domenica 27 settembre 2020

Lettere di Sant'Agostino

 


LETTERA 7 


Scritta nello stesso tempo (388-91). 

A. risponde alla lettera precedente dicendo che la memoria può  esistere anche senza l'immaginazione (n. 1); i fantasmi sono  generati nell'anima attraverso i sensi (n. 2-3); essi sono di tre  generi (n. 4); e possono influire nefastamente sull'anima (n. 5):  risolve un'obiezione ed esorta Nebridio a resistere ai fantasmi  prodotti dai sensi (n. 6-7). 


AGOSTINO A NEBRIDIO 

Può darsi memoria senza immaginazione. 

1. 1. Lascerò da parte i preamboli e comincerò prontamente a  trattare quello che impazientemente desideri che io ti dica, tanto  più che non arriverò presto alla fine. Tu credi che non possa esservi  affatto memoria senza quelle immagini o rappresentazioni, che  sono frutto di immaginazione, che hai voluto chiamare fantasie; io  la penso diversamente. Bisogna dunque, innanzitutto, osservare  che noi non ci ricordiamo sempre di cose che passano, ma per lo  più di cose che durano. Perciò, sebbene la memoria rivendichi a sé  il compito di ricordare fedelmente il passato, tuttavia è certo che  essa in parte è memoria di cose che ci lasciano, in parte di cose che  sono lasciate da noi. Infatti, quando mi ricordo di mio padre,  evidentemente ricordo una cosa che mi ha lasciato ed ora non è  più; quando invece mi ricordo di Cartagine, ricordo una cosa che  esiste e che io ho lasciato. Tuttavia in entrambi questi casi la  memoria conserva il ricordo del passato. Giacché tanto quell'uomo  quanto questa città io li ricordo per quello che ho visto, non per  quello che vedo. 

La memoria e l'atto di ricordare. 

1. 2. A questo punto tu forse domandi: a che mirano codeste tue  considerazioni? Tanto più che osservi come entrambe queste cose  non possano giungere alla memoria se non attraverso la visione fantastica. Ma a me basta avere intanto dimostrato che si può  parlare di memoria anche a proposito di cose che non sono ancora  passate. Procura comunque di ascoltare attentamente che  vantaggio io ne tragga. Alcuni criticano, senza fondamento, quella  celeberrima scoperta di Socrate per cui si sostiene che ciò che  apprendiamo non s'imprime in noi come cosa nuova, ma è  richiamato alla memoria per reminiscenza, e sostengono che la  memoria riguarda le cose passate e che invece quello che noi  apprendiamo per mezzo dell'intelligenza, per asserzione dello  stesso Platone, dura sempre e non può perire e perciò non è  passato. Costoro però non badano al fatto che è passata la visione  durante la quale abbiamo un tempo contemplato con la mente  queste cose; e poiché ci siamo allontanati da esse ed abbiamo  cominciato a vedere altri oggetti in modo diverso, le rivediamo per  reminiscenza, cioè per mezzo della memoria. Perciò se, per  omettere altri esempi, l'eternità in sé dura sempre e non ha  bisogno di alcuna immagine fantastica per servirsene quasi come  veicolo per giungere alla nostra mente (e tuttavia non potrebbe  giungervi se non la ricordassimo), si può avere memoria di certe  cose senza alcuna immaginazione. 

L'anima senza l'uso dei sensi non può avere immagini. 

2. 3. Quanto poi alla tua opinione che l'anima possa immaginare  oggetti corporei anche senza servirsi dei sensi, si dimostra falsa in  questo modo: se l'anima, prima di far uso dei sensi per la  percezione dei corpi, può con la fantasia rappresentarsi questi  stessi corpi, e (cosa che nessuna persona sana di mente mette in  dubbio) si trovava in uno stato migliore prima di essere impigliata  in questi sensi ingannatori, si trovano in uno stato migliore le anime  delle persone che dormono che le anime di quelle che sono deste,  quelle dei frenetici che quelle di coloro i quali non sono affetti da  una tale calamità: infatti sono colpite dalle stesse immagini da cui  erano colpite prima di avere i sensi, questi messaggeri quanto mai  fallaci; e allora o sarà più vero il sole che essi vedono di quello che  vedono le persone sane e deste o le cose false saranno superiori a  quelle vere. Se queste conclusioni sono assurde, come  effettivamente lo sono, l'immaginazione, o mio Nebridio, non è altro  che una ferita che giunge [all'anima] attraverso i sensi; per opera  dei quali avviene non un'evocazione, come tu scrivi, in modo che si  formino nell'anima siffatte visioni, ma l'azione stessa di introdurre  o, per dirlo più precisamente, di imprimere [in essa] queste false immagini. Quanto poi alla tua osservazione, come sia possibile che  immaginiamo dei volti e delle figure che non abbiamo mai viste,  essa è acuta. Perciò farò una esposizione che renderà questa lettera  più lunga del normale: non però ai tuoi occhi, cui nessuno scritto è  più gradito di quello che mi reca a te più loquace del solito. 

Le varie  specie d'immaginazioni. 

2. 4. Io vedo che tutte queste immagini che tu, con molti, chiami  fantasie si dividono molto opportunamente e veracemente in tre  categorie, la prima delle quali è stata impressa [in noi] dalle cose  percepite attraverso i sensi, la seconda da quelle opinate e la terza  da quelle trovate razionalmente. Esempi del primo tipo si hanno  quando la mia mente si raffigura il tuo volto o Cartagine o il nostro  defunto amico Verecondo e qualsiasi altra delle cose che esistono  ancora o sono scomparse, che però io ho visto e sentito. Nella  seconda categoria si devono mettere le cose che noi pensiamo  siano state o siano in un determinato modo, ad esempio quando  per esporre la nostra opinione su qualcosa facciamo volutamente  delle supposizioni che non sono affatto di ostacolo per giungere alla  verità, oppure quello che immaginiamo quando leggiamo la storia e  quando ascoltiamo delle favole o le componiamo o le inventiamo. Io  infatti mi immagino come mi piace e come mi viene in mente il  volto di Enea, quello di Medea coi suoi serpenti alati legati al giogo,  quello di un Cremete e di un Parmenone. A questa categoria  appartengono anche quelle cose che hanno raccontato sia i saggi,  adombrando qualche verità sotto tali figurazioni, sia, come verità,  gli stolti fondatori delle svariate e false religioni: ad esempio il  tartareo Flegetonte, le cinque grotte degli abitanti delle tenebre  infernali, l'asse settentrionale che tiene insieme il cielo, e mille altre  invenzioni fantastiche dei poeti e dei seguaci di false dottrine. Però  diciamo anche nel corso di un ragionamento: supponi che vi siano  uno sull'altro tre mondi fatti come lo è questo; e: supponi che la  terra abbia forma quadrata, e cose di questo genere. Tutto ciò  infatti noi immaginiamo e ipotizziamo a seconda delle circostanze in  cui si svolge il nostro ragionamento. Quanto poi alle cose  riguardanti la terza specie di immagini, si tratta soprattutto di  numeri e di dimensioni. Ciò in parte trova riscontro in natura, ad  esempio quando per via di ragionamento si trova la forma del  mondo, e a questa scoperta segue, nella mente di colui che pensa,  l'immagine; in parte nelle scienze che formano oggetto di  insegnamento, come le figure geometriche, i ritmi della musica e l'infinita varietà dei numeri. Queste cose, per quanto vengano colte,  come io penso, nella loro verità, tuttavia producono delle false  immaginazioni cui l'intelletto stesso a stento riesce a sottrarsi;  sebbene neppure in un ragionamento condotto con metodo rigoroso  sia facile sottrarsi a questo inconveniente, quando nelle distinzioni e  nelle conclusioni facciamo conto quasi di usare dei sassolini fatti per  il calcolo (4 bis). 

L'anima è soggetta alle falsità delle immagini. 

2. 5. In tutta questa selva d'immagini, io sono convinto che tu non  credi che la prima specie riguardi l'anima prima che sia connessa  coi sensi, e su questo punto non c'è bisogno di indugiare a  discutere. Sulle altre due si potrebbe ancora a buon diritto porre il  quesito se non fosse palese che l'anima, quando ancora non è stata  colpita da ciò che vi è di vano nelle cose sensibili e nei sensi, è  meno soggetta ad ingannarsi: ma chi potrebbe mettere in dubbio  che codeste immagini siano molto meno vere delle cose sensibili?  Infatti ciò che pensiamo e crediamo oppure inventiamo è in ogni  parte assolutamente falso, e certamente, come tu capisci, è molto  più vero quello che vediamo e sentiamo. Infine, per la terza specie,  qualsiasi spazio corporeo io mi rappresenti con la mente, sebbene il  pensiero sembri averlo creato in base a rigorosi principi scientifici  che non permettono il minimo errore, io dimostro irrefutabilmente  che è falso poiché sono di nuovo questi stessi principi a provarlo.  Perciò io non posso credere in nessun modo che l'anima quando  ancora non percepiva attraverso il corpo, quando ancora non era  stata colpita, tramite i sensi sommamente fallaci, da sostanza  mortale e passeggera, giacesse in tanta e così vergognosa falsità. 

Si risolve una obiezione. 

3. 6. Donde ha dunque origine il fatto che noi ci rappresentiamo le  cose che non abbiamo mai viste? Che cosa puoi pensare se non che  vi è una facoltà di diminuire e di aumentare, insita nell'anima, che  essa porta necessariamente con sé dovunque vada? Questa facoltà  si può avvertire specialmente nel campo dei numeri. Per essa  accade che, se ci si pone per dir così dinanzi agli occhi la figura di  un corvo, per esempio, che cioè ci sia nota per averla già  osservata, col togliere e con l'aggiungere ad essa qualcosa, si  trasforma in una figura qualsivoglia assolutamente mai vista. Per  essa accade che, indugiando abitualmente il nostro spirito in siffatte cose, figure di questo genere invadono quasi spontaneamente i  nostri pensieri. È dunque possibile all'anima, servendosi  dell'immaginazione, formare da quello che il senso ha introdotto in  essa (togliendo, come si è detto, e aggiungendo qualche cosa) delle  immagini che nessun senso riesce a cogliere nella loro totalità, ma  che sono parti di ciò che aveva colto in questo o quell'oggetto. Così  noi da fanciulli, pur nati ed allevati nell'entroterra, vedendo l'acqua  anche solo in un piccolo bicchiere, potevamo già immaginarci il  mare; mentre il sapore delle fragole e delle corniole in nessun  modo ci sarebbe venuto in mente prima che le gustassimo in Italia.  Da questo dipende il fatto che coloro che sono ciechi fin dalla  tenera infanzia, quando vengono interrogati sulla luce e sui colori  non sanno che cosa rispondere. Giacché nessuna immagine del  colore possono avere quelli che non hanno mai percepito alcuna  immagine. 

Si deve resistere alle immaginazioni sensibili. 

3. 7. Né devi stupirti come mai gli oggetti, che in natura hanno una  forma e possono immaginarsi, non si trovino fin da principio insiti  nell'anima che è in ciascuno, non avendoli essa mai percepiti  dall'esterno attraverso i sensi. Infatti anche noi quando, per lo  sdegno o la gioia e per gli altri sentimenti dell'animo di tal fatta,  produciamo nel nostro corpo vari atteggiamenti e colori, il nostro  pensiero non può concepire tali immagini prima che noi possiamo  provocarle. Queste cose avvengono secondo quei mirabili  procedimenti (che lascio alla tua meditazione), che si verificano  quando nell'anima si agitano i numeri in essa nascosti senza alcuna  falsa rappresentazione corporea. Di conseguenza io vorrei che tu,  poiché avverti che vi sono tanti moti dell'anima privi di tutte le  immagini su cui ora vai investigando, capissi che l'anima ha in sorte  il corpo per qualsivoglia altro impulso piuttosto che per aver  pensato a forme sensibili, che io ritengo non possa in alcun modo  percepire prima di far uso del corpo e dei sensi. Pertanto per la  nostra amicizia e per la fedeltà alla stessa legge divina, amico  carissimo e amabilissimo, io vorrei caldamente raccomandarti di  non stringere alcuna amicizia con codeste ombre infernali e di non  indugiare a rompere quella che da te è stata stretta con esse.  Giacché in nessun modo si resiste ai sensi, e questo è per noi il  dovere più sacro, se accarezziamo le piaghe e le ferite da essi  inferteci. 

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