di Don Curzio Nitoglia
Il serpente e Bergoglio
Ecco le linee di riflessione che il Pontefice ha proposto nella messa celebrata martedì mattina, 4 aprile, a Santa Marta.
http://m.vatican.va/content/francescomobile/it/cotidie/2017/documents
/papa-francesco-cotidie_20170404_nel-segno-della-croce.html
Il significato del serpente di bronzo
Siccome il popolo d’Israele ricominciò a mormorare contro Mosè Dio punì la sua mormorazione con le morsicature dei serpenti, che provocavano la morte degli israeliti. Allora il popolo si pentì e Dio suggerì a Mosè di fare una riproduzione in metallo (rame o bronzo) del serpente velenoso e di porla come bandiera o simbolo sopra un’asta di modo che chi, morso dai serpenti, l’avesse guardata con fede, pentendosi del male fatto, sarebbe guarito dalla morsicatura e non sarebbe morto (cfr. M. SALES, La sacra Bibbia, Il Vecchio Testamento, Torino, Marietti, 1921, vol. I parte II, Numeri, p. 73, nota 7-9).
Il Vangelo di S. Giovanni
Gesù stesso (Gv., III, 14-15) ha spiegato il simbolismo del serpente di rame, mostrando che esso era una figura o un tipo della salvezza eterna, che Cristo morto sulla Croce avrebbe recato a tutti gli uomini: “Come Mosè innalzò nel deserto il serpente, nella stessa maniera era necessario che fosse innalzato il Figlio dell’uomo”.
Secondo i Padri della Chiesa come Mosè innalzò il serpente di rame su un’asta, così Gesù doveva essere innalzato (“crocifisso”) sopra il legno della Croce, e come gli ebrei morsicati dai serpenti erano salvati dalla morte temporale guardando con viva fede il serpente di bronzo fatto da Mosè, così tutti gli uomini, morsi dall’antico serpente che è il diavolo, il quale li tenta al peccato che dà la morte all’anima, sono salvati dalla morte eterna se guardano con fede vivificata dalla carità Gesù confitto in Croce (1).
San Tommaso d’Aquino commenta così i versetti del Vangelo secondo Giovanni (XXI, 14-15): «Gesù presenta la figura profetica della Passione e la vuol desumere dall’Antica Legge. Il serpente di rame fatto da Mosè per ordine di Dio è una figura o un simbolo della Passione di Cristo. Infatti è una proprietà del serpente essere velenoso, ma il serpente di rame non aveva il veleno in sé, però era figura e simbolo del serpente velenoso. Così pure Gesù non aveva in Sé il peccato, che è il veleno spirituale e dà la morte all’anima, ma Gesù ebbe solo “la somiglianza del peccato”, come è rivelato in San Paolo (Rom., VIII, 3): “Inviando suo Figlio in una carne simile a quella del peccato”. Ecco perché Cristo ebbe in Sé l’effetto del serpente di rame contro i moti brucianti delle concupiscenze prodotte dal peccato».
Padre Marco Sales, alla scuola dei Padri e dell’Angelico, commenta: “nel serpente di bronzo innalzato da Mosè era figurata l’efficacia della morte di Gesù per coloro che avessero creduto in Lui. Anche Gesù per decreto divino deve essere innalzato sulla Croce, affinché tutti coloro che furono morsicati dall’antico infernale serpente possano conseguire la salvezza guardando Lui, ossia avendo una fede viva nell’efficacia della Sua morte. La fede viva o vivificata dalla grazia è quindi condizione necessaria per avere parte ai frutti della passione e morte di Gesù Cristo” (La sacra Bibbia, Il Nuovo Testamento, Torino, Marietti, 1911, Vangelo secondo Giovanni, II ed. Effedieffe, Proceno di Viterbo, 2015, p. 36, nota 14-15).
In S. Paolo è rivelato che “Gesù non si è fatto peccato”
Romani (VII, 3)
Padre Sales commenta: “Ciò che non poté far la Legge antica, lo fece Dio col mandare il Suo Figlio unigenito in carne simile a quella del peccato. Il Verbo del Padre prese vera carne e vera natura umana nel seno di Maria SS., ma essendo Dio e concepito per opera dello Spirito Santo, non ebbe nulla di quella corruzione del peccato che contamina la nostra natura ferita dal peccato originale. Perciò si dice che fu mandato non in carne di peccato, ma in carne simile a quella del peccato. La natura umana di Gesù fu santa e immacolata; siccome però andò soggetta al dolore e alla morte, che sono la punizione del peccato, viene detta simile alla carne del peccato per distruggere il peccato. Nella carne di Gesù pura e santa, immolata sulla Croce, Dio distrusse il regno della concupiscenza che ha sede nella carne. La concupiscenza, benché indebolita, rimane ancora in noi, ma non ci tiene più schiavi come prima della morte di Gesù, anzi con la grazia di Cristo possiamo resistere a tutte le sua tentazioni” (Il Nuovo Testamento. Le Lettere degli Apostoli, II ed. Effedieffe, Proceno di Viterbo, 2016, p. 121, nota 3).
Ebrei (IV, 15)
Secondo i Commentatori la natura umana assunta dal Verbo, con tutti i suoi intriseci limiti, le sue sofferenze, compresa la morte, Lo rende capace di capire e compatire le nostre infermità materiali e spirituali. “Solo nel peccato Cristo non ci assomiglia per la sua intrinseca e sostanziale Santità in quanto Egli è vero Dio (cfr. Giov., VIII, 46; I Giov., II, 1-2; II Cor., V, 21). D’altronde, è proprio in virtù di questa necessaria, ma anche provvidenziale assenza di ‘peccato’ in Lui che la Sua intercessione ha un valore infinito” (S. CIPRIANI, Commento alle Lettere di S. Paolo, Assisi, Cittadella Editrice, ed. V, 1965, p. 763, nota 14-16).
Infine padre Marco Sales chiarisce mirabilmente il pensiero di San Paolo: “Cristo come noi ha voluto essere tentato, ma le tentazioni di Gesù provenivano dal di fuori, ossia dal diavolo e non dal di dentro, ossia dalla sua natura, poiché in Gesù non vi fu il peccato originale, né la lotta tra la carne e lo spirito come avviene in noi feriti dal peccato di Adamo. Egli è stato tentato senza che giammai fosse morso dal peccato” (Il Nuovo Testamento. Le Lettere degli Apostoli, II ed. Effedieffe, Proceno di Viterbo, 2016, p. 540, nota 15).
Conclusione
Innanzitutto Bergoglio, come un iniziato della contro-chiesa, inverte i termini della comparazione fatta dalla S. Scrittura tra il serpente di bronzo di Mosè e Gesù. Infatti mentre per la S. Scrittura il serpente di bronzo è il tipo, l’ombra e la figura di Gesù che è la realtà significata, al contrario per Bergoglio Gesù è il tipo e la figura non solo del serpente di bronzo di Mosè, ma addirittura anche del serpente infernale, il che è oggettivamente blasfemo ed ereticale. Inoltre “Gesù non si è fatto peccato”, come è rivelato nelle Epistole di S. Paolo, ma al contrario il Verbo ha assunto una natura “simile” a quella dell’uomo, “tranne” la macchia del peccato originale e quella dei peccati attuali. Infine Gesù non si è fatto diavolo, come vorrebbero gli gnostici, gli esoteristi, i maghi, i cabalisti di tutti i tempi, ma Egli ha sconfitto il diavolo con la sua morte in Croce. Gesù non ha nulla in comune col diavolo come è rivelato nelle Scritture: “quale unione c’è tra la luce e le tenebre. Cosa c’è in comune tra Cristo e Beliar?” (II Cor., VI, 14-15), anzi è l’esatto opposto del diavolo come la luce lo è delle tenebre, come insegna S. Giovanni “Dio è luce e in Lui non ci sono tenebre” (I Giov., I, 5).
Invece secondo Bergoglio «Gesù si è “fatto serpente”, Gesù si “è fatto peccato” e ha preso l’apparenza del padre del peccato, del serpente astuto».
Come ha scritto Antonio Socci: «Quella di Bergoglio è una esegesi gnostica di quella gnosi che arriva a fondere in “uno” Cristo e Lucifero nel segno del “serpente”».
Con Bergoglio assiso sulla cattedra di Pietro, come i farisei ai tempi di Gesù si erano “assisi sulla cattedra di Mosè” (Mt., XXIII, 2), ci sembra di assistere alla realizzazione del messaggio dato in sogno dalla Madonna della Rivelazione a Bruno Cornacchiola il 21 settembre 1988: “Quello che ho sognato non si avveri mai, è troppo doloroso e spero che il Signore non permetta che il Papa neghi ogni verità di fede e si metta al posto di Dio. Quanto dolore ho provato nella notte, mi si paralizzavano le gambe e non potevo più muovermi, per quel dolore provato nel vedere la Chiesa ridotta ad un ammasso di rovine” (S. GAETA, Il veggente. Il segreto delle tre fontane, Milano, Salani, 2016, p. 218).
Sembrerebbe quasi che Bergoglio voglia mettersi al posto di Gesù presentandoLo come “il serpente, il peccato e il diavolo” e presentandosi come il “Papa del dialogo, buono, misericordioso e povero”.
Ora l’Anticristo è descritto da San Paolo come “l’uomo iniquo, l’avversario [di Cristo], che si innalza su tutto ciò che è divino e oggetto di culto, sino a sedersi nel Tempio di Dio, proclamando che egli stesso è Dio” (2aTess., II, 3, 9-10). Non dico che Bergoglio sia l’Anticristo finale, ma certamente è uno degli anticristi iniziali, che preparano la strada a quello finale e lavorano alacremente alla distruzione del Cristianesimo (2).
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