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domenica 29 settembre 2024

Un Mondo secondo il Cuore di Dio

 


LIBERTÀ E AUTORITÀ 

 

Dio ha creato l’uomo completamente libero, dandogli il dominio su tutta la creazione. Sarebbe interessante conoscere la forma di governo che avrebbe avuto l’uomo, se egli non avesse peccato. La cosa più probabile sarebbe che ogni uomo avrebbe avuto una dipendenza diretta da Dio e da Lui sarebbe stato governato. Il dominio che Dio gli aveva dato, doveva essere un dominio amoroso sugli esseri infraumani; mai quel dominio si sarebbe esteso ad un altro suo simile: l’uomo è proprietà esclusiva di Dio. Questa sarebbe stata la forma pura di governo se l’uomo non avesse sofferto lo squilibrio morale causato dal peccato. 

L’uomo ha utilizzato male la sua libertà. Ha rifiutato la tutela di Dio e con lo squilibrio delle sue passioni è arrivato a profanare la cosa più sacra che Dio aveva concesso all’essere umano: la libertà. L’uomo non si è accontentato di dominare gli esseri inferiori a sé; il suo principale desiderio è stato di dominare gli altri uomini. Questo dominio, esacer- bato dal demonio, ha dato luogo ad un’altra schiavitù: innumerevoli esseri umani sono schiavi di una élite, che è riuscita ad imporsi sugli altri. Questa schiavitù si è universa- lizzata oggi più che mai, così che l’immensa maggioranza degli uomini vive sotto di essa senza rendersene conto. Per giustificare questa schiavitù, si dice che è un “controllo della libertà” e ciò in relazione sia all’ordine economico dei popoli, sia al bene spirituale degli uomini. 

Il Vangelo parla ripetutamente dell’autorità. Orbene, se essa non è totalmente compenetrata di tutto il Vangelo, sorgerà subito in questa autorità il desiderio di dominare. 

In qualsiasi ordine di cose, l’autorità che non pretenda imporsi ai sudditi, ma che rispetti la loro libertà, è l’autorità che più assomiglia al modo con cui Dio governa gli uomini. Bisogna riconoscere che per ciò è necessaria una grazia molto grande. Perché la malvagità e il libertinaggio sembrano esigere pressantemente che l’autorità si imponga in un modo dittatoriale. E questa malvagità è la giustificazione apparente perché nell’autorità si risvegli un innato desiderio di domina- re, desiderio che è anch’esso una conseguenza del peccato e aspetta solo l’occasione per manifestarsi. 

Di conseguenza, l’autorità, prima di dominare gli altri, deve dominare sé stessa, stando soggetta a Dio. Egli, che ha perfetto dominio sopra Sé stesso, governa perfettamente gli uomini, e non toglie loro mai la libertà. Il primo dovere dell’autorità umana è di imitare Dio, cosa che non potrà realizzare se non è identificata con la sua VOLONTÀ per arrivare a comprendere la divina intangibilità della libertà umana. 

L’autorità, se rispetta la libertà dei propri sudditi, deve passare attraverso l’umiliazione di fallire molte volte nelle sue funzioni, fallimento apparente, ma che è conforme al modo di operare divino. Anche Dio passa attraverso l’umiliazione di questi apparenti fallimenti, così che molti credono che Egli non esista e l’hanno eliminato dal governo del mondo. Il fatto è che la sua autorità divina è umile e rispetta la libertà degli uomini, fino a quel punto che solo la sua perfettissima Giustizia conosce. Egli è pienamente democratico, in quanto rispetta la libertà delle sue creature. Non ha fretta, ha davanti un’eternità per fare le sue cose. 

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JOSÉ BARRIUSO


sabato 15 ottobre 2022

Un Mondo secondo il Cuore di Dio

 


LA SCHIAVITU’ DEL DENARO 

Nella lotta dell’anima per raggiungere la libertà, essa incontra un forte ostacolo entro lo spirito del mondo: il denaro. Il denaro è stato un’invenzione importata dall’inferno in questo mondo, per potersi impadronire delle anime che vivono in esso. 

Riflettiamo: prima del “peccato originale”, Dio aveva concesso all’uomo l’esuberanza di un delizioso Paradiso: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del Paradiso» disse Dio all’uomo. L’uomo non aveva nessuna speciale preoccupazione materiale. Ma dopo il peccato, tra le varie sanzioni Dio gli dà questa: «Con il sudore della tua fronte mangerai il pane». Il lavoro, dopo il peccato, porta il sigillo della sofferenza. Queste due parole “con sudore”, indicano il cambiamento che ha subito il significato del lavoro. Prima del peccato il lavoro esisteva come divertimento, mai come peso opprimente. Dopo il peccato, il lavoro “con sudore”, oltre che castigo o penitenza, poteva essere un mezzo di redenzione relativa, giacché la Redenzione assoluta verrebbe all’uomo per mezzo di Cristo. Mediante il lavoro l’uomo si rendeva conto che stava saldando una colpa verso il suo Creatore. 

Dobbiamo far notare che Dio, togliendo l’uomo dal Paradiso dell’Eden, lo fece per amore, per salvare l’uomo dal pericolo che rendesse eterno il suo male – questo è indubitabile dopo che Dio ci ha dato suo Figlio per salvarci e con Lui tutte le cose – : «Ecco l’uomo è diventato come uno di noi, per la conoscenza del bene e del male. Ora egli non stenda più la mano e non prenda anche dall’albero della vita, e mangiandone viva in eterno. E il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse la terra da dove era stato tratto» . Quel “giardino di Eden” era “luogo di eternità”, ove c’era l’“albero della vita” – era uno stato che gli avrebbe dato l’immortalità del corpo, come aveva l’immortalità dell’anima 

– . Dio introduce l’uomo nel “tempo” affinché, facendo penitenza e con la morte sia purificato dall’azione dello spirito del male e, redento dai suoi peccati (ricevendo il Redentore), possa ritornare a quello stato di “eternità”, che è l’unione col suo Creatore. 

Il lavoro non era solamente il mezzo per vivere; nella coscienza colpevole e pentita del primo uomo c’era una gioia misteriosa nel lavoro stesso, realizzato “con sudore”; qualcosa di simile alla gioia delle anime del purgatorio, che comprendono come la Giustizia di Dio si realizza in loro espiando le mancanze commesse, e amano quella Giustizia amorosa del loro Creatore. Ma all’andarsi allontanando sempre più da Dio, l’uomo si ribella contro di Lui sotto due forme: o negando che Egli esiste, o concependo Dio come un tiranno che si rallegra del suo dolore. Come è possibile questa concezione di Dio? Non esiste, al fondo, che questa ragione: il peccato, negazione della giustizia, è penetrato più a fondo nell’essere umano e attribuisce ingiustamente a Dio realtà dolorose delle quali l’uomo con la sua libertà è responsabile. Questa profondità nel peccato, lontananza da Dio, non permette all’uomo di vedere con chiarezza il significato del lavoro doloroso. 

L’impegno del demonio è calato più a fondo nel suo desiderio di allontanare maggiormente da Dio l’uomo, dopo dell’AMORE di Dio), non può presentarsi all’uomo, affinché questi lo ami scegliendolo al posto del suo Creatore, poiché l’uomo di lui ha orrore. E allora ha cercato di farsi sensibile, presentandosi agli uomini sotto l’aspetto di un bene; per questo ha inventato il denaro. Il denaro compie una duplice missione: far dimenticare il vero e unico bene, Dio, e far dimenticare il vero male, il demonio, perché il denaro appare come un bene necessario. Se Dio ha preso una forma per avvicinarsi agli uomini senza abbagliarli, il demonio, per non intimorire con la sua malvagità gli uomini e per attrarli a sé, si è nascosto sotto la forma del denaro. 

Abbiamo detto che dopo il peccato, il lavoro “con sudore”, oltre ad essere necessario per mantenersi, aveva un valore relativo di riparazione. Avendo il demonio messo il denaro tra il lavoro e il mantenimento, gli uomini non avrebbero più dovuto lavorare solo per alimentarsi; c’è ora uno stato spirituale intermedio: devono lavorare per guadagnare il denaro, e questo diventa il centro del loro lavoro, perché pensano che è il denaro che darà loro la felicità tanto deside- rata. Il lavoro, che era stato posto da Dio come un mezzo di riparazione, è stato profanato. Il demonio non avrebbe potuto scegliere caricatura migliore, per farsi desiderare dagli uomini, che questa del denaro; ha sconvolto l’esistenza stessa dell’uomo. Colui il cui lavoro non sia rimunerato con denaro non può vivere. Il demonio ha convinto completamente gli uomini che il denaro è necessario per la vita come l’aria che si respira; così il denaro diventa il centro di tutte le loro aspirazioni. Il lavoro ha cessato di essere qualcosa di sacro, imposto da Dio per riparare una colpa e si è trasformato in un culto al denaro, idolo inventato dal demonio. 

Lo stato di insicurezza avrebbe portato l’uomo a ricorrere costantemente a Dio, ma con l’invenzione del denaro, è ad ottenere denaro che si indirizzano tutti gli sforzi, perché il denaro dà una apparente sicurezza. Che cosa c’è di cattivo in questo? Non è forse giusto che esista nel mondo un valore di scambio per la convivenza sociale? La domanda è troppo sincera per non riconoscere il suo relativo valore. E la risposta, su un piano puramente naturale, non è molto facile. Dobbiamo fare uno sforzo gigantesco per sbarazzarci dei nostri usi, costumi e comodità, allo scopo di vedere tutta la trama, tessuta meravigliosamente dal nemico dell’uomo; con la peculiarità che egli non si lascia scoprire tanto facilmente, facendo sì che gli uomini attribuiscano a Dio cose che sono promosse da lui. 

La domanda che ci siamo fatti è la seguente: non è forse giusto che esista nel mondo un valore di scambio per la convivenza sociale? Bisogna distinguere: se l’uomo è fatto per vivere in questo mondo il più comodamente possibile, non c’è dubbio che debba esistere un “valore-base”, internaziona- le, che gli serva come una specie di salvacondotto per fare quel che desidera in tutti i paesi del mondo. Ma se l’uomo è fatto essenzialmente per Dio, allora deve allontanare da sé, il più possibile, tutto ciò che venga ad essere un ostacolo per raggiungere il suo fine. 

Ma si può insistere ancora: Perché il denaro ci impedisce nel nostro cammino verso Dio? Non ci sono stati santi che sono vissuti in mezzo alle ricchezze? La nostra superbia, battezzata con un cristianesimo superficiale, pretende di saperne di più che Cristo stesso. E le sue parole sono troppo chiare perché riusciamo ad ingannarci: «Nessuno può servire a due padroni; nessuno può servire a Dio e alle ricchezze». Il “padrone” che si nasconde nelle “ricchezze” è il demonio. E quelli che servono al denaro non possono giustificarsi col fatto che ci siano stati santi che pur vivendo “ufficialmente” in mezzo alle ricchezze, col loro cuore erano completamente staccati da esse; chi pretende di conciliare le due cose è perché si è deciso inconsciamente a servire alle ricchezze: 

«Nessuno può servire a due padroni». Il giovane ricco del Vangelo fu più sincero di molti cristiani che pretendono di conciliare le due cose; il giovane ricco si allontanò da Gesù per continuare a coltivare le sue ricchezze. 

Abbiamo detto precedentemente che il denaro procura all’individuo una relativa sicurezza. Questa sicurezza materia- le è voluta da Dio? Quel che ora diremo sembrerà una pazzia, ma tra quel che gli uomini giudicano pazzia e Dio c’è una grande vicinanza. Lo diceva San Paolo: «Ciò che gli uomini giudicano pazzia è sapienza per Dio». 

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JOSÉ BARRIUSO 

domenica 12 dicembre 2021

Un Mondo secondo il Cuore di Dio

 


San Giovanni ci mette in guardia con una concisione luminosa: «E il mondo passa con le sue concupiscenze». Contro gli inganni di un mondo superbo, l’allarme è dato: «Il mondo passa». Ciascuno deve approfondire e convincersi della fugacità di questo mondo, affinché la “superbia della vita” non lo inganni presentandogli una falsa perennità. Quando la “superbia della vita” sarà rimossa dall’umiltà di cuore, si comprenderà con chiarezza che questo che vedono i nostri occhi e sente la nostra carne, è destinato a scomparire per dar luogo ad un mondo nuovo e a una terra nuova, secondo il cuore di Dio, ove abiteranno eternamente “coloro che hanno fatto la Volontà del Padre”. «Il mondo passa con le sue concupiscenze; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno». 

Mentre questo mondo passa, raccogliamo il consiglio di San Giovanni: «Non amate né il mondo, né le cose del mondo! Se uno ama il mondo, l’amore del Padre non è in lui». Certo; come avremo l’amore del Padre, se amiamo quel mondo che rifiutò suo Figlio? «Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe». Ora possiamo capire in tutto il loro senso le parole di Gesù: «Non prego per il mondo». 

Dobbiamo notare che quando cominceremo a liberarci totalmente dallo spirito del mondo, cominceremo a sentire l’impossibilità di vivere in questo mondo. Non si può conoscere questa impossibilità fino a che davvero non si rinuncia totalmente. Questa rinuncia ci mette in uno stato di violenza nei confronti dei nostri simili. Questa violenza non implica una mancanza di carità propriamente detta, ma cagiona una specie di distorsione; si vive nel mondo, ma con uno spirito che urta da ogni parte col modo di pensare di coloro che sono installati nel mondo. Questa distorsione spirituale, come la distorsione di un membro del corpo, causa dolore nell’umano. Chi vuole vivere totalmente dello Spirito di Dio, desidererebbe essere condiscendente con certe debolezze di quelli che ancora vivono dello spirito del mondo, ma non può. Ecco la distorsione: volere e non potere; volere nell’umano e non potere perché lo Spirito di Dio, di cui vive, non gli permette di condiscendere con ciò che è proprio dello spirito del mondo. 

Questa costante violenza non potrà essere compresa, se non da quelli che hanno rinunciato davvero totalmente allo spirito del mondo. E questo “totalmente” è molto importante perché quell’esperienza sia perfetta. Perché si può rinunciare a certi aspetti dello spirito del mondo, e nello stesso tempo vivere di quello spirito per altri aspetti. Possiamo dire che il segno di quella rinuncia totale si trova in quella impressione di impossibilità a vivere nel mondo. Quelli che non abbiano avuto questa esperienza dolorosa, è perché non hanno rinunciato totalmente allo spirito del mondo; questi lotta ancora con l’anima per restare in lei. È però anche vero che quando quello spirito lo si è espulso totalmente e si vive solamente dello Spirito di Dio, si acquisisce quella perfetta libertà che non trova ostacoli per vivere ancora in questo mondo, inaugurando già nell’anima il regno di Dio. 

Chi vuol vivere in questo mondo stimato da esso e non voglia adattarsi a ciò che lo spirito del mondo esige, vive in una contraddizione: vuole essere amato da “qualcuno” che egli non ama. Questa è una rinuncia egoista, perché ha rinunciato al mondo esterno, riservandosi gli apprezzamenti che quel mondo può dargli. Costoro vivono in una costante inquietudine per timore di perdere quell’apprezzamento, e nel contempo non vogliono condiscendere al mondo (costoro sono nella “via di convenienza”, una posizione falsa, che non può durare).Non parliamo di coloro che vivono totalmente schiavi dello spirito del mondo, in loro non c’è la pace. Perché non serve darsi a quello spirito una volta per tutte; le sue esigenze sono sempre maggiori, perché nel fondo esiste l’inquietudine di uno spirito che si muove in costante rinnovamento per potersi mantenere, giacché è l’errore e la menzogna. 

presentato da JOSÉ BARRIUSO 

martedì 26 ottobre 2021

Un Mondo secondo il Cuore di Dio

 


Dato lo stato di distorsione, provocato dal peccato originale, l’uomo deve vivere in una violenza continua: questa violenza, o l’uomo la fa a sé stesso, per sradicare lo spirito del male, o gliela fanno certe circostanze esterne. Pensiamo ad una persecuzione religiosa: se al suo termine essa non ha lasciato la convinzione che deve continuare nel segreto del cuore la persecuzione contro l’“uomo vecchio”, questo “uomo vecchio” torna a germogliare al sentire un ambiente favorevole e può arrivare ad essere allora più robusto di quanto non fosse prima di sopportare i colpi della persecuzione esterna – di questo abbiamo un’esperienza che si sta vivendo nella vita religiosa – . Le comodità di un mondo apparentemente convertito gli possono suggerire che ormai non ha più bisogno di lottare contro niente e nessuno. Quegli atti di eroismo, che si sono fatti in tempo di persecuzione, non si ripetono in circostanze normali, quando ci sarebbe bisogno soltanto di un minimo di sacrificio. Mancando quella persecuzione esterna, la fede si va raffreddando. Non c’è stata una continuità in una lotta più profonda. La fiamma divina che abita nell’anima, dopo aver vinto l’opposizione che veniva da fuori, avrebbe dovuto continuare a bruciare l’opposizione di resistenza dell’“uomo vecchio", che a un tempo abita dentro di lei. Venendo a mancare questa tensione, questa lotta, la mondanizzazione dell’uomo è inevitabile, date le radicate tendenze dello spirito del male che esistono in lui. 

Questo ci porta ad una considerazione poco nota: i santi che hanno vissuto in una corte, hanno forse più meriti che gli stessi martiri. Questi hanno dato la vita per il Signore in pochi istanti, hanno superato il male sfacciatamante manifesto. Ma i re santi hanno dovuto stare in costante vigilanza perché gli onori del mondo non li corrompessero, sviandoli dallo Spirito del Signore. Tutta la loro vita è stata un martirio nello stretto senso della parola: sono stati “testimoni” incruenti di fronte alla persecuzione degli onori e delle attrattive del mondo. Questa persecuzione è poco conosciuta, perché al mondo non interessa che si conosca. È la persecuzione più frequente e dalla quale trae maggior profitto. 

Le parole di San Giovanni nella sua prima lettera riassumono tutto il contenuto dello spirito del mondo, che noi abbiamo appena sbozzato: «Perché tutto quello che è nel mondo, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, non viene dal Padre, ma dal mondo. E il mondo passa con le sue concupiscenze; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno!». 

Questo senso di fugacità del mondo, « il mondo passa», non può essere avvertito in tutta la sua profondità, se l’uomo non si stacca da quella “superbia della vita”, che gli fa vedere il mondo con una certa stabilità, ed è essa che spiega o giustifica la “concupiscenza della carne” e la “concupiscenza degli occhi”. Se questo mondo, che la “concupiscenza degli occhi” contempla avidamente, ha continuità e durata, la “concupiscenza della carne” non trova una ragione manifesta per la quale debba astenersi da qualcosa. Pertanto la “superbia della vita” è il cuore dello spirito del mondo, che alimenta le due concupiscenze: vedere e godere. Non sono le uniche, ma riassumono tutte quelle che possono esistere. 

JOSÉ BARRIUSO 

venerdì 6 agosto 2021

Un Mondo secondo il Cuore di Dio

 


LO SPIRITO DEL MONDO 

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È il demonio stesso che suggerisce ciò a queste anime, per poter egli lavorare meglio nel mondo. 

A ciò si può controbattere portando l’esempio di due personaggi che lottarono coraggiosamente contro lo spirito del mondo e che appaiono con Cristo sul monte Tabor: Mosè ed Elia. 

Mosè « afferrò il vitello che quelli avevano fatto, lo bruciò nel fuoco, lo frantumò fino a ridurlo in polvere, ne sparse la polvere nell’acqua e la fece trangugiare ai figli di Israele». Poi parlò così alla tribù di Levi che si mise ai suoi ordini: 

« Dice il Signore, il Dio di Israele: Ciascuno di voi tenga la spada al fianco. Passate e ripassate nell’accampamento da una parte all’altra: uccida ognuno il proprio fratello, ognuno il proprio amico, ognuno il proprio parente». 

Il profeta Elia non fu meno inflessibile: « Afferrate i profeti di Baal; non ne scappi uno! Li afferrarono. Elia li fece scendere nel torrente Kison, ove li scannò». 

Potremmo tirare una breve conclusione da questi fatti: fintanto che noi ci scandalizziamo di queste cose, significa che il nostro spirito mondano ci rende incapaci di comprendere la giustizia di Dio. Lo spirito del mondo ha fatto dimenticare questo attributo divino, presentando la sua misericordia prolungata in modo sproporzionato rispetto alla giustizia. Perché se infinita è la sua misericordia, lo è anche la sua giustizia. Quando comincia l’una e termina l’altra? Lo spirito del mondo non è il più indicato per saperlo. E quegli uomini, Mosè ed Elia, in quei momenti erano spinti da una forza superiore a loro stessi, realizzando la giustizia divina. Perché la nostra ragione non concorda con ciò? Questo disaccordo rivela che la nostra ragione è ancorata, non nella fede, ma nello spirito del mondo; questo vive o del sentimentalismo o dell’interesse personale. E tanto la giustizia come la misericordia divine si devono comprendere con una fede che ha per base la suprema Ragione. Solo coloro che siano uniti per la fede in Essa, conosceranno esattamente l’ora della misericordia e l’ora della giustizia. 

Era lo stesso spirito del mondo, il quale, oltre che dal “ragionevole”, si lascia prendere dall’indignazione, quello che non permise ai “figli del tuono” di vedere esattamente l’ora della giustizia: «Facciamo scendere fuoco dal cielo che li consumi». Gesù mostra loro che sono dominati, in quei momenti, da uno spirito estraneo alla Volontà del Padre: 

« Non sapete a che spirito appartenete». L’ora di Gesù era l’“ora” della misericordia divina: «Sono venuto a salvare le pecore perdute di Israele». 

Conoscere quell’“ora” non è facile a coloro che vivono immersi in tutto ciò con cui li distrae lo spirito del mondo. Una critica sincera di tutto quello che distrae gli uomini lontani da Dio sarebbe insopportabile per loro ed essi si ribellerebbero a questo giudizio radicale; per loro è impossibi- le all’uomo vivere senza alcuna distrazione. Chiunque pensi così è perché, in realtà, non ha incontrato Dio. Perché quando lo si è incontrato, tutto ciò che distrae da Lui, offende e disgusta. Può succedere che per alcuni istanti richiami l’attenzione dei nostri sensi, ma il fondo dell’anima fugge a cercare Colui che è la propria vita, Dio, «per il quale furono fatte tutte le cose che vediamo e senza del quale niente fu fatto». 

Questo è totalmente inintelligibile per quelli che ragionano coi sensi e vivono nello sport, nella politica, nelle case di piacere, negli affari, nelle riunioni sociali, negli studi, ecc. e perfino in certe “opere di apostolato” fatte allo scopo di “passare il tempo” e contemporaneamente di far qualcosa “per Cristo” e “per i fratelli”: è un’altra forma di “distrazione” che allontana le anime buone dal compimento della Volontà del Padre. 

Tutto questo tiene gli uomini, non solo distratti, ma ciechi. Come abbiamo detto precedentemente, è lo stesso spirito del mondo che lavora in diverse zone dell’anima umana. Quelli che non prende con un laccio, li prende con un altro. L’uomo d’affari guarda con disgusto chi consuma le proprie energie nello sport o in case di prostituzione. L’uomo d’affari pensa di essere l’uomo ragionevole che sa utilizzare la propria intelligenza, il proprio tempo e il proprio denaro; e se, oltre a ciò, assiste a qualche celebrazione religiosa, lì abbiamo lo spirito del mondo in una forma sottile, elegante e perfino col nome di cristianesimo. Per lui, la grazia deve adattarsi al corso normale dei suoi affari; il contrario sarebbe fanatismo. L’importante sono i suoi affari; può essere che la religione occupi il secondo posto, se non occupa il quarto o l’ultimo. In modo simile ragiona chi ha come forma di “distrazione” le “opere di apostolato”; l’importante sono le sue opere; che siano d’accordo o no con la Volontà di Dio, a questo neppure si pensa. È Dio che deve adattarsi alla volontà dell’uomo, e siccome Egli lo “permette”, come permette il male, gli uomini continuano a pensare che quello lo vuole Dio. 

E sarebbero questi uomini, quelli che devono giudicare quando è l’ora della giustizia e quando è l’ora della misericor- dia di Dio? Con la loro frivolezza e leggerezza mondana arrivano a profanare col proprio giudizio quel che mai sarà loro dato di conoscere: il piano divino e misterioso della salvezza degli uomini. 

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JOSÉ BARRIUSO 

giovedì 10 giugno 2021

Un Mondo secondo il Cuore di Dio

 


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Lo spirito del mondo ha tanti aspetti! A volte crediamo di conoscerli tutti, mentre in realtà ci manca la conoscenza di quelli che più ci interessano. Dobbiamo tener presente che lo spirito del mondo lavora in diverse zone nello stesso tempo: da ciò che è puramente materiale, fino a portare la confusione nei valori spirituali. Quello spirito non è altro che il prolunga- mento dell’azione del demonio, allo scopo di ottenere ciò che questi non ha potuto. Nella vita di Gesù, ad esempio, il demonio tenta di allontanarlo dalla via della Volontà del Padre. Non ci riesce e allora lo tenta costantemente coi suoi seguaci per mezzo dello spirito del mondo, presentandosi sotto l’aspetto del “ragionevole”. Per altro verso, ciò che è di Dio lo fa vedere “ragionevolmente esagerato”. 

È un impegno costante da parte di questo spirito far sì che gli uomini vivano confortevolmente in questo mondo, nella misura che possono, prescindendo da Dio. E si dice “nella misura che possono” perché in fondo, mancando Dio, gli uomini non possono essere felici. Questo scopo lo raggiunge nelle zone inferiori dell’uomo: dai sensi fino a certa parte della ragione. Ma quando la ragione approfondisce, si incontra con la menzogna dello spirito del mondo. Esso non è ragionevole, è sofistico, perché pretende che l’uomo dimentichi quell’aspirazione profonda che costantemente tende a spuntare nella sua anima: Dio. 

Questo dimenticare Dio riveste molte forme, ma sempre porta l’impronta del “ragionevole”: dal materialismo ateo fino alla religione che pretende, nella pratica, di venire a patti con lo spirito del mondo. È certo che il materialismo ateo si appoggia su ragioni materiali ed economiche per prescindere da Dio. È una ragione “cieca”, come la materia in cui si appoggia, giacché si pretende di prescindere da Dio quando la materia stessa è stata fatta da Dio. Con ciò si agisce “senza ragione”, al prescindere da Dio, quando si tratta di impiantare una giustizia sociale. Ciononostante, per essi il prescindere da Dio è qualcosa di ragionevole: l’hanno forse visto i loro occhi? Allora non esiste. Questo è un ragionamento che potrebbe fare un animale con un minimo di ragione: è una semplice illazione dai sensi. 

È così vario e diverso lo spirito del mondo, come sono diversi i tipi di demoni. Non abbiamo forse detto che lo spirito del mondo è il prolungamento nascosto della influenza del demonio? I demoni sono molteplici. Quell’indemoniato del Vangelo disse che il suo nome era “legione”. Anche lo spirito del mondo è “legione” e mancante di unità. 

È ragionevole una cosa?... Allora Dio la vuole. Così pensa lo “spirito del mondo”, che si oppone energicamente alle esigenze di una fede che chiede a volte il sacrificio della propria ragione per sottomettersi incondizionatamente alla Ragione suprema. Ricordiamo il caso di Saul: fu l’uomo che operò sempre su impulso della ragione. Un potente esercito è in procinto di distruggere Israele; questi si sbanda e Samuele non arriva. Di fronte alla urgenza del momento, a Saul sembra “ragionevole” di dover offrire lui l’olocausto. Appena ebbe finito di offrire l’olocausto giunse Samuele e gli disse: Che hai fatto?. Le parole di Saul sono molto ragionevoli, ma Samuele gli risponde: «Hai agito da stolto». Ciò che è “ragionevole” per Saul, è una “stoltezza” per l’uomo di Dio. Saul e Samuele furono due uomini animati da spiriti diversi. Non ci fu mai una mutua compenetrazione, nonostante che le loro vite fossero così in relazione. 

Non c’è dubbio che nell’uomo c’è una tendenza ad operare ed a giudicare nello stesso modo di Saul. Il “ragionevole” ci va allontanando poco a poco dalla Volontà espressa di Dio, come successe a Saul. Dio gli comanda tramite il suo profeta Samuele di sterminare totalmente Amalek. Ma Saul torna ad affondare nella sua ragione, ribelle al comando di Dio. Non stermina totalmente Amalek e permette che il popolo risparmi alcuni animali per offrirli a Colui che gli ha comandato di sterminarli. Ecco il punto critico della ragione; si oppone al comando di Dio in un modo ragionevole: «Migliore dello sterminio è l’offerta». La ragione fa dimenticare a Saul l’obbedienza e la sottomissione a Dio che comportavano quello sterminio. Così l’uomo di Dio gli dice: «L’ubbidire va più del sacrificio... La ribellione è un peccato come la superstizione e malizia di idolatria è la resistenza a lui. Poiché tu hai rigettato il comando di Dio, Egli ti ha rigettato come re» . 

Quel che fece Samuele col re di Amalek ferisce la nostra sensibilità mondana; essa vorrebbe protestare di fronte a qualcosa che sembra crudele. Ma Samuele preferisce che gli uomini lo giudichino così, piuttosto che disobbedire all’ordine del Signore: «Conducetemi Agag, re di Amalek... Come la tua spada ha privato di figli le donne, così sarà privata di suo figlio tra le donne tua madre. Poi Samuele trafisse Agag davanti al Signore in Gàlgala». 

Questo fatto storico ci porta ad analizzare le pretese del mondo, ciò che esso pretende dagli uomini di Dio. Lo spirito del mondo è riuscito a convincere gli uomini che le anime sante, gli eletti di Dio, devono essere persone inoffensive: non dovete temerli, sembra dire loro; quando non saranno d’accordo col vostro parere, taceranno. Sono tanto buoni e comprensivi! Inoltre lo spirito del mondo spinge i suoi seguaci a collaborare con le anime buone perché così, in qualche modo, tiene anch’esse nelle sue reti. Le anime semplici, desiderose di una maggiore perfezione, le ha convinte che non devono cambiare le cose; che esse non sono state chiamate a quella via di perfezione, la quale non è per tutti; pertanto non devono molestare gli altri, perché sarebbe mancanza di carità e di pazienza, non sapendo sopportare i “fratelli”. È il demonio stesso che suggerisce ciò a queste anime, per poter egli lavorare meglio nel mondo. 

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JOSÉ BARRIUSO 

venerdì 3 gennaio 2020

Un Mondo secondo il Cuore di Dio



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L’autentica rigenerazione dell’uomo non può venire che da parte di Dio, aprendosi alla sua grazia. Qualcosa come ciò che accadde nella Redenzione: siccome nessun uomo poteva redimere gli altri uomini, perché tutti erano immersi nel peccato, Dio, nel suo grande amore, si fa uomo per redimerli tutti. Così pure, nessuna forza interiore dell’uomo può rigenerarlo, perché tutte si trovano contaminate. La soluzione divina dell’Incarnazione e Redenzione si prolunga per mezzo della sua grazia. È come se Dio si “incarnasse” di nuovo per redimere ogni uomo dalle forze disordinate che combattono nel suo interno. A ciò manca un elemento decisivo a che si attui quel “rinascere” dell’uomo: la sua accettazione. Quella rinascita spirituale non può avvenire se non avvengono prima due cose: il riconoscimento della propria impotenza e il ricorso umile al potere di Dio. Alla base della vera rinascita c’è un’umiltà vissuta e sincera. Essa ci porterà segretamente al Paradiso dell’Eden, quello stato d’unione con Dio in cui vivevano i nostri progenitori prima di peccare. Là sentiremo la gioia di un triplice amore: l’amore di essere stati creati, l’amore di essere stati redenti e l’amore di aver potuto cooperare alla nostra propria redenzione. Non avremo più pretese: l’umiltà ci avrà dato quelle disposizioni che Gesù esigeva per entrare nel suo regno: «Se non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli». 

Dopo aver raggiunto questa statura spirituale, non si può dimenticare un nuovo ostacolo: coloro che si decidano per quella rigenerazione, riceveranno i colpi dello spirito del mondo. L’umiltà di “bambini forti”, secondo Dio, sarà da quello spirito giudicata come un’impotenza e un’incapacità. Facciamo qui un altro passo: il “rinato” nello Spirito di Dio deve affermarsi davanti al mondo con un nuovo gesto di umiltà: deve accettare il fallimento piuttosto che servirsi della menzogna o della forza. Queste non sono le armi di Dio, benché le abbiano usate alcuni che si dicono figli di Dio. Naturalmente è duro accettare questo fallimento, ma ciò cui noi ci riferiamo non è un ordine naturale, bensì un ordine soprannaturale. Quella rinascita esige uno sguardo d’aquila, che non tenga in conto i valori stimati dal mondo: «Questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo : la nostra fede». Se l’umiltà è la base della nostra “rinascita”, la fede, infiammata dalla speranza e dalla carità, è la forza motrice che ci spinge ad agire secondo la nuova vita in Dio. 

Perché niente mancasse, ci è stato dato un modello di vita perfetta, Gesù. Lui è il modello al quale devono conformarsi tutti i “rinati” per entrare nel regno di Dio. Orbene, che fece questo Uomo per accogliere nel suo seno il Figlio di Dio? Scomparire. La persona umana di Gesù “scomparve” affinché in lui apparisse il Dio vivo. L’“io” umano che in Adamo si riaffermò contro la volontà di Dio, in Gesù scomparve fino alla non-esistenza. Allora Dio, il Figlio, vive in questa Umanità di Gesù, santificandola fino all’infinito. Così pure, man mano che il nostro “io” vada scomparendo, andrà apparendo il Figlio di Dio in noi, Cristo Gesù. La stessa parola, “scomparire”, non vorrà significare apparizione di Dio? 

Tutto questo porta con sé un’opera di logoramento, qualco- sa di simile a ciò che avviene per l’apparire della bella immagine che si nasconde in un blocco di marmo o di pietra. Ma in questa opera di logoramento spirituale c’è una differen- za: lo Scultore è dentro di noi. La grazia opera in noi come la linfa, che fa crescere la pianta dandole la forma che la sua natura richiede. Quante forme hanno dovuto scomparire perché la pianta conseguisse la sua forma definitiva e così dia il suo frutto! Se il seme non rinuncia alla sua forma, “rendo”, la vita non “appare”. Qual è la forma definitiva della nostra natura umana? La troviamo espressamente indicata nel piano divino: «Facciamo l’uomo a nostra immagine e a nostra somiglianza» . La nostra “forma”, dunque, è un modo di essere divino. Gesù è non solo modello, ma incarnazione di quella forma divina, che lo fa essere il “primogenito di molti fratelli”. Gesù è lì, non come un quadro che dev’essere semplicemente ammirato, ma come un impegno ad identifi- carci con Lui. Poiché, se Lui è il Primogenito, vuol dire che devono esistere altri che partecipino in qualche modo della sua stessa forma e della sua stessa natura. 

Pochissimi si decidono a scomparire perché in loro appaia la vita di Dio. Manca questa oblazione al Padre, come la fece Gesù, per accogliere nel proprio seno il Figlio di Dio. Noi vogliamo essere innanzi tutto noi stessi; Dio ha forse il secondo posto. Bisogna tener presente questa verità fonda- mentale: finché non avremo immolato questa “priorità personale” in tutte le sue forme, l’epifania di Dio non si realizzerà in noi. Una convinzione profonda deve sconvolgere tutti i “centri”, intorno ai quali ha girato l’antica vita, per “centrarsi” in Colui che è, fu e sarà il centro della creazione intera: il Dio umanato. 
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 JOSÉ BARRIUSO