Il primo motivo deriva dalle nostre qualità e dai titoli che portiamo, qualità e titoli che ci impongono dì annientarci in una vera umiltà.
Come creature, siamo in obbligo di essere contenti del nostro nulla.
Come peccatori, siamo in obbligo di vederci sotto i piedi dei demoni; di essere respinti da ogni creatura, avendone noi abusato per il peccato; le creature, infattti, si infiammano giustamente di zelo a favore di Dio contro di noi: il peccato merita bene un tal trattamento.
Come cristiani, siamo in obbligo di amare la piccolezza, la viltà e l'abiezione, perchè questo amore è una delle inclinazioni di Gesù Cristo Nostro Signore, di cui abbiamo ricevuto lo Spirito nel santo battesimo. Questo sacramento imprime in noi, se vi corrispondiamo, le inclinazioni e tutti i sentimenti di Gesù Cristo particolarmente l'amore che Egli ebbe per l'annientamento. Abbiate in voi, dice S. Paolo, gli stessi sentimenti che (furono) in Gesù Cristo, il quale annientò se stesso (Philipp., 11, 4, 7).
Come figliuoli di Dio, siamo in obbligo di essere umili e di rifuggire da ogni lode, onde lasciare ogni onore a Dio nostro. A Dio solo onore e gloria » (I. Tim. I, 17).
Siamo Sacerdoti? dobbiamo distruggère, sacrificare, annientare in tutti, ma soprattutto in noi medesimi, la superbia, e tutti gli istinti della superbia.
Come Vittime per i peccati del mondo, dobbiamo essere animati da un profondo sentimento di grande confusione sentendoci coperti dei delitti di tutte il mondo, in unione con Gesù Cristo con cui non siamo che una sola vittima.
Come servi della Chiesa, dobbiamo stare ai piedi di ogni fédele, considerandoli tutti come nostri padroni; quindi dedicarci affettuosamente agli uffici più bassi, giudicandoli come ancora superiori al nostro merito e stimandoci onorati di esservi impiegati mentre siano indegni di una grazia così pregiata.
Il secondo motivo è che tutte le virtù richiedono l'umiltà.
La Fede ci obbliga ad essere umili; perché dobbiamo vivere secondo i suoi insegnamenti. Orbene, la fede ci insegna che da noi non siamo che niente e, peccato; dobbiamo dunque considerare noi stessi come niente e peccato, e compiacerci che tutti ci stimino e ci trattino come tali. La fede ci svela chi siamo non e, chi è Dio. Dio vale tutto e noi niente. A Dio ogni onore ed ogni gloria, a noi confusione e disprezzo.
In tal modo, la fede ci porta all'umiltà ed esige che siamo umidi se non vogliamo rinnegare le sue massime, ma inoltre ci vuole grande umiltâ per aver la fede, per assoggettare il nostro spirito alle verità ch'essa ci propone, e così annientare la nostra ragione col sottometterla a credere ciò che essa non vede. Perciò i filosofi e gli eretici, essendo pieni di superbia hanno posto tanti ostacoli alla fede. L'umile, al contrario, è deferente al giudizio altrui; si sottomette alla verità, né mai si ostina nel proprio sentimento; in una parola l'umile è disposto a credere tutto.
La speranza ci porta all'umiltà. Il eristiano animato dalla vera speranza non si appoggia sopra se stesso, nè confida nelle proprie forze, ma unicamente in Dio e nei meriti del nostro Salvatore.
La carità domanda umiltà perchè l'anima che. ama Dio vuole che a Lui sia diretto ogni onore, mentre dimentica e annienta se stessa. L'amore del prossimo esige umiltà, perchè respinge ogni asprezza ed ogni irritazione anche di fronte alla calunnia.
Animata dalla carità cristiana, l'anima deve sopportare la débolezza del suo fratello, persino la superbia e l'arroganza altrui che è la molestia la più insopportabile per chi non è veramente umile. Due anime orgogliose che vogliono innalzarsi l'una al di sopra dell'altra; non, conserveranno gíammai quella virtù che S. Paolo raccomandava con tanta forza con queste
parole: - Sopportatevi gli uni e gli altri nella carità - . 1.
La compassione verso il prossimo esige umiltà, perchè ci parta a prendere sopra dì noi la riparazione per la superbia degli uomini; dobbiamo quindi abbracciare l'umiltà, perchè essi si sono esaltati, e così con le nostre umiliazioni offrire a Dio una soddisfazione per il loro orgoglio e la loro ingiusta e disordinata arroganza.
La religione impone l'umiltà, perché essa vuole che tutto si annienti e si sacrifichi per la gloria di Dio, al quale tributa ogni lode e riferisce ogni onore.
La prudenza cristiana ci porta all'umiltà, poichè vuole che non abbiamo pretese, se non per quelle cose, che possiamo avere o conservare senza contese.
La giustizia, esige che si dia a ciascuno ciò che gli spetta, quindi al nulla l'oblìo, al peccato il disprezzo, la stima invece e la gloria, al Tutto e alla Santità.
La fortezza del cristiano ha per sostegno l'umiltà, perché, conoscendo il proprio nulla e la propria incapacità, egli si rifugia in Dio, affinchè la virtù di Gesù Cristo che è la forza dei deboli venga ad abitare in Lui.
La temperanza trova valido aiuto nell'umiltà, poichè l'umile si astiene dalle cose mandane e sensibili, nella persuasione di esserne indegno.
La penitenza esige l'umiltà, perchè richiede che il superbo sia umiliato e che la confusione cada sopra colui che ha voluto rubare a Dio l'onore e la gloria.
La dolcezza desidera l"umiltà, perchè l'anima non sia turbata per nessuna umiliazione che possa incontrare.
La pazienza vuole l'umiltà, perchè l'anima non perda mai la pace per nessuna contrarietà.
In conclusione, l'umiltà è il condimento di ogni virtù, la virtù fondamentale che deve essere presupposta ad ogni esercizio di cristiana pietà.
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