Se vale ancora l’antica Alleanza, a che serve Gesù?
di Francesco Lamendola
Più si riflette sulla questione; più si studiano e si meditano i testi; più si ricostruisce il percorso storico che ha portato alla situazione attuale, e più ci si persuade che tutto quanto è accaduto dal conclave del 1958 in poi, e soprattutto dal Vaticano II, in seno alla Chiesa cattolica, e che sta continuando ad accadere, e anzi col pontificato attuale ha assunto un ritmo vertiginoso, altro non è che la conseguenza di un preciso atto di sottomissione della Chiesa stessa all’ebraismo rabbinico e talmudico, anticristiano per storia e per vocazione, e perciò, necessariamente, una strategia di auto-demolizione controllata, alla fine della quale è previsto che non sopravviva più nulla della vera dottrina cattolica e del vero insegnamento di Gesù Cristo. Tutto il resto: l’ecumensimo coi protestanti; il dialogo con l’islam; il cedimento progressivo, sul piano etico, alle rivendicazioni della cultura moderna, di matrice massonica e illuminista; e da ultimo la resa al migrazionismo e all’omosessualismo trionfante, vale a dire agli aspetti più spettacolari e devastanti della globalizzazione massonica e anticristiana, non è che la necessaria conseguenza e, per così dire, l’effetto collaterale, o meglio la somma degli effetti collaterali, di quell’atto fondamentale. Intendiamo dire che i contro-teologi, i contro-vescovi e i contro-preti della sinagoga di Satana, cioè della falsa chiesa rappresentata da Bergoglio e Soci, ma iniziata sotto il pontificato del cosiddetto “papa buono”, Giovanni XXIII (modernista fin dalla giovinezza, e che scelse, guarda caso, il nome di un antipapa del periodo medioevale) non sarebbero arrivati dove sono arrivati, su ciascuno di questi fronti, se non avessero dovuto, per la forza stessa delle cose, allargare la breccia aperta con quell’atto fondamentale: la resa all’ebraismo, la genuflessione davanti ad esso, non tanto l’ebraismo come religione storica, ma come nuova religione dell’Olocausto. E l’ammissione piena e convinta che c’è salvezza anche fuori della Chiesa, dunque che Gesù Cristo ci interpella in maniera elastica e non impegnativa, non essendo più vero, di fatto, quel che dice il Vangelo, ossia che nessuno può venire al Padre se non per mezzo di Lui.
La resa all'ebraismo inteso come "Nuova religione dell’Olocausto"? Dalla Nostra Aetate alla nuova dottrina ebreo-cattolica: il percorso storico che ha portato alla situazione attuale.
Il fatto è che noi tutti siamo abituati, fin da piccoli, a sentir magnificare le virtù eccelse del dialogo interreligioso, a vedere la scomunica come uno strumento assolutamente improponibile e relegato nelle nebbie del passato (salvo, s’intende, se si tratta di colpire i tradizionalisti, a partire da monsignor Lefebvre e arrivando a don Minutella: allora la scomunica torna ancora buona!); ci è così familiare l’idea che la Chiesa è aperta a tutti, non manda via nessuno, non proclama più dogmi, non difende più una verità non negoziabile, e soprattutto non riconosce più l’esistenza dei suoi nemici (anche se i nemici di Cristo ci sono, eccome), che diamo quasi per scontato che gli ebrei siano i nostri fratelli maggiori, che l’islam sia una religione di pace, che anche i massoni siano i nostri cari fratelli, e che i protestanti siano gli amati fratelli temporaneamente separati. E così facendo, ci siamo scordati, un po’ tutti, che una casa non può esistere se non ha dei muri che la proteggano dall’esterno, e una porta che consenta di entrare solo a chi viene in pace, mentre tiene fuori i lupi travestiti da agnelli; che una religione senza dogmi è una barzelletta, una combriccola di amici al bar ove ciascuno afferma o nega quel che gli pare e piace; e che vedere ovunque solo degli amici desiderosi di dialogare, e disconoscere che esistano anche i nemici, è il modo migliore per offrirsi, inermi ed imbelli, alle aggressioni di chiunque voglia imporsi con la forza.
Se vale ancora l’antica Alleanza, a che serve Gesù? Oggi non è più vero quel che dice il Vangelo, ossia che nessuno può venire al Padre se non per mezzo di Lui!
Ora, in cima a questi nemici c’è l’ebraismo: non le persone degli ebrei, che, in quanto persone, vanno rispettate e anche amate, secondo l’insegnamento evangelico; ma l’ebraismo in quanto religione post-esilica, talmudica e rabbinica, millenarista e fortemente anticristiana. Non stiamo parlando, si badi, dell’ebraismo dell’Antico Testamento, ossia di quello predicato da Mosè e dai Profeti, credenti nel Salvatore venturo; stiamo parlando dell’ebraismo successivo all’assassinio di Gesù Cristo (che, a quanto ci risulta, non è morto di raffreddore, ma condannato alla crocefissione per volontà caparbia del Sinedrio). E dunque stiamo parlando di una religione che ha conosciuto ma rifiutato il Salvatore venuto; che ne ha voluto la morte; che ha perseguitato, fin dall’inizio, i suoi Apostoli; che ha istigato gli imperatori romani a perseguitare i loro successori e tutti i credenti in Gesù; che ha coltivato per secoli, nel corso del Medioevo e fino ai nostri giorni, l’odio e il disprezzo nei confronti del Signore Gesù e della sua Santissima Madre, e l’avversione implacabile contro i suoi seguaci, concentrando su di essi il rancore per la loro attesa delusa di un salvatore politico, un guerriero che li ponesse a capo del mondo. E che gli ebrei, peraltro, continuano ad aspettare; anzi, che ritengono essere ormai giunto, non sotto la forma di un singolo personaggio, ma come realtà collettiva del popolo d’Israele, che ormai reclama i suoi diritti mondiali in quanto popolo eletto da Dio.
Il dialogo con l'ebraismo non è un dialogo, ma una sorta di monologo a senso unico, dove la Chiesa concede praticamente tutto e viceversa non riceve alcunché!
Ha affermato, fra le altre cose, l’ottimo professor Matteo D’Amico, nel corso della conferenza su Cattolicesimo ed ebraismo postata il 2/3/19 (https://www.youtube.com/watch?v=ZDCxKZdY7hM):
Ci sono siti che elencano tutti gli incontri, le conferenze, le visite, di delegazioni ebraiche presso la Santa Sede, in particolare presso il Santo Padre: si contano a decine, e decine, e decine, e decine, solo dal 2005 a oggi; se risalgo prima, al lungo pontificato di Giovanni Paolo II, sono praticamente innumerevoli. Io penso nessun altro gruppo ha avuto accesso così costantemente e frequentemente a Roma, al Santo Padre. Queste delegazioni sono anche, spesso, delle organizzazioni massoniche, para-massoniche ebraiche: alludo alla loggia del B’nai B’rith che è una loggia riservata, sostanzialmente, solo a esponenti del popolo ebraico, che sono fra le più ricevute, e che fra l’altro hanno avuto un ruolo fondamentale nella genesi della «Nostra aetate». E queste delegazioni vengono salutate… vi dico solo un saluto posto a queste delegazioni della loggia massonica ebraica B’nai B’rith. Lunedì 18 dicembre 2006, il Pontefice si congeda da un gruppo del B’nai B’rith internazionale con questo saluto: «Durante questo tempo santo [siamo nell’Avvento] invoco cordialmente su di voi e sulle vostre famiglie un’abbondanza di divine benedizioni. Shalom aleikhem». Questo è il saluto alla delegazione dei massoni ebrei. Ora, la massoneria – lo ha detto anche prima qualche altro relatore – è la contro-chiesa, la sinagoga di Satana, il nemico della Chiesa; è difficile pensare che il buon Dio dia abbondanza di divine benedizioni sulla contro-chiesa; questo è difficilmente credibile da parte dei cattolici. E notiamo anche che in questi saluti non compare, ovviamente, mai il Nome del nostro Signore, Gesù Cristo; e tanto meno l’invito, per esempio, a convertirsi, o riferimenti al grande rabbino Eugenio Zolli, o ai fratelli Ratisbonne, che sono esempi straordinari di conversioni, in questi due casi, miracolose. Questo è un esempio della grave crisi che segna il rapporto con l’ebraismo. Il primo atto del Pontefice regnante [Bergoglio], in assoluto, formalmente risultante agli atti, è il saluto al rabbino capo di Roma. Di Segni. E anche qui si potrebbe dire: «Va bene, in fondo è il saluto al capo di un’altra religione». Sì, però questo capo di un’altra religione, fra le sue più recenti pubblicazioni, in quel momento aveva una edizione da lui curata delle «Toledot Yesu», un racconto ricco di bestemmie e blasfemie a danno di nostro Signore e della sua Madre, la Santissima Vergine, che circolava nei ghetti durante il Medioevo.
22 marzo 1984, Giovanni Paolo II riceve la delegazione della Massoneria ebraica del B'nai B'rith.
Quindi voi capite che salutare e rendere onore a un rabbino che si fregia di pubblicazioni, di testi, di bestemmie, blasfemie e offese di ogni tipo a nostro Signore, è indubbiamente qualcosa ha un sapore non particolarmente buono. Visite alla sinagoghe non si contano più; concessioni dottrinali crescenti, che – questa è la cosa più importante – non prevedono alcun tipo di contraccambio, cioè non risulta agli atti una sola, una ammissione, di un qualunque tipo, da parte dei rabbini, degli studiosi ebrei, verso la Chiesa cattolica o verso il cristianesimo; mentre risultano, ahimè, come vedremo, moltissime concessioni, viceversa, fatte dalla Chiesa al mondo ebraico. Abbiamo poi altri aspetti: per esempio la visita ad Auschwitz, che sembrerebbe lentamente assumere il valore quasi di un atto rituale che sembra far parte dell’insegnamento ufficiale del nuovo pontefice. Cioè sembrerebbe quasi, lentamente, una serie di omaggi a certi luoghi, come il Muro del Pianto, entrare in una sorta di nuova ritualità che viene imposta, o sembra essere imposta, alla Chiesa. Il dialogo non è un dialogo, ma, come vedremo una sorta di monologo a senso unico, dove la Chiesa concede praticamente tutto, ahimè, viceversa non riceve alcunché dall’altra parte. Un dialogo, quindi, che ci ricorda il dialogo coi protestante. Se voi andate un qualunque centro studi protestante, guardate: quello che dicono sono esattamente le stesse cose che dicevano prima del’ecumenismo. Non si sono spostati di una virgola, su niente, assolutamente niente. Non è che sia cambiato qualcosa, nella teologia protestante: anzi, c’è solo un grande compiacimento per come la Chiesa cattolica, diciamo, si sta avvicinando alle posizioni protestanti. Inoltre, i gesti spettacolari – ho citato prima la visita al Muro del Pianto, col rituale di infilare un bigliettino dentro il Muro del Pianto, mimando, appunto, il gesto che fanno i rabbini ortodossi, o le visite alle sinagoghe sono gesti che rappresentano in sé, anche per lo scenario in cui si svolgono – per esempio: il Papa è solo; l’assenza di qualunque accompagnamento o di atti che esaltino la sua regalità; la sua figura è sempre molto umile, nel modo in cui si accosta a questi luoghi rituali – be’, sembra di essere di fronte a una sorta di regia. Una regia, un copione, un canovaccio, che segue tappe precise, che sono dettate e, in un certo senso, imposte, al Supremo Pontefice.
Il cardinale Augustin Bea, qui nella foto con il rabbi Abraham Joshua Heschel durante il meeting del 1963 con la rappresentanza dell'American Jewish Committee, fu uno dei protagonisti del Concilio Vaticano II, impegnandosi in prima persona alla stesura della dichiarazione Nostra Aetate.
Non è possibile qui, per motivi di spazio, prolungare ulteriormente la già lunga citazione: invitiamo però il lettore a prendere visione dell’intero testo, e specialmente della seconda parte, nella quale si delinea una vera e propria strategia di ebraizzazione del cattolicesimo (come contestualmente c’è una sua protestantizzazione), strategia che è già in atto e che trova nel Cammino Neocatecumenale la sua punta di diamante – quasi certamente, aggiungiamo, nella piena inconsapevolezza della maggior parte dei suoi aderenti - e che culmina, a livello dottrinale, nell’esplicita affermazione che l’Antica Alleanza è sempre valida e che perciò gli ebrei non hanno alcun bisogno di convertirsi per giungere alla salvezza. Noi stessi abbiamo già ripetutamente affrontato questo argomento, individuando appunto nella Nostra Aetate il momento decisivo della auto-demolizione cattolica, ossia il cuneo mediante il quale l’insegnamento tradizionale della Chiesa è stato sgretolato, pezzo a pezzo, per la logica implacabile insita nella premessa, che smentisce clamorosamente duemila anni di teologia - passando per il Nuovo Testamento, i Padri, la Scolastica e la Tomistica - e di autentico Magistero della Chiesa, gli uni e l’altro assolutamente concordi su questo punto, ossia che gli ebrei devono riconoscere la nuova Alleanza (vedi il nostro articolo: Un segnale di resa preciso e inconfondibile, pubblicato sul sito dell’Accademia Nuova Italia il 17/06/18; cfr. anche: Ma cosa significa dialogo inter-religioso?, il 21/11/17). Il professor D’Amico ha il merito di mostrare con estrema chiarezza ed evidenza, sulla base sia di argomenti storici che logici, e al tempo stesso con grande pacatezza e senso dell’equilibrio, che una volta fatta quella incredibile affermazione, la quale ha il sapore di una concessione a senso unico, se non di una resa a discrezione del cattolicesimo all’ebraismo, senza alcuna contropartita sul piano del tanto sbandierato dialogo interreligioso, si apre una serie di fatali conseguenze che conduce necessariamente ad un auto-annichilimento del cattolicesimo e della Chiesa. Ed ecco, allora, che aver soppresso la preghiera per la conversione degli ebrei, Oremus et pro perfidis Judaeis, non è stato in alcun modo un atto di riparazione verso presunte sopraffazioni del cattolicesimo nei loro confronti, perché quella parola, “perfidi”, nell’accezione latina e nel suo contesto liturgico-teologico, ha un significato tutt’altro che spregiativo, ma è un anello coerente della catena volta a sostituire alla dottrina cattolica di sempre, nulla salus extra Ecclesiam, una dottrina nuova, ebreo-cattolica e perciò gnostica, quindi anticattolica, frutto della cosiddetta stagione conciliare e del tanto, troppo magnificato “spirito” conciliare (cfr. il nostro articolo: La pietra che, rimossa, fa vacillare la Chiesa, pubblicato sul sito dell’Accademia Nuova Italia il 15/1017).
Perchè nessun rabbino ha mai detto di rammaricarsi per la condanna di Gesù voluta dal Sinedrio?
E allora, chiederà qualcuno, dove vuoi arrivare con questi discorsi: a rinnovare l’accusa di deicidio rivolta agli ebrei nel passato? Certo che sì: non agli ebrei in quanto popolo (nessun popolo è collettivamente responsabile di quanto fecero i suoi avi), ma in quanto seguaci della religione talmudica, tutt’oggi intrisa di odio anticristiano. E se è vero, come ricorda il professor D’Amico, che innumerevoli sono state le concessioni fatte dalla Chiesa agli ebrei a partire dal Vaticano II, e innumerevoli sono stati e sono tuttora i segni di afflizione e contrizione per le sofferenze di quel popolo, con tanto di visite papali ad Auschwitz e al Muro del Pianto, è altrettanto vero che nessun rabbino ha mai detto di rammaricarsi per la condanna di Gesù voluta dal Sinedrio. A proposito: se non conoscete il Talmud e il Toledot Yesu, leggeteli. Sarà una lettura istruttiva e salutare, con buona pace dei buonisti. Vedrete quanto disprezzo trabocchi da essi contro Gesù e Maria Vergine; e quale odio implacabile, tramandato nei secoli, contro tutti i cristiani.
Nessun commento:
Posta un commento