martedì 18 marzo 2025

I FIORETTI DI SAN GASPARE

 


È S. Giorgio, Monsignore

«Siamo in bisogno di molte cose... qui, però, trovo le mie delizie, perché vi è solitudine e campo di far del bene alle anime». Così scriveva da S. Felice D. Gaetano Bonanni, romano, nato il 16.6.1776. Si racconta anche che la mamma, prima di darlo alla luce, avesse visto dalla terrazza un raggio luminoso, come di una stella, venuto a cadere sulla sua casa, e interpretò il fenomeno di lieto auspicio per la futura santità del figliolo. E non si sbagliò.

Per Gaspare il Bonanni, già prima della prigionia, fu come fratello, a lui unito in tutte le opere buone della città di Roma, e poi compagno nel porre la prima pietra spirituale nella fondazione della nuova Congregazione, sorta in S. Felice. Anzi, siccome anch'egli, senza saper nulla di Gaspare, aveva avuto l'idea di riunire volenterosi sacerdoti, che si dedicassero alla predicazione delle Missioni - idea che poi lasciò cadere - Gaspare, nella sua grande umiltà e per la stima che aveva di questo suo fraterno amico, fece del tutto per farlo apparire come fondatore fino al punto da volere che fosse a lui intestato il Re-scritto col quale Pio VII donava a Gaspare quel vecchio Convento.

Il Bonanni da giovane fu guarito miracolosamente da tumore al collo e vide nel prodigio la chiamata di Dio, per cui rinunziò alle ricchezze della famiglia e prese la via del sacerdozio, unendosi a Gaspare «in un solo cuore per lavorare nel campo del Signore». Ospedali, infanzia abbandonata, carceri, ospizio di S. Galla, visite a famiglie povere, li videro sempre assieme. Li separò per qualche anno solo la prigionia di Gaspare. Al Bonanni non fu imposto l'iniquo giuramento e poté restare a Roma. Subito dopo la prigionia si ritrovarono uniti, prima nella Confraternita del Prez.mo Sangue di S. Nicola in Carcere e poi a S. Felice.

Non è davvero facile dire dell' operosità di quest' Uomo di Dio! Nella cronaca di S. Felice è elencato il numero stragrande delle sue predicazioni in Umbria ed in altre parti d'Italia. A tali fatiche, come non bastassero, aggiungeva le più dure mortificazioni, digiuni e discipline. Così anch' egli fu tra quei primi santi missionari, che fecero di S. Felice una Casa di Santi ed attirarono su quel colle un gran numero di anime desiderose di tornare a Dio. «Andiamo al paradiso di S. Felice!» dicevano i fedeli, e accorrevano da ogni dove.

Lo zelo apostolico e la santità attirarono su di lui l'attenzione di Pio VII, che lo volle vescovo di Norcia, nonostante il suo reiterato umile rifiuto. Ma per lui fu solo questione di «cambiar posto», perché anche nel vescovado continuò la sua vita missionaria. In Diocesi e nei dintorni era chiamato il Vescovo Santo, tanta era la sua modestia, il rifiuto di ogni onore e lusso, l'estrema povertà, la dedizione assoluta al bene della Diocesi. Perfino i rivoluzionari e i settari deposero ogni idea di ribellione e rigettarono le loro idee atee in ossequio alla santità del loro Vescovo. Di lui sono rimaste anche numerose testimonianze difatti straordinari.

Mons. Bonanni, com'era naturale, dedicava particolari premure ai giovani seminaristi e si recava spesso a pregare, a studiare e a desinare con loro. Un giorno capitò, inatteso, nello studio dei più grandi, i quali, invece di studiare, stavano giocando a... carte! Furono lesti a nasconderle tra i libri, ma non tanto da non lasciare sul tavolino un cavallo col suo bravo cavaliere. Il buon Vescovo, che non aveva mai giocato a carte in vita sua, chiese: «Che santo è?» Il seminarista accortosi dell'ingenuità del suo Vescovo, s'affrettò a rispondere:

«E S. Giorgio, Monsignore». Il Vescovo santo baciò la carta e soggiunse: «Siategli devoti, fu un gran santo».

Qualcuno sorriderà a quest'episodio e si domanderà: «Un Vescovo di molta dottrina e di tanta esperienza sulla malizia umana e, per giunta, vissuto a Roma, così sempliciotto?» Già S. Gregorio Magno così scriveva: «Quelli del mondo nulla sanno della genuina semplicità dei santi e chiamano stoltezza l'innocenza dei giusti». Il candido cuore del santo Vescovo, come avrebbe potuto pensar male dei suoi giovani, che avevano scelto di dedicarsi a Dio nel sacerdozio? E poi cosa c'era di così grave in quei giovani che, pur trasgredendo la disciplina, volevano solo divertirsi un po'?

Il Vescovo Santo, santamente morì il 17 agosto 1848.


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