In che consiste il Giudizio? Nell’esaminare e quindi separare ciò che è vero da ciò che è falso, ciò che è bene da ciò che è male, ciò che è conforme alla Volontà di Dio da ciò che non lo è. In ultima analisi è vedere se amiamo di più la Verità o invece il nostro “io”. In questo consiste la prova della vita.
“Sarà l’Amore di Dio portato fino al disprezzo di sé, o sarà l’amore di sé portato fino al disprezzo di Dio” (San Giovanni Paolo II). Chi è il tuo Dio?
Alla fine della storia, il Giudizio finale lo farà il Signore e “non v’è nulla di nascosto che non debba essere svelato, e di segreto che non debba essere manifestato” (Mt 10,26). Ma per adesso, momento per momento, il Giudizio sulla nostra vita lo facciamo noi stessi in ogni nostra intenzione e decisione.
Abbiamo già visto che non esiste nulla che non contenga una finalità, un motivo di esistere. Tutto ciò che Dio ha fatto è a motivo del suo Amore per noi e ha come finalità condurci ad una piena comunione di Vita e di Amore con Lui. Quindi, il valore di tutto ciò che esiste e di tutto ciò che accade lo dà la finalità che si propone chi lo fa. Per questo, “sia che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio” (1 a Cor 10,31).
Così, se la finalità di quello che noi facciamo non converge, non sintonizza con la finalità di Dio, si risolve in pura perdita. “Chi non è con Me è contro di Me, e chi non raccoglie con Me, disperde” (Mt 12,30). Dovremmo chiederci sempre in ogni cosa che facciamo: perché lo faccio? O meglio: per Chi lo faccio?
Tutta l’arte della vita si potrebbe riassumere in questo: saper ricevere tutto da Dio e quindi mettere tutto in mano a Dio. Ogni cosa, in ogni istante. Le situazioni in cui mi trovo, le cose che mi succedono, le notizie che mi arrivano, le cose gradevoli o sgradevoli che mi fanno…, che Dio non permetterebbe se non fossero per il mio bene, per una finalità di bene, per un frutto buono che dovrebbero produrre (se ci sto “al gioco”). E le permette “in tanto in quanto” possono essermi di aiuto, farmi del bene in vista della finalità ultima.
Se mi arriva una lettera, non importa se il postino sia simpatico o antipatico: l’importante è il messaggio e Chi è che me lo invia… Così tante cose possono arrivarmi attraverso le cause secondarie, attraverso le creature, che spesso non sanno di che si tratta; ma io devo riconoscere che vengono da Dio. E che Dio attende una mia risposta.
Questo è il mio rapporto con Dio! Perché ognuno di noi è unico davanti a Dio. Se un padre ha dieci figli, ogni figlio è “unico” per lui. Per questo, ognuno di noi è venuto al mondo “solo”, e “solo” se ne andrà. Quando arriverà l’ora, anche se attorno a noi avessimo cinquecento cari amici che ci vogliono un mar di bene, niente potranno fare per noi: saremo soli. O meglio: saremo soli con Dio. E se questo è evidente nell’inizio e nel finale della vita, è ugualmente vero tutti gli altri giorni. Alla fine della giornata, quando cala il sipario e si spengono le luci del teatrino della vita, in questo grande teatro vuoto restiamo soltanto in due: mio Padre del Cielo ed io. E in quel momento, posso immaginarlo, seduto accanto a me, che mi abbraccia e mi dice: “allora, figlio mio, che abbiamo fatto oggi di buono?”…
E tutti gli altri? Non ci sono. O meglio, sono le occasioni di Dio, sono i canali dei quali si serve per farmi arrivare normalmente la sua Provvidenza, le sue Notizie, il suo Amore… e attraverso i quali desidera che io Gli dia la mia risposta di gratitudine e di amore. Questo è il compito e il significato delle creature e del mio prossimo… Così prossimo, che dall’eternità il Padre ha guardato Gesù e, nella sua Umanità, ha visto tutti e tutto. Quindi ha conosciuto e amato me in quanto membro del suo Corpo Mistico, non indipendentemente dal Capo e da tutte le altre membra del Corpo.
Perché è vera la prima dimensione “personale” dell’uomo: che ognun o è unico e solo davanti a Dio (infatti, se io mangio, non è che un altro fa la digestione…), ma è anche vera questa seconda dimensione: la dimensione “sociale”, per la quale ciò che sono io mi arriva quasi tutto attraverso gli altri, e quello che io faccio ha delle conseguenze in bene o in male per gli altri. Il mio rapporto con Dio ha queste due dimensioni: di esso fa parte il mio prossimo e persino tutto il resto del Creato.
Tra il Corpo fisico, “personale” di Cristo ed il suo Corpo “mistico” (la sua Chi esa) c’è un profondo legame, una interdipendenza, per cui tutto che accade a noi e che facciamo noi si ripercuote in Lui, e viceversa. Ecco il perché della sua Passione, come anche dell’Eucaristia. Il Padre ha guardato Gesù e ha visto tutti noi, ognuno di noi. Adesso, guardando noi, vuole vedere il suo Unico Figlio, Gesù. E in noi vuole trovare Gesù insieme con tutto il suo Corpo Mistico e addirittura con tutte le creature: in noi! Vuole che ci facciamo carico di tutti e di tutto, che abbracciamo tutti e tutto, che insieme a Gesù e come Gesù diamo al Padre la risposta d’amore di tutti e di tutto.
A questo rapporto “universale” con Lui ci chiama!
Ecco che, fin dal mattino, il Padre mi attende con tanto amore; devo andare da Lui rivestito di suo Figlio, insieme con Gesù, affinché mi riconosca: “Eccomi, o Padre, che vengo per fare la tua Volontà”, e oltre alla mia risposta personale Egli desidera che Gli presenti tutti gli omaggi di adorazione, di lode e gloria, di benedizione e ringrazia- mento, di amore, che Gli devono tutte le creature… Nel mio rapporto con Lui devono essere presenti i rapporti di tutte le creature: “Tutto ciò che è mio è tuo, e tutto ciò che è tuo è mio”. Di più, siccome per un figlio, la vera eredità non sono tanto le cose di suo padre, ma il Padre stesso: “io sono Tuo e Tu sei mio!”
P. Pablo Martin Sanguiao
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