DARE SENZA GESÚ UNA SPIEGAZIONE AL DOLORE E ALLA GIOIA
Di assoluto c'è solo Dio. Tutte le cose esistenti sono per l'uomo; l'uomo è per Cristo (i Cor 3,23), ossia per formare il suo Corpo mistico, e cosí, per mezzo di Cristo, raggiungere la felicità eterna.
Quando si dimentica Cristo e si da all'uomo una dimensione unicamente terrena, si arriva a pensare, secondo la propria condizione esistenziale, che l'uomo è nato per godere, oppure per soffrire. Allora l'uomo dice: « Se la vita è un male, perché Dio me l'ha data? Se è un bene perché me la toglie? ».
Invece nel progetto di Dio, sia la gioia che il dolore sono i mezzi per fare raggiungere all'uomo la felicità eterna, per la quale egli è stato creato. Senza Gesú non si può spiegare, né tanto meno giustificare e conciliare con la bontà di Dio, il dolore, specialmente quello dei buoni. Avremmo potuto raggiunger Dio senza soffrire; ma per l'invidia del diavolo e per il peccato entrò nel mondo la morte (Rom 5,12). L'uomo, peccando, si crede di essere libero; in effetti, egli allora è soltanto ignorante, ossia è soggetto al libero arbitrio.
Il libero arbitrio è la possibilità di scegliere tra il bene e il male; la libertà, invece, è la possibilità di scegliere tra due beni. Un uomo, che non abbia alcuna volontà di morire, non è libero quando prende una boccetta di sublimato corrosivo, credendolo un liquore, ma è soltanto ignorante, e muore per ignoranza; è libero quando sceglie tra un liquore e un altro, sapendo che entrambi sono liquori.
Se l'uomo sapesse quali orribili conseguenze avrà in questa vita e nell'altra il peccato, non ne farebbe mai; se poi credesse che c'è l'inferno e quali spaventosi tormenti ci sono in esso, si contenterebbe morire cento volte, anziché fare un peccato. Ma allora dove è la possibilità dell'uomo, se ignora tutto questo? È nel non credere a Gesú che chiaramente ne parla, come Adamo ed Eva non credettero a Dio che li aveva avvertiti di non mangiare il frutto proibito, ché altrimenti sarebbero morti.
Il Signore, per farci evitare la morte temporale ed eterna, ha messo nel corpo umano un campanello di allarme: il dolore. Senza il dolore nessuno si accorgerebbe di avere ammalati o i reni, o lo stomaco, o i polmoni, o il cuore, ecc.; e tutti moriremmo alla prima malattia senza neanche accorgercene. Ugualmente senza il dolore l'uomo piú facilmente si dimentica di Dio, molto difficilmente ritorna a lui, vive e muore nei suoi peccati, perde la felicità del paradiso e finisce all'inferno.
Infine, senza il dolore, l'uomo non può neanche avere una qualche idea dell'inferno.
Ci sono poi, oltre ai dolori che ci vengono dalle malattie e dalle nostre intemperanze, quelli che ci vengono dalla cattiveria degli uomini; e spesso essi sono immensi: basta pensare a quelli recati dalle guerre, dalla schiavitú, dai terroristi, dai campi di sterminio e dai lager nazisti e sovietici, ecc.
Tutti coloro che soffrono domandano giustizia. E Dio, infinitamente giusto, non aspetta che gliela chiedano. Per quelli, poi, già convertiti, le sofferenze della vita sopportate con pazienza, giovano per purificarsi, per evitare quelle molto piú gravi del purgatorio, per distaccarsi dalla terra e prepararsi al paradiso.
Già tutti i dolori umani, messi insieme, non raggiungono l'intensità dei dolori che soffre un qualunque dannato nell'inferno.
Bisogna aggiungere che quanto hanno sofferto tutti i perseguitati è ben piccola cosa rispetto a quanto soffrono ora nell'inferno i loro persecutori; e che la stessa tremenda passione di Gesú è ben piccola cosa rispetto a quanto soffrono nell'inferno i suoi crocifissori, come, d'altronde, Gesú stesso disse alle donne di Gerusalemme nel suo viaggio al Calvario: « Figlie di Gerusalemme, non piangete per me, ma piangete per voi e per i vostri figli... Allora diranno alle montagne: "Cadete sopra di noi!", e alle colline: "Ricopriteci!" Perché se cosí si tratta il legno verde, che sarà del secco? » (LC 23,28).
Se si fosse potuto fare a meno del dolore, Gesú non sarebbe morto in croce. Non ne aveva proprio piacere. Dinnanzi al Crocifisso debbono finire tutti i nostri « perché ».
Alla fine dell'apparizione dell'1.2.1987 della Madonna a Belpasso, Rosario cadde svenuto. Fatto rinvenire da amici miei che gli erano accanto, e interrogato del motivo di tale svenimento, Rosario disse: « Dopo aver visto il paradiso e il purgatorio, alla fine vidi l'inferno. Vidi un fascio di luce partire dalla Madonna e come aprirsi la terra: in fondo ad essa vidi un mare di fuoco e, fra mostri orribili di animali sconosciuti, vidi i dannati urlare spaventosamente, stravolti e disperati. Fu allora che mi sentii morire ».
È stato per salvare gli uomini da tanta sventura che Gesú si è fatto uomo ed è morto nella croce; ed è per fare aprire gli occhi a tante centinaia di milioni di peccatori sul punto di dannarsi, che la Madonna va apparendo in tanti luoghi della terra e che va chiedendo ai buoni di aiutarla in questa opera di misericordia con le loro preghiere, coi loro digiuni, con le loro sofferenze e con il loro apostolato.
Nella terra non ci sono soltanto dolori; ma ci sono pure tante gioie e tanti piaceri che rendono gli uomini felici; tali gioie e tali piaceri sono spesso talmente inebrianti che fanno dimenticare agli uomini quelli che soffrono e fanno perdere loro il gusto di Dio e qualsiasi desiderio del paradiso.
Tuttavia anche la gioia e il piacere hanno una funzione importantissima nella vita; senza di essi l'uomo non penserebbe a sposarsi, ad avere figli e neanche a mangiare; tanto meno alle scienze e alle arti; peggio ancora, non potrebbe avere nessuna idea e nessun desiderio del paradiso.
Ora, ben conoscendo la giustizia e l'infinita bontà di Dio, non possiamo pensare che egli abbia riservato le gioie e i piaceri piú grandi ai peccatori, che quasi sempre sono quelli che godono di piú nella vita, mentre ai giusti, che nella vita hanno avuto spesso soltanto sacrifici e tribolazioni, abbia riservato qualche contentino in paradiso. La conclusione non può non essere la seguente: gli eletti in paradiso godono smisuratamente di piú di quanto hanno goduto in terra i peccatori.
S. Paolo, che ebbe la fortuna di vedere, ancora vivente il paradiso, disse: « Occhio umano non ha visto, orecchio umano non ha sentito, né è entrato nel cuore dell'uomo quello che Dio ha preparato a coloro che lo amano » (1 Cor 2,9).
La Beata Angela da Foligno, convertitasi a 26 anni, dopo la morte del marito, e datasi completamente a Dio, ebbe il dono in vita stessa della visione beatifica di Dio. Costretta dal suo confessore a dire cosa aveva visto in paradiso, disse: « Mettete insieme tutte le gioie e tutti i piaceri del corpo e dello spirito, che hanno goduto, godono e godranno lecitamente e illecitamente tutti gli uomini e tutte le donne della terra; io, in un solo istante della visione beatifica di Dio ho goduto immensamente di piú ».
E il Catechismo romano aggiunge: « Mettete insieme tutte le gioie e tutti i piaceri terreni; aggiungetevi tutti quelli che desiderate; immaginatene tanti altri ancora; la gioia e la fedeltà del paradiso li sorpassano smisuratamente ».
Naturalmente il premio dei buoni è proporzionato alla quantità e alla qualità delle loro opere buone e delle sofferenze da essi pazientemente sopportate.
Ugualmemte, per i peccatori, il castigo è proporzionato alla quantità e alla gravità dei loro peccati.
Per essi Gesú dice: « Guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione. Guai a voi che ora siete sazi, perché patirete la fame. Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e nel pianto » (Lc 6,24).
Qui sorge il problema: « È peccato gustare le gioie e i piaceri della vita? ».
La risposta è questa: « Niente affatto, purché non si escludano i fini per i quali Dio ve li ha messi: la conservazione della vita e la conservazione del genere umano per giungere a completare il numero degli eletti. Anzi, quando questi piaceri si godono nell'ordine voluto da Dio e se ne ringrazia Dio, diventano meritori ». Dice s. Paolo: « Sia che mangiate, sia che beviate, qualunque cosa fate, fate tutto per la gloria di Dio » (1 Cor 10,31).
« Tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtú e merita lode sia oggetto dei vostri pensieri » (Fil 4,8).
E s. Agostino mostra la differenza tra i pagani e i cristiani: « I pagani vivono per mangiare; i cristiani mangiano per vivere ».
Il peccato è nell'escludere i fini per i quali Dio ha messo il piacere sia nel mangiare, sia nel bere, sia nei rapporti sessuali, ecc.; come pure in quei piaceri e in quei divertimenti che per la loro qualità o per la loro quantità ci fanno dimenticare Dio.
In genere, valgono le parole di s. Agostino: « Dio dà i beni di questo mondo, che sono piccoli e brevi, ai suoi nemici; dà i beni eterni, che sono immensi, ai suoi amici ».
D'altronde Gesú stesso parla espressamente di questo nella parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro.
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