Estratto dal libro: “La banca la moneta e l’usura” di Sua Ecc.za dott. Bruno Tarquini
L’OPPOSIZIONE
ALLA MONETA DEL POPOLO
L’attuazione della Moneta del popolo costituirebbe una
rivoluzione epocale, che porrebbe fine a quelle ben radicate posizioni di dominio che potentissime centrali finanziarie hanno gradatamente conquistato nel corso del
XIX e del XX secolo, realizzando un piano minutamente concepito e pervicacemente perseguito. Dominio che,
attualmente, si concretizza non solo nei singoli Stati (compreso naturalmente quello italiano), ma anche su dimensione mondiale, attraverso il fenomeno della cosiddetta
globalizzazione, che costituisce “l’obiettivo pratico e deliberato che uomini concreti, tramite organizzazione
con tanto di nome e sede legale, sistemi informativi
massmediali ed editoriali – a servizio di forze oscure ed
imperscrutabili dell’universo – vogliono raggiungere
per il proprio tornaconto personale e di gruppo”.
Ed è intuitivo che, conseguendo questo loro obiettivo, i
protagonisti della finanza mondiale estendono il loro dominio dall’area prettamente economica e monetaria a quella politica e culturale, aiutati, in ciò, da una enorme schiera di “servitori”.
Perciò, è facilmente comprensibile come la restituzione
allo Stato della sua originaria sovranità monetaria non
possa essere gradita alle onnipotenti centrali finanziarie, e come possa essere, perciò, di difficile attuazione.
Anche perché si deve tenere nel debito conto, oltre alle
complicità ed alle collusioni esistenti nei settori della società che contano (compresi quelli della comunicazione),
anche la stratificata ignoranza generale e la rassegnata indifferenza, anch’essa colpevole, sulle questioni inerenti alla moneta. Né devono trascurarsi le certamente non lievi
difficoltà rappresentate dalla nuova dimensione europea
assunta dal problema monetario, quale è stato finora delineato nei suoi vari profili.
Tutto ciò, però, non significa che, anche nell’attuale situazione nazionale ed europea, non si possano adottare dei
provvedimenti idonei quanto meno a ridurre, da un lato, il debito pubblico e, dall’altro, la scarsità monetaria.
IL DEBITO PUBBLICO
Se lo Stato fosse veramente interessato ad intervenire nel
settore monetario, al fine di invertire la tendenza del debito pubblico a gonfiarsi e del circolante a restringersi, potrebbe operare non solo utilizzando gli imponenti “residui
passivi”, oppure orientandosi più proficuamente nel terreno delle privatizzazioni, ma soprattutto programmando la
trasformazione in moneta legale dei titoli del Tesoro (o
di una loro quota), posseduti dai risparmiatori privati, al
momento della loro scadenza.
“In altri termini, quote predeterminate di titoli in scadenza non saranno più rimborsati nello stesso tipo di
moneta con cui sono stati acquistati, bensì diverranno
essi stessi moneta”, munita dello stesso illimitato potere
liberatorio che assiste gli altri tipi di moneta cartacea esistenti sul mercato, come le banconote della Banca d’Italia,
gli assegni di conto corrente e gli effetti cambiari commerciali.
Riportando testualmente quanto scritto dall’economista
Santoro: “La trasformazione di titoli in moneta base
permette allo Stato di appropriarsi della potestà monetaria
crescendo in prestigio, autorità ed in efficacia di governo.
Inoltre, tale provvedimento andrebbe concretamente
nella direzione del tanto auspicato e mai seriamente
perseguito obiettivo di far svolgere, ai fini produttivi, il
risparmio dei cittadini e delle imprese (per la quota di titoli del Tesoro acquistati dalle imprese) favorendo, per
quanto riguarda queste ultime, il cosiddetto autofinanziamento ossia il reinvestimento nella stessa impresa della
parte non distribuita degli utili”.
“Chiesa viva” NUMERO UNICO *** Gennaio 2014
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