giovedì 26 giugno 2025

Quanto sia vera questa Comunanza e quanto per noi gloriosa.

 


Quanto sia vera questa Comunanza e quanto per noi gloriosa. –Gran Dio! quale parola, quale nuova gloria per noi, e insieme quale mistero! l'accrescimento di Dio! come mai queste due parole possono andare congiunte? Non è Dio infinito ed insieme immutabile? Se è infinito, come può ricevere aumento? E se potesse crescere, come rimarrebbe poi immutabile? E posto ancora che l'Infinito possa crescere, e l' Immutabile patir cangiamento, come lo potrà ripetere da esseri così meschini quali siam noi? 

Ciò sembra un cumulo d' impossibilità; eppure il detto dell'Apostolo è chiaro ed ispirato. Di noi, sì certamente, egli parla, e di ogni cristiano incorporato a Gesù Cristo per lo battesimo e tuttavia rivestito della sua grazia ; attribuendo a tutti il potere, non solo di crescere in Gesù Cristo, In quo totum corpus crescit, ma ben anche di far crescere Dio in se medesimi, Crescit in augmentum Dei. Quindi ci addita, qual effetto della nostra unione col Cuore di Gesù, due accrescimenti che vanno inseparabili di pari passo, l'accrescimento nostro in Dio, e l'accrescimento di Dio in noi. Sono queste due maniere di guadagno, prodotte dalla società cui piacque a Dio di stringere con noi in Gesù Cristo suo Unigenito, Ut societas nostra sit cum Patre et Filio eius Jesu Christo (I. Jo., I, 3). Membri di tale società sono dall'un lato la santissima Trinità, famiglia di Dio; dall'altro la povera umanità, famiglia di Adamo; Gesù Cristo, Dio e Uomo, è il vincolo di queste due famiglie, il sigillo vivente della società che le congiunge, e per lui le ragioni di amendue sono talmente commiste insieme che le ricchezze loro aumentano in una costante proporzione. E fino a che fedelmente si mantengano le leggi della società, niuno dei membri può far guadagno, senza parteciparne gli altri; laonde quanto noi guadagniamo in perfezione ed in merito, altrettanto Iddio guadagna in gloria; e quanto Iddio acquista in gloria, altrettanto si aggiunge alla nostra eterna beatitudine. Così alla triplice comunanza di vita, di azione, di fine, che a lui già ci univa sì strettamente, accompagnasi la comunanza di vantaggi e di scapiti, di perdite e di guadagni.

A bene intenderlo, riduciamoci a mente ciò che la ragione e la fede concordemente c' insegnano. Dio non può acquistare niente in sè, perchè immutabile ed infinito; ma nondimeno ha diritto di riscuotere dalle sue creature una gloria, che senza punto aggiungere alla sua perfezione e beatitudine, gli è pur dovuta, nè può essergli negata senza peccato. Siffatta gloria è un bene divino, e perciò infinito; e benchè Iddio possa farne a meno, come potea fare a meno di produrre niente fuori di sè, pure dall' istante che si compia que comunicarci l' essere, non potea lasciare d' imporci l' obbligazione di ricambiarlo con questa gloria. Perocchè l' operare per altro fine fuori di lui, e il non esigere dalle creature a lui debitrici dell' esistenza che a lui riferissero le proprie azioni, sarebbe stato un rinnegar se medesimo, che essendo necessariamente primo principio di tutte le cose, così ne dev'essere anche ultimo fine. È questo il solo vantaggio cui possa Iddio aver di mira nelle opere della sua potenza, e lo ha specialmente avuto nell' opera divina per eccellenza della incarnazione del suo Figliuolo. La gloria di Dio consiste nella manifestazione dei suoi attributi: ora tutti questi, la potenza, la sapienza, la santità, la liberalità, l'amore sopratutto e la misericordia, in nessun'altra opera si manifestano con isplendor comparabile a quello che sfavilla dal volto e dal Cuore del Verbo incarnato, dal suo presepio, dalla sua croce. Per tali annientamenti ineffabili, per la suprema sua esaltazione, per la ignominiosa sua mortee gloriosa risurrezione, questo Salvatore divino procurò al Padre e a sè una gloria senza confronto maggiore di quella, che avrebbe potuto arrecargli una serie innumerevole di mondi quanto si voglia più perfetti dell'abitato da noi. 

Ebbene: sta in nostra mano l' accrescere o diminuire questo tesoro, a misura che riceveremo in noi con più o meno abbondanza la comunicazione delle ricchezze di Gesù Cristo. Mercecchè quanto noi acquistiamo in perfezione e santità, tutto evidentemente si acqui sta dal corpo intero di cui siam membri, e in conseguenza da Gesù Cristo che ne è capo, e tanto più vien glorificato egli, manifestata con più splendore la sua vita, più sensibile la sua divina virtù, quanto più il corpo si svolga e ciascuno dei membri acquisti più vigore e più bellezza. Alla stessa guisa dal maggior numero di grappoli pendenti dai tralci della mistica vite, più n'è ammirato il ceppo, ed il celeste agricoltore se ne compiace, come di propria bocca ci afferma Gesù Cristo: In que sto è glorificato il Padre mio, che portiate gran frutto, In hoc clarificatus est Pater meus, ut fructum plurimum afferatis (Jo., XV, 8).

Dunque non ha punto esagerato l'Apostolo dicendo, che possiam far crescere Dio in noi; essendo vero che possiamo crescere in Gesù Cristo, ed ogni nuovo grado di perfezione, acquistato da noi in questo divin Salvatore, fa crescere lui stesso come nostro capo, e fa crescere del pari la gloria di Dio suo Padre. Vera è dunque doppiamente la parola, Crescit in augmentum Dei. Qual cosa è più valevole a dilatarci il cuore, animandolo di ardentissimo zelo per la propria santificazione, di questa certezza di arricchir Dio arricchendo noi, e di farci in certo modo suoi benefattori, a misura della fedeltà colla quale ci gioveremo de' suoi benefici ! Qual cosa è più gloriosa per miserabili creature come noi di questa inseparabile unione dei nostri beni coi beni dell' Onnipotente !

 ENRICO RAMIÈRE S. J.


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