Apparizioni a Ghiaie
SEGNI E PRODIGI CONFERMANO CHE LE APPARIZIONI SONO VERE
LA VEGGENTE
Normalità
Il primo segno di autenticità, va cercato nella personalità della veggente Adelaide Roncalli, nel maggio 1944.
È una bambina di 7 anni: spontanea, estroversa, più pronta al gioco ed allo scherzo che allo studio; frequenta la prima elementare.
Ha una intelligenza normale, scarsa memoria e poca fantasia; è portata piuttosto alle cose pratiche. È semplice, limpida come le acque dei torrenti, che allora irrigavano la sua terra.
Adelaide ha i suoi pregi e difetti come tutti i bambini, e non dimostra nulla di particolare, almeno all'esterno. È una delle tante, come dirà la mamma, e vive nell'anonimato, in una numerosa e sana famiglia della campagna bergamasca.
Durante le apparizioni mantiene spesso una tranquillità sorprendente. Piange solo quando l'urto della folla pare la travolga, o certi fanatici le strappano gli abiti o addirittura i capelli.
Tuttavia, anche allora, non perde la sua semplicità e domanda: "Perché tutti guardano me e non guardano voi?".
Il celebre pittore Galizzi s'incantava dinanzi a quella bambina innocente che vedeva la Madonna.
Adelaide è generosa e buona d'animo e mostra la maturità spirituale di chi è capace di perdonare.
Il Cortesi la definisce così: "È una bambina intelligente, moralmente sana e religiosamente educata". (v. L. Cortesi, Storia dei fatti di Ghiaie, o.c. pp. 148-149).
Le affermazioni del professore, in netto contrasto con la teoria dell'inganno da lui sostenuta, trovano piena conferma in varie relazioni mediche e testimonianze autorevoli.
Padre Agostino Gemelli
Gli esperti si sono posti la domanda delle cause del fenomeno straordinario.
Merita, fra tutti, una particolare attenzione il giudizio di padre Gemelli, fondatore e rettore dell'Università cattolica di Milano, Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze, psichiatra e psicologo di fama internazionale.
Egli comunica al vescovo di Bergamo il risultato del suo studio: Adelaide Roncalli è una bambina sana, normale; dotata di intelligenza pratica e buona d'animo. Le visioni che essa dice di avere avuto non provengono né da una mente malata, né sono frutto di suggestione o di menzogna.
Ritengo utile riportare quanto l'insigne maestro afferma nella sua relazione, in risposta alla teoria dell'inganno, sostenuta dal prof. Don Luigi Cortesi.
Padre Gemelli scrive:
"È da escludersi che si tratti di soggetto anormale in cui la menzogna dia ragione del racconto delle visioni avute. L'osservazione prolungata di quattro giorni avrebbe permesso, specialmente mediante test mentali, di mettere in luce una tale personalità nel quadro della quale sarebbe in modo evidente e pronto apparso il desiderio di ingannare o di presentare in maniera diversa dalla realtà la propria personalità. Lo si può escludere nel modo più assoluto, anche perché la bambina non ritorna mai spontaneamente sul racconto delle visioni; interrogata, abbassa la testa, si fa seria, tace; inoltre tutta la personalità si presenta allo psichiatra come una personalità dominata dalla spontaneità, dalla semplicità, dalla immediatezza, ossia da caratteri che non possono essere imitati da una bambina".
Ciò che per il Cortesi era la prova della menzogna: la ritrosia di Adelaide a parlare delle apparizioni, per padre Gemelli era un motivo in più per affermare la sincerità e l'attendibilità del racconto della bambina.
Chi conosce la teologia mistica, la storia delle apparizioni autentiche e la vita dei veggenti, sa che tutti quelli che hanno ricevuto doni particolari da Dio trovano grande difficoltà a parlarne. Essi amano custodire nel loro cuore il segreto del Re; conoscono che l'esperienza soprannaturale non si può mai tradurre adeguatamente nel nostro linguaggio umano, perciò preferiscono tacere.
Tra i veggenti delle più celebri apparizioni, ricordo Bernardetta di Lourdes e i tre pastorelli di Fatima.
A Bernardetta costò sempre molto parlare delle apparizioni e cercò di sottrarsi, quando e come poteva, agli interrogatori, alle domande non di rado indiscrete, alle visite di persone, -fossero anche vescovi.
René Laurentin scrive:
"Una prova inesauribile, quasi ossessionante, di continuo risorgente, fu quella delle visite.
Assediata a Lourdes, Bernardetta aveva lasciato il paese natale con la promessa che tutto sarebbe finito; invece si ricominciò ben presto...
Un giorno secondo la testimonianza di suor A. Faur, disse alla madre generale:
Cara madre, mi farò vedere solo se me lo ordinate in
virtù di santa obbedienza...
Quella volta, la superiora non insistette e Bernardetta ottenne soddisfazione. Sembrava temere in particolare le visite dei vescovi, evidentemente non in quanto tali, ma perché erano i soli autorizzati a vederla, quindi i più numerosi; inoltre, la coscienza del loro diritto li rendeva a volte indiscreti:
Questi poveri vescovi, (diceva Bernardetta, n.d.r.) farebbero meglio a restare a casa loro" (v. Bernardetta vi parla, Ed. Paoline, Roma 1983, pp. 516-517).
Giacinta, Francesco e Lucia di Fatima, quando non potevano sottrarsi fisicamente con la fuga, a chi li cercava per vederli e interrogarli, rispondevano il meno possibile alle domande.
Suor Lucia scrive:
"Siccome Giacinta aveva l'abitudine, negli interrogatori, di chinare il capo e fissare gli occhi per terra e di non dire quasi niente, praticamente ero sempre chiamata io per soddisfare la curiosità dei pellegrini.
Perciò ero chiamata continuamente in casa del parroco, per essere interrogata da questa o da quella persona, da questo o da quel prete. Venne una volta a interrogarmi un prete di Torres Novas. Mi fece un interrogatorio così minuzioso, così pieno di cavilli, che rimasi con qualche scrupolo di avergli nascosto qualcosa..." (v. o.c., pp. 81-82).
Giacinta, al tempo delle apparizioni di Fatima, ha la stessa età di Adelaide e il medesimo comportamento di fronte a chi la interroga. Tuttavia non è stata accusata di menzogna continuata.
Francesco non agisce in maniera diversa dalla sorella Giacinta.
Lucia scrive:
"Un giorno gli domandai:
Perché mai quando ti domandano qualcosa, tu abbassi la testa e non vuoi rispondere?
- Perché preferisco che lo dica tu, o Giacinta. Io non ho sentito niente. Soltanto posso dire che ho visto, sì. E se poi dico qualcuna di quelle cose che tu non vuoi?" (v. o.c., p. 129).
Lucia scrive ancora:
"Un giorno eravamo seduti sulla porta della casa dei miei zii, quando scorgemmo varie persone avvicinarsi. Francesco ed io, senza perdere tempo, corremmo ognuno in una stanza a nasconderci sotto il letto...
Un altro giorno eravamo seduti a pochi passi dalla loro casa, all'ombra di due fichi che pendono sulla strada. Francesco si allontanò un po', giocando. Vedendo avvicinarsi varie signore, corse ad avvisarci. Siccome a quel tempo si usavano dei cappelli con le tese larghe quasi come un setaccio, pensammo che con un tale arnese in capo, non ci avrebbero visti e senz'altro salimmo sui fichi. Appena le signore passarono, scendemmo subito e, in fuga affrettata, andammo a nasconderci in un campo di granoturco.
Questa nostra maniera di scappare ogni volta che potevamo, era pure un motivo dei lamenti del parroco; il reverendo si lamentava che noi scappassimo, soprattutto dai sacerdoti. Il reverendo aveva proprio ragione. Ma era perché specialmente i preti ci interrogavano e reinterrogavano e ci interrogavano ancora.
Quando ci trovavamo alla presenza di un prete, ci preparavamo già ad offrire a Dio uno dei nostri più grandi sacrifici" (v. o.c., pp. 87-88).
Le brevi notizie, tratte dalla vita dei veggenti di Lourdes e di Fatima, confermano la validità del giudizio di padre Gemelli. La sua è una conclusione per esclusione, ma di grande valore, perché porta l'indagine ad un punto molto avanzato. Padre Gemelli dice: la bambina è credibile. Si parla di giudizio di credibilità, non di giudizio sulla soprannaturalità dei fatti. Questo è il limite che il ricercatore non può superare e padre Gemelli lo sa, e perciò lascia tale giudizio all'autorità della Chiesa.
Severino Bortolan
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