Oggi, sabato, vigilia della Domenica delle Palme, stavo assistendo alla Santa Messa in tv e mentre ascoltavo l’inizio, un pensiero è venuto nella mia mente e così ho chiesto a Gesù: “Gesù, Signore, dov’è che sei più abbandonato e ti senti più solo?”
Gesù, con tanta tenerezza, ma anche con un grande desiderio di sfogare il suo dolore, mi ha chiamata e portata dentro una cappella molto povera che già conoscevo. È una cappella che si trova in una piccola fraternità che accoglie fratelli che vivono per la strada e che arrivano lì, malati, sporchi, alcolizzati, drogati, sfiniti, disperati, e vengono accolti con molto amore. La cappella è dedicata alla “Madonna dei poveri”, che apparve in Belgio 5 ad una bimba...
Sono entrata, non c’era nessuno e la cappella era in penombra. Gesù stava seduto da solo al primo banco, laterale all’altare, mi ha sentito entrare e si è girato e mi ha teso le braccia. Io sono corsa da Lui e l’ho abbracciato forte e siamo rimasti stretti così per un tempo, non so dire quanto, ed il mio cuore gli sussurrava il mio amore, il mio desiderio della sua Volontà, la mia pena nel saperlo tanto sofferente e solo, e gli ripetevo che lo amavo e lo adoravo con tutto il mio povero essere, che è infinitamente bello, dolce, tenero, che la sua divinità illumina l’universo, che è meraviglioso, sublime per l’anima mia, solare, luminoso, che è tutta la mia vita e l’unico mio grande amore... e poi ricominciavo a dirgli le stesse parole, due, tre e più volte, ma le avrei ripetute per sempre, e Lui si stringeva a me...
Poi mi ha preso in braccio e mi ha portata davanti al povero tabernacolo, e in un attimo mi ha mostrato tutti i tabernacoli del mondo, dai più ricchi ai più miseri. Troppi, troppo isolati e abbandonati! Chiusi, in penombra, silenziosi, senza nessuno che dividesse con Lui anche solo pochi minuti.
E mi ha detto: “Dentro queste dorate prigioni, a volte fredde come la pietra, senza amore se non il mio, Io rimango in attesa, un’attesa lunghissima; sono dimenticato, e il pane che mi ospita e ha preso tutto di Me è senza vita, non mi parla, non mi stringe al suo cuore, non mi riscalda, è lì fermo, inerte, muto, freddo. Vorrei giocare a tessere trame d’amore, ma con chi? Con il pane? Con il metallo che mi racchiude? Non c’è nessun figlio che mi dica: “ti amo” e ai quali Io possa dire: “ti amo con immenso amore”. I miei sacerdoti, la maggior parte, celebrano una Messa rapida e se ne vanno, mi concedono mezz’ora del loro tempo e poi vanno via a nascondersi, e nessun altro rimane con Me. Quanto rimpiangeranno questo tempo nell’eternità! Quanto vorranno aver capito il mio amore e l’opportunità che Io davo loro, oh, come piangeranno! Che dolore, bimba mia, che dolore!!!”
Poi sono rimasta in ginocchio in un banco della cappella e non vedevo più Gesù vicino a me. Allora l’ho cercato con lo sguardo dentro la cappella per paura che fosse andato via e l’ho visto in fondo, in piedi, vicino al muro della porta d’uscita, con la testa appoggiata sul braccio piegato sul muro, e lo sentivo singhiozzare, piangeva sempre più forte e sussultava. Sono corsa là da Lui e mi ha presa e mi ha portata sugli scalini sotto l’altare e, abbracciato a me, stretto, tremava come dal freddo, ma non era freddo fisico, e mentre mi stringevo a Lui l’ho visto tremante, disteso a terra sulla croce, quando stesero il suo braccio destro per inchiodare la sua mano. Era il primo chiodo e, quando lo vide, il suo cuore sussultò ed un lamento morì sulle sue labbra secche e immobili (poi dirò una cosa che Gesù mi aveva mostrato una volta, sulla crocifissione), perché i tagli sulle sue sante labbra erano così profondi che se avesse fatto anche un solo piccolo gesto, si sarebbero squarciati...
Stava tremando come un bimbo smarrito, era impossibile consolarlo. Quanta pena! Chi può capire e sentire, per quanto si sforzi con la sua immaginazione, quello che solo lo spirito può far vedere e sentire...! Quanta tenerezza!
Poi Gesù mi ha detto, come fissando il vuoto e assumendo un tono reale e divino e una voce penetrante fino alle midolla: “Chi mi tradisce è sulla tavola con Me e mangia il mio Corpo e beve il mio Sangue.”
Con il viso pallido e in lacrime, pieno di sudore freddo di chi soffre una profondissima pena, ha continuato con voce ferma: “Macellai..., impostori..., lupi rapaci... senza pietà! Correte, nascondetevi, ma non ci sarà alcun luogo, su in cielo, sulla terra o nel profondo dell’abisso o nelle vostre stanze segrete, dove potrete sfuggire... Io so tutto di voi, anche se siete così ciechi e avidi che ignorate la vostra condanna! State uccidendo i miei poveri figli con il vostro veleno sottile, mostri di superbia e vanagloria, perirete tutti! Se non vi convertite veramente, perirete tutti!”
Ero lì in una grande sala piena di teli e con una bassa mensa preparata e qualcuno ha detto: “Sono forse io, Signore?”... “Tu l’hai detto, chi mangia con Me, questi mi tradisce ed il Figlio dell’uomo se ne va come sta scritto di Lui, ma guai a quell’uomo, guai, sarebbe stato meglio per lui se non fosse mai nato...”
Gesù ha ripetuto queste parole così dolorosamente che mi hanno trafitto l’anima e il cuore, tanto da farmi sentire tutto il peso di quel tradimento. E Gesù mi ha mostrato in un attimo il cuore di Caifa... Ah, che cattiveria, che avidità di potere, che menzogna! Basta, basta, non sopporto quello che vedo e sento, abbi pietà di me!
Poi ho visto Gesù sotto l’altare e non capivo, e a un tratto si è alzato sulle gambe, sostenendo sulle spalle la pesante pietra dell’altare, ed io Gli ho detto: “Gesù, lasciala, ti schiaccerà, è pesantissima”... Ma Lui mi ha risposto: “Se non la sollevo, schiaccerà i miei poveri figli, i pochi che mi sono rimasti fedeli e che ancora vestono gli abiti sacri...”
Poi ho visto Gesù in piedi, in alto, laterale all’altare, che incensava quest’ultimo girando in tondo. Si sprigionava una grande nuvola di incenso e avevo la sensazione di una grande sacralità; riconobbi che era incenso di mirra. Poi, nel mezzo di questo fumo d’incenso, è divampata una colonna di fuoco che ardeva e si è divisa in 12 lingue come di fuoco, che si sono posate sui 12 stipiti della cappella. Quelle lingue sono rimaste sopra le piccole croci appese al muro... Tutto ardeva ma nulla bruciava e sentivo un grande calore e forza nel cuore mio...
Poi Gesù mi ha di nuovo preso e portata vicino al tabernacolo, lo ha aperto e mi ha dato una coppa larga con una sola ostia consacrata, e mi ha detto: “Tienila con te, stretta, vicina al tuo cuore, così che lui la prenderà e la conserverà per Me. Da questa, come questa, ne arriveranno altre... Sii forte, amami intensamente e ama quest’ostia più della tua stessa vita.”
Io la guardavo e il mio cuore batteva molto forte, quasi con la sensazione che quell’ostia fosse in terribile pericolo... Quando ho alzato gli occhi, Gesù non c’era più. Ero sola nella cappella, il tabernacolo era di nuovo chiuso, ma la coppa stava con me. L’ho nascosta vicino al mio cuore e stavo uscendo dalla chiesetta quando una voce, ma non era quella del Signore, mi ha chiesto: “Moriresti per Lui?” Ed io ho risposto: “Sì, morirei per Lui.”
Non so mai dire quanto tempo nella nostra dimensione possa passare quando vivo queste visioni con Gesù, è impossibile capirlo, è cosi differente. So solo che mi sono ritrovata seduta a terra, sul tappeto, nella mia sala, mentre alla televisione veniva trasmessa la benedizione finale della Santa Messa.
(4 aprile 2020)
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