martedì 29 settembre 2020

Regina della Famiglia

 


Apparizioni a Ghiaie


SEGNI E PRODIGI CONFERMANO CHE LE APPARIZIONI SONO VERE 


LA VEGGENTE

Normalità 

Il primo segno di autenticità, va cercato nella personalità della veggente Adelaide Roncalli, nel maggio 1944. 

È una bambina di 7 anni: spontanea, estroversa, più pronta  al gioco ed allo scherzo che allo studio; frequenta la prima elementare. 

Ha una intelligenza normale, scarsa memoria e poca fantasia; è portata piuttosto alle cose pratiche. È semplice, limpida  come le acque dei torrenti, che allora irrigavano la sua terra. 

Adelaide ha i suoi pregi e difetti come tutti i bambini, e  non dimostra nulla di particolare, almeno all'esterno. È una  delle tante, come dirà la mamma, e vive nell'anonimato, in una  numerosa e sana famiglia della campagna bergamasca. 

Durante le apparizioni mantiene spesso una tranquillità  sorprendente. Piange solo quando l'urto della folla pare la travolga, o certi fanatici le strappano gli abiti o addirittura i capelli. 

Tuttavia, anche allora, non perde la sua semplicità e domanda:  "Perché tutti guardano me e non guardano voi?". 

Il celebre pittore Galizzi s'incantava dinanzi a quella bambina innocente che vedeva la Madonna. 

Adelaide è generosa e buona d'animo e mostra la maturità spirituale di chi è capace di perdonare. 

Il Cortesi la definisce così: "È una bambina intelligente, moralmente sana e religiosamente educata". (v. L. Cortesi, Storia  dei fatti di Ghiaie, o.c. pp. 148-149). 

Le affermazioni del professore, in netto contrasto con la  teoria dell'inganno da lui sostenuta, trovano piena conferma in  varie relazioni mediche e testimonianze autorevoli.


Padre Agostino Gemelli 

Gli esperti si sono posti la domanda delle cause del fenomeno straordinario. 

Merita, fra tutti, una particolare attenzione il giudizio di  padre Gemelli, fondatore e rettore dell'Università cattolica di  Milano, Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze,  psichiatra e psicologo di fama internazionale. 

Egli comunica al vescovo di Bergamo il risultato del suo  studio: Adelaide Roncalli è una bambina sana, normale; dotata di  intelligenza pratica e buona d'animo. Le visioni che essa dice di  avere avuto non provengono né da una mente malata, né sono  frutto di suggestione o di menzogna. 

Ritengo utile riportare quanto l'insigne maestro afferma  nella sua relazione, in risposta alla teoria dell'inganno, sostenuta  dal prof. Don Luigi Cortesi. 

Padre Gemelli scrive: 

"È da escludersi che si tratti di soggetto anormale in cui la  menzogna dia ragione del racconto delle visioni avute. L'osservazione prolungata di quattro giorni avrebbe permesso, specialmente mediante test mentali, di mettere in luce una tale personalità nel quadro della quale sarebbe in modo evidente e pronto  apparso il desiderio di ingannare o di presentare in maniera  diversa dalla realtà la propria personalità. Lo si può escludere nel  modo più assoluto, anche perché la bambina non ritorna mai  spontaneamente sul racconto delle visioni; interrogata, abbassa la  testa, si fa seria, tace; inoltre tutta la personalità si presenta allo  psichiatra come una personalità dominata dalla spontaneità, dalla  semplicità, dalla immediatezza, ossia da caratteri che non  possono essere imitati da una bambina". 

Ciò che per il Cortesi era la prova della menzogna: la ritrosia di Adelaide a parlare delle apparizioni, per padre Gemelli  era un motivo in più per affermare la sincerità e l'attendibilità del  racconto della bambina. 

Chi conosce la teologia mistica, la storia delle apparizioni  autentiche e la vita dei veggenti, sa che tutti quelli che hanno  ricevuto doni particolari da Dio trovano grande difficoltà a parlarne. Essi amano custodire nel loro cuore il segreto del Re;  conoscono che l'esperienza soprannaturale non si può mai tradurre adeguatamente nel nostro linguaggio umano, perciò  preferiscono tacere. 

Tra i veggenti delle più celebri apparizioni, ricordo Bernardetta di Lourdes e i tre pastorelli di Fatima. 

A Bernardetta costò sempre molto parlare delle apparizioni  e cercò di sottrarsi, quando e come poteva, agli interrogatori, alle  domande non di rado indiscrete, alle visite di persone, -fossero  anche vescovi. 

René Laurentin scrive: 

"Una prova inesauribile, quasi ossessionante, di continuo risorgente, fu quella delle visite. 

Assediata a Lourdes, Bernardetta aveva lasciato il paese  natale con la promessa che tutto sarebbe finito; invece si ricominciò ben presto... 

Un giorno secondo la testimonianza di suor A. Faur, disse alla madre generale: 

 Cara madre, mi farò vedere solo se me lo ordinate in 

virtù di santa obbedienza... 

Quella volta, la superiora non insistette e Bernardetta ottenne soddisfazione. Sembrava temere in particolare le visite  dei vescovi, evidentemente non in quanto tali, ma perché erano i  soli autorizzati a vederla, quindi i più numerosi; inoltre, la  coscienza del loro diritto li rendeva a volte indiscreti: 

 Questi poveri vescovi, (diceva Bernardetta, n.d.r.) farebbero meglio a restare a casa loro" (v. Bernardetta vi parla, Ed.  Paoline, Roma 1983, pp. 516-517). 

Giacinta, Francesco e Lucia di Fatima, quando non potevano sottrarsi fisicamente con la fuga, a chi li cercava per vederli  e interrogarli, rispondevano il meno possibile alle domande. 

Suor Lucia scrive: 

"Siccome Giacinta aveva l'abitudine, negli interrogatori, di chinare il capo e fissare gli occhi per terra e di non dire quasi  niente, praticamente ero sempre chiamata io per soddisfare la  curiosità dei pellegrini. 

Perciò ero chiamata continuamente in casa del parroco,  per essere interrogata da questa o da quella persona, da questo o  da quel prete. Venne una volta a interrogarmi un prete di Torres  Novas. Mi fece un interrogatorio così minuzioso, così pieno di  cavilli, che rimasi con qualche scrupolo di avergli nascosto qualcosa..." (v. o.c., pp. 81-82). 

Giacinta, al tempo delle apparizioni di Fatima, ha la stessa  età di Adelaide e il medesimo comportamento di fronte a chi la  interroga. Tuttavia non è stata accusata di menzogna continuata. 

Francesco non agisce in maniera diversa dalla sorella Giacinta. 

Lucia scrive: 

"Un giorno gli domandai: 

 Perché mai quando ti domandano qualcosa, tu abbassi la  testa e non vuoi rispondere? 

- Perché preferisco che lo dica tu, o Giacinta. Io non ho sentito niente. Soltanto posso dire che ho visto, sì. E se poi dico  qualcuna di quelle cose che tu non vuoi?" (v. o.c., p. 129). 

Lucia scrive ancora: 

"Un giorno eravamo seduti sulla porta della casa dei miei  zii, quando scorgemmo varie persone avvicinarsi. Francesco ed  io, senza perdere tempo, corremmo ognuno in una stanza a  nasconderci sotto il letto... 

Un altro giorno eravamo seduti a pochi passi dalla loro casa, all'ombra di due fichi che pendono sulla strada. Francesco  si allontanò un po', giocando. Vedendo avvicinarsi varie signore,  corse ad avvisarci. Siccome a quel tempo si usavano dei cappelli  con le tese larghe quasi come un setaccio, pensammo che con un  tale arnese in capo, non ci avrebbero visti e senz'altro salimmo  sui fichi. Appena le signore passarono, scendemmo subito e, in  fuga affrettata, andammo a nasconderci in un campo di  granoturco. 

Questa nostra maniera di scappare ogni volta che potevamo, era pure un motivo dei lamenti del parroco; il reverendo si  lamentava che noi scappassimo, soprattutto dai sacerdoti. Il  reverendo aveva proprio ragione. Ma era perché specialmente i  preti ci interrogavano e reinterrogavano e ci interrogavano ancora. 

Quando ci trovavamo alla presenza di un prete, ci preparavamo già ad offrire a Dio uno dei nostri più grandi sacrifici" (v.  o.c., pp. 87-88). 

Le brevi notizie, tratte dalla vita dei veggenti di Lourdes e  di Fatima, confermano la validità del giudizio di padre Gemelli.  La sua è una conclusione per esclusione, ma di grande valore,  perché porta l'indagine ad un punto molto avanzato. Padre  Gemelli dice: la bambina è credibile. Si parla di giudizio di credibilità, non di giudizio sulla soprannaturalità dei fatti. Questo è il limite che il ricercatore non può superare e padre Gemelli lo  sa, e perciò lascia tale giudizio all'autorità della Chiesa. 

Severino Bortolan 

SUPREMO APPELLO


 

… Sappiate pescarli volgendovi a Me, tenendovi in ascolto pronti ai miei cenni.

Ma bisogna chinarsi... ah! questo si non si può arrivare ai piccoli se non chinandosi, impicciolendosi, come Eliseo sul bambino che voleva risuscitare. Non mi fate ombra con la vostra grandezza, siate trasparenti. « Il Padre mio è glorificato in questo » che nulla vada perduto raccogliete i resti, tutto quel che resta e portatelo a Me. So Io quel che ne farò.

… Mi legate le mani con le vostre diffidenze. Apritevi. a Me! La confidenza mi dà libero accesso in voi, mentre la poca confidenza me ne chiude l'entrata.

… Il mio amore è sempre rinascente, come se ad ogni momento cominciassi appena ad amare, sempre inventivo, come se ancora non mi fossi esaurito fino a farmi Pane, sempre vigile e desto, per soffiare sulla minima scintilla nella speranza di accendere un po' di fuoco dove non v'è che gelo. Vorrei comunicarvi il tormento del mio Cuore, per fare di voi altrettanti piccoli Salvatori. Ah! non vi sarebbe più possibile allora ripiegarvi su voi stessi, avere un solo pensiero personale, sareste sempre « fuori di voi », per eccesso di carità, come spinti e scacciati da voi stessi dalla veemenza della vostra passione. Non li odiate mai, neppure i più miserabili, « essi non sanno quel che fanno ». Io li amerò fino all'ultimo, finché non si saranno strappati essi stessi dalle mie mani per essere ghermiti dalla Giustizia del Padre mio. Aiutatemi a salvarli, venite, facciamo violenza insieme al Padre nostro.

PREGHIERE DI LUISA PICCARRETA CHE SI TROVANO NEI SUOI SCRITTI

 


Dopo ho fatto la Santa Comunione, ed io, secondo il mio solito stavo chiamando e mettendo  tutte le cose create intorno a Gesù, affinché tutte Gli facessero corona e dessero il contraccambio dell’amore e degli omaggi al loro Creatore. Tutte sono corse alla mia chiamata e vedevo  a chiare note tutto l’amore del mio Gesù per me in tutte le cose create; e Gesù aspettava con  tanta tenerezza d'amore nel mio cuore il contraccambio del mio amore. Ed io, sorvolando su  tutto ed abbracciando tutto, mi portavo ai piedi di Gesù e gli dicevo:  

“Amor mio, mio Gesù, tutto hai creato per me e me lo hai donato, sicché tutto è mio, ed io lo  dono a Te per amarti. Perciò ti dico in ogni stilla di luce del sole Ti amo; nello scintillio delle stelle  Ti amo; in ogni goccia d'acqua Ti amo. Il tuo Volere mi fa vedere fin nel fondo dell’oceano il tuo  Ti amo per me, ed io imprimo il mio Ti amo per Te in ogni pesce che guizza nel mare; voglio  imprimere il mio Ti amo nel volo d’ogni uccello; Ti amo dovunque, Amor mio. Voglio imprimere  il mio Ti amo sulle ali del vento, nel muoversi delle foglie, in ogni favilla di fuoco, Ti amo per me  e per tutti...”  

Tutta la creazione era con me a dire «Ti amo». Ma quando ho voluto abbracciare tutte le  umane generazioni nel Volere Eterno, per fare prostrarsi tutti innanzi a Gesù, affinché tutti  facessero il loro dovere di dire in ogni loro atto, parola, pensiero, «Ti amo» a Gesù, queste mi  sfuggivano ed io mi sperdevo e non sapevo fare. Onde l’ho detto a Gesù; e Lui: “Figlia mia,  eppure è proprio questo il vivere nel mio Volere, il portarmi tutta la Creazione innanzi a Me e a  nome di tutti darmi il contraccambio dei loro doveri. Nessuno deve sfuggirti, altrimenti la mia  Volontà troverebbe dei vuoti nella Creazione e non resterebbe appagata. Ma sai perché non trovi  tutti e molti ti sfuggono? E la forza del libero arbitrio; ma però ti voglio insegnare il segreto, dove  tutti trovarli: entra nella mia Umanità e vi troverai tutti gli atti loro come in custodia, per cui Io  presi l’impegno di soddisfare per loro innanzi al mio Celeste Padre, e tu vai seguendo tutti gli atti  miei, che erano gli atti di tutti; così troverai tutto e mi darai il ricambio d’amore per tutti e per  tutto. Tutto c’è in Me; avendo fatto Io per tutti, c’è in Me il deposito di tutto e rendo al Divin  Padre il dovere dell’amore per tutto, e chi vuole se ne serve come via e mezzo per salire al Cielo”. 

Io sono entrata in Gesù e con facilità ho trovato tutto e tutti, e seguendo l’operato di Gesù  dicevo: “In ogni pensiero di creatura Ti amo; nel volo d’ogni sguardo Ti amo; in ogni suono di  parola Ti amo; in ogni palpito, respiro, affetto, Ti amo; in ogni goccia di sangue, in ogni opera e  passo, Ti amo...” Ma chi può dire tutto ciò che io facevo e dicevo? Molte cose non si sanno dire;  anzi, quello che si dice, si dice molto male, da come si dicono quando si è insieme a Gesù...  Onde, dicendo «Ti amo», mi sono trovata in me stessa.  (Vol. 16°, 29.12.1923).

a cura di D. Pablo Martín 

Non perdiamo l’essenza di bene che questo tempo difficile può portarci perché, quanto più grande è la battaglia, tanto più siamo graziati da Dio. Quanto più grande è la sofferenza, tanto più siamo benedetti da Dio.



27-09-2020

 Cari figli,

in questa bellissima domenica di pace, di preghiera, di fede, di speranza, i nostri cuori si uniscono al Cuore bellissimo di Gesù, invocando la pace per il mondo, la conversione per tutta l’umanità.

Gesù ci ha insegnato a immergerci profondamente nel suo Cuore Misericordioso. L’umanità deve prepararsi di più, soprattutto cercando la bellissima catechesi sulla misericordia di Dio, in questo tempo di malattie nel corpo, nel cuore, nell’anima, in questo tempo di afflizione, in questo tempo di sofferenza temporale, di sofferenza nella carne, nel cuore e nell’anima. Ecco perché Gesù ci fa stare nelle profondità della sua bellissima misericordia. Quanto è bella la misericordia di Dio! Si deve parlare di più della misericordia. E della giustizia. Perché siamo in un tempo molto speciale: misericordia e giustizia.

Allora è necessario essere solleciti nel camminare, nel seguire le orme di Cristo, che sono orme di amore, di fede, di carità, di fraternità. È un momento in cui si deve avere molta più fede. L’umanità oggi spesso vive nella piena oscurità, non ha la luce della fede, la luce del Divino Spirito Santo. Lo Spirito Santo è la sapienza di cui l’uomo ha bisogno in questo momento di paura, in questo momento ha bisogno di vincere attraverso la preghiera. Quando non siamo nelle condizioni di cercare una soluzione nel mondo, dobbiamo cercarla nelle mani bellissime della Santissima Trinità, che sono le mani di Dio.

Soprattutto in questo tempo in cui Dio ci sta mostrando che dobbiamo svegliarci. Dove andrà questo mondo se l’uomo continuerà ad essere egoista, individualista, a voler essere il primo? Dove finirà questo mondo se l’uomo crea barriere invece di abbatterle? Allora è il momento di immergerci in questa misericordia, che è l’ultima tavola di salvezza. È il Sangue di Gesù, è l’Acqua che sgorga dal Cuore di Gesù. Perché tutto sembra difficile. Tutto: la stanchezza, le battaglie delle famiglie. Quanto più le persone sono sante, tanto più soffrono. C’è molto dolore, molta disperazione nel mondo.

Allora è necessario avere questa leggerezza, questa soavità, e guarire se stessi. Sentire Dio. Come noi qui in questo pomeriggio sentiamo la brezza leggera, sentiamo il canto degli uccellini. Sentiamo il sole che scotta, ma la brezza ci porta sollievo. Per quanto il sole sia forte, Dio viene a portarci la soavità. Così è il momento che il mondo oggi vive. La sofferenza è molto forte, ma non per questo possiamo smettere di vedere la brezza leggera. Non possiamo smettere di respirare questa brezza leggera. Non possiamo smettere di vedere la bellezza delle nostre famiglie, della nostra comunità, del popolo di Dio, della Santa Chiesa. Non possiamo smettere di vedere la bellezza spirituale, quella bellezza che va oltre gli occhi della materia. La bellezza della comprensione, dell’accettazione.

Spesso chiedi: “Perché Dio mi sta dando questa prova?”. È meglio attraversare una prova e avere la pace piuttosto che vivere convinti che vada tutto bene e improvvisamente cadere nella prova peggiore del mondo, che è perdere la propria anima. Allora si deve vivere questo tempo di lotta, di battaglia e di sofferenza con più fede, con più fiducia. È tempo di preghiera, di immergersi nel Cuore di Dio Misericordioso.

È il momento in cui devi avere questa pace che Dio ti sta dando. Se chiudi gli occhi per un momento, sentirai che Dio è la tua pace. Non esiste niente di più bello che cercare questa pace. Non importa quello che stai facendo: sei un pellegrino? Sei un evangelizzatore? Sei un messaggero? Sei uno strumento edificatore, lavoratore? Non importa quale dono stai esercitando in questo momento, quello che conta è svolgerlo in modo leggero.

Perché c’è tanta pesantezza sulla Terra, figli. Questa sofferenza che è arrivata per il mondo ha portato pesantezza al mondo, e Dio vuole mettere nel cuore dei suoi figli la leggerezza. Non è con la pesantezza che vincerete, ma con la soavità. Cos’è questa pesantezza? Le molte ribellioni, l’angoscia. È il momento di stare uniti. Forse non potete unirvi in grande numero, ma è il momento di stare uniti con il cuore, di vivere questa alleanza con il Cielo, questo amore con il Cielo. La risposta che Dio ci sta dando è la fiducia, la risposta è l’affidamento.

È arrivato un momento in cui non sai dove stai andando, hai paura, paura di qualcosa che può contaminarti. In questo momento si deve essere obbedienti, prudenti, sapienti. Gesù ci ha insegnato come vincere il peso per non affondare sulle acque: si deve avere la leggerezza della fede. Perché l’uomo sprofonda sulle acque? Perché si perde nella mancanza di fede, nei dubbi, ha paura, non ha fiducia, non crede nel miracolo, non crede in quello che Cristo davvero farà affinché il mondo raggiunga il Trionfo del mio Cuore.

Il mondo ha bisogno del grande miracolo che è Gesù. E Gesù ci dice: “Le famiglie si convertiranno se saranno misericordiose. Il popolo di Dio sarà un popolo forte se sarà misericordioso”. Perché, figli, Gesù non è venuto a portare questa misericordia invano, è venuto a portare questa misericordia perché il mondo ne avrebbe avuto bisogno. E noi oggi abbiamo bisogno di questa misericordia. Io Maria ho bisogno di questa misericordia per portarla a voi. Anche se il mio Cuore è santo e benedetto, ho bisogno di questa misericordia. E anche voi avete bisogno di questa misericordia. Avete bisogno di diffondere questo amore verissimo di Gesù.

Perché è un tempo giusto. La misericordia e la giustizia sono un’alleanza molto grande. E in questo tempo di misericordia raccoglieremo quello che seminiamo. Dio ci sta insegnando a seminare cose buone, per raccogliere la grazia. Ma molti ancora non stanno attenti a seminare cose buone, a seminare la grazia, molti si stanno ancora perdendo negli intrighi, nei giudizi, nel vuoto, in tutto quello che ti impedisce di essere un’anima misericordiosa.

Ecco perché l’essenza di questi 33 anni è la misericordia, la nostra fonte di grazia e di salvezza. Perché l’umanità sta prendendo una strada sbagliata: anziché immergersi nelle profondità del Cuore di Gesù, si sta lasciando prendere dalla paura, dal vuoto, dai vizi. Perché l’umanità cerca sempre una via di fuga, qualcosa in cui rifugiarsi, ma invece di rifugiarsi in Colui che è la fonte, si rifugia in ciò che è sofferenza. Allora questa sofferenza sta generando ulteriore sofferenza, più grande.

Allora dovete aprire gli occhi. Il fatto di dover stare nelle vostre case, più ritirati, non significa che dovete essere più divisi e individualisti. Al contrario: dovete essere più uniti e più forti. Gesù ha detto: “quanto più grande è la lotta, tanto più grande dev’essere l’esercito”. Allora dovete stare uniti. Perché il nemico prepara una trappola perfetta affinché l’uomo vi cada, figli. State attenti! Il demonio non prepara una trappola qualunque. Allora in questo tempo di epidemie, di pandemie, di sofferenze, dovete stare molto attenti per non cadere nelle trappole del demonio. Perché ci sono! È inutile fingere che non ci siano. Sono ovunque, soprattutto nella vita delle famiglie, dei nostri giovani, dei nostri bambini. Ecco perché dobbiamo essere obbedienti ma continuare a tenerci per mano.

Per questo esiste un’alleanza tra la misericordia e la giustizia di Dio: affinché possiamo vincere in modo saggio e felice. Arriverà un tempo diverso, affinché possiate vivere la vera conversione. È questo che Dio vuole: la conversione! Quando guardate questo mondo, non discutete, non dite che è un anno pesante, difficile. Molti lo considerano un anno perso, ma è l’anno in cui potete incontrarvi di più. Perché niente si perde, tutto si trasforma. Allora dovete incontrarvi. Il mondo si stava perdendo sempre di più nelle cose che gli occhi desideravano, che le mani volevano toccare. E improvvisamente ci troviamo nella condizione in cui dobbiamo vedere con gli occhi dell’anima e toccare con il cuore. Quante persone devono amare i propri familiari a distanza, ma stanno imparando ad amare molto di più. Perché prima avevano spesso la vicinanza, ma non la valorizzavano. Oggi comprendono quanto vale l’abbraccio, l’unità, l’unione, l’edificazione familiare.

Allora oggi vogliamo lavorare insieme per l’evangelizzazione. Non perdiamo l’essenza di bene che questo tempo difficile può portarci perché, quanto più grande è la battaglia, tanto più siamo graziati da Dio. Quanto più grande è la sofferenza, tanto più siamo benedetti da Dio.

Allora è tanta la benedizione che state ricevendo. Spero che in questa domenica di grazia, in questa domenica di pace, di brezza leggera, Gesù possa realmente guarire i vostri cuori.

Con grande gioia, voglio darvi la mia benedizione.

la Madonna benedice tutti 

Cari figli,
vi ho benedetti con molto affetto. Benedirvi è una benedizione di Dio per il mio Cuore Immacolato. Felice la Madre che benedice sempre i suoi figli, che chiede con tutto il suo amore che i suoi figli siano benedetti dalla Santissima Trinità.

Questo messaggio di oggi ci porta la forza per vincere le cattiverie, le insidie e le trappole del demonio. Ci porta specialmente la misericordia, che è la fortezza bellissima di questo tempo, e la ricerca di essere giusti, di vivere realmente questa grazia della giustizia divina.

In questo tempo raccoglierete frutti bellissimi, e dovrete diffondere questi frutti. Quando raccogliamo qualcosa di buono, dobbiamo diffonderlo. Quanto più lo diffondiamo, più il mondo sarà guarito, liberato ed esorcizzato dalle bellissime mani misericordiose di Gesù.

Benedico i festeggiati. Che Dio benedica i figli che compiono gli anni e quelli che si sono uniti in matrimonio, che sono molto speciali, sono evangelizzatori. Portate sempre, con affetto, un messaggio di amore e di pace ai cuori bisognosi di ascoltarlo.

Che Dio benedica i nostri bambini, i giovani, le famiglie qui presenti, tutto il popolo di Dio, la Santa Chiesa. Che Gesù possa togliere dall’uomo questo vuoto che porta all’orgoglio, all’invidia, alla gelosia, all’individualità, e mettere nella vita dell’uomo le benedizioni. Che l’uomo sia fraterno, che condivida, che semini il bene: così raccoglierà certamente la pace.

I fiori sono stati benedetti per la guarigione e liberazione di tutti i malati nel corpo e nell’anima.

Ecco la Serva di Dio, la Madre che intercede per ognuno di voi presso il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Il Signore mi chiama.

La Repubblica Mondiale della Massoneria sarà governata dai Sionisti

 


Il Mistero dell’Iniquità


I) La Massoneria ed il Nuovo Ordine Mondiale  massonico sono contro Dio, contro Cristo, contro la Chiesa e contro la Cristianità


All’indomani della condanna della Frammassoneria da parte di  Leone XIII,253 il Bollettino della Grande Loggia simbolica Scozzese254  espresse in questi termini sarcastici il pensiero della setta: 

La Frammassoneria non può fare a meno di ringraziare il Sommo Pontefice per la sua ultima Enciclica. Leone XIII, con  autorità incontestabile, e con grande lusso di prove, ha dimostrato una volta di più che esiste un abisso insuperabile tra la Chiesa, di cui Egli è il rappresentante, e la Rivoluzione, di cui la Frammassoneria è il braccio destro. È bene che gli esitanti cessino di nutrire vane  speranze. Bisogna che tutti comprendano che è venuta l’ora di  scegliere fra l’ordine antico che si appoggia sulla Rivelazione e  l’ordine nuovo che non riconosce altri fondamenti che la scienza e la ragione umana, fra lo spirito di autorità e lo spirito di libertà.255 Nella sua enciclica Humanum Genus, Papa Leone XIII aveva affermato che i “frammassoni”: 

…Senza più dissimulare i loro disegni, insorgono con estrema  audacia contro la sovranità di Dio; lavorano pubblicamente e a viso  aperto a rovina della Santa Chiesa, con proponimento di spogliare  affatto, se fosse possibile, i popoli cristiani dei benefizi recati al  mondo da Gesù Cristo nostro Salvatore…

Varie sono le sette che, sebbene differenti di nome, di rito, di  forma, d’origine, essendo per uguaglianza di proposito e per affinità de’ sommi principi strettamente collegate fra loro, convengono in  sostanza con la setta dei frammassoni, quasi centro comune, da cui muovono tutte e a cui tutte ritornano. … Molte sono le cose che per inviolabile statuto debbonsi gelosamente tener celate, non solo agli estranei, ma ai più dei loro adepti: come, ad esempio, gli  ultimi e veri loro intendimenti; i capi supremi e più influenti; certe conventicole più intime e segrete; le risoluzioni prese, e il modo ed i mezzi di eseguirle...

...supremo intendimento dei Frammassoni è questo:  distruggere da capo a fondo tutto l’ordine religioso e sociale, qual fu creato dal Cristianesimo, e pigliando fondamento e nome dal  “Naturalismo”, rifarlo a loro senno di pianta. 

La rivista New Age, pubblicazione ufficiale del Supremo Consiglio  del 33° Grado del Rito Scozzese, ha rivelato che questo nuovo stato di  cose – il Nuovo Ordine Mondiale – sarà:

Il progetto di Dio, dedicato all’unificazione di tutte le razze,  religioni e credi religiosi. Questo progetto prevede la creazione di un nuovo ordine, di rinnovare di ogni cosa: una nuova nazione,  una nuova razza, una nuova civiltà ed una nuova religione – non più settaria – che è già stata definita la religione della “Grande  Luce”… 

La Provvidenza ha scelto la razza Nordica perché plasmi la  “Nuova Era” del mondo – un ‘Novus Ordo Seclorum.’ Il grande  progetto di dio [Lucifero] per l’America è quello di portare l’alba di  una Nuova Era per il mondo. 256

Ecco cos’è il Nuovo Ordine Mondiale. È stato così chiaramente  ribadito ed esplicitamente formulato, nel corso degli anni, che non vi  sono più possibilità di fraintendere gli scopi e le intenzioni sovversive  di chi lo promuove. Duecento anni fa la Rivoluzione Francese, guidata  dagli Illuminati, venne scatenata proprio al fine di creare il Nuovo  Ordine Mondiale. Venti anni fa, George Bush ha attaccato l’Iraq con  l’obiettivo dichiarato di creare un Nuovo Ordine Mondiale. Il 29 gennaio  1991, nel suo discorso sullo stato dell’Unione, Bush ha dichiarato: “Per  due secoli abbiamo lavorato duro per ottenere la libertà… è in gioco  più del destino di una piccola nazione; è in gioco una grande idea, un  nuovo ordine mondiale – dove nazioni diverse verranno a convivere per  soddisfare le aspirazioni universali dell’umanità: pace, sicurezza, libertà  ed il governo della legge. Un simile mondo è degno dei nostri sforzi e  del futuro dei nostri figli.” Quando disse che ci sarebbero voluti tempo  e sacrifici, per raggiungere l’obiettivo di cacciar via le truppe Irachene  dal Kuwait e ristabilire l’autorità di quel governo, Bush ribadì ancora  una volta che la Guerra nel Golfo veniva combattuta per poter creare  il Nuovo Ordine Mondiale: “ma noi prevarremo, non ci sono dubbi al  riguardo, e quando ci riusciremo, avremo insegnato ad un pericoloso  tiranno e ai pochi che saranno ancora disposti a seguirlo, che in questa  regione così importante, e nel Nuovo Ordine Mondiale che cerchiamo di  costruire, non v’è posto per le aggressioni criminali.”

Il lettore mi perdonerà se continuo ad indulgere su quest’argomento,  ma è importante chiarire ogni dubbio. Fu proprio George Bush padre  ad aver rivelato la data dell’inizio del Nuovo Ordine Mondiale. “Il 16 marzo 1989,” riporta Epperson, “una stazione radio mandò in onda una  parte del discorso che il presidente stava rilasciando in un altro stato  americano. Il Presidente affermò: ‘Cosa stiamo facendo per prepararci  al nuovo mondo che sta per venire, 11 anni da adesso?’ Il Presidente  aveva quindi collegato esplicitamente l’inizio del ‘nuovo mondo’ con  l’anno 2000.”257 Proprio l’anno dopo, nel 2001, la CIA, il MOSSAD e  altre agenzie d’intelligence internazionali (come disse pubblicamente  Francesco Cossiga, ex Presidente della Repubblica Italiana ed ex capo  dei Servizi Segreti Italiani)258 avrebbero inscenato gli attacchi dell’11  settembre, coinvolgendo in minima parte quell’Al-Qaeda che la stessa  Cia aveva reclutato anni prima259, per poter fornire una giustificazione  alle imminenti guerre in Iraq ed Afghanistan.

Nella prima settimana di maggio 2011, Stephen R. Pieczenik,  ex Assistente del Segretario di Stato sotto le amministrazioni Nixon,  Ford e Carter ed ex professore all’Accademia militare di guerra  psicologica e tattiche di recupero ostaggi (stiamo parlando di una  persona che ha lavorato sotto ben cinque diverse amministrazioni  americane e che attualmente è consulente del Dipartimento della  Difesa), ha ripetutamente e categoricamente dichiarato, durante le  sue interviste radio all’Alex Jones Show, che l’attacco dell’11 settembre  2011 fu un’operazione sotto false insegne, inscenata e messa in atto  dall’amministrazione di George W. Bush “per mobilitare l’opinione  pubblica ed il popolo Americano al fine di entrare in guerra.” Pieczenik  ha inoltre affermato che un generale dello staff di Paul Wolfowitz aveva  una conoscenza diretta di questo crimine. Le sue parole sono state:  “Questo mi è stato detto personalmente da un generale dello staff di  Wolfowitz”. Pieczenik ha poi confermato che rivelerà il nome di quel  generale se e quando gli verrà fornita l’opportunità di testimoniare  dinanzi ad un gran giurì. Pieczenik ha poi fatto i nomi dei presunti  colpevoli, tra i quali: George W. Bush, Dick Cheney, Donald Rumsfeld,  Paul Wolfowitz, Richard Pearle, Condoleeza Rice, Elliot Abrams e altri  ancora.

Dal momento che questi attacchi “contraffatti” dell’11 settembre  sono stati pianificati e premeditati da lungo tempo, al fine di poter  scatenare una guerra d’aggressione contro l’Afghanistan e l’Iraq, essi  costituiscono un vero e proprio crimine contro l’umanità, in violazione del sesto Principio di Norimberga. Questo perché quel crimine è  stato commesso per far sembrare gli attacchi dell’11 settembre come  provenienti da una nazione straniera e rivolti contro gli Stati Uniti,  fornendo quindi giustificazioni e pretesti legali per una guerra che in  realtà non è altro che un’aggressione criminale; si tratta pertanto di un  crimine internazionale contro la pace, in violazione del Sesto Principio  di Norimberga. La natura criminale dell’aggressione all’Afghanistan è  stata rivelata dall’ex direttore dell’FBI, Robert Mueller, il 19 aprile 2002,  presso il Commonwealth Club di San Francisco (vedi www.wtc7.net/ books/greatcrimes/part3.html). Mueller ha dichiarato che non esiste  uno straccio di prova che possa collegare l’Afghanistan con gli attacchi  dell’11 settembre.

Sotto la presidenza Obama, la guerra ha subito un’escalation e ha  già cominciato a diffondersi in Pakistan, mentre si intensificano ogni  giorno le minacce di un attacco all’Iran. I progetti a lungo raggio della  politica estera degli Stati Uniti, già negli anni ‘90, prevedevano la  conquista assoluta del Medio Oriente e dell’Asia Centrale, al fine di  creare nel mondo un’egemonia unipolare degli Stati Uniti. 

George Bush padre ha tradito la nazione che lo aveva eletto,  nonché il suo alto ufficio di presidente e baluardo della sovranità  costituzionale della Repubblica degli Stati Uniti d’America. Egli ha  abusato di quell’incarico per sovvertire il proprio paese e le nazioni di  tutto il mondo, lanciando gli Stati Uniti in un percorso che è destinato  a concludersi con la creazione di un Nuovo Ordine Mondiale, un impero  universale dominato dalla Massoneria. Nell’aprile 1988, George Bush  padre affermò: “Continuerò a far sì che l’America si muova in avanti,  sempre più avanti – per un’America migliore, per un sogno che duri per  sempre e per mille punti di luce. Questa è la mia missione, e io la porterò  a termine.” 

George Bush non ha mai spiegato il significato di quella frase  sibillina: “mille punti di luce.” Nel gennaio 1991 usò ancora una  volta quell’espressione, mentre pronunciava il Discorso sullo Stato  dell’Unione: “Abbiamo a portata di mano la promessa di un’America  rinnovata. Possiamo trovare significato e ricompense se serviremo uno  scopo più alto di noi stessi – ‘un fine radioso, l’illuminazione di mille punti  di luce.” Un’America ‘rinnovata’ … ‘un fine radioso’ … ‘illuminazione’ …  La Massoneria aveva già affermato qual era lo scopo del Nuovo Ordine  Mondiale: “rinnovare ogni cosa: una nuova nazione, una nuova razza,  una nuova civiltà ed una nuova religione”, non più settaria, che è già  stata definita la Religione della ‘Grande Luce’. 

La nuova civiltà e la nuova religione del Nuovo Ordine Mondiale sono emblematicamente espressi nei simboli massonici posti nel 1782  dai frammassoni nel Grande Sigillo degli Stati Uniti d’America.260 A pag. 


426 e 291 del suo libro Morals and Dogma of Freemasonry, Albert Pike  spiega che l’aquila era “un uccello consacrato al Dio Sole Egiziano.” 
– “L’Aquila era un simbolo vivente di Mendes… che rappresentava il  Sole.” (Pike mette la s di “Sole” in maiuscolo, perché si sta riferendo ad esso come ad una divinità.) “L’occhio che tutto vede” sulla piramide,  rappresenta Osiride: “Osiride, il Sole, Fonte di Luce e principio del  Bene…”261 Pike afferma ancor più chiaramente l’esatto significato  dell’occhio: “L’Occhio che Tutto Vede… che per gli Antichi era il Sole.”262
La letteratura massonica ha spiegato il significato della piramide  sotto l’occhio: “Le Piramidi [notate ancora una volta l’uso dell’iniziale  maiuscola] – i grandi templi d’iniziazione Egiziani”263 – “gli illuminati  dell’antichità entravano nei suoi portali come uomini, e ne uscivano  come dei.”264 È questa la Nuova Età della Massoneria e del Movimento  Nuova Età.
Uno scrittore della Nuova Età ha dichiarato: “...stiamo entrando in un millennio di amore e luce.”265 La Lucis Trust, precedentemente  Lucifer Trust, nel suo bollettino quadrimestrale del 1982, annunciò  che: “L’anno 2000 incombe sull’umanità come una gigantesca pietra  miliare, che segna una fine ma anche un inizio. Segna la fine di un  millennio instabile... l’anno 2000 si erge come portale simbolico  attraverso il quale l’umanità può entrare in una Nuova Età…”266 Ecco  qual è il “nuovo mondo che sta per giungere, 11 anni da adesso” di cui  parlava George Bush nel 1989: la Nuova Età massonica, il Nuovo Ordine  Mondiale. George Bush padre, durante il proprio mandato, predicava  con entusiasmo la nozione di questo Nuovo Ordine Mondiale – il Novus  Ordo Seclorum massonico, rappresentato nel Grande Sigillo degli Stati  Uniti d’America dai raggi di luce che si irradiano dall’Occhio che Tutto  Vede, in cima ad una piramide – “i mille punti di luce”! 
Alla base della piramide si può leggere l’iscrizione numerica  MDCCLXXVI, 1776 – anno nel quale venne fondato l’Ordine degli  Illuminati e durante il quale venne annunciata in tutte le logge  massoniche la grande rivoluzione che avrebbe cambiato il volto del  mondo. L’opera di costruzione di questo Nuovo Ordine Mondiale ha  quindi avuto inizio già nel 1776. George Bush affermò che il Nuovo  Ordine Mondiale si sarebbe realizzato a partire dall’anno 2000.267  Nel 1962 David Ben-Gurion affermò che sarebbe stata creata una Federazione Universale di tutti i continenti.

Padre Paul Kramer

LA VITA DI SAN BENEDETTO

 


Il monaco e il dragone

Gregorio: aveva anche un monaco di carattere fiacco e incostante: stanco di  stare in monastero voleva andarsene via. L'uomo di Dio era assiduo nel  riprenderlo e spesso si industriava a fargli coraggio; ma egli per nessun motivo  voleva acconsentire a perseverare nella comunità, anzi non la finiva più di importunare perché lo lasciassero partire. Alla fine il venerabile Padre, sopraffatto  un giorno dalla sua importunità, gli comandò con sdegno che se ne andasse pure. Era appena uscito dalla porta del monastero, quand'ecco pararglisi incontro,  lungo la strada, un dragone colle fauci spalancate, che voleva ad ogni costo  divorarlo. Terrorizzato e tremante si diede ad urlare a gran voce: "Aiuto, aiuto! C'è  un dragone che mi vuol divorare!".

Accorsero i fratelli, ma non videro nessun dragone. Lo riportarono dentro le  mura del monastero, più morto che vivo, ed egli, Pi, proprio sul momento, promise  che non si sarebbe allontanato mai più. Perseverò difatti nella sua promessa.  Erano state le preghiere del santo a fargli vedere il dragone che gli si lanciava  contro, quel dragone che egli prima, non visibile, aveva seguito.

tratto dal Libro II° dei "Dialoghi" di San Gregorio Magno

LA PRESENZA REALE

 


GESÙ MANSUETO ED UMILE DI CUORE

Imparate da me che sono mansueto e umile di cuore.

Matteo, XI, 29.

Gesù c'insegna col suo stato eucaristico ad annichilarci, al fine di rassomigliargli. L'amicizia vuole eguaglianza di vita e di condizione: per vivere dell'Eucaristia bisogna che ci annichiliamo con Gesù che in essa si annichila. Entriamo nell'anima di Gesù, nel suo Cuore e vediamo quali sentimenti Lo hanno animato e sempre Lo animano nell'adorabile Sacramento. Noi apparteniamo a Gesù Sacramentato, perché Egli si da a noi per assorbirci in Lui. E' nostro maestro nel Sacramento e dobbiamo ascoltarne le lezioni, vivere del suo spirito. Sì, vuole insegnarci egli stesso a servirlo secondo la sua volontà e il suo beneplacito: è più che giusto, giacché egli è Nostro Signore e noi siamo i suoi servi.

Ora Gesù mi rivela il suo spirito con queste parole: Imparate da me che sono mansueto ed umile di cuore. E quando i figli di Zebedeo vogliono far discendere il fuoco sulla città che respinge il divin Maestro, egli dice: Voi non sapete a quale spirito apparteniate.

Dunque, lo spirito di Gesù è umiltà e mansuetudine: umiltà e dolcezza di cuore, cioè amata, accettata per amore di Gesù e per rassomigliargli. A queste virtù Egli vuole formarci, perciò è nel Sacramento e viene in noi. vuol essercene maestro, egli, che solo può insegnarle e darne la grazia.

I. - L'umiltà del cuore, ecco l'albero che da il fiore e il frutto della mansuetudine. Imparate da me che sono mansueto ed umile di cuore. Gesù parla dell'umiltà del cuore, ma non aveva anche l'umiltà dello spirito? No, l'umiltà dello spirito negativa, fondata sul peccato e sul nulla della nostra natura corrotta; Gesù non vi era soggetto; ne fece tuttavia le opere per nostro esempio. Così Egli si umilia come i peccatori, e tuttavia è senza peccato: non deve arrossire di nulla, non avendo fatto, come diceva il buon ladrone, nulla di male. Ma noi! noi di tutto dobbiamo arrossire; di male ne abbiamo fatto molto e neppure conosciamo tutto quello di cui siamo colpevoli.

Gesù non ha l'ignoranza della natura decaduta; e noi nulla sappiamo fuorché il male. Noi viziamo la nozione del giusto e del bene. Gesù sa tutto ed è così umile come se non sapesse nulla: rimane trent'anni ad imparare nel silenzio! Ha tutti i doni naturali; sa e può fare ogni cosa con perfezione; non lo lascia trapelare; lavora grossolanamente, alla maniera degli apprendisti: Non è figlio del legnaiolo? legnaiolo come suo padre?

Gesù non ha mai lasciato capire che sapeva tutto; negli stessi suoi insegnamenti attesta ch'egli non fa che ridire la parola del Padre; si limita alla sua missione; la compie nella forma più semplice e più umile.

Si condusse dunque come un uomo veramente umile di spirito. Non si glorificò di nulla, non cercò mai di brillare, di fare dello spirito, di comparire più istruito degli altri; anche nel tempio, essendo in mezzo ai dottori, li ascoltava e li interrogava per istruirsi: audientem et interrogantem eos.

Gesù aveva l'umiltà di spirito positiva, che non consiste nell'umiliarsi della propria miseria, ma nel riferire il bene a Dio, umiliandosi nel bene: Egli in tutto dipendeva dal Padre, lo consultava, e obbediva a quelli che glielo rappresentavano in terra, rinviava a suo Padre la gloria di ogni bene; è magnifica la sua umiltà di spirito, ammirabile, divina: Io non cerco la mia gloria: è un'umiltà gloriosa, spontanea, tutta amore.

Noi dobbiamo avere l'umiltà di spirito, perché siamo ignoranti e peccatori: è dovere di giustizia. Siamo obbligati ad averla anche per la nostra qualità di discepoli, di servi di Gesù.

Tuttavia nel suo comandamento Gesù ci parla solo dell'umiltà di cuore; si direbbe che il suo amore teme troppo umiliante per noi parlarci di questa umiltà di spirito che ricorda troppe miserie, peccati, motivi di disprezzo. L'amore di Gesù getta un velo su questo lato penoso e ci dice d'essere come lui, umili di cuore.

Ora che vuol dire essere umile di cuore? Ricevere da Dio con sommissione di cuore le occasioni di umiliarsi, come beni, come atti che ridondano a grande gloria di Dio stesso; accettare il proprio stato con i doveri inerenti e non arrossire della propria condizione; mantenersi nella semplicità quando si ricevono da Dio grazie straordinarie. Amando Gesù debbo rassomigliargli, debbo amare ciò ch'egli ama, fa e preferisce a tutto: l'umiltà.

L'umiltà di cuore è più facile che l'umiltà di spirito, poiché si tratta di un sentimento grandemente onorabile ed elevato: rassomigliare a Gesù, amarlo, glorificarlo in queste sublimi circostanze di umiltà.

Abbiamo noi questa umiltà di cuore, o meglio questo amore di Gesù umiliato? Forse abbiamo l'umiltà che si accompagna con lo zelo, col successo, con la gloria, che si da con pura intenzione e senza mira di gloria umana; ma non l'umiltà che discende con S. Giovanni Battista, il quale si abbassa e si nasconde, lieto di essere lasciato per Nostro Signore; non l'umiltà di Gesù, nascosto, annichilato nel Sacramento per dar gloria al Padre.

E' questo il vero combattimento per cui si trionfa della natura: amare l'umiltà di Gesù è la vittoria, la gloria di Gesù stesso in noi.

Vi è l'umiltà nella prosperità, nell'abbondanza, nel buon successo, negli onori, nella potenza, e dovrebbe essere molto facile, poiché allora si gode, anche umiliandosi, cioè riferendo la gloria a Dio.

Ma vi è l'umiltà positiva del cuore che si esercita tra le umiliazioni interne ed esterne, della mente, del cuore, del corpo, delle proprie opere, vera tempesta che ci sommerge. E' l'umiltà di Nostro Signore e di tutti i santi; amare Dio in quello stato e ringraziarnelo, ecco la vera umiltà di cuore.

Come si giungerà ad acquistarla? Non con riflessioni e ragionamenti, perché crederemmo di possederla a cagione dei bei concetti che ne abbiamo o di eroiche risoluzioni da noi prese, e non andremmo più in là. Bisogna semplicemente metterci nello spirito di Gesù, veder Gesù, consultarlo, agire sotto la sua divina influenza, in società di amore con lui; raccoglierci nella sua divina umiltà di cuore, offrire le nostre azioni a Gesù, umiliato per amore di noi nel Sacramento, ove preferisce questo stato di oscurità a tutta la gloria; ed esaminarci poi se durante l'azione abbiamo ripigliato il dono di noi stessi. Diciamo spesso: Gesù mansueto ed umile di cuore, fate il mio cuore simile al vostro.

II. - L'umiltà di cuore produce la mansuetudine; Gesù è così mansueto, che questa virtù s'imprime come carattere nella sua vita: è il suo spirito. Imparate da me che sono mansueto! Non dice: Imparate da me che meno una vita penitente, che sono povero, prudente, silenzioso, no, ma ci richiama alla sua dolcezza; perché l'uomo decaduto è naturalmente collerico, portato all'odio, geloso, permaloso, vendicativo, anche omicida nel suo cuore, bieco nel suo sguardo, con la lingua avvelenata, violento nelle sue membra. L'ira è entrata nella sua natura, perché è orgoglioso, ambizioso e sensuale; perché è infelice e umiliato della sua condizione di decaduto; è un essere inasprito, come si dice di un uomo che crede aver sofferto ingiustamente.

Dolcezza interiore. - Nostro Signore è dolce nel suo cuore! Ci ama, vuole il nostro bene, non pensa che al bene che può farci, ci giudica nella sua misericordia e non con la sua giustizia: ah! non è ancora l'ora di questa. Gesù è una tenera madre, è il buon Samaritano; il debole fanciullo, il peccatore, il giusto, tutti hanno posto nel tenero suo Cuore.

Nel Cuor di Gesù non è indignazione contro quelli che lo disprezzano, che lo insultano, che gli vogliono, gli fanno o si dispongono a fargli del male: li conosce tutti, ma non ha per essi altro che compassione e soffre dell'infelice loro stato; Vedendo la città, pianse sopra essa.

Gesù era dolce di natura, essendo veramente l'Agnello di Dio, dolce per virtù affine di dar gloria al Padre, e dolce per la missione ricevuta da Lui: la dolcezza doveva essere il carattere del Salvatore affinché potesse attirare i peccatori incoraggiandoli a venire, affezionarseli e fissarli nell'osservanza della divina legge.

Anche noi avremmo un grande bisogno di questa dolcezza di cuore! Non l'abbiamo; al contrario, troppo spesso, ci sentiamo pieni d'irritazione nei nostri pensieri e nei nostri giudizi. Giudichiamo troppo, delle cose e delle persone, guardando al successo, col nostro punto di vista, e stritoliamo quelli che ci si oppongono; mentre dovremmo giudicare come Gesù, od alla luce della sua santità, o nella sua misericordia; che in tal modo saremmo sempre nella carità e nella pace: Con l'umile va sempre in compagnia la pace, dice l'Imitazione di Gesù Cristo.

Ancora: se prevediamo di dover essere contraddetti, quanti ragionamenti, quante giustificazioni, anzi energiche risposte si agitano nella nostra immaginazione! Or come tutto ciò è lungi dalla dolcezza dell'Agnello! E' amor proprio che vede soltanto se stesso ed i propri interessi.

Che se abbiamo un'autorità, non vediamo che noi stessi, i doveri dei nostri inferiori, le virtù che dovrebbero avere, perfino l'eroismo dell'obbedienza; la forza del comando, il dovere pure di umiliare, di spezzare l'ostacolo, il bisogno di dare un esempio: cose tutte che non valgono un atto di mansuetudine. Dice il Salvatore: Chi tra voi è più grande, sia come il più piccolo: e chi precede, sia come uno che serve. Noi siamo e dobbiamo essere i discepoli del divin Maestro, dolce ed umile di cuore: come il suo Vicario che s'intitola servo dei servi di Dio, e non generali d'esercito.

Perché sì spesso tanta energia contro le opposizioni? Perché quella collera, che certo non è santa, contro il male, contro la persona dei miscredenti, degli empi? Ahimè! in fondo è la vanità che ci domina: crediamo di dar prova di energia, ma in realtà è impazienza, mancanza di coraggio. Nostro Signore invece compiange questi infelici, prega per essi, si adopera per il loro bene e nelle relazioni con essi trova modo di onorare il Padre con l'umiltà e la mansuetudine.

Ricordiamo che questo fare troppo energico, pungente, è di cattivo esempio. Oh! mio Dio, fate il mio cuore dolce come il vostro.

Dolcezza di spirito. - Gesù è dolce nel suo spirito: non vede in tutto che Dio suo Padre: negli uomini, creature di Dio; è il padre che piange i figli perduti e cerca di ricondurli, che medica le loro piaghe da qualunque causa provengano, che vuol ridar loro la vita divina! La sua anima è quindi tutta quanta nel sentimento della paternità verso i suoi figli, nella pena per la loro miserabile condizione. E' preoccupato del loro bene, per esso lavora; lo fa nella pace, e non nella collera, nell'indignazione e nella vendetta,

Così Davide piangeva sul colpevole suo figlio Assalonne e raccomandava di risparmiargli la vita; così Maria Santissima, Madre Addolorata, piange sui carnefici di suo Figlio e loro ottiene il perdono.

La vera carità si pasce nello spirito come nel cuore del bene da ristabilire, non già della vista del male e dei mezzi per farne vendetta; non separa mai l'uomo dal suo stato sovrannaturale presente e futuro; non lo disgiunge da Dio, e così non mai vede in esso un nemico: la carità è dolce e paziente.

Ciò che abbiamo riconosciuto nel nostro cuore si trova altresì nella nostra mente e nell'immaginazione, che sollevano in noi tante tempeste e ci mettono in mano la spada per tutto fendere. Tagliamo corto a questi attacchi: tosto uno sguardo verso Gesù, e ritorna la calma.

III. - Dolce nel suo cuore e nel suo spirito, Gesù è pur naturalmente dolce nel suo esterno.

La mansuetudine di Gesù è come il soave profumo della sua carità e della sua santità. Essa regna su tutti i movimenti della sua persona: nulla di violento nei suoi gesti, che sono la calma espressione dei suoi pensieri ed affetti pieni di dolcezza: il suo andare è tranquillo e non affrettato, che nei suoi movimenti tutto è regolato dalla sapienza. La sua persona, l'attitudine, le vesti, tutto annunzia in lui l'ordine, la quiete e la pace: è il regno della dolce sua modestia, essendo la modestia, per dir così, la dolcezza del corpo come né è il decoro.

Il capo del Salvatore ha un atteggiamento modesto, non fiero né altero od imperioso; neppure troppo umiliato o timido; ma l'atteggiamento, il fare della semplice ed umile modestia.

I suoi occhi non esprimono alcun sentimento di collera o di sdegno: hanno uno sguardo di affetto per sua Madre e S. Giuseppe, uno sguardo di rispetto per i Superiori, di bontà per i discepoli, di tenera compassione per i peccatori, di misericordioso perdono per i nemici.

L'augusta sua bocca, che è il trono della sua mansuetudine, si apre con modestia e con dolce gravità. Il divin Salvatore parla poco: dalla sua bocca non esce mai una lepidezza, una parola di derisione, di curiosità: tutte le sue parole, come i suoi pensieri, sono il frutto della sapienza. Le espressioni che adopera sono semplici, sempre convenienti e adatte agli uditori, che sono per lo più popolani e poveri.

Egli evita nelle sue predicazioni ogni personalità che offende; combatte soltanto i vizi di scuola e di casta; i cattivi esempi e gli scandali; non svela i delitti occulti, né i difetti intimi.

Non fugge da chi lo odia; non lascia di compiere alcun dovere, o dire alcuna verità, per timore, per evitare una contraddizione, o per piacere ad un personaggio qualunque esso sia. Non fa rimproveri prematuri, né profezie personali prima del tempo segnato dal Padre; vive tra quelli che sa doverlo abbandonare, con la stessa semplicità e dolcezza, non essendo ancora venuto il momento di parlare, l'avvenire è per lui come se gli fosse ignoto.

Gesù ha una pazienza inalterabile con le turbe che lo premono ed una calma ammirabile in mezzo a tutte le agitazioni, domande, esigenze di quel popolo grossolano e terreno.

Più ancora da ammirare è la vita di Nostro Signore, tutta calma, dolcezza e bontà coi discepoli rozzi, poco intelligenti, suscettibili, ambiziosi, che fanno oggetto della loro vanità il divin Maestro. Gesù prodiga a tutti lo stesso amore; non ha preferenze, né parzialità: Gesù è tutto miele, dolcezza, amore!

Quale condanna della nostra vita, se la mettiamo a confronto con quella di Gesù Cristo! Il nostro amor proprio brandisce facilmente una spada a due tagli contro certe persone la cui vita, il cui carattere più contrariano il nostro orgoglio. Impazienze, rimproveri, gesti minacciosi, tutto viene da un fondo di pigrizia che vorrebbe sbarazzarsi prontamente di un ostacolo, di un Sacrificio, di un dovere, che sfuggiamo oppure compiamo con precipitazione.

Ahimè! a dir vero quelle pose, quelle arie, quelle parole sono ridicole; spero che il buon Maestro né abbia pietà, essendo cose da fanciulli o da sciocchi. Notiamo ancora che la dolcezza con i grandi o con chi può favorire la nostra vanità, è debolezza, adulazione, viltà; mentre lo sfoggio di forza coi deboli è crudeltà. L'umiliazione poi non è sovente che segreta vendetta. Oh mio Dio, pietà!

IV. - La mansuetudine di Gesù trionfa nel suo silenzio. Gesù, venuto per rigenerare il mondo, resta per il pubblico in silenzio sino alla età di trent'anni, nonostante i molti vizi da correggere, tante anime sviate, tante mancanze nel culto divino, nei leviti, nei capi della nazione. Non riprende alcuno, ma prega, fa penitenza, non cede al male e ne domanda perdono a Dio.

Quante belle cose avrebbe in quel tempo potuto dire per ammaestrare e consolare! Non le disse: invece ascoltò gli anziani, assistè alle istruzioni della sinagoga, degli scribi, dei dottori della legge, come un israelita del popolo. Quante cose avrebbe potuto riprendere, riformare, ma non era l'ora.

La Sapienza increata, il Verbo di Dio, che ha creato la parola, che ispira la verità, tace e onora il Padre col suo dolce ed umile silenzio. Questo silenzio di Gesù ci dice eloquentemente: Imparate da me che sono mansueto ed umile di cuore.

Quale condanna per noi, che parliamo come stolidi, dicendo spesso cose di cui non abbiamo sufficiente cognizione, decidendone altre molto dubbie, affermando, imponendo il nostro sentimento!

Quante volte diciamo quel che non dovremmo dire, rivelando cose che l'umiltà più elementare vuole si tacciano! Ond'è che nostro Signore ci tratta come si fa con un ciarliere, un indiscreto: ci lascia parlare da soli, a nostra confusione: il suo pensiero non essendo con noi, la sua grazia non feconda le nostre parole.

Il silenzio dolce di Gesù è paziente. Egli ascolta sino alla fine quelli che gli parlano, senza mai interrompere, egli che già conosce quanto gli si vorrà dire; risponde direttamente egli stesso; riprende, corregge con bontà, senza umiliare, senza ferire, come farebbe il migliore dei maestri per il suo scolaretto; ascolta cose spiacevoli, inopportune e sempre trova l'occasione d'istruire e di fare del bene.

Quanto diversamente ci comportiamo noi! Impazienti di rispondere a quel che già sappiamo, annoiati di ascoltare quel che ci contraria o si prolunga alquanto, dal volto e dalle maniere lasciamo conoscere il nostro malumore. Non solo non abbiamo lo spirito di Gesù, ma neppure quello di un uomo bene educato, di un pagano onesto e savio.

Nella vita sono molte circostanze nelle quali la pazienza, la mansuetudine, l'umile silenzio sono la virtù dell'ora presente e innanzi a Dio l'unico frutto di un tempo che noi crediamo perduto. La sua grazia ce ne avverte: ascoltiamone la voce; obbediamo con semplicità e fedeltà. Che diremo del mite silenzio di Gesù in mezzo ai patimenti?

Gesù abitualmente tace, pur conoscendo lo spirito incredulo di parecchi discepoli, il cuore iniquo e ingrato di Giuda, di cui conosce tutti i perfidi pensieri, le infami macchinazioni. Gesù si contiene, è calmo, affettuoso con tutti, come se nulla sapesse: ha con essi le relazioni ordinarie, rispetta il segreto che il suo Eterno Padre mantiene su di essi. Quale lezione contro i giudizi temerari, i sospetti, le segrete antipatie! Gesù mette la legge della carità, del dovere comune, al disopra della conoscenza che ha del segreto dei cuori, tale essendo l'ordine della Provvidenza.

Al cospetto dei giudici confessa semplicemente la verità della sua missione e della sua divinità; ai pontefici dichiara che è il Figlio di Dio; al governatore romano risponde che è re. Tace alla presenza dell'impudico e curioso Erode; mantiene il silenzio d'un condannato durante gli scherni sacrileghi della coorte pretoriana; riceve senza lamentarsi i colpi dei flagelli, e l'insulto dell'Ecce homo; non si appella dalla condanna ingiusta; prende con amore la croce e sale al Calvario tra gli insulti, le maledizioni e le angherie di tutto il popolo; e quando la malizia degli uomini è esaurita ed i carnefici han consumata l'opera loro, apre la bocca e dice: Padre, perdona loro, perché non sanno quel che si fanno.

Ah, non sarà il nostro cuore a tale vista intenerito e penetrato di salutare dolore?

Or che dirò della dolcezza di Gesù in Sacramento? Come vi descriverò la sua bontà nel ricevere tutti; l'affabilità, nell'adattarsi agli uni e agli altri, ai piccoli, agli ignoranti; la pazienza nell'ascoltar tutti e tutto quel che gli vogliono dire, il lungo racconto di tante miserie; la tenera sua bontà nella Comunione in cui si da a ciascuno secondo la sua condizione ed entra in tutti con gioia, purché trovi lo stato di grazia e un po' di devozione, qualche buon desiderio, almeno un po' di rispetto, e da a ciascuno la grazia che gli conviene, lasciandogli l'anima inondata di amore e di pace come ricompensa dell'accoglienza ricevuta? E quale dolcezza paziente e misericordiosa verso quelli che lo dimenticano! Li aspetta! Prega per quelli che l'offendono e lo disprezzano; non leva lamenti né fa sentire minacce; non punisce all'istante gli oltraggiatori sacrileghi, ma con la sua dolcezza e bontà si adopera a rimetterli sul buon cammino. L'Eucaristia è il trionfo della mansuetudine di Gesù Cristo.

V. - E quali saranno i mezzi per acquistare la dolcezza di Gesù? E' cosa facile vedere il bello, il buono, la necessità di una virtù, soprattutto della dolcezza; ma arrestarsi qui è fare come l'infermo che conosce il suo rimedio, lo tiene in mano e non lo prende, o come il viaggiatore che, seduto a tutto suo agio, si contentasse di guardare la strada che deve percorrere.

Ora il gran mezzo per acquistare la dolcezza del Cuore di Gesù è l'amore di Gesù stesso, perché l'amore tende sempre a produrre la conformità di vita tra quelli che si amano.

E l'amore opererà in tre modi. Il primo consiste nel soffocare il fuoco sempre acceso della collera, dell'impazienza, della violenza, per mezzo della guerra all'amor proprio che si fa sentire nelle tre concupiscenze le quali si disputano il nostro cuore. Noi c'irritiamo perché la nostra sensualità, il nostro orgoglio od il nostro desiderio di comparire e di essere onorati urtano contro qualche ostacolo: combattere queste tre passioni capitali è dunque far guerra al nemico della mansuetudine.

Il secondo modo consiste nel preferire a ciò che facciamo attualmente, ciò che ci si presenta, nell'ordine disposto dalla Provvidenza; se c'irritiamo, questo avviene perché siamo stornati da una occupazione che ci piace più di quella che Iddio allora ci assegna. Lasciamo adunque ogni cosa per obbedire alla volontà di Dio, e quel che si presenta sia sempre per noi la cosa migliore e più gradita. Questa trasformazione di noi stessi non può farsi che dall'amore dell'adorabile divina Volontà del momento, la quale, per la gloria di Dio e per il nostro maggior bene, varia le sue grazie ed i nostri doveri: noi siamo allora come un servo che lascia un padrone qualsiasi per mettersi al servizio della persona stessa del Sovrano. Come questo pensiero è atto a farci coraggio e a conservarci nella dolcezza e nella pace tra le vicissitudini della vita!

Ma viene in terzo luogo il migliore fra tutti i mezzi che è di avere sempre innanzi agli occhi l'esempio di Nostro Signore, il suo desiderio, il suo beneplacito; questo mezzo è stupendo, tutto luce, tutto cuore. Per essere mansueti, guardiamo all'Eucaristia: mangiamo la manna divina che ha in sé ogni sapore e soavità: facciamo nella Comunione la nostra provvista di dolcezza per tutto il giorno: né abbiamo tanto bisogno! Essere dolce come il nostro buon Salvatore e per amore di Lui, ecco la mira di un'anima che vuole vivere del suo spirito.

O anima mia, sii mansueta verso il prossimo che ti mette alla prova, come Dio, come Gesù, come la Santissima Vergine sono dolci verso di te; sii dolce verso di Lui, affinché il tuo Giudice ti sia benigno, poiché ti sarà restituito con la misura con cui avrai dato. E se tu pensi ai tuoi peccati, a quello che hai meritato e che meriti ancora, vedendo con quale bontà e dolcezza, con quale pazienza e rispetto ti tratta Nostro Signore, o povera anima mia, tu dovrai disfarti, verso il tuo prossimo, in dolcezza e umiltà di cuore.

di San Pietro Giuliano Eymard