lunedì 2 marzo 2020

1962 Rivoluzione nella Chiesa



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È importante, però, fornire subito, e in via preliminare, qualche chiarimento su alcuni punti dottrinali e disciplinari, per eliminare ogni perplessità riguardo al ruolo e alle responsabilità dei Papi “conciliari” - Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI - nella crisi attuale, dato che è fuor di dubbio, come dimostreremo in seguito, che questi Papi abbiano pesantemente favorito la presa di potere nella Chiesa dei Vescovi e dei teologi neomodernisti, a partire dal Concilio Vaticano II, quando addirittura non li hanno elogiati e premiati. 

Normalmente, infatti, quando si tenta di far aprire gli occhi a sacerdoti, suore, laici, sulla tragica realtà attuale della Chiesa e sul grave pericolo di perdita della fede, li si vede spesso restare dapprima interdetti, poi increduli, e trincerarsi dietro espressioni del tipo:
“il Papa non può sbagliare”, “è assistito dallo Spirito Santo”, oppure: “bisogna comunque e anzitutto obbedire” perché “l’obbedienza è la prima virtù” e “chi obbedisce non sbaglia mai”, per finire con quelle del tipo: “ma lo Spirito Santo nel Concilio (il Vaticano II, ovviamente) ha stabilito che ... ecc. ecc.”.
Alla fine, spesso, se ne vanno indignati, schedandoti, magari lì per lì solo mentalmente, come un ribelle o, in alternativa, come un ottuso tradizionalista incapace di comprendere l’evolversi dei tempi. Di qui la necessità di esaminare, una volta per tutte, questi argomenti alla luce della dottrina cattolica per verificarne la consistenza. Ed è quello che faremo subito. 

Le principali obiezioni che, come abbiamo appena accennato, molti degli allineati al “nuovo corso” ecclesiale rivolgono, in buona o cattiva fede, a coloro che hanno preso posizione contro le “novità” del Vaticano II e del Magistero postconciliare, si possono ridurre sostanzialmente a tre: 

1) l’infallibilità papale;
2) l’obbedienza dovuta al Vicario di Cristo;
3) l’autorità dei decreti del Vaticano II che, si sottolinea, essendo stati emanati da un Concilio Ecumenico, sono vincolanti per ogni cattolico.
Si tratta, però, di obiezioni totalmente prive di fondamento. Infatti: 
1) Secondo la dottrina cattolica, i casi in cui il Magistero del Papa è infallibile si riducono a due:
a) Quando egli definisce solennemente ex cathedra una verità di fede o di morale17 (Magistero straordinario sempre infallibile).  b) Quando egli enuncia una verità che è stata “sempre creduta e ammessa nella Chiesa”18 anche se questa non è esplicitamente e solennemente definita (Magistero ordinario infallibile). L’infallibilità gli deriva, in questo caso, da quella di cui gode la Chiesa stessa. 

Ora, a questo proposito:
a) Né Giovanni XXIII, né Paolo VI, né Giovanni Paolo II, né, a tutt’oggi, Benedetto XVI, hanno mai definito alcun dogma di Fede nel corso dei loro Pontificati, e meno che mai riguardo alle “nuove idee” del Vaticano II.
b) Le nuove idee promosse dal loro Magistero - ecumenismo, liberalismo, collegialità democratica - non fanno parte del Magistero costante ed universale della Chiesa, non sono, cioè, dottrine “sempre credute e ammesse nella Chiesa” (si parla, per l’appunto, di novità del Vaticano II): si tratta dunque, in questo caso, di Magistero ordinario solo autentico, cioè non garantito dall’infallibilità. 
Ne deriva che non ci si può appellare in nessun modo, se non abusivamente, al dogma dell’infallibilità del Papa per reclamare un’adesione cieca ed incondizionata dei fedeli alle nuove dottrine del Magistero papale postconciliare. 

2) Ancor meno ci si può appellare al dovere dell’obbedienza. Le suddette novità del Magistero dei Papi “conciliari”, infatti, non solo mancano di ogni garanzia d’infallibilità, ma soprattutto sono dottrine già esplicitamente e ripetutamente condannate - come vedremo in seguito - dal precedente e costante Magistero della Chiesa.
E neppure il Papa, o un Concilio ecumenico, possono lecitamente esigere obbedienza, né esplicita né tacita, ad un corso ecclesiale come quello attuale che propaganda idee e prassi già condannate dalla Chiesa stessa, per il semplice fatto che essi non possono legittimamente ordinare ai fedeli di accettare, neppure in maniera passiva, ciò che la Chiesa stessa, per bocca di una lunga serie di Papi e di Concili, ha già giudicato e condannato ufficialmente come errore e male.
Ecco come riassume la dottrina cattolica in materia, un classico e noto Dizionario di Teologia Morale: 
«Essendo l’autorità dei Superiori limitata, anche il dovere di obbedire ad essi ha dei limiti. È chiaro che non è mai lecito obbedire a un Superiore, che comandi una cosa contraria alle leggi divine o ecclesiastiche; si dovrebbe allora ripetere la parola di San Pietro: “bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini” (Atti 5, 29) (...) Si pecca contro l’obbedienza per eccesso, obbedendo in cose contrarie a una legge o a un precetto superiore: in questo caso si ha il servilismo».19
Qualora poi, per di più, fossero in pericolo la conservazione della Fede, la salvezza delle anime e la sussistenza stessa della Chiesa, bisognerebbe anche reagire apertamente, come insegna San Tommaso d’Aquino, il quale riporta proprio l’esempio, che si attaglia perfettamente al nostro caso, del momentaneo cedimento del primo Papa:

“Si deve tuttavia sapere - scrive il Dottore Angelico - che qualora ci fosse imminente pericolo per la fede, i prelati dovrebbero essere rimproverati dai sudditi anche pubblicamente. Per cui anche Paolo, che era suddito di Pietro, rimproverò pubblicamente Pietro a causa dell’imminente pericolo di scandalo riguardo alla fede; e, come dice il Commento di Agostino (Gal.2), “lo stesso Pietro offrì un esempio ai superiori, affinché se avessero per caso in qualche occasione abbandonato la retta via, non disdegnassero di essere rimproverati dagli inferiori”.20
E, nel suo Commento alla Lettera ai Galati, lo stesso San Tommaso ribadisce:
“… il rimprovero era giusto ed utile e il suo motivo grave, ossia un pericolo per la preservazione della verità evangelica (...).
Il modo fu appropriato perché pubblico e manifesto (...). Nella prima Lettera a Timoteo leggiamo: “Chi sbaglia, rimproveralo davanti a tutti”. Questo deve intendersi delle colpe manifeste, e non di quelle occulte.”.21

3) Riguardo infine al Concilio Vaticano II, fonte ufficiale dell’attuale disastro ecclesiale, è assolutamente necessario ricordare quanto dichiarato dallo stesso Paolo VI che lo portò a termine. Il Concilio Vaticano II, precisò infatti quel Papa, “ha evitato di dare definizioni dogmatiche solenni, impegnanti l’infallibilità del magistero ecclesiastico”.22
Realtà che anche l’allora card. Ratzinger è stato costretto ad ammettere: 
“La verità è che lo stesso Concilio (Vaticano II) non ha definito nessun dogma ed ha voluto in modo cosciente esprimersi ad un livello più modesto, meramente come Concilio pastorale”.23

Riassumendo:

a) non è assolutamente in questione il dogma dell’infallibilità papale, ma si contestano alcuni punti del magistero ordinario non infallibile, del Papa (nel quale non è escluso, almeno in linea di principio, che egli possa sbagliare), contestazione che può farsi in presenza di gravi e documentati motivi;
b) questi motivi esistono, perché non si può obbedire, e neppure adeguarsi passivamente, a direttive che vogliono farci approvare ciò che il Magistero della Chiesa ha sempre condannato, ossia a direttive che ci chiedono di rinnegare, anche solo tacitamente, la verità dottrinale e di tacere di fronte al sabotaggio della fede e alla rovina delle anime; 
c) non ci si può appellare in alcun modo all’autorità del Vaticano II, il quale non ha definito nessun dogma, e meno che mai lo ha fatto a riguardo delle novità oggetto di contestazione (principalmente l’ecumenismo, la collegialità episcopale e la democrazia nella Chiesa, la libertà religiosa e la laicità degli Stati), e riguardo al quale valgono, a maggior ragione, le stesse considerazioni fatte circa l’autorità del Papa.

Tutto questo è sufficiente anche per dissolvere, come nebbia al sole, il solito sofisma che viene regolarmente riproposto ai critici del Vaticano II, in base al quale se la Chiesa sbagliasse oggi, potrebbe aver sbagliato anche in passato, e dunque non sarebbe più credibile né infallibile. È facile rispondere, infatti, che il magistero del Vaticano II e quello postconciliare, per quanto riguarda le già citate “novità”, è un magistero non infallibile, che si contrappone al precedente magistero infallibile della Chiesa, sia ordinario che straordinario, dunque il paragone non regge. 
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sac. Andrea Mancinella

“Signore, insegnaci a pregare!”



Raccolta di preghiere della Serva di Dio LUISA  PICCARRETA

Diversi modi di fondersi nella Divina Volontà

...Ora aggiungo che, mentre si presenta alla mia mente quel vuoto immenso, nel fondermi  nel Supremo Volere, la piccola bambina riprende il suo giro ed elevandosi in alto vuole  ricambiare il suo Dio di tutto l’amore che ebbe per tutte le creature nella Creazione; vuole  onorarlo come Creatore di tutte le cose (e) perciò gira per le stelle, ed in ogni scintillio di luce  imprimo il mio “Ti amo” e “Gloria al mio Creatore”; in ogni atomo di luce del sole che scende  nel basso, il mio “Ti amo” e “Gloria”; in tutta l'estensione dei cieli, tra la distanza di un passo  all'altro, il mio “Ti amo” e “Gloria”...; nel gorgheggio dell'uccello, nel battere delle sue ali, 
“Amore” e “Gloria al mio Creatore”; nel filo d'erba che spunta dalla terra, nel fiore che sboccia,  nel profumo che si eleva, “Amore” e “Gloria”; sull’altezza dei monti e nella profondita delle valli, 
“Amore” e “Gloria”. Giro per ogni cuore di creatura, come se mi volessi chiudere dentro e  gridare dentro (di) ogni cuore il mio “Ti amo” e “Gloria al mio Creatore”... E dopo, come se  avessi riunito tutto insieme, in modo che tutto (dia) ricambio d’amore ed attestato di gloria per  tutto ciò che Iddio ha fatto nella Creazione, mi porto al suo Trono e Gli dico: 
“Maestà Suprema e Creatore di tutte le cose, questa piccola bambina viene nelle vostre  braccia, per dirvi che tutta la Creazione, a nome di tutte le creature, Vi da non solo il ricambio  dell’amore, ma pure la giusta gloria per tante cose da Voi create per amor nostro. Nella vostra  Volontà, in questo vuoto immenso, ho girato dappertutto, affinchè tutte le cose Vi glorifichino, Vi  amino e Vi benedicano; e giacche Vi ho messo in rapporto l’amore tra Creatore e creatura, che la  volontà umana aveva spezzato, e la gloria che tutti Vi dovevano, fate scendere la vostra Volontà  sulla terra, affinché vincoli (e) raffermi tutti i rapporti tra Creatore e creatura, e così tutte le cose  ritorneranno nell'ordine primiero, da Voi stabilito. Perciò fate presto, non più indugiate: non vedete come è piena di mali la terra? Solo la vostra Volontà può arrestare questa corrente, può  metterla in salvo, cioè la vostra Volontà conosciuta e dominatrice...” 
Onde dopo ciò sento che il mio ufficio non è completo. Perciò scendo nel basso di quel  vuoto, per ricambiare il mio Gesù dell’Opera della Redenzione e, come se trovassi in atto tutto  ciò che Lui fece, voglio dargli il mio ricambio di tutti gli atti che avrebbero dovuto fargli tutte le  creature nell’aspettarlo e riceverlo sulla terra; e poi, come se mi volessi trasmutare tutta in  amore per Gesù, ritorno al mio ritornello e dico: “Ti amo nell’atto di scendere dal Cielo per  incarnarti e v’imprimo il mio Ti amo nell’atto (in cui) fosti concepito nel seno purissimo di Maria  Vergine, Ti amo nella prima goccia di sangue che si formò nella tua Umanità; Ti amo nel primo  palpito del tuo Cuore, per segnare tutti i tuoi palpiti col mio Ti amo; Ti amo nel tuo primo  respiro, Ti amo nelle tue prime pene, Ti amo nelle prime tue lacrime che versasti nel seno  materno. Voglio ricambiare le tue preghiere, le tue riparazioni, le tue offerte, col mio Ti amo...  Ogni istante della tua vita voglio suggellare col mio Ti amo: Ti amo nel tuo nascere; Ti amo nel  freddo che soffristi; Ti amo in ogni stilla di latte che succhiasti dalla tua Mamma Santissima.  Intendo riempire con i miei Ti amo le fasce con cui la tua Mamma ti fasciò; stendo il mio Ti amo  sopra quella terra in cui la tua cara Madre Ti adagiò nella mangiatoia, e le tue tenerissime  membra sentirono la durezza del fieno, ma più che (del) fieno, la durezza dei cuori... Il mio Ti  amo in ogni tuo vagito, in tutte le tue lacrime e pene della tua infanzia. Faccio scorrere il mio Ti  amo in tutti i rapporti e comunicazioni e amore che avesti con la tua Immacolata Madre; Ti amo  nei suoi carissimi baci, in tutte le parole che dicesti, nel cibo che prendesti, nei passi che facesti,  nell'acqua che bevesti. Ti amo nel lavoro che facesti con le tue mani; Ti amo in tutti gli atti che  facesti in tutta la tua vita nascosta; suggello il mio Ti amo in ogni tuo atto interno e nelle pene  che soffristi... Stendo il mio Ti amo su quelle vie che percorresti, nell'aria che respirasti, in tutte le  prediche che facesti nella tua Vita pubblica; il mio Ti amo scorre nella potenza dei miracoli che  operasti, dei Sacramenti che istituisti... In tutto, o mio Gesù, anche nelle fibre più intime del tuo  Cuore, imprimo il mio Ti amo per me e per tutti.  
Il tuo Volere mi fa tutto presente ed io nulla voglio lasciare (in cui) non ci sia impresso il mio  Ti amo... La tua piccola Figlia del tuo Volere sente il dovere, se altro non sa farti, che almeno  (Tu) abbia un piccolo Ti amo per tutto ciò che hai compiuto per me e per tutti... E perciò il mio  Ti amo Ti segue in tutte le pene della tua Passione, in tutti gli sputi, disprezzi insulti che ti fecero;  il mio Ti amo suggella ogni goccia del tuo Sangue che versasti, ogni colpo che ricevesti, in ogni  piaga che si formò nel (tuo) Corpo, in ogni spina che trafisse la (tua) testa, nei dolori acerbi della  crocifissione, nelle parole che pronunziasti sulla Croce... Fin nell’ultimo tuo respiro intendo  imprimere il mio Ti amo; voglio chiudere tutta la tua Vita, tutti i tuoi atti, nel mio Ti amo.  Dovunque voglio che Tu tocchi, che veda, che senta il mio continuo Ti amo. Il mio Ti amo non Ti  lascerà mai: il tuo stesso Volere è la vita del mio Ti amo. Ma sai che vuole questa piccola  bambina? Che quel Divino Volere del Padre tuo, che tanto amasti e facesti in tutta la tua vita  sulla terra, si faccia conoscere a tutte le creature, affinché tutte lo amino e adempiano alla tua  Volontà, come in Cielo così in terra. La piccola bambina vorrebbe vincerti in amore, affinché doni  la tua Volontà a tutte le creature... Deh, rendi felice questa povera piccina che non vuole altro  che ciò che vuoi Tu: che la tua Volontà sia conosciuta e regni sulla terra tutta”. 
Ora credo che l’ubbidienza ne sarà in qualche modo contenta... È vero che in molte cose ho  dovuto fare dei salti, altrimenti non la finirei più. Il fondermi nel Supremo Volere è per me come  una fonte che sorge; ed ogni piccola cosa che sento, che vedo, un’offesa fatta al mio Gesù, mi è  occasione di nuovi modi e nuove fusioni nella sua Santissima Volontà. 
Ora riprendo col dire che il mio dolce Gesù mi ha detto: “Figlia mia, a ciò che hai detto sul  fonderti nel mio Volere, ci vuole un altro appello, qual’è quello di fondersi nell’ordine della  Grazia, in tutto ciò che ha fatto e farà il Santificatore ai santificandi, qual’è lo Spirito Santo;  molto più che, se la Creazione si addice al Padre –mentre siamo sempre unite le tre Divine  Persone nell’operare–  (e) la Redenzione al Figlio, il «Fiat Voluntas Tua» si addirà allo Spirito  Santo; ed è proprio nel «Fiat Voluntas Tua» che il Divino Spirito farà sfoggio della sua opera.  
Tu lo fai quando venendo innanzi alla Maestà Suprema dici: Vengo a ricambiare in amore  tutto ciò che fa il Santificatore ai santificandi; vengo ad entrare nell’ordine della Grazia, per potervi dare la gloria e il ricambio dell’amore, come se tutti si fossero fatti santi, e a ripararvi  tutte le opposizioni, le incorrispondenze della Grazia... E per quanto è da te, cerchi nella nostra  Volontà gli atti della Grazia dello Spirito Santificatore, per fare tuo il suo dolore, i suoi gemiti  segreti, i suoi sospiri angosciosi nel fondo dei cuori, nel vedersi (co)sì male accolto; e siccome il  primo atto che fa è portare la nostra Volontà come atto completo della loro santificazione, nel  vedersi respinto geme con gemiti inenarrabili... E tu, nella tua infantile semplicità, Gli dici: Spirito  Santificatore, fate presto, Vi supplico, Vi riprego; fate conoscere a tutti la Vostra Volontà, affinché  conoscendola L’amino e accolgano il vostro primo atto della loro santificazione completa, qual'è  la santa vostra Volontà! Figlia mia, le Tre Divine Persone siamo inseparabili e distinte: così  vogliamo manifestare alle umane generazioni le nostre Opere verso di loro, che, mentre siamo  uniti tra Noi, ognuno di Noi vuole manifestare distintamente il suo Amore e la sua Opera verso le  creature”.  (Vol. 17°, 17.05.1925). 

a cura di D. Pablo Martín

LO CONOSCI GESU’?



«La croce accentua il bisogno di aderire a Dio. E si fa preghiera»

Ci scandalizzeremo per quella immensa folla di credenti che prega soltanto quando è nella morsa del dolore?
Non odiano forse la sofferenza? Non vogliono forse tirare la Provvidenza divina dalla loro parte? Non rifiutano il valore del sacrificio accettato per la gloria di Dio e per il bene del Prossimo? Non è il caso di spegner e uno stoppino dalla fiamma smorta! (cf. Mt 12, 20).
Purché ci si ricordi del Signore, ben vengano le preghiere interessate alla guarigione, alla promozione, all'aumento dello stipendio, alla vittoria della propria squadra, e a cose simili.
Ciò che conta è vivere alla presenza di Dio.
Se questioni di scarso valore possono indurre a guardare più in su delle tegole del tetto, non sono da disprezzare.
Dio, ricco di misericordia, spia il momento buono per riabilitare qualche figlio prodigo: aspetta anche sulle tribune di uno stadio, come - infinite volte - nelle corsie degli ospedali.
Anche le croci, frutto di una vivace fantasia, nei disegni della Provvidenza, possono scombussolare una vita e condurre sulla retta strada.
La croce si conficca nel tessuto quotidiano, nei rapporti sociali soliti, dappertutto, ma il suo scopo è quello di portare in alto, a Dio.
Tanto più in alto, quanto più radicata nell'intimo. Ci sono tanti modi di soffrire e altrettanti di pregare. Bisogna che manchi la terra sotto i piedi perché ci si attacchi al Signore e - grazie a Lui - ritorni la speranza.
E il buon Dio non vede l'ora di venirci incontro: «Chi ha confidato nel Signore ed è rimasto deluso? O chi lo ha invocato ed è stato da lui trascurato? Perché il Signore è clemente e misericordioso, rimette i peccati e salva al momento della tribolazione» (Sir 2, 10-11).
Artista insuperabile il dolore!
Nessuno come lui sa educare alla preghiera. Nessuno come lui sa adattarsi a ciascuno al fine di ricondurre a Dio. Il dolore crea gli eroi, i santi, i martiri, i veri apostoli, i corredentori.
Le grandi sofferenze o tante minute sofferenze (tanti poco fanno assai) distaccano da quanto non è Dio e riconducono alla casa del Padre, al Suo amore misericordioso.
Il beato don Giacomo Alberione parla di abbandono totale, in linea con lo stile dei veri amici di Cristo: «Prego il Signore di togliere da me ogni mia volontà, gusto, preferenza, perché faccia quanto e come vuole di me e tutto quanto mi riguarda per il tempo e per l'eternità. Desidero che il Signore possa liberamente fare e usare di me come vuole.
Mi riduca pure a nulla, se crede, per la salute, la stima, il posto, le occupazioni, le cose più interne come le esterne. Tutto e solo per la gloria di Dio, per l'esaltazione della sua misericordia, in isconto dei miei peccati».
È risaputo che il dolore ha intriso tutta la lunga vita del Fondatore delle Famiglie Paoline ed è il dolore che l'ha portato ad un eroico abbandono.
Una vita senza fastidi, senza tentazioni, senza traumi, non genera di questi gesti di totale fiducia. La fiducia nella Provvidenza non è possibile fuori di un terreno arato dal dolore. Chi possiede tutto quanto, sogna, guarda sempre più in basso: non sente il bisogno di alzare gli occhi al cielo... Il santo Cottolengo esclamava: «Stiamo allegri: non ho che tre centesimi; con tutto questo, allegri e abbiamo fede nella Divina Provvidenza... La Divina Provvidenza di domani, della settimana ventura e degli anni avvenire è quella medesima di quest'oggi. Dunque, niente paura e avanti in Domino».
Nella Piccola Casa il dolore era incontestabile padrone; appunto per questo, tra quelle mura l'orazione era incessante; e i miracoli... all'ordine del giorno.
È fonte continua di entusiasmo la certezza che anche le spine sono contate non meno che i petali delle rose, che ogni nostro vagare sui sentieri del Calvario è seguito fino nei minimi particolari da un Cuore immensamente buono.
«O Dio, i passi del mio vagare tu li hai contati, le mie lacrime nell'otre tuo raccogli; non sono forse scritte nel tuo libro?» (Sal 55, 9).
Di amarezza in amarezza, di sconfitta in sconfitta, di vergogna in vergogna: dove finiremo per non disperarci?
Dove per respirare un po' di conforto? «Signore Dio mio, a te ho gridato e mi hai guarito. Signore, mi hai fatto risalire dagli inferi, mi hai dato vita perché non scendessi nella tomba» (Sal 29, 3-4).
La guarigione delle guarigioni sarà quella che ci libera finalmente da un costume di vita mondano. Quanto è facile rimanere abbacinati dal benessere, dal piacere, dalla vanità!
Oggi sembra se ne abbia più fame che mai.
Chi ci potrà riscattare da catene, pagate al prezzo di monili?
Non si sanno apprezzare spesso le semplici gioie della vita, che perdono, ogni giorno più, il loro fascino.
Sono per i poveri di spirito i tratti più fini e delicati della Divina Provvidenza, compresa la possibilità di riprendere quota, appena si voglia, attraverso il sacramento della Riconciliazione.
In un recente corso di esercizi spirituali, tenuto a sacerdoti e religiosi, il card. Martini ha detto: «Un ultimo disordine è quello sulla confessione e lo spiego segnalando due errori frequenti. Primo errore: pensare che una confessione sia più facile se più rara. No! Una confessione quanto più è frequente, tanto più è facile.
Secondo errore: pensare che una confessione sia più efficace quando è più breve.
Al contrario è più facile quando è un po' più prolungata e articolata; quando non solo ci accusiamo delle colpe formali, ma cominciamo col ringraziamento a Dio e mettiamo sul tavolo anche i nostri disordini, le nostre vanità, le nostre mondanità, le nostre antipatie, le nostre paure, le nostre vigliaccherie e le lasciamo purificare dalla grazia.
Questa è una confessione che aiuta molto perché non caratterizzata dalla fretta e dalla supeficialità» (Le Ali della Libertà, Piemme).

di PADRE STEFANO IGINO SILVESTRELLI

PERCHÉ DIO HA DETTO “BASTA!” ALL’UMANITÀ DI OGGI



(GFD/3) 
Il messaggero di Noè annuncia il Giudizio di Dio ai popoli  dell’altopiano con vent’anni di anticipo. Il Signore incarica Noè  di cominciare la costruzione dell’arca.
[...] 


8. Ma il messaggero di Noè disse: «Io sono stato mandato a voi  dieci principi per annunciarvi il vicino Giudizio di Dio a tutti gli  uomini della Terra che non si convertiranno a Lui e che non  osserveranno il Suo comandamento che Egli diede agli inizi ai  padri dall’altura ed ai re della pianura. 

9. Così dunque suonano le parole di Dio, e così il Signore disse  al mio signore Noè cent’anni fa: “Gli uomini non vogliono più  lasciarsi guidare dal Mio Spirito, poiché essi sono diventati soltanto  carne; tuttavia Io voglio ancora dare loro un termine di centoventi  anni!”.

10. E ancora una volta poi il Signore parlò dicendo: “Noè, manda  dei messaggeri in tutte le regioni del mondo e fa pervenire a tutte  le creature la minaccia del Mio Giudizio!”. 

11. E così fece Noè, il mio signore, di anno in anno; però molti  dei messaggeri si lasciarono incantare dalla carne delle donne e non  comunicarono mai il loro messaggio. 

12. Ora sono trascorsi dieci anni da quando un mio fratello venne  da voi e un altro andò alla città di Hanoch. Il primo fratello, che  venne da voi, fece certo ritorno; però l’altro venne ucciso ad  Hanoch.

13. Da quell’epoca Noè mandò segretamente ogni anno un  messaggero ad Hanoch e trenta alle altre città, ma i messaggeri  rimasero abbagliati dagli idoli di Hanoch e diventarono carne. 

14. Ma per questo motivo a Dio, il Signore, è finita la Pazienza,  e tre giorni fa Egli parlò di nuovo con Noè e gli disse: “Noè, va’  con la tua gente nel bosco e fa’ abbattere mille tronchi di abete,  sottili e diritti, falli squadrare accuratamente, poi accatastali  assieme e lasciali così giacere per cinque anni! Poi Io ti dirò cosa  dovrai farne!”. 

15. I boscaioli hanno già posto l’ascia nella radice! Cento anni  sono trascorsi invano; ora restano ancora solo venti anni! 

16. Perciò convertitevi al Signore in tutta serietà se volete  sfuggire al Giudizio! Infatti non appena sarà trascorso il  ventesimo anno da oggi, il Signore aprirà le cateratte [del  sottosuolo] e le finestre [del cielo], e ucciderà con grandi flutti  ogni carne della Terra! 

17. Questo io l’ho detto a voi, e questo ora mio fratello sta  annunciando ad Hanoch; beato chi poi si convertirà a questo!  Amen».


(GFD/3)
Mahal, il fratello di Noè, esorta i suoi figli a confidare unicamente  in Dio. La spaventosa corruzione dell’umanità nella pianura. Mahal  parte con i suoi figli verso il luogo dove dimora suo fratello Noè  poiché solo lì c’è la salvezza.


1. (Continua il Signore:) «I figli di Mahal, però, chiesero al loro  padre che cosa avrebbero dovuto fare qualora gli hanochiti fossero  ricorsi a mezzi molto violenti contro l’altopiano. 

2. E il padre Mahal disse ai suoi figli: “Figli miei! Confidate in  Dio, e siate del tutto tranquilli, perché noi siamo sicuri e protetti  dappertutto sulla Terra di Dio finché Dio il Signore è con noi! 

3. Ma se perdiamo la Sua Grazia e la Sua Misericordia e il Suo  Amore, allora tutto, cioè tutto quello che si chiama essere ed  oggetto, ci perseguiterà e ci sarà nemico; e non potremo fidarci  nemmeno della nostra ombra nel timore che essa ci tradisca a favore  di ogni tipo di nemici! 

4. E perciò noi vogliamo pure ora tenerci tanto più stretti a Dio,  affinché possiamo camminare in sicurezza sulla Terra di Dio! 

5. Io però, miei cari figli, vi dico come vedo ora nel mio spirito:  nella maniera in cui sono attualmente sistemate le cose sulla Terra,  quest’ultima non potrà più sussistere nemmeno per dieci anni! 

6. Un uomo è contro l’altro; un popolo si schiera contro l’altro;  ciascuno vuole dominare nella sua sfera e non riconosce né i capi né  il re! 

7. Così avviene che in tutto il regno di Hanoch ci sono solo  signori indipendenti, e il re trema dinanzi ai cittadini della sua  città, e tutti i suoi vassalli e tutti i governatori delle province nelle  città fuori dalle mura sono ormai del tutto signori assoluti e fanno  quello che vogliono. Essi impongono ai loro sudditi tasse  eccessive; ma né il re, né il suo generale conoscono nemmeno una  sillaba di tutto ciò. 

8. I vassalli delle province lontane sono diventati completamente  signori assoluti e si fanno continuamente guerra tra di loro, in modo  che già da lungo tempo non passa giorno senza qualche spargimento  di sangue. 

9. Qua e là scoppiano rivolte fra il popolo! Allora si ruba, si  saccheggia e si massacra, e chiunque si sia trovato alla testa dell’una  o dell’altra rivolta, vuole assumere in conclusione la parte del  dittatore; e se riesce a consolidarsi in tale sua posizione, diventa poi  molto peggiore dei precedenti tiranni e despoti! 

10. Già da molti anni i figli emigrati dall’altura procedono  continuamente di nascosto in modo particolarmente maligno verso i  figli della pianura. Questi non vengono più affatto considerati come  uomini, bensì soltanto come puri animali dotati di ragione, e come  tali vengono anche trattati; e nessuno vuole lasciarsi guidare,  educare e punire dallo Spirito di Dio! 

11. Da quando furono fatte le infernali invenzioni dei grani  esplosivi, delle trivelle e del mordente(12) per l’ammollimento della  pietra, nessuna montagna è più al sicuro dalla furia distruttrice  degli uomini. 

12. Dite: può Dio stare a guardare ancora più a lungo e del  tutto tranquillo di fronte a tutto questo infuriare, imperversare,  ribollire, assassinare, distruggere, mentire, fingere, ingannare,  rubare e rapinare, e di fronte a ogni specie di prostituzione?!”. 

13. I figli rimasero spaventati a tale descrizione dello stato delle  cose nel mondo della pianura.

14. Mahal però disse: “Col favore della notte e della nebbia  abbandoniamo questo suolo e facciamo ritorno da Noè sull’altura,  perché d’ora in poi in nessun altro luogo vi sarà possibilità di  esistenza per noi!”. 

15. Dopo di che Mahal raccolse subito tutte le sue cose e poi, in  compagnia di tutti i suoi figli, si incamminò verso l’altura da Noè.  

16. Quello che successe poi, lo vedremo in seguito! 


PADRE PIO E IL DIAVOLO



Gabriele Amorth racconta... 

Esorcismi e indemoniati 

Erano le anime, la posta in gioco nella lotta epica prefigurata dalla “visione” del gennaio  1903. La battaglia si svolgeva ogni giorno, per ore, nel confessionale. Uno scontro durato  cinquant'anni, salvo il periodo in cui fu proibito a Padre Pio di esercitare il ministero della  riconciliazione. Fu certamente quello, il terreno principale sui cui Padre Pio e il suo nemico  si incontrarono duramente. Oltre a quello, personale, dei dubbi e delle tentazioni, che il  demonio tentava di insinuare, per indebolire l’avversario. Ma ci si sarebbe potuti aspettare  che il monaco santo, anche e proprio per la sua facilità a far convivere lo straordinario con  la normalità quotidiana, ci dedicasse anche una forma particolare di lotta al diavolo, e cioè  la “liberazione” rituale. Il rapporto di Padre Pio con gli esorcismi ha sempre incuriosito i  biografi; ma a quanto risulta, li ha praticati in maniera saltuaria. Non mancano però episodi  eccezionali, nella pur già straordinaria lotta. Uno dei più eclatanti avvenne nel 1964, cioè quattro anni prima della scomparsa del monaco santo. È estate, e fra le donne che aspettano  nella sacrestia piccola che passi Padre Pio, c’è anche una ragazza di diciotto anni, del Nord  Italia, posseduta. Quando il frate passa, il demonio si scatena in urla e insulti. Padre Pio  sembra non farci caso. Ma nella notte fra il 5 e il 6 luglio il convento è scosso da un rumore,  fortissimo, un tuono che fa tremare mura e pavimenti. E subito dopo si odono le grida di  Padre Pio: «Fratelli, aiutatemi!... Fratelli, aiutatemi!...». I religiosi corrono nella sua cella, e  trovano l’anziano frate a terra, bocconi, semisvenuto; perde sangue dalla bocca e dal naso,  e sull’arcata sopraccigliare destra ha un’ampia ferita, come di un pugno. La mattina  seguente Padre Pio dovrà restare a letto, e non potrà scendere in cappella per celebrare la  messa. 

Il fatto è stato narrato da molti testimoni; in particolare ne fa ampio resoconto nel suo Diario padre Eligio D’Antonio. E anche Luigi Peroni ne fornisce una versione molto ricca di  dettagli: «Il giorno dopo padre Dellepiane incontra, al primo piano, Padre Pio che viene avanti sostenuto da due confratelli. Al vederlo così ridotto, gli chiede allarmato: “Che è successo, padre?”. “Eh! Sono caduto!”. Ma uno dei frati soggiunge: “...e ha preso un sacco di legnate”. 
Mentre scendono le scale, si ode la voce della giovane, invasata dal demonio che, dal corridoio, urla: “...Quell'anima era già mia; me l'ha levata per forza, all'ultimo istante, quel vecchiaccio! 
L'avrei voluto distruggere, questa notte; e gli occhi glieli avrei cacciati certamente se quella donna non gli avesse messo un cuscino sotto il viso...”. Si è poi saputo che Padre Pio è stato ritrovato sotto il letto, tutto pesto, con gli occhi gonfi e con i segni evidentissimi sotto di essi, come di due dita che avessero tentato di accecarlo. Per richiudere la ferita dell'arcata sopracciliare i medici hanno messo due punti a carne viva. Nella stessa mattina del 6 luglio il demonio, per bocca dell'ossessa, dà un'altra conferma dell'accaduto: "... Ieri sera alle dieci, sono stato a trovare qualcuno... mi sono vendicato... così imparerà un'altra volta''. Veramente chi non ha ancora imparato è proprio il demonio, perché se Padre Pio si è lasciato massacrare da lui fin da bambino, non sarà ora, a settantasette anni, che si deciderà a tirarsi indietro». 

Luigi Peroni ha raccolto questa testimonianza direttamente da Padre Pio Dellepiane dei  Frati Minimi di san Francesco da Paola, nella prima domenica di maggio del 1973. Dopo  quell'assalto, furono scattate alcune fotografie a Padre Pio, da cui risultano evidenti i segni  lasciati sul volto dall'aggressione. Ma la storia di quell'indemoniata, e del suo “ospite",  particolarmente feroce non finisce lì. Infatti narra Alberto D'Apolito che vi fu il tentativo da  parte di alcuni sacerdoti, cappuccini e conventuali, di esorcizzare l'indemoniata, che  avevano avuto il permesso del vescovo. Il diavolo li prendeva in giro: «Non vi vergognate! 
Avete mangiato e bevuto e ora volete cacciarmi da questo corpo. Non sarà mai». Padre  Dellepiane narra anche che il demonio si vantava, per bocca dell'invasata, di aver dato un  potente pugno alla spina dorsale di Padre Pio e che, per le percosse, gli aveva impedito di  scendere in chiesa per celebrare la Messa. La storia termina qualche giorno più tardi. Padre  Pio, ristabilito, passò di nuovo per la sacrestia, per andare in chiesa e dire Messa. La ragazza  indemoniata lo vide uscire rivestito dei paramenti sacri: emise un urlo grandissimo,  svenne. Quando riprese i sensi, era libera. 

La Positio contiene un episodio che avrebbe dell'incredibile, se Padre Pio non l'avesse  raccontato a padre Tarcisio, che così Io riporta: «Una mattina mentre stavo confessando gli uomini» dice Padre Pio «mi si presenta un signore alto, snello, vestito con una certa raffinatezza e dai modi garbati, gentili. Inginocchiatosi questo sconosciuto incomincia a palesare i suoi peccati che erano di ogni genere contro Dio, contro il prossimo, contro la morale: tutti aberranti. Mi colpì una cosa. Ver tutte le accuse, anche dopo la mia riprensione, fatta adducendo come prova la parola di Dio, il magistero della Chiesa, la morale dei santi, questo enigmatico penitente controbatteva le mie parole giustificando, con estrema abilità e con ricercatissimo garbo, ogni genere di peccato, svuotandolo di qualsiasi malizia e cercando allo stesso tempo di rendere normali, naturali, umanamente indifferenti tutti gli atti peccaminosi. E questo non solo per i peccati che erano raccapriccianti contro Dio, Gesù, la Madonna, i Santi, che indicava con perifrasi irriverenti senza mai nominarli, ma anche per i peccati che erano moralmente tanto sporchi e rozzi da toccare il fondo della più stomachevole cloaca. Le risposte, che questo enigmatico penitente dava di volta in volta alle mie argomentazioni, con abile sottigliezza e con ovattata malizia, mi impressionavano. Tra me e me, domandandomi, dicevo: “Chi è costui? Da che mondo viene? Chi sarà mai?”. E cercavo di fissarlo bene in volto per leggere eventualmente qualcosa tra le pieghe del suo viso; e allo stesso tempo aguzzavo le orecchie a ogni sua parola in modo che nessuna di esse mi sfuggisse per soppesarle in tutta la loro portata. A un certo momento» dice Padre Pio, «per una luce interiore vivida e fulgida percepii chiaramente chi era colui che mi stava dinanzi E con tono deciso e imperioso gli dissi: “Di' viva Gesù, viva Maria”. Appena pronunziati questi soavissimi e potentissimi nomi, Satana sparisce attristante in un guizzo di fuoco, lasciando dietro a sé un insopportabile irrespirabile fetore». Così ha raccontato a padre Tarcisio da Cervinara, ora  scomparso, amico di padre Amorth, esorcista a San Giovanni Rotondo, e autore di un  piccolo studio sui rapporti fra Padre Pio e il diavolo. 

MARCO TOSATTI 

SE STARAI CON ME TI PARLERO’ DI ME



(Gesù racconta dalla Croce)


La Parola: Verità e Misericordia

Il mio coraggio nel testimoniare la verità mi attirò molte simpatie per cui molti chiesero di diventare miei discepoli. Ne scelsi settantadue e li mandai come i miei dodici a predicare.
Solo pochi mesi e la mia vita terrena si sarebbe conclusa. Così in quel tempo che mi rimaneva non parlai altro che dell'amore. Volevo arrivare a far vibrare il cuore degli uomini e di tutti gli uomini, anche di quelli che pensavano di essere vittime indiscutibili dei propri vizi e così raccontai la parabola del Figliol Prodigo. Parlavo spesso in parabole, parabole dell'amore. Era una pedagogia adatta a quegli uomini semplici perché imparassero a mente i miei insegnamenti. Un padre, due figli con caratteri diversi. L'uno attratto dai piaceri della vita, l'altro ligio al dovere e per questo sicuro di dovere ricevere la lode dal padre e deluso perché i fatti si svolsero diversamente.
"Prendo tutto ciò che mi spetta", disse il primo al padre, "voglio godermi la vita, comprarmi tutti i piaceri che il mondo mi offre" .
Il padre rispetta la libertà del figlio, gli concede il suo e lascia col cuore triste che varchi la porta di casa, chissà forse per non rivederlo più. L'amore lascia sempre libero l'amato di amare oppure no, questa è la radice dell'amore stesso. Ma quel figlio, fatta l'esperienza della propria fragilità, si ritroverà solo ed affamato e dopo aver sperperato tutto, sente e comprende che l'amore di suo padre, rimasto immutato nell'infinita Misericordia, lo attende sempre. E così và e trova il padre suo ad attenderlo, senza rinfacciargli nulla, felice solo di poterlo riabbracciare.
Così scorrono nella mente mia le immagini degli ultimi giorni della mia vita terrena, mentre il sangue gronda dalle mie ferite ed i dolori mi penetrano le ossa da non poterne più. Mi accorgo che ricordare mi fa bene, perché lo strazio delle mie carni trova in questa memoria una risposta.
Ho amato tutti gli uomini miei fratelli e voglio dimostrare loro che continuo ad amarli e li amerò sempre e darò tutto me stesso poiche di più non posso.

Il mondo è morto all’amore, giace nell’oscurità più profonda, perché l’odio, l’avidità e l’egoismo dominano la terra intera fino alle sue viscere;



la pace sia con voi, figli Miei;

Io, la vostra Santa Madre, vi preparo ad incontrare il Signore; vi educo nella vostra crescita spirituale; vi colmo di grazie per aiutarvi ed incoraggiarvi; rendetevi conto che sono giorni speciali che vivete nel vostro tempo, sono i tempi che precedono la Venuta del Signore, sono l’apertura del cammino in cui verrà il Signore; questi giorni sono una preparazione della discesa del vostro Re; pregate perché tutti siano pronti; piccoli Miei, pregate con fervore per quelle anime che rifiutano di udire e di vedere, pregate il Padre che è nei Cieli in questo modo:

Padre tutto Misericordia,
fa’ che quelli che odono e odono 
ma non capiscono,
odano la Tua Voce questa volta
e capiscano che sei Tu, 
il Santo dei Santi;
apri gli occhi 
di quelli che guardano e guardano 
ma non vedono,
fa’ che vedano con i loro occhi 
questa volta
il Tuo Santo Volto e la Tua Gloria,
poni il Tuo Dito sul loro cuore
perché il loro cuore si apra 
e comprenda la Tua Fedeltà,
Io Ti prego e Ti chiedo tutte queste cose, 
Padre Giusto,
perché tutte le nazioni 
si convertano e guariscano
nelle Piaghe 
del Tuo Figlio Prediletto,
Gesù Cristo;
amen;

il tempo stringe e molti sono ancora incoscienti ed in un sonno profondo; i giorni volano ed il Mio Cuore è straziato da un grande dolore quando guardo dall’alto la gioventù di oggi; l’Amore manca ... ma essi non hanno nemmeno mai conosciuto l’amore; molti di essi non hanno mai ricevuto il calore e l’amore della loro madre, poiché ella non ne aveva affatto da donare; il mondo è diventato freddo, di un freddo glaciale, ed i genitori si rivoltano l’uno contro l’altro, il fanciullo si rivolta contro i genitori per mancanza d’amore, la madre respinge le suppliche d’amore del suo fanciullo; il mondo è morto all’amore, giace nell’oscurità più profonda, perché l’odio, l’avidità e l’egoismo dominano la terra intera fino alle sue viscere;

Io sono turbata da queste terribili scene, dall’iniquità di questo mondo tenebroso e dall’apostasia che è penetrata nel santuario stesso; i disastri, le carestie, le afflizioni, le guerre e le sciagure sono tutti attirati da voi stessi; tutto quello che viene dalla terra ritorna alla terra; la terra si sta autodistruggendo e non è Dio che vi manda tutti questi disastri, come molti di voi tendono a credere; Dio è Giusto e tutto Misericordia, ma il male attira il male;

pregate con fervore, pregate col cuore per la conversione e la salvezza della vostra era; figli Miei, pregate con Me; Io ho bisogno delle vostre preghiere; pregate e Io le offrirò a Dio;

vi assicuro che Io sono con voi dovunque andiate; Io non vi lascio mai, voi che siete i Miei figli; vi benedico tutti;

15 Maggio, 1990

SUPREMO APPELLO



... Chi non può darmi un pane, mi dia le briciole. Date a Me tutte le vostre briciole, ne farò qualche cosa di eccellente. L'ostia è formata di atomi, eppure è materia del più gran Sacramento e di un Sacrificio divino!

Le ultime sette parole



La Quarta Parola 


Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? 

Le prime tre parole pronunciate dal pulpito della croce erano dirette alle tre categorie predilette da Dio: nemici, peccatori e santi. Le prossime due parole lasciano invece intravedere il dolore dell’Uomo-Dio sulla croce. La quarta parola simboleggia le sofferenze di coloro che si sentono abbandonati da Dio; la quinta parola simboleggia le sofferenze di Dio abbandonato dall’uomo. 

Quando il Signore pronunciò la quarta parola dalla croce, si fece buio su tutta la terra. Si pensa comunemente che la natura rimanga indifferente al dolore dell’uomo. Una nazione può morire di fame, eppure il sole e le stelle continuano a volteggiare sui campi inariditi. L’uomo può levarsi contro suo fratello in una guerra fratricida e trasformare i campi di fiori in campi di sangue, ma un uccello, scampato al fuoco e al furore della battaglia, canta la sua dolce melodia di pace. I nostri cuori possono spezzarsi dal dolore per la morte di un carissimo amico, tuttavia l’arcobaleno appare festoso nel cielo anche se i suoi sgargianti colori contrastano con la cupa agonia sulla quale egli risplende. Ora, però, il sole si rifiuta di brillare sulla tragedia della crocifissione! Forse per la prima e ultima volta, la luce che governa il giorno si spegne come una candela, sebbene, secondo le previsioni umane, avrebbe dovuto continuare a brillare. La ragione di tutto questo sta nel fatto che, davanti a quell’atto supremo dell’iniquità dell’uomo, cioè l’uccisione del Creatore della natura, la stessa natura non poteva rimanere indifferente. Se l’animo del Signore si trovava nell’oscurità, allora anche il sole, che egli aveva creato, doveva esserlo. 

In realtà, tutto era nell’oscurità! Egli si era privato di sua Madre e del suo discepolo amato, donandoli l’uno all’altra, e ora anche suo Padre nei cieli lo aveva abbandonato. «Eli, Eli, lamà sabactàni». «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?»: è il pianto, in quel misterioso linguaggio degli Ebrei, che esprime il terribile mistero di un Dio abbandonato da Dio stesso. Il Figlio chiama suo Padre, Dio. Che contrasto con quella preghiera che egli un giorno aveva insegnato: «Padre nostro, che sei nei cieli...»! Stranamente e misteriosamente, la sua natura umana sembra separarsi dal Padre celeste, eppure non è così: come potrebbe altrimenti invocarlo dicendo: «Dio mio, Dio mio»? Come la luce e il calore del sole sembrano scomparire quando si frappongono le nuvole, sebbene il sole rimanga nel cielo al di là delle nuvole, così è ora per Gesù: il volto del Padre celeste sembra scomparire in quel terribile momento in cui egli prende su di sé i peccati del mondo. Gesù assume questa sofferenza per ognuno di noi, affinché possiamo capire che cosa terribile sia per la natura umana essere privati di Dio, della sua consolazione e salvezza divine. Era l’atto supremo di espiazione per tre classi di persone: coloro che abbandonano Dio, coloro che dubitano della presenza di Dio e coloro che sono indifferenti nei confronti di Dio. 

La sua espiazione era prima di tutto per gli atei, per quelli che, in quell’oscuro mezzogiorno, credettero a Dio solo parzialmente, come parzialmente credono oggi coloro che vivono nella notte. Espiò poi per tutti coloro che, pur conoscendo Dio, vivono come se non lo avessero mai conosciuto; per coloro i cui cuori sono come i bordi di una strada, dove l’amore di Dio getta i suoi semi che verranno però calpestati da tutti; per coloro i cui cuori sono come terreni sassosi, dove i semi dell’amore di Dio cadono per essere presto dimenticati; per coloro i cui cuori sono come rovi di spine, dove i semi dell’amore di Dio vengono soffocati dalle preoccupazioni terrene. Espiò per tutti quelli che avevano la fede e la persero, per tutti quelli che prima erano santi ma ora sono divenuti nemici. Era l’atto divino di redenzione per tutti quelli che abbandonano Dio: infatti, nel momento in cui fu abbandonato, acquistò per noi la grazia di non essere mai abbandonati da Dio. È stato un atto di espiazione anche per coloro che rinnegano la presenza di Dio; per tutti quei cristiani che abbandonano ogni sforzo quando non sentono la vicinanza di Dio; per tutti coloro che identificano l’essere buoni con lo star bene; per tutti gli scettici, iniziando da coloro che gli avevano chiesto: «Chi ti ha mandato?». Gesù stava espiando per tutte quelle domande accattivanti di un mondo che continuamente si chiede: «Perché esiste il male?». «Perché Dio non risponde alle mie preghiere?». «Perché Dio si è portato con sé mia madre?». «Perché... perché... perché?». L’espiazione per tutte queste domande si compì nel momento in cui Dio stesso chiese un perché? a Dio. 

Infine, era l’espiazione per tutta l’indifferenza di un mondo che vive come se non ci fossero mai state una mangiatoia a Betlemme e una croce sul Calvario; per tutti coloro che giocavano ignaramente a dadi mentre si stava consumando il dramma della redenzione; per tutti coloro che si sentono degli dei al di sopra di ogni dovere, di ogni religione, di ogni rito, credendosi privi di ogni legame. Penso che dopo questi duemila anni l’indifferenza del mondo moderno sia più dolorosa delle pene del Calvario. Non bisogna credere che la corona di spine e il metallo dei chiodi fossero più terribili per il corpo del Nostro Salvatore dell’indifferenza di oggigiorno, che non si cura né di offendere né di lodare il suo Cuore. 


Preghiera 

O Gesù! Tu stai espiando per quei momenti in cui non siamo né caldi né freddi, né cittadini della terra né del cielo, giacché tu ora stai soffrendo fra cielo e terra: abbandonato dall’uno e rigettato dall’altra. Tuo Padre ti ha nascosto il suo volto, perché tu non volevi abbandonare l’umanità nel suo peccato. Ma, poiché sei rimasto fedele al tuo Padre celeste, l’umanità peccatrice ti ha voltato le spalle: in questo modo tu hai trovato il giusto cammino per unire l’umanità al Padre in una santa alleanza. Nessuno potrà più dire che Dio non conosce ciò che significhi sentirsi abbandonati, visto che tu sei stato abbandonato. Nessuno potrà più dire che Dio non conosce le ferite e la perplessità di un cuore che si interroga quando non sente più la presenza divina, visto che per te, ora, quella stessa presenza sembra nascondersi. Gesù, ora capisco il dolore, l’abbandono e la sofferenza, poiché vedo che anche il sole si è eclissato. Ma perché, Gesù, trovo così difficile imparare? Come tu non ti sei costruito la tua propria croce, fa’ sì che anch’io non mi costruisca la mia. Insegnami ad accettare quella che tu hai preparato per me. Insegnami a capire che tutto nel mondo è tuo, ad eccezione di una cosa, la mia volontà: poiché questa è l’unica cosa veramente mia, è l’unico vero dono che io possa farti. Insegnami a dire: «Non sia fatta la mia, ma la tua volontà». Anche quando non ti vedo, dammi la grazia di dire: «Anche se tu mi uccidessi, io continuerò a sperare in te». Dimmi, Signore: per quanto tempo ancora ti lascerò a contorcerti sulla croce? 

Mons. Fulton John Seen

Se non vi alzate siete schiavi del diavolo!



Ritornate alle vostre radici, a Dio Padre, il vostro Creatore e cominciate a lasciar entrare la santità nella vostra vita!

Opponetevi ai catastrofici cambiamenti del vostro tempo perché essi non portano nulla di buono alla vostra anima, ma vi condurranno alla perdizione!

Siate prudenti e siate vigili, perché molte delle atrocità che il maligno pone come trappole per voi, sono già cominciate e si attuano nel vostro mondo. La Germania è all’ avanguardia per quanto riguarda molti cambiamenti,  ma questi non sono sempre buoni. Guardate dietro le quinte e riconoscete il gioco maligno degli adoratori di Satana!

Ciò che vi viene venduto e decantato come rinnovamento non è altro che un passo in avanti verso la presa di controllo sopra di voi; con ogni mossa del diavolo, egli vi spinge sempre più nella sua oscurità e vi allontana sempre maggiormente da Gesù e da Dio Padre.

Figli Miei. Il tempo in cui voi vivete e la fine dei tempi. La confusione voluta, che colpisce sempre più i figli della terra, è stata tramata abilmente e diabolicamente in modo molto mirato e diventerà ancora maggiore per distogliere sempre più di voi, dalla via verso il Padre. Se non vi alzate e non vi dichiarate per Gesù, siete schiavi del diavolo!

Figli Miei. Trovate la via per Gesù, perché LUI è la luce, l’amore e la via!

Io vi amo! Anelate alla santità nella vostra vita quotidiana così non andrete perduti.

Il vostro santo Giuseppe. Amen.