tocchiamo. E’ qualcosa che non possiamo osservare tramite la via normale dei sensi: la realtà profonda degli altri è normalmente qualcosa di inesprimibile, ma la gioia che proviamo al contatto di un essere è sempre il segno che ci è donata una profonda comunione con lui. Questa gioia è destinata a crescere nella misura in cui cresce l nostro essere, perché la gioia è la caratteristica di un essere vivente e in crescita, di un essere che si sviluppa verso un plusessere. La gioia è quindi sempre legata alla dinamica degli uomini e delle cose, possiede in sé un ritmo che, per il nostro sviluppo, è importante abbracciare. Inoltre la gioia che giace alla sorgente del nostro essere ci spinge sempre in avanti; il suo compito specifico è quello di farci crescere nell'essere. Solo la gioia ne è capace. Dove la vita è in crescita, là sgorga sempre una gioia nuova. L'esempio più lampante è la gioia legata alla paternità e alla maternità, a partire dal concepimento, il cui piacere è il segno di una gioia e di un amore che vengono da un ambito più alto di quello umano. Ovunque l'uomo partecipi alla creazione, sorge una gioia nuova e sconosciuta. Analogamente la gioia è legata anche al processo della crescita spirituale, soprattutto quando qualcuno può accogliere una vita nuova da parte di Dio: è la gioia profonda del pentimento, quando Dio ci ricrea nel suo amore misericordioso. Essere toccati dalla grazia e dalla misericordia di Dio per vivere nuovamente in lui è indubbiamente uno dei momenti esistenziali più intensi della nostra vita. E’ un'esperienza simile all'amicizia, quando ci sentiamo accettati da un altro con il nostro essere più profondo, con quella realtà ancora provvisoriamente nascosta ai nostri occhi ma tuttavia già riconosciuta dall'amore di un altro. Nell'amicizia autentica l'incontro non comporta più alcuna minaccia: siamo incoraggiati a essere pienamente noi stessi, in modo più profondo che nelle apparenze. Ecco perché diciamo che l'amicizia "ci fa bene": intendiamo dire che essa ci sostiene e ci aiuta a sviluppare il meglio di noi stessi. La gioia è quindi una caratteristica dell'essere, a condizione che questo cresca e allarghi le proprie frontiere. In un certo senso, la nostra gioia anticipa sempre di poco il luogo in cui ci troviamo al momento: è una chiamata e una sfida. E gioia nella misura in cui accettiamo di essere già situati più lontano - in un altro, o in Dio -, più lontani di dove ci troviamo attualmente. Ma nella misura in cui la gioia ci fa entrare nella spirale della felicità, esiste anche il rischio di deviare e di smarrirsi nella ricerca di un'altra felicità. Sul sentiero della gioia incontriamo spesso dei bivi in cui ci è data la possibilità di imboccare la tangente verso una felicità ristretta e limitata, nella quale rischiamo, alla lunga, di invischiarci. Questa gioia immediata non proviene necessariamente dal maligno, però non è più la nostra gioia di oggi, la gioia che corrisponde al nostro ritmo profondo, nel momento preciso in cui ci troviamo. Per quanto preziosa, ci separa dalla nostra dinamica interiore: potremmo essere più avanti, già più vicini alla gioia assoluta, al centro della spirale. Vivere infatti è crescere, e crescere sempre di più; vivere è svilupparsi: una vita che cessa di svilupparsi è già morta. Ecco perché la vita autentica arreca sempre una certa lacerazione, per muoversi verso una rinascita incessantemente più profonda: lacerazione paragonabile ai dolori e alla gioia del parto. L'unica ascesi che possa essere imposta alla gioia ne abbraccia il ritmo, è il movimento della spirale che abbandona progressivamente i cerchi esterni per flettersi verso il proprio centro più intimo. L'ascesi della gioia è quindi la gioia stessa. La gioia autentica, come l'amore autentico, porta in sé la propria purificazione; per purificare una gioia non bisogna mai restringerla dall'esterno, basta seguirla nel suo sentiero, sposarne la spirale: allora ci sarà impossibile sottrarci alla purificazione, perché questa risiede nella gioia stessa. Per salvare la gioia autentica dobbiamo sempre staccarci da ciò che ne è solo un'espressione provvisoria. In ogni istante dobbiamo essere pronti a mollare una povera felicità limitata per scavare fino a una gioia più profonda, fino alla gioia estrema che coincide sempre con l'amore estremo. Non è possibile parlare di ascesi o di penitenza se non in vista della gioia. La penitenza non deve mai aggredire la nostra gioia, come se ogni gioia dovesse sempre essere guardata con sospetto e andasse vissuta in cattiva coscienza, come se ogni gioia dovesse essere corretta o ristretta dall'esterno. L'ascesi non è altro che offrirsi alla vita autentica e alla gioia profonda che ci abitano. In questo senso non è tanto un agere contra, un "agire contro", ma piuttosto un agere secundum, un "agire secondo" la gioia, in armonia con il nostro essere profondo; o, se vogliamo accentuare ancora la dinamica particolare della gioia, l'ascesi può essere solo un agere ultra, un "andare oltre", un superamento della gioia provvisoria e limitata che era data solo per ieri e oggi e che domani sarà interamente nuova. Ecco perché la vera ascesi ha poco a che fare con la forza di volontà e non deve mai sfociare nell'irrigidimento. Al contrario, l'ascesi è un abbandono sciolto e morbido di fronte alla gioia che ci abita, una distensione e un'apertura che permettono alla vita di trascorrere senza ostacoli e quasi senza fatica. E’ la liberazione e la nascita di un uomo nuovo: l'ascesi ricorda allora stranamente quello che viene chiamato parto indolore. Più la futura madre è ansiosa e tesa, più si oppone inconsciamente al processo fisiologico che si compie in lei, maggiori saranno i dolori del parto. Viceversa, più si distende, più si abbandona con naturalezza al frutto maturo della vita cui apre un cammino attraverso il proprio corpo, più si arrende pacificata alla gioia della maternità, maggiori saranno le probabilità che il parto avvenga senza dolore. Il parto indolore è la più bella immagine dell'ascesi, che implica gioia e dolori insieme: esprime l'unica ascesi possibile in un'ottica cristiana, un'ascesi che si fonda sulla gioia e ad essa si abbandona. La misura dell'ascesi sarà quella della gioia se ciò che ha di mira è di essere senza dolore: è necessariamente "gioiosa penitenza" (Pe#ectae Caritatis 7) perché si tratta della vita di Gesù che sta nascendo in noi, che, attraverso il nostro corpo e il nostro cuore, si apre un cammino per impossessarsi di tutto il nostro essere. Gesù ha utilizzato questa immagine del parto indolore parlando delle sofferenze inevitabili degli ultimi tempi, che tuttavia saranno fonte di gioia profonda e definitiva: "In verità, in verità vi dico: voi piangerete e vi rattristerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete afflitti, ma la vostra afflizione si cambierà in gioia. La donna, quando partorisce, è afflitta perché è giunta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell'afflizione per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nella tristezza; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà togliere la vostra gioia" (Gv 16,20-23a). La donna che partorisce soffre a causa della vita che cresce in lei, ma nel contempo è colma di gioia causa del bambino di cui sarà madre. Più si avvicina la sua liberazione, meno soffrirà e più facilmente potrà abbandonarsi con riconoscenza alla gioia e alla vita che nascono da lei. Ogni discepolo di Gesù, in cui la vita di Gesù deve crescere incessantemente è, come questa partoriente, in preda alla fatica e alla gioia della crescita. Vive di questa gioia, a partire dalla piena statura dell'età adulta in Cristo alla quale tende. Ecco perché la sua ascesi è sempre gioiosa e l'unica misura della sua ascesi va ricercata nella gioia che gli è donata dallo Spirito santo. Benedetto non dice forse nella sua regola che ogni ascesi o mortificazione straordinaria ha valore solo se può essere offerta a Dio nella gioia che viene dallo Spirito santo (cf. RB 49,6)? E quindi importante che ogni discepolo di Gesù aderisca alla sua gioia. Ci sono due modi di ferire la gioia e, nel contempo, la vita di Dio in sé: mirare più in alto della gioia che è stata effettivamente ricevuta, oppure rimanere al di qua della gioia che ci èstata assegnata. Nel primo caso vogliamo compiere uno sforzo, anche se siamo privi di gioia. E’ il tipico esempio di un'ascesi cattiva, un'ascesi che non è guidata dall'impulso dello Spirito santo, di cui la gioia è il frutto sensibile. Agli occhi di Dio una simile ascesi è nulla e non avvenuta, non è altro che sforzo pagano, il più delle volte mescolato a sufficienza e orgoglio. Qui è possibile incontrare tendenze masochiste che trovano la propria soddisfazione in pratiche di penitenza sospette. Tutto questo ha poco o nulla a che vedere con la grazia: nel migliore dei casi vi si rivela un segno di buona volontà, che Dio d'altronde non lascia senza risposta, ma di cui non ha, in realtà, alcun bisogno. Un'ascesi pagana ci fa puntare al di là di quanto ci è dato come misura di grazia nella gioia dello Spirito; a lungo andare potrebbe addirittura spegnere questa gioia e smorzare pericolosamente la nostra sensibilità spirituale. Ma più spesso accadrà che miriamo al di qua della gioia donataci e che facciamo in tal modo torto alla grazia e alla vita di Gesù in noi. Per paura della sofferenza sempre collegata a ogni processo di crescita, restiamo attaccati alla nostra piccola felicità limitata. Questo può addirittura imparentarsi con una gioia realmente spirituale: una consolazione nella preghiera, un successo nell'apostolato... E’ infatti possibile anche attaccarsi a una gioia spirituale, in modo tale che non ci permette più di progredire verso una gioia più profonda. Ecco perché è bene, ogni tanto, pregare per scoprire in noi questa gioia profonda o, meglio ancora, perché un giorno ci afferri veramente. Quando l'ascesi sarà in pieno accordo con la gioia, allora sarà libera, felice e raggiante. Non sarà più necessario aggrapparsi a qualche piccola felicità passeggera: la gioia stessa di Gesù si aggrapperà a noi e ci trascinerà attraverso ogni mortificazione verso la sua resurrezione e la vita nuova.


POTENTE PREGHIERA PER SPEZZARE OGNI MALEFICIO:

 

O Padre Celeste, ti amo, ti lodo e ti adoro. Ti ringrazio per avere inviato il Tuo Figlio Gesù che ha  vinto il peccato e la morte per la mia salvezza. Ti ringrazio per aver donato lo Spirito Santo, che mi  dà forza, mi guida e mi conduce alla pienezza della vita. Ti ringrazio per Maria, mia Madre Celeste,  che intercede, con gli Angeli e i Santi, per me. 

O Signore Gesù Cristo, mi prostro ai piedi della Tua croce, e ti chiedo di coprirmi col Tuo  preziosissimo sangue che scaturisce dal Tuo Sacratissimo Cuore e dalle Tue Santissime piaghe.  lavami , o mio Gesù, nell'acqua viva che sgorga dal Tuo cuore. 

Signore Gesù;ti chiedo di circondarmi con la Santa luce. 

Padre Celeste, fa che l'acqua guaritrice del mio battesimo rifluisca indietro nel tempo attraverso le  generazioni materne e paterne affinchè l'intera mia famiglia sia purificata da satana e dal peccato.  Prostrato davanti a Te, o Padre, Ti chiedo perdono per me stesso, per i miei parenti, per i miei  antenati, per ogni invocazione di potere, che li ha posti in contrasto con Te, o che non abbia dato un  vero onore al nome di Gesù Cristo. Nel Santo nome di Gesù: io reclamo ora, qualsiasi mia proprietà  fisica o spirituale che era stata sottoposta alla giurisdizione di satana, per rimetterla sotto la Signoria  di Gesù Cristo. 

Per il potere del Tuo Santo Spirito, rivelami o Padre, ogni persona che io ho bisogno di perdonare, e  ogni area di peccato non confessato. Rivelami, o Padre, quegli aspetti della mia vita che non Ti sono  graditi, o quelle vie che hanno potuto dare a satana la possibilità di introdursi nella mia vita. 

O Padre, io Ti dono ogni mancanza di perdono; io dono a Te tutti i miei peccati; Ti dono tutte  quelle vie di cui satana è in possesso nella mia vita. Grazie, o Padre per queste rivelazioni. Grazie  per il Tuo perdono e il Tuo amore. 

Signore Gesù, nel Tuo Santo Nome, io lego tutti gli spiriti dell'aria, dell'acqua, della terra, sottoterra  e del mondo infernale. lego, inoltre, nel nome di Gesù Cristo, tutti gli emissari del comando  generale satanico e reclamo il preziosissimo sangue di Gesù, sull'aria, sull'atmosfera, sulla terra,  sull'acqua, sui suoi frutti, su tutto ciò che ci circonda nel sottosuolo e nel mondo infernale e sta al di  sotto. 

O Padre Celeste, fa che il Tuo figlio Gesù venga ora, con lo 

Spirito Santo, la Beata Vergine Maria, gli Angeli ed i Santi per proteggermi da ogni male e per  impedire ad ogni spirito di vendicarsi di me e delle mie cose. 

Nel nome Santo di Gesù io sigillo nel Suo Sangue preziosissimo, me stesso, i miei parenti, la mia  casa, e tutte le specie di cibi. 

Nel Nome Santo di Gesù, io rompo e sciolgo ogni maledizione, malocchio, incantesimo, sortilegio,  trappole, bugie, ostacoli, tradimenti, deviazioni, influenze spirituali, presagi e desideri diabolici,  sigilli ereditari conosciuti e sconosciuti e qualsiasi disfunzione e malattia derivanti da qualsiasi  origine incluse le mie colpe e i mie peccati. Nel nome di Gesù io spezzo la trasmissione di ogni voto  satanico, vincolo, legame spirituale, e lavoro infernale. 

Nel nome di Gesù spezzo e sciolgo tutti i legami e i loro effetti con astrologi, indovini,  chiaroveggenti, medium, guaritori operanti con sfere di cristallo; lettura della mano; movimento  della nuova era; operatori dell'occulto, foglie di te, carte e tarocchi; santoni, operatori psichicl; culti  satanici e spiriti guida; maghi, streghe ed operatori Voodoo. Nel nome di Gesù, io sciolgo tutti gli  effetti di partecipazione a sedute medianiche e spiritiche, oroscopi, scritture automatiche,  preparazioni occulte di qualsiasi specie e da qualsiasi forma di venerazione che non offre un vero  onore a Gesù Cristo. (3 volte). 

Spirito Santo, ti prego, rivelami, attraverso la parola di conoscenza, qualunque spirito negativo che  sia legato a me o alle mie cose e al mio modo di vivere; 

(Pausa in attesa che possano giungere parole tali come: vendetta, arroganza, amarezza, brutalità,  confusione, crudeltà, tradimento, invidia, paura, odio, insicurezza, gelosia, orgoglio , risentimenti o  terrore. Pregare nel modo seguente per ogni spirito rivelato): 

Nel nome di Gesù io rinuncio a te spirito di... e ti ordino di andare direttamente da Gesù, senza  manifestazione di sorta e senza nuocere nè a me nè a nessun altro di modo che Egli possa disporre  di te secondo la Sua Santa volontà. 

Ti ringrazio o Padre celeste per il Tuo amore. Ti ringrazio Spirito Santo per avermi dato il potere di  essere aggressivo contro satana e gli spiriti maligni. Ti ringrazio Gesù per avermi liberato. Ti  ringrazio Maria, per la Tua intercessione con gli angeli e i Santi in mio favore. 

"Ecco, Dio è la mia salvezza: io confiderò, non temerò mai, perchè mia forza e mio canto è il  Signore; Egli è stato la mia salvezza" (Is. 12, 2). Amen . Alleluia. Amen.