venerdì 26 aprile 2019

Dio Padre: Il Mio Amore sconfiggerà il male e l‟odio



Mia carissima figlia, il Mio Amore, quando è accettato da voi, è in grado di produrre grandi frutti. Ma quando viene respinto ne deriva un terreno inaridito. Senza il Mio Amore non c‟è vita, non c‟è gioia, non c‟è pace. Quando l‟uomo sente il Mio Amore, esso crea una grande meraviglia, stupore ed un sentimento di profonda gratitudine nell‟anima della persona che ha ricevuto questo Dono. 

Miei cari figli, quando sperimentate una qualsiasi forma d‟amore per un altro essere umano, è il Mio Amore che sentite. Esso può venire solo da Me poiché Io Sono l‟Amore. L‟amore è un dono e voi dovete coglierlo non appena lo sentite risvegliarsi nel vostro cuore. Coloro che accettano il Mio Amore, sappiano che Io li riempirò ancor più del Mio Dono se essi lo condivideranno con coloro ai quali non è stata concessa questa grazia. 

Il Mio Amore sconfiggerà il male e l‟odio. L‟amore spazza via l‟odio, mentre il maligno, la spina nel fianco dell‟uomo, è incapace di farlo. Quando dite di amarMi, dovete lottare molto duramente per evitare a qualsiasi tipo d‟odio di infangare la vostra anima. Se Mi amate, perdonerete i vostri nemici, perché li vedrete come Io li vedo. Questo richiede, da parte vostra, perseveranza e disciplina, che vi impediranno di ferire un‟altra persona, verbalmente o fisicamente. 

Quando consentirete al Mio Amore di fluire nelle vostre vene, proverete completa pace e libertà. Questo accadrà perché non proverete più malizia, rabbia, vendetta né rancore contro nessun altro dei Miei figli. Questo è il Dono del Mio Amore nella sua forma più pura. 
Accettatelo da parte Mia recitando questa preghiera: 

Crociata di Preghiera (168) Per il Dono dell‟Amore di Dio 

O Carissimo Padre, 
O l’Unico Eterno,  
l’Altissimo Dio,  
rendimi degno del Tuo Amore.  
Ti prego di perdonarmi per aver ferito gli altri e per qualsiasi cattiva azione che ha 
causato sofferenza a qualcuno dei Tuoi figli.  
Apri il mio cuore così che Io possa accoglierTi nella mia anima e purificami da 
qualunque tipo di odio io possa provare verso un’altra persona.  
Aiutami a perdonare i miei nemici e a piantare i semi del Tuo Amore dovunque io 
vada e tra coloro che incontro ogni giorno.  
Concedimi, Caro Padre, i Doni della Perseveranza e della Fiducia, perché possa 
difendere la Tua Santa Parola e mantenere in vita, in un mondo ottenebrato, la 
Fiamma del Tuo Grande Amore e della Tua Misericordia.  
Amen.  

Figli, vi prego, consolatevi nella consapevolezza che Io vi amo tutti, non importa chi voi siate, quali siano i peccati che avete commesso e se Mi avete o meno maledetto. Il Mio Amore per voi è incondizionato. 

Devo, tuttavia, separare coloro che stanno cercando di accecare i Miei figli, alla Verità della loro salvezza, da coloro che sono Miei. Qualora non intervenissi, molti sarebbero persi per Me ed Io non sono pronto a sacrificare le anime di coloro che, nonostante ogni sforzo del Mio Ruolo, Mi rifiuteranno nell‟ultimo giorno. 

Vi chiedo di riporre tutta la vostra fiducia in Me e di conservare il Mio Sigillo di Protezione, in qualsiasi forma, vicino a voi. La lotta è già iniziata ed Io soddisferò la giustizia, punendo coloro che cercano di distruggere i Miei figli. 

Non dimenticate mai Chi Io Sono. Io Sono il principio e la fine. Tutti coloro che vengono a Me troveranno Vita Eterna. Lasciate che vi porti al sicuro e vi conduca ad una vita gloriosa in unione con la Mia Volontà. Io rivelerò il Nuovo Paradiso quando sarà giunto il Mio Tempo e desidero che voi mostriate pazienza. Vivete la vostra vita in armonia con gli altri. Prendetevi cura delle vostre famiglie come prima. Venite a Me nelle vostre chiese come prima. Ma ricordate sempre che la Verità, la Vera Parola di Dio, non può mai cambiare perché Io Sono la Verità. Non potrò mai cambiare perché non sarà mai possibile. 

Io vi amo. Io vi benedico. Io vi proteggo. 

Il vostro amorevole Padre 

l‟Altissimo Dio 

29 Settembre 2014


giovedì 25 aprile 2019

Tu sei santo



Tu sei santo,
o Signore, unico Dio,
che compi opere meravigliose.
Tu sei forte,
tu sei grande,
tu sei l’altissimo onnipotente,
tu, Padre santo,
Re del cielo e della terra,
tu, unico Dio in tre persone,
Signore Iddio degli dei.
Tu il bene, ogni bene, il sommo bene,
Signore,
Dio vivo e vero.
Tu sei amore, carità,
tu sei sapienza,
tu sei umiltà,
tu sei pazienza,
tu sei bellezza,
tu sei riposo,
tu sei sicurezza,
tu sei gioia e letizia,
tu sei la nostra speranza,
tu sei giustizia,
tu sei comprensione,
tu ogni nostra sovrabbondante ricchezza.
Tu sei splendore,
tu sei mansuetudine,
tu sei protettore, custode e difensore,
tu sei fortezza,
tu sei sollievo,
tu sei la nostra speranza,
tu sei la nostra fede,
tu sei la nostra carità,
tu sei la nostra dolcezza,
tu sei la nostra eterna vita,
Dio onnipotente,
misericordioso,
Salvatore.

(San Francesco d’Assisi)

OPERA DEI "TABERNACOLI VIVENTI



Il grande dono di Gesù agli uomini d'oggi tramite Vera Grita


30-XI-1967

 Gesù. 
Sono in te nella pena, sono nella tu angoscia, sono nella tua aridità, nel tuo dubbio. Sono, sono, sono e so... So la tua pochezza, la tua nullità, so il tuo smarrimento. So che mi ami, ma so che hai tanta paura. Io, il tuo Gesù, non basto a difenderti?! O Vera, figlia mia, se conoscessi il mio grido d'amore e di dolore che dalla Croce rivolgo alle anime tutte, come non temeresti di lottare per Me! Mi serve la tua pochezza, la tua nullità, i tuoi limiti in un cuore umile e devoto. E opera del mio Amore trarre dal nulla tutte le cose, e creare, e formare opere belle che diano gloria a Dio. Sono il divino Riparatore che non cessa di rinnovare le anime per farne cose sue da unire a Lui, a offrire al Padre celeste per le anime stesse. Accostati alla mia Sorgente e bevi l'acqua purificatrice, perché in questa ti rinnovi. Io, Gesù, voglio anime umili che vivano nel mondo, che, passate per il mondo, siano convertite a Me dalla mia Grazia. Siano persone di ceto sociale umile o alto, non importa: lo guardo l'interiore, il cuore. Queste anime, perché provate dalla vita o dai loro stessi errori da Me perdonati e dimenticati, sapranno per amore mio avvicinare altre anime a Me, distolte e lontane, sapranno comprendere, amare, aiutare, compatire. Voglio anime che riproducano il mio atteggiamento di fronte all'adultera. Nessuna delle anime da Me lontana mi accoglie spontaneamente perché non Mi cerca, perché Mi ha escluso dalla sua vita. Io sono Padre e amo, amo tutte le mie creature; Io voglio ritornare in questa terra in cerca delle anime che non cercano, non pensano al mio Ovile. Io voglio cercare loro attraverso le "anime mie", piccole, nascoste, insignificanti per il mondo. Esse devono avere Me. Adesso indico la mia vita. Per Maria, Madre mia e loro, esse si abbandonino nelle braccia materne e imparino con docilità la "schiavitù d'Amore" di questa dolcissima Madre. Si lascino lavorare da Lei, si lascino formare da questa mirabile Maestra di anime. Essa preparerà i suoi figli per Me, perché siano penetrati sempre più dalla mia Grazia, dal mio Amore accioché, come ha detto il mio Apostolo Paolo, non saranno più loro a vivere, ma Io, il Cristo in loro. Ecco, ritorno nel mondo, ritorno fra le anime, per parlare loro, per avvicinarle, per trattarle direttamente, finché il velo cadrà ed esse riconosceranno in ogni fratello Me. Tutto questo si compie con la Carità, con l'eroismo, col Martirio. Seguitemi, anime care e redente dal mio Martirio; ricordate il Sangue che vi ho donato, il Martirio che è sceso in voi quale secondo battesimo: il mio Sangue! Non chiudete i vostri cuori all'egoismo, non pensate solo alle vostre anime, ma guardate alle anime dei vostri fratelli. Fatemi ritornare nel mondo, fra voi, in voi. Vi do il mio aiuto, il mio Amore in sommo grado perché il vostro cuore arda di carità. Vi do, anima per anima, la mia Mamma tenerissima, particolare, unica. O anime che Mi ascoltate, spalancate la vostra anima alla mia Grazia, al mio ritorno nel mondo, per nascondermi in voi, per confondermi nell'Umanità. Vieni, anima mia, il tuo Sposo t'aspetta! 

ATTO DI RIPARAZIONE PER IL DELITTO DELL’ABORTO




O Dio, nostro Padre, che nel tuo infinito amore per noi, vuoi che tutti gli uomini siano salvi, con la fede e l’amore della Chiesa che porta nel suo cuore di Madre il “Desiderio del Battesimo” per tutti i bambini del mondo, desidero esprimere questa sua carità, battezzando nel Nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo tutti i bambini che oggi saranno uccisi nel grembo delle loro madri con l’aborto.
  
Con questo atto di fede e di carità intendo con tutta la Chiesa: 1- Offrire, per le mani immacolate di Maria Ss.ma, con il sangue di Gesù, quello di tutti i bambini uccisi con l’aborto, implorando per il sacrificio della loro vita, pietà e misericordia per l’umanità. 2 – Riparare il grave delitto dell’aborto che, mentre sopprime la vita del concepito, lo priva della grazia del Battesimo. 3 – Pregare per la conversione di tutti gli operatori e collaboratori dell’aborto, orribile delitto “che, sottoscrive la condanna dell’uomo, della donna, del medico, dello Stato”. (Giovanni Paolo II). 4 – Pregare per la conversione di quanti, con i potenti mezzi della comunicazione sociale, sostengono, giustificano e difendono questo gravissimo peccato, disconoscendo l’insegnamento di Cristo e il Magistero della Chiesa. 5 – E infine, per invocare misericordia su quanti, ingannati e sedotti da questi mezzi potenti, si allontanano dall’amore di Dio Padre.
  Si reciti il Credo, il Padre Nostro e l’Ave Maria.

Cosa c’è di più abominevole di una mamma che toglie, volontariamente, la vita al proprio figlio, sangue del suo sangue, carne della sua carne?



Dietro i vetri di una finestra mi ritrovo a fissare il cielo e a contemplarne la vastità e i colori dei suoi tramonti, mai uguali a quelli dell’ultima volta. 
Giocoso o malinconico, sembra rispecchiare l’umore della mia anima. Oggi anch’esso è triste e mi restituisce tutti i pensieri, le immagini, i volti che a lui ho affidato.  
Penso ancora una volta alla mia vita in cui ho dovuto spesso confrontarmi con esperienze che mi hanno amaramente segnata, difficili da superare, ma che non ho mai potuto evitare. Ho “vissuto” la battaglia di mia madre contro la leucemia, presentatasi nella sua forma più acuta, l’auto-trapianto di midollo a cui decise di sottoporsi, la probabilità, anzi la quasi certezza, che non sarebbe mai più tornata a casa. Giorni e giorni di attese, di terapie aggressive, di gioie per i suoi brevi ritorni in famiglia, di baci a lei rubati quando, in asepsi, potevo avvicinarmi solo in seguito all’adozione di opportune precauzioni (anche questo mi era negato) e, finalmente, la speranza non delusa…  
Ho visto morire di tumore il mio professore, il mio carissimo amico Francesco, poco più grande di me solo di qualche anno, una cuginetta appena nata, mio zio Matteo, anch’egli consumato dalla malattia. Non ho più i miei nonni materni, forti punti di riferimento nella mia esistenza e fonte inesauribile di amore, sopravvissuto al tempo e alla forzata separazione…  
Mi ritrovo ad ascoltare una canzone, o a ricordare un frammento di passato vissuto insieme e ancora mi emoziono, ancora piango nel silenzio, ancora li cerco, ancora soffro… Grande è il senso di impotenza che mi ha investito per non aver potuto alleviare le loro sofferenze o per non averli potuti avere con me per sempre, per non essere riuscita a donare loro nient’altro che la mia compagnia, i miei sorrisi e il mio affetto. “Questa è la vita e la volontà di Dio” – mi sono ripetuta continuamente per trarre la forza che mi aiutasse ad accettare tutto ciò.  
Né più armoniosa è stata l’aria respirata nella mia casa, ove i litigi continui fra i miei genitori, fra me e mio padre, mi hanno turbato per tanti anni fino a qualche mese fa, quando ho assistito ad un insperato ricongiungimento familiare (mio padre era andato a vivere a casa dei miei nonni) e ho iniziato a godere dalla compagnia di due genitori innamorati come non li avevo mai visti...  
E le delusioni? Quante ne ho avute!! Come tutti in fondo.  
Eppure, in ciascuna delle circostanze rammentate, ho lottato, ho provato ad essere coraggiosa, a tirar fuori la grinta e, soprattutto, non ho mai smarrito né l’ottimismo, né l’amore per la vita...  
Ma c’è una stanza del mio cuore che è impossibile che qualcuno possa conoscere, neanche se volesse. 
Non sapevo che esistesse e si è aperta quando ho deciso di accettare il 

compromesso più meschino e macabro della mia vita: negarmi l’Amore di mio figlio sopprimendone la vita, in cambio, così credevo, della mia libertà e tranquillità.

Ma quale tranquillità! Quale libertà! Le ferite si rimarginano, le delusioni si superano… Invece, ora, sono rimasta intrappolata nel rimorso di non aver saputo pazientare per riflettere e capire ciò che sarebbe stato più giusto, per me e per mio figlio. E’ un rimpianto che pesa e mi schiaccia come un macigno.  
Il 2 novembre 2006 ho conosciuto l’inferno…  
E’ trascorso poco più di un anno da quel giorno maledetto, eppure ne rivivo ogni istante con dolorosa lucidità; ogni volta, la sofferenza si rinnova, procurandomi un male indicibile.  
Più cerco di dimenticarlo, più forte né è il ricordo. 
Esso rimbomba forte nel petto e solo io posso ascoltarlo, perché solo io so ciò che è avvenuto in quell’ospedale, dove non potevo invocare nemmeno la pietà di Dio, perché non degna della sua Misericordia. Sapevo di peccare, ma solamente ora mi rendo conto di aver ucciso…  
Io, da tutti reputata dolce, matura e sensibile, ho ammazzato - perché di questo si tratta - il mio bambino. Io che avrei dovuto proteggerlo, sono stata la sua aguzzina…  
Non potevo sapere quanto sarebbero state vere le parole che la mia amica Liliana mi aveva ripetuto più di una volta quando le comunicai la mia decisione: 

“Pensaci bene. Non potrai più tornare indietro…”.  

Sapevo benissimo che non si trattava di un “agglomerato di cellule”. Avevo visto, con i miei occhi, durante una lezione di medicina legale, all’Università, un piccolo embrione di appena un mese estratto da una donna deceduta, che non sapeva di essere incinta. Il mio professore di allora, fortemente contrario all’aborto, lo aveva “conservato” in Istituto e aveva desiderato che tutti lo vedessero affinché ognuno si rendesse conto della menzogna di chi, favorevole all’interruzione di gravidanza, si nascondeva dietro espressioni inappropriate e ipocrite. E’ stata una delle emozioni più forti e belle che avessi mai provato. Eccezionale! L'embrione, già formato, piccolo come un pollice,aveva la testa, braccia, gambine, bocca… Solo aveva le dita ancora attaccate le une alle altre, gli occhi chiusi e il sesso indeterminato; al suo posto, infatti, c’era un buchino. Lo raccontavo a chiunque incontrassi con un'enfasi particolare, soprattutto per diffondere e portare avanti il messaggio che il mio professore, in quel contesto, aveva voluto ribadire a voce alta: 
“Sì alla vita. No all’aborto”. 
Quanta tenerezza mi aveva suscitato la visione di quel “cucciolo” - come lo avevo chiamato - “Io non lo farei mai. Un bambino, in qualsiasi momento Dio voglia, sarà una Grazia” - così mi riempivo la bocca. 
Nulla, di quello che ero, ho rispettato. 
Ho dato un calcio a quella che sarebbe stata la mia felicità incondizionata. 

Cosa c’è di più abominevole di una mamma che toglie, volontariamente, la vita al proprio figlio, sangue del suo sangue, carne della sua carne? 

Cosa c’è di più sporco di me stessa? Mi sono macchiata del sangue versato dal MIO BAMBINO per una mia incancellabile colpa e per il mio imperdonabile egoismo. 

Testimonianze 







Le APPARIZIONI di Gesù Risorto



 Le pie donne al Sepolcro

2 aprile 1945. 
Le donne, intanto, uscite dalla casa camminano rasente al muro, ombre nell'ombra. Per qualche tempo tacciono, tutte imbacuccate e paurose di tanto silenzio e solitudine. Poi, rassicurandosi alla vista della calma assoluta che è in città, si riuniscono in gruppo e osano parlare. «Saranno già aperte le porte?», chiede Susanna. «Certo. Guarda là il primo ortolano che entra con le verdure. Va al mercato», risponde Salome. «Ci diranno nulla?», chiede ancora Susanna.  
«Chi?», domanda la Maddalena. «I soldati, alla porta Giudiziaria. Di lì... entrano pochi ed escono meno ancora... Daremo sospetti...». «E con ciò? Ci guarderanno. Vedranno cinque donne che vanno verso la campagna. Potremmo essere anche persone che, fatta la Pasqua, andiamo ai nostri paesi». «Però... Per non dare nell'occhio a qualche malintenzionato, perché non usciamo da un'altra porta e poi giriamo rasente alle mura?...». «Allungheremo la strada». «Ma saremo più sicure. Prendiamo la porta dell'Acqua...». «Oh! Salome! Se fossi in te, sceglierei la porta Orientale! Più lungo il giro dovresti fare! Occorre fare presto e tornare presto». É la Maddalena questa così recisa. «Allora un'altra, ma non quella Giudiziaria. Sii buona...», pregano tutte.  
«E va bene. Allora, posto che volete così, passiamo da Giovanna. Si è raccomandata di farglielo sapere. Se fossimo andate dirette, si poteva fare senza. Ma poiché volete fare un giro più lungo, passiamo da lei...». «Oh! sì. Anche per le guardie messe là... Lei è nota e temuta...». 
«Io direi di passare anche da Giuseppe d'Arimatea. É il padrone del luogo». «Ma sì! Facciamo un corteo, adesso, per non dare nell'occhio! Oh! che pavida sorella che ho! Piuttosto, sai Marta? Facciamo così. Io vado avanti e guardo. Voi venite dietro con Giovanna. Mi metterò in mezzo alla via, se c'è del pericolo, e mi vedrete. E torneremo indietro.  
Ma vi assicuro che le guardie, davanti a questo - io ci ho pensato (e mostra una borsa piena di monete) - ci lasceranno fare tutto». «Lo diremo anche a Giovanna. Hai ragione». «Allora andate, che io vado». «Vai sola, Maria? Io vengo con te», dice Marta timorosa per la sorella. «No. 
Tu va' con Maria d'Alfeo da Giovanna. Salome e Susanna ti aspetteranno presso la porta, dalla parte di fuori delle mura. E poi verrete per la via maestra tutte insieme. Addio».  
E Maria Maddalena tronca altri possibili commenti andandosene veloce con la sua borsa di balsami e le sue monete in seno. Vola, tanto va lesta nella strada che si fa più lieta nel primo rosare dell'aurora. Passa la porta Giudiziaria per fare più presto. Né nessuno la ferma... Le altre la guardano andare, poi volgono le spalle alla biforcazione di vie dove erano e ne prendono un'altra, stretta e oscura, che poi si apre, in prossimità del Sisto, in una più vasta e aperta in cui sono belle case. Si dividono ancora, Salome e Susanna procedendo per la via, mentre Marta e Maria d'Alfeo bussano al portone ferrato e si mostrano al finestrino (spioncino) che il portinaio socchiude.  
Entrano e vanno da Giovanna che, già alzata e tutta vestita di un viola scurissimo che la fa ancora più pallida, manipola anche essa degli oli insieme alla nutrice e ad una servente. «Siete venute? Dio ve ne compensi. Ma, non foste venute, sarei andata da me... Per trovare conforto... Perché molte cose sono rimaste turbate dopo quel tremendo giorno. E per non sentirmi sola devo andare contro quella pietra e bussare e dire: "Maestro, sono la povera Giovanna... 
Non mi lasciare sola anche Tu..."».  
Giovanna piange piano ma con molta desolazione, mentre Ester, la nutrice, fa dei grandi segni indecifrabili dietro le spalle della padrona, intanto che le mette il mantello. «Io vado, Ester». 
«Dio ti conforti!». Escono dal palazzo per raggiungere le compagne. É in questo momento che avviene il breve e forte terremoto, che getta di nuovo nel panico i gerosolimitani, ancora terrorizzati dagli avvenimenti del Venerdì. Le tre donne tornano sui loro passi, precipitosamente, e nell'ampio vestibolo, fra le serve e i servi urlanti e invocanti il Signore, stanno paurose di nuove scosse...  
La Maddalena, invece, è proprio al limitare del viottolo che porta all'orto dell'Arimatea quando la coglie il boato potente, e pure armonico, di questo segno celeste, mentre, nella luce appena rosata dell'aurora che si avanza nel cielo, dove ancora a occidente resiste una tenace stella, e che fa bionda l'aria fino allora verdolina, si accende una grande luce, che scende come fosse un globo incandescente, splendidissimo, tagliando a zig-zag l'aria quieta. Maria di Magdala ne è quasi sfiorata e rovesciata al suolo. Si curva un momento mormorando: «Mio Signore!», e poi si raddrizza come uno stelo dopo il passar del vento e, ancora più ratta, corre verso l'ortaglia. Vi entra veloce, andando, come un uccello inseguito e cercante il nido, verso il sepolcro di roccia. 
 Ma, per quanto vada veloce, non può essere là quando la celeste meteora fa da leva e di fiamma sul sigillo di calcina messo a rinforzo del pesante pietrone, né quando con fragore finale la porta di pietra cade, dando uno scuotìo che si unisce a quello del terremoto che, se è breve, è di una violenza tale che atterra le guardie come morte. Maria, sopraggiungendo, vede questi inutili carcerieri del Trionfatore gettati al suolo come un fascio di spighe falciate. Maria Maddalena non riconnette il terremoto con la Risurrezione. Ma, vedendo quello spettacolo, crede che sia il castigo di Dio sui profanatori del Sepolcro di Gesù, e cade a ginocchio dicendo: «Ahimé! Lo hanno rapito!». É veramente desolata e piange come una bambina che sia venuta sicura di trovare il padre cercato e trovi invece vuota la dimora. Poi si alza e corre via per andare da Pietro e Giovanni.  
E, dato che più non pensa che ad avvisare i due, non ricorda di andare incontro alle compagne, di arrestarsi sulla via, ma veloce come una gazzella ripassa per la strada già fatta, supera la porta Giudiziaria e vola per le strade che sono un poco più animate, si abbatte contro il portone della casa ospitale e lo batte e lo scuote furiosamente. Le apre la padrona. «Dove sono Giovanni e Pietro?», chiede affannosa Maria Maddalena.  
«Là», e la donna indica il Cenacolo. Maria di Magdala entra e, appena è dentro, davanti ai due stupiti dice, e nella voce tenuta bassa per pietà della Madre è più affanno che se avesse urlato, dice: «Hanno portato via il Signore dal Sepolcro! Chissà dove lo hanno messo!», e per la prima volta traballa e vacilla e, per non cadere, si afferra dove può. «Ma come? Che dici?», chiedono i due. E lei, con affanno: «Sono andata avanti... per comperare le guardie... perché ci lasciassero fare. Loro sono là come morte... Il Sepolcro è aperto, la pietra per terra... Chi? Chi sarà stato? Oh! venite! Corriamo...». 
 Pietro e Giovanni si avviano subito. Maria li segue per qualche passo. Poi torna indietro. Afferra la padrona di casa, la scrolla, violenta nel suo previdente amore, e le fischia in volto: «Guardati bene da far passare nessuno da Lei (e accenna la porta della stanza di Maria). Ricòrdati che io sono la tua padrona. Ubbidisci e taci». E poi la lascia esterrefatta e raggiunge gli apostoli, che a gran passi vanno verso il Sepolcro... Susanna e Salome, intanto, lasciate le compagne e raggiunte le mura, vengono colte dal terremoto. Impaurite, si rifugiano sotto una pianta e stanno là, combattute fra la smania di andare verso il Sepolcro e quella di scappare presso Giovanna.  
Ma l'amore vince la paura e vanno verso il Sepolcro. Entrano ancora sbigottite nell'ortaglia e vedono le guardie tramortite... vedono una grande luce uscire dal Sepolcro aperto. Si aumenta il loro sbigottimento e finisce di farsi completo quando, tenendosi per mano per farsi coraggio a vicenda, si affacciano sulla soglia e, nel buio della grotta sepolcrale, vedono una creatura luminosa e bellissima, dolcemente sorridente, salutarle dal posto dove sta: appoggiata a destra della pietra dell'unzione, che si annulla col suo grigio dietro a tanto incandescente splendore.  
Cadono a ginocchi, sbalordite di stupore. Ma l'angelo dolcemente parla loro: «Non abbiate timore di me. Sono l'angelo del divino Dolore. Sono venuto per bearmi della fine di esso. Più non è il dolore del Cristo, il suo avvilimento nella morte. Gesù di Nazaret, il Crocifisso che voi cercate, è risorto. Non è più qui! Vuoto è il posto dove era deposto. Giubilate con me. Andate. 
Dite a Pietro e ai discepoli che Egli è risorto e vi precede in Galilea. Là lo vedrete ancora per poco, secondo che ha detto». Le donne cadono col volto a terra e quando lo alzano fuggono come fossero inseguite da un castigo. Sono terrorizzate e mormorano: «Ora morremo! Abbiamo visto l'angelo del Signore!». Si calmano un poco in aperta campagna e si consigliano. Che fare?  
Se dicono ciò che hanno visto, non saranno credute. Se dicono anche di venire di là, possono essere accusate dai giudei di aver ucciso le guardie. No. Non possono dire nulla, né agli amici, né ai nemici... Pavide, ammutolite, tornano da altra via verso casa. Entrano e si rifugiano nel Cenacolo. Neppure chiedono di vedere Maria... E là pensano che quanto hanno visto non sia che un inganno del Demonio. Umili come sono, giudicano che «non può essere che a loro sia stato concesso di vedere il messo di Dio. È Satana che le ha volute impaurire per allontanarle di là». 
 Piangono e pregano come due bambine impaurite da un incubo... Il terzo gruppo, quello di Giovanna, Maria d'Alfeo e Marta, visto che nulla succede di nuovo, si decide ad andare là dove certo le compagne attendono. Escono nelle strade, dove ormai vi è gente impaurita, che commenta il nuovo terremoto e lo ricollega ai fatti del Venerdì e vede anche quello che non c'è. 
«Meglio se sono tutti spauriti! Forse lo saranno anche le guardie e non faranno eccezioni», dice Maria d'Alfeo. E vanno svelte verso le mura. Ma, mentre loro vanno là, all'ortaglia sono già giunti Pietro e Giovanni, seguiti dalla Maddalena. E Giovanni, più svelto, giunge per primo al Sepolcro. 
 Le guardie non ci sono più. E più non c'è l'angelo. Giovanni si inginocchia, timoroso e dolente, sulla soglia spalancata, e per venerare e per cogliere qualche indizio dalle cose che vede. Ma non vede che ammucchiati per terra i pannilini messi sopra la sindone. «Non c'è proprio, Simone! Maria ha visto bene. Vieni, entra, guarda». Pietro, col fiato grosso per il gran correre 
fatto, entra nel Sepolcro. Aveva detto per via: «Io non oserò accostarmi a quel posto». Ma ora non pensa altro che a scoprire dove può essere il Maestro. E lo chiama anche, come Egli potesse essere nascosto in qualche angolo buio. L'oscurità, in questa ora mattutina, è ancora forte nel profondo del Sepolcro, a cui dà luce solo la piccola apertura della porta su cui ora fanno ombra Giovanni e la Maddalena... E Pietro stenta a vedere, e deve aiutarsi con le mani a vedere...  
Tocca, e trema, il tavolo dell'unzione e lo sente vuoto... «Non c'è, Giovanni! Non c'è!... Oh! vieni anche tu! Io ho tanto pianto che non ci vedo quasi in questa poca luce». Giovanni si alza in piedi ed entra. E, mentre lo fa, Pietro scopre il sudario posto in un angolo, ben piegato e con dentro la sindone arrotolata con cura. «Lo hanno proprio rapito. Le guardie erano non per noi, ma per fare questo... E noi l'abbiamo lasciato fare. Coll'andarcene lo abbiamo permesso!...».  
«Oh! dove lo avranno messo?». «Pietro! Pietro! Ora... è proprio finita!». I due discepoli escono annientati. «Andiamo, donna. Tu lo dirai alla Madre...». «Io non vengo via. Sto qui... Qualcuno verrà... Oh! io non vengo... Qui c'è ancora qualcosa di Lui. Aveva ragione la Madre... Respirare l'aria dove Egli fu è l'unico sollievo che ci resta». «L'unico sollievo... Ora lo vedi tu pure che era fola sperare...», dice Pietro. Maria neppure risponde. Si accascia al suolo, proprio presso la porta, e piange, mentre gli altri vanno via lentamente. Poi alza il capo e guarda dentro, e fra le lacrime vede due angeli seduti a capo e a piedi della pietra dell'unzione.  
É tanto intontita la povera Maria, nella sua più fiera battaglia fra la speranza che muore e la fede che non vuole morire, che li guarda inebetita, senza neppure stupirsene. Non ha più altro che lacrime la forte che a tutto ha resistito da eroina. «Perché piangi, donna?», chiede uno dei due luminosi fanciulli, perché di adolescenti bellissimi hanno l'aspetto. «Perché hanno portato via il mio Signore e non so dove me lo hanno messo». Maria non ha paura a parlare con loro, non chiede: «Chi siete?». Nulla. Nulla più le fa stupore.  
Tutto quanto può stupire una creatura ella lo ha già subito. Ora non è che una cosa spezzata che piange senza vigore e ritegno. Il giovinetto angelico guarda il compagno e sorride. E l'altro pure. E in un balenare di letizia angelica ambedue guardano fuori, verso l'ortaglia tutta in fiore per i milioni di corolle che si sono aperte al primo sole sui meli fitti del pometo. Maria si volta per vedere chi guardano. E vede un Uomo, bellissimo, che non so come non possa riconoscere subito. Un Uomo che la guarda con pietà e le chiede: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». É vero che è un Gesù offuscato dalla sua pietà verso la creatura, che le troppe emozioni hanno sfinita e che potrebbe morire per improvvisa gioia, ma proprio mi chiedo come possa non riconoscerlo.  
E Maria fra i singhiozzi: «Mi hanno preso il Signore Gesù! Ero venuta per imbalsamarlo in attesa che sorgesse... Ho tenuto raccolto tutto il mio coraggio e la mia speranza e la mia fede intorno al mio amore... e ora non lo trovo più... Anzi ho messo il mio amore intorno alla fede, alla speranza e al coraggio, per difendere questi dagli uomini... Ma è tutto inutile! Gli uomini hanno rubato il mio Amore e con esso tutto mi hanno levato... O mio signore, se sei tu che lo hai portato via, dimmi dove lo hai messo. Ed io lo prenderò... Non lo dirò a nessuno... Sarà un segreto fra me e te. Guarda: sono la figlia di Teofilo, la sorella di Lazzaro, ma ti sto in ginocchio davanti a supplicarti, come una schiava. Vuoi che ti compri il suo Corpo? Lo farò. Quanto vuoi? Sono ricca. Posso darti tant'oro e gemme per quanto esso pesa.  
Ma rendimelo. Non ti denuncerò. Vuoi percuotermi? Fallo. A sangue, se vuoi. Se hai un odio per Lui, fallo scontare a me. Ma rendimelo. Oh! non mi fare povera di questa miseria, o mio signore! Pietà di una povera donna!... Per me non vuoi? Per sua Madre, allora. Dimmi! Dimmi dove è il mio Signore Gesù. Sono forte. Lo prenderò fra le braccia e lo porterò come un bambino in salvo. Signore... signore... tu lo vedi... da tre giorni siamo percossi dall'ira di Dio per quello che fu fatto al Figlio di Dio... Non aggiungere Profanazione a Delitto...».  
«Maria!». Gesù sfavilla nel chiamarla. Si svela nel suo fulgore trionfante. «Rabboni!». Il grido di Maria è veramente "il grande grido" che chiude il ciclo della morte. Col primo le tenebre dell'odio fasciarono la Vittima di bende funebri, col secondo le luci dell'amore aumentarono il suo splendore. E Maria si alza nel grido che empie l'ortaglia, corre ai piedi di Gesù, li vorrebbe baciare. Gesù la scosta toccandola appena col sommo delle dita presso la fronte: «Non mi toccare! Non sono ancora salito al Padre mio con questa veste. Va' dai miei fratelli e amici, e di' loro che Io salgo al Padre mio e vostro, al Dio mio e vostro. E poi verrò da loro». 
 E Gesù scompare, assorbito da una luce insostenibile. Maria bacia il suolo dove Egli era e corre verso casa. Entra come un razzo, perché il portone è socchiuso per dare passaggio al padrone che esce per andare alla fonte; apre la porta della stanza di Maria e le si abbandona sul cuore gridando: «E risorto! É risorto!», e piange beata. E mentre accorrono Pietro e Giovanni, e dal Cenacolo avanzano le spaurite Salome e Susanna e ascoltano il suo racconto, ecco entrare anche, dalla via, Maria d'Alfeo con Marta e Giovanna, che a fiato mozzo dicono di «essere anche loro state là e di avere visto due angeli che si dicevano il Custode dell'Uomo Dio e l'angelo del suo Dolore, e che hanno dato loro l'ordine di dire ai discepoli che Egli era risorto».  
E poiché Pietro scrolla il capo, insistono dicendo: «Sì. Hanno detto: "Perché cercate il Vivente fra i morti? Egli non è qui. É risorto, come disse quando ancora era in Galilea. Non ricordate? 
Disse: 'Il Figlio dell'uomo deve essere dato nelle mani dei peccatori ed essere crocifisso. Ma il terzo giorno risusciterà' Pietro scrolla il capo dicendo: «Troppe cose in questi giorni! Ne siete rimaste turbate». La Maddalena alza il capo dal petto di Maria e dice: «L'ho visto! Gli ho parlato. Mi ha detto che sale al Padre e poi viene. Come era bello!», e piange come non ha mai pianto, ora che non ha più da torturare se stessa per fare forza contro il dubbio sorgente da ogni lato. Ma Pietro, e anche Giovanni, restano molto dubbiosi. Si guardano, ma il loro occhio dice: «Immaginazione di donne!». Anche Susanna e Salome osano allora parlare.  
Ma la stessa inevitabile diversità nei particolari delle guardie che prima ci sono come morte e poi non ci sono, degli angeli che ora sono uno e ora due e che agli apostoli non si sono mostrati, delle due versioni sul venire qui di Gesù o sul precedere i suoi in Galilea, fa sì che il dubbio e, anzi, la persuasione degli apostoli cresca sempre più. Maria, la Madre beata, tace sorreggendo la Maddalena...  Non comprendo il mistero di questo silenzio materno. Maria d'Alfeo dice a Salome: «Torniamo là noi due. Vediamo se siamo tutte ebbre...».  
E corrono fuori. Le altre restano, pacatamente derise dai due apostoli, presso Maria che tace, assorta in un pensiero che tutti interpretano a modo loro, e nessuno comprende ché è estasi. 
Tornano le due attempate donne: «E’ vero! É vero! Noi lo abbiamo visto. Ci ha detto, presso l'orto di Barnaba: "La pace a voi. Non temete. Andate a dire ai miei fratelli che sono risorto e che vadano fra qualche giorno in Galilea. Là staremo ancora insieme". Così ha detto. Maria ha ragione. Bisogna dirlo a quelli di Betania, a Giuseppe, a Nicodemo, ai discepoli più fidi, ai pastori, andare, fare, fare... Oh! è risorto!...», piangono tutte beate. «Folli siete, donne. Il dolore vi ha turbate. La luce vi è parsa angelo. Il vento voce. Il sole il Cristo. Io non vi critico. Vi capisco, ma non posso che credere che a ciò che io ho visto: il Sepolcro aperto e vuoto, e le guardie fuggite col Cadavere involato».  
«Ma se lo dicono le guardie stesse che è risorto! Se la città è in subbuglio e i principi dei Sacerdoti sono folli d'ira, perché le guardie hanno parlato fuggendo esterrefatte! Ora vogliono che dicano diverso e le pagano perciò. Ma già si sa. E se i giudei non credono alla Risurrezione, non vogliono credere, molti altri credono...». «Uhm! Le donne!...». Pietro alza le spalle e fa per andarsene. Allora la Madre, che ha sempre sul cuore la Maddalena che piange come un salice sotto un'acquata per la sua troppo grande gioia e che la bacia sui capelli biondi, alza il viso trasfigurato e dice una breve frase: «E’ realmente risorto.  
Io l'ho avuto fra le braccia e ne ho baciato le Piaghe». E poi si curva sui capelli dell'appassionata e dice: «Sì, la gioia è ancora più forte del dolore. Ma non è che una briciola di rena di quello che sarà il tuo oceano di gioia eterna. Te beata che sopra la ragione hai fatto parlare lo spirito». Pietro non osa più negare... e con uno di quei trapassi del Pietro antico, che ora ritorna ad affiorare, dice, e urla, come se dagli altri e non da lui dipendesse il ritardo: «Ma allora, se è così, bisogna farlo sapere agli altri. A quelli dispersi per le campagne... cercare... fare... Su, muovetevi. Se dovesse proprio venire... che ci trovi almeno», e non si accorge che ancora confessa di non credere ciecamente alla sua Risurrezione.  

La nube della non-conoscenza



O Dio, che vedi i segreti dei cuori
e conosci i nostri pensieri,
infondi in noi il tuo Spirito santo,
perché purificati nell’intimo,
possiamo amarti con tutta l’anima 
e celebrare degnamente la tua lode.

Amen.


Alla contemplazione non si giunge né attraverso la speculazione razionale né attraverso l’immaginazione


Per far sì che tu non commetta errori e non fraintenda questa attività, lascia che te ne parli ancora un poco secondo il mio punto di vista.

Al contrario di quanto pensano alcuni, non ci vuole molto tempo per portare a termine questo lavoro. In realtà, è il lavoro più breve che si possa mai immaginare. Non è né più lungo né più corto di un atomo. Ora l’atomo, secondo la definizione degli stessi studiosi di astronomia, è la più piccola frazione di tempo. È così piccolo che, per via della sua piccolezza, non lo si può dividere ulteriormente, e quasi quasi non lo si può immaginare. È proprio questo il tempo di cui è stato scritto: «di tutto il tempo che ti è dato, ti verrà chiesto come l’hai speso». Ed è giustissimo che tu debba renderne conto. Questo tempo non è né più go né più corto ma corrisponde esattamente a un semplice impulso della tua volontà, che è la principale facoltà dell’anima in ordine all’agire. Infatti, nello spazio di un’ora ci possono essere e ci sono tanti impulsi o desideri della volontà, quanti sono gli atomi in quello stesso arco di tempo.
Orbene, se la grazia dovesse rendere la tua anima come quella di Adamo prima del peccato originale, tu saresti padrone, per via della stessa grazia, di tutti i tuoi impulsi. Allora nessuno di questi andrebbe per conto suo, ma tutti convergerebbero su Dio, somma di ogni desiderio e bene supremo. Egli scende al nostro livello, adattando la sua divinità alla nostra capacità di comprensione. D’altra parte, la nostra anima presenta qualche affinità con lui, dal momento che siamo stati creati a sua immagine e somiglianza. E lui solo, e nient’altro che lui, basta ad appagare in maniera piena e sovrabbondante la brama del nostro cuore. E in virtù di questa grazia risanatrice, l’anima è resa capace di comprenderlo pienamente attraverso l’amore. Dio resta incomprensibile a ogni essere razionale, uomo o angelo che sia, almeno per quanto riguarda la conoscenza intellettuale. Infatti con l’intelletto non lo si può conoscere, ma con l’amore sì.
Tutti gli esseri razionali, uomini e angeli, possiedono dentro di sé, ciascuno per proprio conto, due facoltà operative principali: la capacità di conoscere e quella di amare. Dio, che le ha fatte entrambe, resta per sempre incomprensibile alla prima facoltà, l’intelletto, mentre per la seconda, l’amore, è conoscibile appieno, anche se in maniera diversa a seconda dei singoli individui. Capita così che una semplice anima ricca d’amore riesce da sola, in virtù di questo stesso amore, a comprendere dentro di sé colui che basta ad appagare in maniera incomprensibile e sovrabbondante tutte le anime e gli angeli che ci possono essere. Questo è il meraviglioso miracolo dell’amore, miracolo che non avrà mai fine, poiché per sempre Dio lo farà e non smetterà mai di farlo. Prendi in considerazione quanto detto, se la grazia di Dio te lo concede: in questa conoscenza d’amore consiste la beatitudine eterna; senza tale conoscenza non c’è che la pena eterna.
Perciò chiunque fosse rinnovato dalla grazia di Dio così da badare continuamente a ogni impulso della volontà — dal momento che, per natura, non gli possono mancare questi impulsi —, costui pregusterebbe già in questa vita la dolcezza eterna, anche se il pieno godimento si ha solo nella beatitudine celeste. Non meravigliarti, dunque, se ti stimolo con insistenza a fare questo lavoro.
Se l’uomo non avesse commesso il peccato originale, starebbe facendo ancor oggi questo stesso lavoro, come dirò più innanzi. Ed è per questo lavoro che l’uomo fu fatto, e ogni altra cosa ha il compito di aiutarlo a raggiungere questo scopo. E grazie a questo lavoro, infine, l’uomo può sperare di tornare allo stato primitivo di grazia. Ma se vien meno a questo lavoro, l’uomo cade sempre più giù nel peccato e si allontana sempre più da Dio. Al contrario, se vi si applica con diligenza e costanza, trascurando il resto, allora si rialza sempre più dal peccato e si avvicina sempre più a Dio. Perciò sta’ ben attento a come usi il tempo: infatti non c’è niente di più prezioso del tempo. Basta un attimo, una minima frazione di tempo per guadagnare o perdere il paradiso.
A riprova che il tempo è prezioso, Dio, che ne è il dispensatore, non dà mai due momenti di tempo in una sola volta, ma sempre in successione. Diversamente, dovrebbe cambiare tutto l’ordine e il corso regolare della creazione. Il tempo è fatto per l’uomo, non l’uomo per il tempo. E Dio, che fissa le leggi di natura, ha voluto adattare il tempo alla natura dell’anima umana: infatti, gli impulsi naturali dell’uomo sorgono proprio uno alla volta. Perciò l’uomo non avrà scuse quando, nel giorno del giudizio, dovrà rendere conto a Dio di come avrà speso il suo tempo. Non potrà certo dire: «Tu mi dai due momenti in una volta sola, mentre io non ho che un solo impulso alla volta».
Ma ora sei tutto preoccupato e pensi: «Che debbo fare? Se quello che stai dicendo è vero, come farò a rendere conto di ogni momento della mia vita? Eccomi qui a ventiquattro anni, senza aver mai dato peso al tempo. Anche se volessi cambiare rotta d’ora innanzi, sai perfettamente in base alle giuste parole che hai appena scritto, che non mi è più concesso alcun momento di tempo, né secondo il corso naturale, né ricorrendo alla grazia comune, per poter rimediare al mio passato mal speso. Posso solo contare su quei momenti di tempo che ho ancora davanti a me. Ma come se non bastasse, so benissimo che anche per questo tempo futuro, a causa della mia eccessiva fragilità e della mia pigrizia spirituale, non riuscirei a prestare attenzione che a un impulso su cento. Eccomi qui completamente disorientato di fronte a questi ragionamenti. Aiutami dunque, per amore di Gesù!».
Come hai fatto bene a dire «per amore di Gesù!». Infatti è proprio nell’amore di Gesù che puoi trovare aiuto. L’amore è per sua natura condivisione. Ama Gesù, e tutto ciò che ha sarà tuo. Essendo Dio, egli ha fatto il tempo e ce l’ha donato. Essendo uomo, ha attribuito il giusto valore al tempo. Essendo sia Dio che uomo, è il miglior giudice dell’uso del tempo. Unisciti a lui con fede e amore: grazie a questa unione entrerai a far parte della comunità di vita che si stabilisce tra lui e tutti coloro che come te sono uniti a lui dall’amore. Sarai così in comunione con Maria santissima, che, piena di grazia, prestò attenzione a ogni momento della sua vita; con tutti gli angeli del cielo che non possono mai perdere tempo; con tutti i santi in cielo e in terra che con il loro amore, e per grazia di Gesù, tengono in giusto conto ogni momento. Tutto ciò è di grande conforto. Cerca di capirlo correttamente e di trarne adeguato profitto.
Ma una cosa mi preme sottolineare: nessuno può rivendicare una vera comunione con Gesù, con Maria, sua vera madre, con i suoi angeli e con i suoi santi, se non fa di tutto, con l’aiuto della grazia, per badare a ogni momento di tempo. Solo così può venire in aiuto alla comunità, facendo anch’egli, al pari degli altri membri, la sua parte, per quanto piccola possa essere.
Presta dunque attenzione a questo meraviglioso lavoro della grazia nella tua anima. Per chi lo capisce bene, non è altro che un impulso improvviso che sorge senza alcun preavviso e punta direttamente a Dio come una scintilla che si sprigiona dal fuoco. È incredibile il numero degli impulsi che sorgono nel breve spazio di un’ora nell’anima di chi è disposto a fare questo lavoro. E tuttavia basta una sola di queste fiammate per dimenticare completamente, e all’istante, il mondo esterno. Ma subito dopo ogni impulso, l’anima può ricadere, a causa della corruzione della carne, nei pensieri precedenti e nel ricordo delle cose fatte e non fatte. Ma non è finita ancora: in un batter d’occhio può riaccendersi di nuovo come prima.
Questo è, in breve, il procedimento del nostro lavoro. Come si vede, è ben lontano da ogni visione ò falsa immaginazione o stranezza di pensiero. Tutto ciò non sarebbe certo frutto di un nudo slancio d’amore umile e devoto, ma di un’intelligenza orgogliosa, avida di sapere e ricca di immaginativa. E questo spirito d’orgoglio e di curiosità va sempre soffocato e calpestato senza pietà: a questo prezzo si può intendere il significato genuino della contemplazione.
Chiunque, avendone letto o sentito parlare, pensa che il lavoro contemplativo consista in una attività mentale, e continua quindi a operare in questa direzione, è completamente fuori strada.
Si inventa, infatti, un’esperienza che non è né materiale né spirituale, e corre il rischio di prendere lucciole per lanterne. Chi cade in questo abbaglio è in così grave pericolo, che se Dio nella sua grande bontà non interviene con un miracolo di misericordia per farlo smettere di colpo e indurlo ad ascoltare i consigli di contemplativi di grande esperienza, diventerà matto o comunque soffrirà qualche altra terribile forma di male spirituale o qualche inganno diabolico. In verità, può facilmente perdersi per sempre, anima e corpo. Quindi, per amore di Dio, fa’ attenzione e non cercare in alcun modo di compiere questo lavoro con le facoltà intellettuali, e tanto meno con l’immaginazione. Te lo dico con tutta sincerità: non riusciresti a combinare un bel niente! Smettila, dunque, di far uso delle tue facoltà.
Quando parlo di «oscurità» o di «nube» non pensare ch’io voglia intendere quelle masse di vapori che vagano nel cielo o quell’oscurità che regna nella tua casa di notte quando la candela è spenta. Questo: tipo di oscurità e di nube te li puoi benissimo immaginare con gli occhi della tua mente anche nel più radioso meriggio d’estate, così come nella più buia notte invernale puoi figurarti una luce vivida e splendente. Non è certamente a questo che io faccio riferimento. Per «Oscurità» io intendo una mancanza di conoscenza, proprio come una cosa che non conosci o non ricordi è «oscura» per te, dal momento che non riesci a vederla con l’occhio del tuo spirito. Per questo motivo la chiamo «nube della non-conoscenza», e non nube del cielo: nube della non-conoscenza che si frappone tra te e il tuo Dio.


Maria, donna dei dolori



Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala (Gv 19,25).


O Maria donna dei dolori, 
ai piedi della Croce tu accoglievi nel tuo cuore 
il Sangue che il Figlio versava 
e soffrivi nel cuore la Croce, 
le spine e i chiodi che lo tormentavano 
e ci ricevevi per figli: 
donaci di rimanere nel tuo Cuore dolcissimo.
È bello stare ai piedi della Croce con te, 
o Maria, Madre di Dio e Madre nostra, 
Avvocata dei peccatori, 
Mediatrice sovrana dell’universo, 
Maestra di verità. 
Presso questa cattedra, 
o dolcissima Madre,
insegnaci ad amare Gesù, 
ad imitarlo nelle virtù, 
di cui sulla Croce è Maestro, 
e infiammaci di zelo 
a dissetare il Salvatore che è assetato di anime.
O Maria Addolorata, 
aiutaci a salire la strada del Calvario 
fra Gesù che porta la Croce 
e te che ci accompagni, 
finché giungiamo al monte santo di Dio.
Maria, Madre nostra, 
donaci di rimanere abbracciati alla Croce 
per vivere sempre uniti nel tuo Cuore.
O Maria, fra le tante misericordie che ottieni 
dal Misericordioso Dio, ci sia anche questa: 
facilitare il sentiero della salute, 
operare nella pratica di ogni bene, 
insinuare la virtù con dolci soavi attrattive, 
e inserire la conoscenza di Dio nelle anime a te 
affidate da Gesù, grondante Sangue sulla Croce.
Amen.  

LA PASSIONE



Riflessioni fatte da Gesù sul Mistero della Sua Sofferenza  e del valore che ha la Sua Redenzione.  


GESÙ PRONUNCIA LE SUE ULTIME PAROLE  

Figlia Mia, hai sentito e hai visto le Mie sofferenze; accompagnaMi fino alla fine e condividi il Mio dolore.  
La Mia Croce è innalzata.  
Questa è l'ora della Redenzione del Mondo!  
Sono, per la moltitudine, lo spettacolo da burla… ma anche di ammirazione e di Amore per le Anime.  
Questa Croce, fino ad ora strumento di supplizio, sulla quale spiravano i criminali, sarà, d'ora in poi, la Luce e la Pace del Mondo.  
Nella Mia Sacra Scrittura, i peccatori incontreranno il perdono e la vita. Il Mio Sangue laverà e cancellerà le macchie dei loro peccati!  
Nelle Mie Sacre Piaghe, verranno le Anime pure, a refrigerarsi e ad incendiarsi nel Mio Amore! In esse si rifugeranno e fisseranno ,per sempre, la loro dimora.  
“Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno” (Luca 23,34): non hanno conosciuto Colui che è la loro vita… Hanno scaricato su di lui il furore delle loro iniquità.  
Io Ti imploro, o Padre Mio,  scarica su di loro la forza della Tua Misericordia!  
“Oggi, sarai con Me in Paradiso” (Luca 23,43): poiché la tua Fede, nella Misericordia del tuo Salvatore, ha cancellato i tuoi crimini… Essa ti conduce alla vita eterna.  
“Donna, ecco il Tuo Figlio!…” (Giovanni 19,26-27): Madre Mia, ecco qui i Miei fratelli! Guardali, amali… Non siano soli.  
Oh, voi, per cui ho dato la Mia Vita, avete, ora, una Madre, alla Quale potete ricorrere in ogni vostra necessità. Nel darvi la Mia stessa Madre, vi ho tutti uniti con il legame più stretto.  
L'Anima ha già, ora, il diritto di dire al suo Dio: “Perché Mi hai abbandonato?” (Matteo 27,46). 
In effetti, consumato il Mistero della Redenzione, l'uomo è ritornato ad essere figlio di Dio, fratello di Gesù Cristo, erede della vita eterna…  
Oh, Padre Mio… “Ho sete” della Tua Gloria…  
Ed ecco, “giunta l'ora”… D'ora in poi, realizzatesi le Mie parole, il Mondo saprà che sei Tu Colui che Mi ha mandato e sarai glorificato.  
“Ho sete” della Tua Gloria. Ho sete di Anime… E, per placare questa sete, ho versato fino all'ultima goccia del Mio Sangue.  
Per questo posso dire: “Tutto è consumato” (Giovanni 19,30). Si è compiuto il grande Mistero d'Amore, per il quale “Dio offrì al Mondo il Suo proprio Figlio” (Giovanni 3,16), per rendere all'uomo la Vita… 
“Venni al mondo per fare la Tua Volontà, o Padre Mio”. Ora, è compiuta!  
A voi offro la Mia Anima, così, le Anime, che fanno la Mia Volontà, potranno veramente dire: “Tutto è compiuto…” (Giovanni 19,30).  
Signore Mio e Dio Mio, ricevi la Mia Anima… La pongo nelle Tue amate mani.  
Ho offerto al Padre la Mia Morte per le Anime agonizzanti, ed esse avranno la Vita. 
Nell'ultimo grido che ho lanciato dalla Croce, ho abbracciato tutta l'Umanità passata, presente e futura. 
Lo spasimo lacerante, con cui Mi sono staccato dalla Terra, è stato accolto dal Padre Mio, con infinito Amore, e tutto il Cielo per questo ha esultato, poiché la Mia Umanità entrava nella Gloria.  
Nello stesso istante in cui rendevo il Mio Spirito, Mi sono incontrato con una moltitudine di Anime: chi Mi aspettava da Secoli e Secoli, chi da pochi mesi o giorni, ma tutti intensamente.  
Dopo di che, questa sola gioia è stata sufficiente per tutte le pene da Me sofferte.  
Sappiate che, in memoria di quell'incontro gioioso, Io ho deciso di assistere, e molte volte anche visibilmente, i moribondi.  
Accordo a questi la salvezza, per onorare coloro che, con tanto Amore, Mi accolsero nel Cielo.  
Pregate, dunque, per i moribondi, poiché Io li amo molto.  
Tutte le volte che fanno l'offerta dell'ultimo grido che Io ho lanciato al Padre, saranno ascoltati; moltissime Grazie saranno da Me concesse per questo.  
È stato un momento di gioia, quando si è presentata a Me tutta la Corte Celeste che, compatta e vibrante, aspettava la Mia Morte.  
Ma, fra tutte le Anime che Mi circondavano, una era particolarmente gioiosa, tanto che brillava di gioia e d'Amore… Era Giuseppe che, più di tutti, capiva quale Gloria Io avessi acquisito, dopo tante acerbe lotte.  
Ed è stato Lui a condurMi le Anime che Mi aspettavano; a Lui è stato concesso di essere il Mio primo Ambasciatore nel Limbo.  
Gli Angeli, di ogni Ordine, Mi hanno reso tutto l'Onore, in modo tale, che la Mia Umanità, già risplendente, fu circondata da innumerevoli Santi, che Mi adoravano e Mi esaltavano.  
 
Figli Miei, non ci sono Croci gloriose sulla Terra, sono tutte avvolte nel mistero, nelle tenebre, nell'esasperazione.  
 
• Nel mistero… perché non le capiscono! 
• Nelle tenebre… perché confondono la mente!  
• Nell'esasperazione… perché vanno giustamente a colpire lì, dove non si vorrebbe essere colpiti.  
 
Non lamentatevi, non trattenetevi; Io ve lo dico: che ho portato non solo la Croce di legno, che Mi condusse alla Gloria, ma soprattutto quella Croce invisibile, ma permanente, formata dalle croci dei vostri peccati.  
Si!  
E delle vostre sofferenze.  
Tutto ciò che voi soffrite è stato oggetto delle Mie pene, poiché non ho sofferto solo per darvi la Redenzione, ma anche per quello che dovete ancora soffrire.  
Guardate l'Amore che Mi unisce a voi: in questo Amore, avete la conferma del Mio Santo Volere; unitevi a Me, osservando come Io Mi sono comportato in mezzo ad amarezze senza limiti.  
Ho preso, come simbolo, un legno, una croce! 
L'ho portata con grande Amore, per il bene di tutti.  
Ho sofferto la vera desolazione, perché tutti potessero gioire in Me.  
Ma, oggi, quanti credono in Colui che veramente li amò e li ama?…  
ContemplateMi nell'Immagine del Cristo, che piange e sanguina. Lì e così, Mi vuole il Mondo.  
 
Messaggi dettati a Catalina RIVAS 
 

La sapienza del Vangelo



La persona di Gesù e la sua conoscenza.


 Non ridurre il Vangelo a una dottrina; esso è soprattutto una persona e una storia.
L’Uomo Dio è fermo e intransigente, ma senza ombra di durezza; è dignitoso ma amabile; Il suo sguardo penetra oltre i limiti dello spazio e del tempo e tuttavia non dimentica gli uccelli del cielo, i fiori dei campi, né i poveri paralitici adagiati sul margine della strada. Ha un’opera da compiere e non conosce che quella. Non si lascia trascinare dalle apparenze, non confonde la colpa con la semplice sventura, ma distingue tra il vero e il falso, tra i veri beni e i veri mali. Ma le doti più attraenti e amabili, quelli che maggiormente risplendono in tutta la sua vita, sono la tenerezza e la bontà. Vi è una conoscenza di Gesù che non potrai acquistare né con la lettura né con la riflessione, ma soltanto vivendo assieme a lui, quale ti apparirà dalle pagine del Vangelo. Occupa il tempo della tua preghiera a studiare Gesù, ad assaporare la sua amicizia. Penetra nella sua mente, partecipa alle sue gioie e alle sofferenze del suo cuore. Ti sarà impossibile progredire nella conoscenza, nell’amore, nell’imitazione di Gesù, senza contemporaneamente avanzare nella perfezione di tutte le virtù e divenire ogni giorno più santo.

Francesco Bersini