DIO, IL PADRE DEI POVERI E DEI SOFFERENTI
GIOBBE E TOBIA
La Bibbia, che nel suo insieme è stata definita "un grande libro sulla sofferenza", già nell'Antico Testamento presenta molte descrizioni impressionanti di vicende, situazioni e persone immerse nelle sofferenze più varie e sconvolgenti.
Due casi-limite molto significativi: Giobbe e Tobia.~ Giobbe è un uomo giusto che soffre atrocemente. Senza sua colpa, perde i figli e tutti i suoi beni; e infine viene colpito egli stesso da una grave e ripugnante malattia.
Gli amici lo ritengono colpevole. Ai loro occhi, la sofferenza può avere un solo senso: è una giusta pena per i suoi peccati!
Interviene Dio, ma non dà la soluzione del problema. Solo afferma che l'uomo non ha diritto di chiedergli il perché dei mali che lo colpiscono.
Giobbe accetta con umiltà, ovviamente senza capire. Riesce a capire che deve accettare le sue sofferenze e che non può pretendere di avere una risposta definitiva.
Tobia, in forma più semplice, propone lo stesso tema. Egli è divenuto cieco, e la moglie gli dice: "dove sono le tue elemosine? Dove sono le tue opere buone? Ecco... lo si vede bene da come ti sei ridotto!".
Più oltre però si dice che, appunto perché era giusto, era necessario che subisse una grande prova!
Non c'è dunque ancora una chiara rivelazione sul perché della sofferenza, e di una sua ricompensa nella vita futura.
Nei Salmi si susseguono considerazioni diverse e alterne, ma in essi già si accentua la certezza:
- che la sorte del giusto sarà diversa da quella del malvagio,
- che è meglio soffrire con Dio che contro di Lui,
- che un giorno Dio "potrà riscattare il giusto e strapparlo dalla mano della morte" (cf. Salì; 49, 15-16; 53; 37; 73). La prima luce del Nuovo Testamento non è lontana!
IN GESÙ LA SOFFERENZA È VINTA DALL'AMORE
È con Gesù che il mistero viene ad assumere una sua luce piena e convincente.
È Lui a rivelarci l'infinito amore del Padre che proprio nella sofferenza e attraverso la sofferenza, realizza i suoi progetti.
Seguiamo Gesù nel suo incontro col mondo della sofferenza.
1. Gesù è sempre circondato da sofferenti e da malati.
Matteo: «Gesù andava intorno per tutta la Galilea... predicando la buona novella del regno e curando ogni sorta di malattie e di infermità del popolo» (Mt 4, 23). Luca: «Tutta la folla cercava di toccarlo perché usciva da lui una forza che sanava tutti»; «Al calar del sole tutti quelli che avevano infermi colpiti da mali di ogni genere li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva» (Le 6, 19; 4,40).
Dunque: un mondo di malati circonda ovunque Gesù. Sono tanti e non danno tregua: lebbrosi, paralitici, zoppi, idropici, ciechi, sordi, muti, storpi, indemoniati... Malati nel corpo e nello spirito.
Sono insistenti, petulanti, ossessivi. Non lasciano in pace Gesù. Ciascuno vuole poterlo avere per sé, per interessarlo al suo particolare problema.
2. Come si comporta con essi?
- Con un grande senso di pietà e di compassione;
- con atteggiamento di simpatia, e non di rifiuto;
- con un trattamento uguale per tutti, senza distinzioni;
- con un tocco personale di amore, che si traduceva in gesti di tenerezza;
- a volte, con interventi straordinari miracolosi.
Mai reazioni nervose, mai parole meno che dolci e gradevoli; mai processi alle intenzioni, mai ricerche di colpe e responsabilità...; ma per tutti: interessamento, rispetto, disponibilità.
A Pietro che domanda: «chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?», Gesù, con una risposta che preclude la via a ogni discussione, risponde: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio» (Gv 9, 2-3).
3. A volte compie miracoli.
E perché non sempre e per tutti?
Evidentemente perché non era questo lo scopo della sua missione! I veri miracoli compiuti, (pochi in confronto alle richieste!) non sono direttamente finalizzati soltanto a guarire qualche malato, anche per questo, ma soprattutto per dare autorevolezza e sostegno alla sua Persona e al suo messaggio.
Attraverso i miracoli Gesù vuol dimostrare di essere venuto per salvare gli uomini e non per guarirli dai loro malanni.
Gesù si presenta come il Salvatore dell'uomo: dell'uomo tutto intero, anima e corpo, dell'uomo bisognoso di essere liberato dal peccato e di essere reso partecipe della vita divina; dell'uomo destinato alla vita eterna.
La salute fisica può entrare nel piano della salvezza globale dell'uomo, ma resta un aspetto limitato e transitorio.
Ecco perché
4. a tutti, indistintamente, dà una "cura su misura Ed è la cura dello spirito.
L'espressione "li curava tutti" va presa quindi in senso spirituale e morale: una cura su misura per tutti e per ciascuno, comunicata attraverso quel tocco personale rivolto alla persona che lo cercava.
Una cura che aiutava il sofferente a comprendere il significato e il valore del dolore e a sollevarlo nel suo arduo compito di portare la croce.
Una cura che doveva aiutare il malato ad accogliere e a valorizzare il suo dono: quello appunto del soffrire!
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