giovedì 24 settembre 2020

Commento all‟Apocalisse

 


Descrizione della Chiesa militante, secondo la similitudine a Cristo, rivelata a San Giovanni. 


Cap. I, v. 13-20 

XVIII. E voltomi vidi sette candelabri d‟oro, ossia le sette Chiese, ripiene dell‟olio delle ope- re buone, ardenti del fuoco della carità, illuminate dalla sapienza del Verbo divino, e splendenti nel mondo come lampade o candelabri. Cristo, infatti, istituì la Sua Chiesa, perché con l‟olio delle ope- re di misericordia soccorra i bisognosi, medichi gli infermi, accenda con il fuoco della carità i frigi- di, illumini i ciechi con la sapienza celeste, e metta in fuga le opere delle tenebre con quelle della luce e della vita santa. D‟oro, cioè, perfuse della scienza della discrezione e della celeste prudenza. Come, infatti, l‟oro è il metallo più pregiato presso i Re, i Principi e gli altri uomini, e il più efficace nella cura delle umane malattie, così la discrezione e la prudenza non solo sono in grande stima presso Re e Principi, ma sono virtù grandemente necessarie per ogni spirituale rimedio, come la correzione fraterna. D‟oro in quanto allo splendore, ricchezza, maestà, onore e gloria esterna del suo terreno primato, con cui Cristo abbellirà la Chiesa come sua sposa, e la glorificherà presso il mondo secondo i diversi tempi. D‟oro, ossia adorna e costruita ad arte. Come infatti l‟oro si prova nel fuoco e il candelabro viene fabbricato a colpi di maglio, così la Chiesa purgata dal fuoco delle tribolazioni, giunge a compimento nella pazienza sotto i colpi delle tentazioni. 

 XIX. Vers. 13. Ed in mezzo ai sette candelieri d‟oro uno simile al figliolo dell‟uomo, vestito d‟abito talare, e cinto il petto con fascia d‟oro. Viene qui descritta letteralmente la persona di Cristo, che è rappresentata dall‟Angelo, in quanto costituito da Dio Padre Sommo Sacerdote e giudice dei vivi e dei morti. La persona di Cristo rappresenta in allegoria la persona, il governo e la natura della Chiesa sua sposa. Ed in mezzo ai sette candelieri d‟oro uno simile al figliolo dell‟uomo, ossia l‟Angelo – non apparve infatti a San Giovanni Cristo in persona – ma l‟Angelo da lui inviato, che rappresentava la persona di Cristo. Uno simile al figliolo dell‟uomo, ovvero l‟immagine e somiglianza o idea di Cristo, secondo cui egli modellò e fece a sua similitudine e strettamente unita la Chiesa. Uno simile al figliolo dell‟uomo, ossia lo spirito di Cristo. Come infatti l‟anima dell‟uomo stando dentro il corpo, lo vivifica, allo stesso modo Egli informa spiritualmente il corpo della sua Chiesa, la anima, e la vivifica. Per cui aggiunge: in mezzo ai sette candelieri d‟oro. Infatti Cristo, nella persona dell‟Angelo presente intimamente all‟anima di San Giovanni, che aiutandolo, gli mostrava queste cose, sta nel mezzo della sua Chiesa, come il suo capo invisibile, reggendola, animandola, vivificandola, ammaestrandola, consolandola, difendendola, amandola. Così il capo sta nel mezzo del collo, il maestro in mezzo dei discepoli, lo sposo tra le vergini, il Re trai sudditi, e il generale nel mezzo del suo esercito, come si legge in San Matteo: Io sono con voi tutti i giorni fino al- la fine del mondo. (XXVIII, 20). Anche i suoi angeli stanno in mezzo alla Chiesa come dispensatori delle grazie, preordinati da Dio alla nostra custodia, salvezza e aiuto, dei quali è figura quest'Angelo che in persona di Cristo sta in mezzo ai sette candelieri d'oro. 

XX. Vestito d‟abito talare, e cinto il petto con fascia d‟oro. Si ha qui la descrizione di questo simile al figlio dell'uomo, con cui ci si mostra la natura e il governo della Chiesa Cattolica, sposa di Cristo:  

1) si dice, infatti, che San Giovanni lo vide vestito d'abito talare, la talare è la veste del sa- cerdote, detta anche alba, che scende fino ai piedi. Questa veste significa l'umanità di Cristo, rivesti- to della quale si mostrò agli occhi degli uomini, fatto a somiglianza dell'uomo, e in quanto uomo, si fece trovare vestito dell'abito di Pontefice, in modo da essere compartecipe delle nostre infermità e costituito da Dio Padre sacerdote in eterno secondo l'ordine di Melchisedec, per offrirsi una sola volta al Padre sulla croce come vittima vivente, e poi ogni giorno per noi nel Sacrificio della Messa. Così dicasi della Chiesa Cattolica, che è l'immagine viva di Cristo, e l'idea del suo prototipo Cristo. È quindi ornata di talare, ossia della dignità e veste sacerdotale fino ai piedi, perché il sacerdozio non cesserà fino alla fine del mondo. Il candore di questa talare indica la coscienza pura, la semplicità di mente, l'umiltà di spirito e la castità di corpo, cose tutte che devono accompagnarsi al sacerdozio.  

2) Cinto il petto con fascia d‟oro, simbolo della giustizia e verità di Cristo. E sarà la giusti- zia il cingolo dei suoi fianchi e la fede la cintura attorno alle sue reni. D'oro, ossia, a causa della giustizia e della verità patirà molto dal mondo, e verrà provata come l'oro nella fornace. Allo stesso modo la Chiesa di Cristo è la sposa ornata di fascia, fino al petto. L'espressione biblica, infatti, at- torno alle reni, simboleggia il dominio sulla carne ordinato da Dio nell'Antico Testamento, mentre con l'immagine della fascia attorno al petto s'indica il dominio sui pensieri che viene comandato nel Nuovo. Cristo quindi ornò e avvolse la Chiesa sua sposa di questa fascia d'oro preziosa e nuova. In San Matteo si legge infatti: Avete udito come fu detto agli antichi: Non commettere adulterio. Ma io vi dico ecc. (V, 27-28).  

   3) Vers. 14. Aveva il capo e i capelli candidi come lana bianca, e come neve, i suoi occhi eran come fuoco fiammante. Poiché infatti il capo del Sacerdote e del Giudice deve avere la cani- zie della maturità e della saggezza, qui si dice che costui simile al figlio dell'uomo ha la testa e i ca- pelli candidi come bianca lana e come la neve. Per capo s'intende il Verbo di Dio, l'eterna sapienza: candido, in quanto l'umanità di Cristo sussiste con tutte le sue naturali facoltà come membri. Si dice inoltre che ha il capo candido, ossia canuto, per indicare l'eternità e la stessa l'eterna sapienza del Padre. Anche Daniele, infatti, parlando di Cristo Sommo Sacerdote e Giudice dice: Io stavo ad osservare, finché non furono alzati dei troni e non s'assise l'antico dei giorni; le sue vesti erano bianche come la neve. I  capelli della sua testa eran come candida lana. (VII, 9-10). I capelli indicano i santi e giusti di Dio, la grande folla, che nessuno può contare, formata da tutte le genti della terra. I capelli crescono sulla testa e vi stanno attaccati, e ne sono l'ornamento; così i Santi e giusti di Dio crescono e si fondano sulla divina sapienza, il capo Gesù Cristo, e stanno a Lui attaccati con la fede, speranza e carità, come suo ornamento esteriore. Dio è infatti glorificato nei sui santi, che per mezzo suo, trionfarono sulla carne, il mondo e il diavolo, e giunsero nel regno. Poi si noti che i capelli vengono detti candidi per mezzo di due similitudini: 1) come lana bianca; 2) e come neve. Con la prima similitudine s'intendono coloro che vennero da una grande tribolazione e furono lavati come la lana nelle acque di molte afflizioni, che non riuscì ad estinguere la loro carità, e ancora con l‟espressione candidi come lana bianca s‟intendono anche coloro che si imbrattarono nel fango di questa terra peccando mortalmente, ma che si lavarono con Maria Maddalena ed altri, nelle acque del Giordano e della penitenza, come le pecore che vengono lavate prima d‟essere tosate. Candidi come la neve s‟intende invece dei vergini e di tutti coloro che ricondussero in cielo al loro sposo Cristo la loro prima innocenza, cui allude lo stesso libro dell‟Apocalisse con le parole: Coloro che sono senza macchia (XIV, 5) come la neve. La nostra madre, la Chiesa Cattolica, è la stessa in tutti costoro, e il suo capo invisibile è Cristo Gesù, dal quale ella, come Suo corpo mistico, riceve tutta la pienezza di grazia e verità. Il suo capo visibile è invece il sommo Pontefice e Sacerdote con ininter- rotta successione, accolto da tutti con sottomissione. Lo sono anche tutti Prelati, da cui è governata e retta la Chiesa sulla terra, assistendoli la grazia dello Spirito Santo per Cristo Gesù. Questo capo della Chiesa ha la canizie dell‟età, perché sempre ci fu e stette fino ad ora, con una successione perpetua, spezzati i capi di tutti gli eretici. Ha inoltre la canizie della maturità, perché la Chiesa cat- tolica mantenne sempre una sana, ragionevole e Santa dottrina, un ordine bellissimo nelle cerimonie e conservò tutte le altre cose sacre.  

4) I suoi occhi eran come fuoco fiammante, con cui s‟indica la vivezza intellettuale nella cognizione della verità. Come, infatti, l‟uomo ha dalla natura due occhi, il destro e il sinistro, così Cristo, perfetto Dio e perfetto uomo, ha due occhi schiettissimi e acutissimi, che sono tutta la scien- za della Divinità e dell‟umanità, la schietta intelligenza e visione intima di tutte le cose naturali e soprannaturali, buone e cattive del passato, presente e futuro. Con l‟occhio destro invero vede e contempla i buoni, e le opere buone, e con il sinistro i malvagi e le opere cattive, come dice il Sal- mo: Gli occhi del Signore sopra i giusti, le sue orecchie sono intente alle loro preghiere. Ma la faccia del Signore è sopra quelli che fanno il male, per disperdere dal mondo la loro memoria. (XXXIII, 16-17). Per cui s‟aggiunge come fuoco fiammante: come infatti la fiamma del fuoco è un elemento puro e orribile a vedersi, che prova e separa l‟oro dal fango, illumina le tenebre, rivela le loro opere, e penetra tutto, così gli occhi del Signore incutono spavento, mettono alla prova i cuori, tutto vedono, illuminano le tenebre e le opere tenebrose, anche se nascoste, e penetrano fino al fon- do recondito dell‟inferno. Anche la nostra santa madre, la Chiesa Cattolica, ha gli stessi due occhi. 

Il primo è quello divino, ossia l'assistenza dello Spirito Santo. Quest'occhio Cristo lo impetrò dal Padre e lo diede alla sua sposa, come dice in Giovanni: Ed io pregherò il Padre e vi darà un altro Consolatore che resti con voi per sempre. Lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, per- ché non lo vede e non lo conosce, ma voi lo conoscete perché abiterà con voi, e sarà in voi (XIV, 16-17). L'altro occhio è la Sacra Scrittura, i sacri Canoni, gli scritti dei SS. Padri, i Concili cele- brati nella Chiesa, la Teologia, e le fonti di ogni altra scienza sia naturale, sia soprannaturale, a cui si ricorre per definire e stabilire il valore delle cose. Sono occhi bellissimi questi di verità e sempli- cità, come dice il Cantico dei cantici: Quanto sei bella amica mia, quanto sei bella! I tuoi occhi so- no occhi di colomba (IV, 1). Questi sono i due occhi della sposa, con i quali discerne il bene dal male, la verità dall'errore, le tenebre dalla luce, e che fanno il giudizio, la giustizia e la verità. Questi occhi, come fiamme ardenti, uccisero tutti gli eretici, e vinsero il diavolo, padre della menzogna, il dragone, la bestia, penetrando fin nel profondo dell'inferno. 

5) Vers. 15. E i suoi piedi simili all‟oricalco in un‟ardente fornace, con il che s‟indica il fervoroso desiderio quasi infinito di Cristo di procurare l'onore di Dio e la salute delle nostre anime. Egli infatti, per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per trentatré anni s'affaticò nella sete, nella fame ecc. E pigiò con i suoi piedi il torchio della Passione e delle tribolazioni, per cui dice Isaia: Da me solo ho pigiato il torchio, e nessuno dei popoli con me (LXIII, 3). Con la pa- rola piedi quindi s'intende la fortezza di Cristo nelle ardue avversità e la sua invitta pazienza, con cui oltrepassò e vinse, come calpestandole con due piedi, tutte le difficoltà e gli ostacoli che nella via della vita, e soprattutto durante la sua benedetta Passione, gli si fecero incontro. Per cui vengono paragonati all‟oricalco in un‟ardente fornace. Come, infatti, l‟oricalco è durissimo e sopporta ogni vampa di fuoco, e quanto più s'arroventa tanto meglio si colora, così la fortezza, pazienza e fervore di Cristo brillarono nel calore delle tribolazioni e della sua Passione. Allo stesso modo i piedi della Chiesa sono appunto la brama fervorosa dei Santi di Dio nel propagare la salute delle anime, la loro invitta pazienza e umiltà, su cui la Chiesa s'appoggia e cammina, sulle orme di Cristo suo sposo, e con queste due virtù, come fossero i suoi piedi, schiaccia ogni avversità e felicità mondana. Questi piedi sono fortissimi e durissimi come l‟oricalco nelle cose avverse e prospere; ardono del fuoco della carità; ardono nella fornace del fuoco della tribolazione, e non si bruciano, ma dopo ciascuna tribolazione di questo mondo, della carne e del diavolo, vengono sempre di più messi alla prova, per cui la Scrittura dice giustamente: Quanto belli sono i piedi di coloro che annunciano la pace ed evangelizzano il bene!  

6) E la sua voce come la voce di molte acque. Questa voce significa l'efficacia del Verbo sia nella predicazione, sia nella correzione dei vizi. Pertanto la voce di Cristo è la predicazione, le sue parole, e il suo santissimo ed efficacissimo Vangelo, di cui San Paolo, scrivendo agli Ebrei, dice: La parola di Dio è infatti viva, ed efficace, e più affilata di qualunque spada a due tagli, e penetra fino alla divisione dell'anima e dello spirito, e anche delle giunture e delle midolla, e scruta i pensieri e le intenzioni del cuore. (IV, 12). I profeti dissero molto su questa voce, chiamandola verga e spirito della sua bocca. Essa è anche la Grazia di Cristo Dio, che illumina e pungola, che parla all'anima, come la voce di molte acque. Come infatti l'acqua, essa scorre, pulisce, irriga, e feconda spiritual- mente. Sull'efficacia di questa voce di molte acque, il Salmo dice: La voce del Signore sopra le ac- que, il Dio della maestà tuona; il Signore sopra le acque immense. La voce del Signore è potente; la voce del Signore è maestosa. La voce del Signore schianta i cedri. Il Signore schianta i cedri del Libano. Li fa in pezzi come un vitello del Libano, e il diletto come il figlio del liocorno. La voce del Signore sprizza lampi di fuoco. La voce del Signore scuote il deserto. Il Signore scuote il deserto di Cades. La voce del Signore prepara le cerve, spoglia le foreste, e nel tempio di Lui tutti dicon glo- ria (XXVIII, 3-9). La voce della Chiesa è simile. È la voce dei predicatori, e di coloro che gridano nel deserto di questo mondo. È la voce del Verbo di Dio, che parla sia nel Vecchio che nel Nuovo Testamento. Questa voce sono le definizioni e i decreti dei Concili ecclesiastici, dei Canoni, del Sommo Pontefice, e degli altri prelati, con cui parla ai fedeli suoi sudditi. Isaia parla di essa quando dice: Egli fece la mia bocca come spada tagliente; mi custodì sotto l'ombra della sua mano, ha fatto di me una freccia scelta; mi ha nascosto nella sua faretra (XLIX, 2). 

7) Vers. 16: Nella destra teneva sette stelle; dalla sua bocca usciva una spada a due tagli. Le sette stelle sono l'insieme dei Vescovi, che sono detti stelle, perché devono illuminare la Chiesa sia con la vita che la dottrina, come in Daniele: Quelli che insegnano la giustizia alla moltitudine risplenderanno come stelle per tutta l'eternità (XII, 3). Sono nella destra di Cristo, perché senza di Lui non possono operare nulla di buono, come in San Giovanni: Senza di me non potete fare niente (XV, 5). Sono poi nella Sua destra perché sottostanno alla sua autorità, che ora innalza, ora umilia, ora eleva, e un altro infine getta in terra, perché sia calpestato dagli uomini. Così Cristo insegna come tutto è sotto posto al suo potere e alla sua grazia, simboleggiata dalla destra. Anche la Chiesa ha la sua destra, ossia la potestà del Sommo Pontefice, la sua giurisdizione universale e gerarchica, a cui devono sottostare tutti gli altri Vescovi. 

8) Dalla sua bocca usciva una spada a due tagli. La sua faccia era come il sole quando ri- splende in tutta la sua forza. La spada simboleggia la giustizia, in quanto Cristo è stato costituito giudice dei vivi e dei morti. Si dice inoltre che essa ha due tagli, perché il giudice sarà giusto, e non guarderà al persona del re o del povero, ma giudicherà i giusti e gli empi, e a ciascuno renderà se- condo le sue opere. Si noti che questa spada usciva dalla bocca, poiché la sentenza del giudice, si proferisce con la bocca. Così Cristo in San Matteo: Allora il Re dirà a quelli che saranno alla sua destra: Venite, benedetti dal Padre mio, prendete possesso del regno preparato per voi sin dalla fondazione del mondo. Perché ebbi fame e mi deste da mangiare; ebbi sete e mi deste da bere; fu pellegrino e mi albergaste; ignudo e mi rivestiste; infermo e mi visitaste; carcerato e veniste a tro- varmi […] E a quelli che sono a sinistra, dirà: Andate via da me nel fuoco eterno…(XXV, 34-41). Anche la Chiesa ha la spada, poiché Cristo la fece giudice delle varie controversie, sia d'ordine di- sciplinare che riguardanti la fede, come in San Matteo: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la Chiesa, e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa […] e qualunque cosa avrai legata sulla terra, sarà legata anche nei cieli; e qualunque cosa avrai sciolta sulla terra, sarà sciolta an- che nei cieli (XVI, 18-19). La Chiesa amministra la giustizia secondo i SS. Canoni e definisce le materie di Fede dichiarando il senso legittimo delle SS. Scritture, pronunciando sentenze di scomu- nica e di anatema contro gli eretici pertinaci. Quindi la spada della Chiesa Cattolica si chiama giu- stamente la spada dell'anatema e delle scomuniche, che sempre ci fu e ci sarà nella Chiesa di Cristo. 

8) La sua faccia era come il sole quando risplende in tutta la sua forza. Il volto di Gesù Cristo trionfante in cielo è la sua gloriosissima umanità, in quanto illuminata e sfolgorante dello splendore dell'eterna gloria, verso cui gli Angeli hanno brama di guardare, e che illumina ogni uomo che viene al mondo (S. Giovanni, I, 9). Per cui è aggiunto La sua faccia era come il sole quando risplende in tutta la sua forza. Come infatti il sole illumina tutto il mondo, feconda, penetra con la sua forza i monti, i mari e ogni cosa, così il volto di Cristo è lo splendore dell'eterna luce, che inu- midisce i deserti con la rugiada della celeste gloria; che secca le paludi con il calore dei desideri ce- lesti; che riscalda i ghiacciai con il caldo del suo amore, e tutto riempie di bontà. Il Salmo dice al riguardo: Quando tu rivolgi altrove la faccia, tutte le cose si turbano. Se togli loro lo spirito vengo- no meno, e ritornano nella loro polvere (CIII, 29). Il volto della Chiesa, sposa di Cristo, è allo stes- so modo bellissimo per lo splendore dello Spirito Santo, che nel giorno della Pentecoste è stato ef- fuso sopra di Lei. Perciò la sua faccia era come il sole quando risplende in tutta la sua forza, ov- vero nel suo ordinatissimo ordine, ove tutto è a suo posto, nei bellissimi riti e cerimonie ecclesiastici ecc. La sua faccia era come il sole quando risplende in tutta la sua forza, ossia nelle sue sante leggi, promulgate secondo la volontà di Dio, rispettando l'ordine naturale e a vantaggio degli uomi- ni. Come il sole quando risplende, nell'inconcussa e immacolata verità della fede, con cui illumina ogni uomo che viene in questo mondo (S. Giovanni, I, 9). Così i pagani, gli eretici e gli altri infedeli, se lo vogliono, possono guardare il volto della Chiesa cattolica, per esserne facilmente illuminati, e convertirsi alla vera fede. 

XXI. Dopo aver sufficientemente descritto questo simile a un Figlio dell'uomo da capo a piedi, San Giovanni aggiunge: 

Vers. 17. E veduto che l'ebbi, caddi ai suoi piedi come morto. E posò sopra di me la sua destra e disse: Non temere. Io sono il primo e l'ultimo. Queste parole indicano il terrore e lo spa- vento, fino quasi a morirne, da cui fu invaso il sant'uomo. Dice poi che cadde ai suoi piedi, per mo- strarci che i piedi della sua Chiesa (che, come vedemmo sopra, indicano la fortezza e la pazienza, con cui fino alla fine del mondo pigerà il frantoio delle tribolazioni e il lago di sangue dei martiri contro tutti i tormenti del diavolo e dei suoi tiranni) sono davvero stupendi e assai terribili, conside-rando la bontà, pazienza ed amore di Dio verso la sua Chiesa, e al contrario la spaventoso e mirabile permesso concesso da Dio ai cattivi contro la Chiesa. Ma al timore e allo spavento segue poi la con- solazione. 

XXII. E posò sopra di me la sua destra. La destra designa la grazia e la potenza di Cristo, che nella persona di San Giovanni (in questo caso figura della Chiesa) pose sulla sua Chiesa e sui suoi membri, dicendo: Non temere, ovvero, non abbiate timore se dovete passare attraverso terribili prove e un fiume di sangue dei martiri (del quale il Padre mio dall'eternità per la gloria dei suoi elet- ti si compiacque di bere nel tempo), poiché posi la mia destra, ovvero la grazia antecedente, conco- mitante e conseguente, sopra di voi. La mia destra, ossia il mio potere, che non consentirà, che vi sia imposto più di quanto potete fare, sopportare e superare. La mia destra, perché io sarò con voi in tutte le vostre prove fino alla fine  del mondo. 

XXIII. Vers. 18. Io sono il primo e l'ultimo, e vivo, e fui morto, ed ecco io vivo nei secoli dei secoli, ed ho le chiavi della morte e dell'inferno. Con queste parole Cristo incita e conforta la sua Chiesa e noi sue membra con il suo esempio (che non potrebbe essere maggiore) alla sopporta- zione di ogni male, con le parole: Io sono il primo, in quanto Dio e principio di ogni creatura, e an- cora io sono il primo, perché patii molte prove per lasciarvi un esempio. E l'ultimo, il fine, per il quale tutto fu creato, e a cui ogni cosa è ordinata e tende, ma anche io fui l'ultimo dei vivi nel senso che ne scrisse Isaia: L'abbiamo veduto, non era di bell'aspetto; né l'abbiamo amato. Disprezzato l'ultimo degli uomini, l'uomo dei dolori, assuefatto al patire, teneva nascosto il volto, era vilipeso, e noi non ne facemmo alcun conto. Veramente egli ha presi sopra di sé i nostri mali, ha portati i no- stri dolori; e noi l'abbiamo guardato come un lebbroso, come un percosso da Dio e umiliato. Egli invece è stato piagato per le nostre iniquità, è stato trafitto per le nostre scelleratezze. Piombò so- pra di lui il castigo che ci ridona la pace, per le sue lividure siamo stati risanati (LIII, 2-5). E vivo e fui morto, come dicesse: ecco fu davvero morto sulla croce e giacqui nel sepolcro, e disperarono della mia vita e resurrezione, ma risuscitato, risorsi veramente, e sono vivo, io che ero morto. Ed ecco io vivo nei secoli dei secoli. Qui mostra la sua immortalità, per convincerci del tutto che egli vuole rendere noi e le nostre anime dure come il diamante nel sopportare la morte, dicendo: ecco, io che patii per breve tempo, ora vivo nei secoli dei secoli, ossia immortale in eterno, e impassibile, secondo quel passo che dice: ciò che è morto per il peccato, è morto una volta, ciò che vive, vive per Dio, e la morte non potrà nulla sopra di lui. Considerando l'immortalità che gli aspettava, i san- ti martiri di Dio e le tenere verginelle vinsero con gioia tutti i tormenti del mondo e ne  sopportaro- no pazientemente le tentazioni. 

XXIV. Ed ho le chiavi della morte e dell‟inferno, ovvero ho il potere, designato dalle chia- vi. Ho le chiavi della morte, come dice Osea: Io sarò la tua morte, o morte, io sarò la tua rovina, o inferno, onde la morte al mio ordine restituirà vivi al suono della tromba i suoi morti. Sorgete o morti... venite al giudizio (XIII, 14). La morte inferta come che sia ai miei fedeli, io la rendo prezio- sa al cospetto del Signore. Ho le chiavi dell‟inferno, ossia il potere sul diavolo, che come leone ruggente va intorno, cercando chi divorare, cui dovete resistere forte nella fede. Dell‟inferno, ossia del principe di questo mondo, e dei suoi servi e membri nel mondo, che tentano ogni cosa, per as- soggettarvi e allontanarvi da me con numerosi tormenti. Ma quel principe è già stato gettato fuori, per cui non dovete temerne i satelliti, come insegna Cristo in San Luca: Non temete coloro che uc- cidono il corpo, temete invece colui che, dopo avervi fatto morire, ha potere di mandarvi all’inferno (XII, 5). Ed ho le chiavi della morte e dell‟inferno, perché questi servi del diavolo, che avranno in- fierito contro di voi tanto basta, al mio ordine la morte se ne pascerà, e l‟inferno se li mangerà vivi. Non incrudeliranno oltre o contro la mia volontà, ma io non tollererò che voi siate tentati oltre le vostre forze, ma trarrò dalle vostre prove il vostro vantaggio. Colui che ha le chiavi della casa, vi fa entrare chi vuole, e chi vuole scaccia dall‟entrata. 

Vers. 19. Scrivi dunque le cose che hai vedute, e quelle che sono, e quelle che debbono accadere dopo di queste. Ovvero scrivi i mali e le prove passate che ti sono rivelate, quelle inoltre presenti o imminenti, o che secondo il permesso di Dio hanno già iniziato ad accadere e stanno per compiersi. Infine scrivi anche gli eventi futuri, e che dovranno accadere nel decorso dei tempi, negli ultimi giorni, agli ultimi fedeli. Così grazie all‟esempio di pazienza e d‟invincibile fortezza di chi li ha preceduti, i posteri e ultimi saranno ben confortati. 

Vers. 20. Il mistero delle sette stelle, che hai vedute nella mia destra, e i sette candelabri d‟oro: le sette stelle sono gli Angeli delle sette Chiese, e i sette candelabri sono le sette Chiese. Spiega il mistero, che ha rivelato, insegnando come dal senso proprio e da quello allegorico delle parole, occorre intendere e ricavarne altri. I sette angeli quindi significano l‟insieme dei Vescovi, che saranno nelle epoche future della Chiesa, mentre i sette candelabri sono le sette età future della Chiesa, fino alla fine del mondo, durante le quali Dio compirà le sue rovine e spezzerà molte teste. Di questo scrive San Giovanni più avanti. 

Venerabile Servo di Dio Bartolomeo Holzhauser 


Traduzione dal latino di Nicola Dino Cavadini

Regina della Famiglia

 


Apparizioni a Ghiaie 


La relazione del pittore Galizzi 

 

Il pittore Giovan Battista Galizzi, di Bergamo, aveva ricevuto l'incarico dal prof. Don Luigi Cortesi, di dipingere un quadro con la Madonna, secondo le indicazioni di Adelaide Roncalli. 

Il pittore sull'origine del quadro e sui suoi contatti con 

Adelaide scrive: 

"Non appena venni a conoscenza degli avvenimenti straordinari delle Ghiaie di Bonate volli recarmi sul posto per  rendermi conto personalmente dello svolgersi dei fatti. Prima di  ogni cosa, mi impressionò lo spettacolo dell'enorme concorso di  folla, la quale, per la presenza di parecchi ammalati mi richiamò  quella che seguiva Gesù (vidi una donna alzarsi dalla barella, ma  non conobbi i particolari e gli sviluppi del fatto). Non mi fu  possibile per la grande ressa avvicinare sul posto l'Adelaide nel  momento della visione, cosa che ottenni invece in seguito con  agio, e in varie riprese, sia presso l'Istituto delle RR. Suore  Orsoline a Bergamo e a Gandino, sia nel mio studio. 

Questi incontri si resero necessari perché il Rev. Don Cortesi mi aveva affidato l'incarico di dipingere un quadro con la  Madonna, secondo le indicazioni di Adelaide. Dal canto mio  desideravo vivamente di tentare di fissare sulla tela l'immagine  della Madonna, secondo la visione della bambina; così accettai  con gioia l'incarico escludendo a priori l'idea di qualsiasi vantaggio personale presente o futuro. 

Posso dichiarare, senza minima esitazione, che fin dal  primo incontro con l'Adelaide, ebbi la netta e chiara sensazione  di trovarmi di fronte a una bambina sana di mente e di corpo,  sensazione che in seguito divenne sicurezza anche perché venne  confermata poi pienamente dal Prof. Cazzamalli, in occasione di  una visita che si fece insieme a Gandino alla bambina, in  compagnia anche di Don Cortesi e della dott. Maggi di Pontida,  che ci ospitò nella propria auto. Erano pure presenti alcuna Suore  dell'Istituto e tutte queste persone possono confermare il giudizio  favorevole dato allora dal Prof. Cazzamalli. 

Fra le varie apparizioni che Adelaide veniva descrivendo  (per verità assai sobriamente) io fermai la mia attenzione su una  delle ultime, nella quale la Madonna appariva sola, e la scelsi a  soggetto del quadro per il motivo che essendo Essa la protagonista di tutte le visioni, mi parve conveniente fissare su di Lei il  mio studio; e d'altro canto presentava attributi originalissimi, che  la rendevano inconfondibile con qualsiasi immagine finora fallo. 

Ho notato la particolarità della visione della Madonna  sospesa nel vuoto, senza alcun appoggio né di alberi né di nubi o  di rocce, in contrasto con le immagini che Adelaide doveva  conoscere. Riguardo a tutti gli altri particolari: corona del rosario  bianca, rose bianche ai piedi, fascia alla vita, del medesimo  colore dell'abito, ampiezza delle maniche, ecc. essi furono da me  eseguiti dietro precise indicazioni di Adelaide, la quale approvò  dapprima il bozzetto e collaudò poi nel mio studio il quadro  ultimato. 

Riguardo al fatto della attendibilità o meno di quanto la  bambina asseriva delle sue visioni, ad un'altra cosa io diedi molta  importanza: per ragioni tecniche di impostazione, era per me  esenziale fissare i rapporti coloristici del quadro ossia stabilire se  l'immagine dovesse staccare luminosa su fondo di tono più  scuro, o viceversa essere in tono più basso rispetto al fondo  luminoso. A questa domanda che formulai in modo semplice per  farmi intendere bene da lei, precisò che la Madonna era avvolta  in uno splendore luminoso. Aveva anche precisato che la  Madonna era vestita di rosso, col manto verde; cosa questa che a  me creava non poco imbarazzo dal lato artistico per la difficoltà  di armonizzare tra di loro questi colori. 

Pensai allora di far scegliere da lei stessa da una grande  scatola di pastelli di tutte le gradazioni di tinte, quelli che più si  avvicinassero ai colori da lei visti. Con mia sorpresa, mentre mi  sarei atteso la scelta del rosso e del verde più sgargianti, secondo  il gusto popolare, scelse un rosso pallidissimo ed un verde caldo  sbiadito, segnandomeli sopra un foglio di carta bianca; e questo  alla presenza di Don Cortesi e di altre persone. Sul momento la  cosa mi sembrò quasi una contraddizione, ma ripensandoci  durante l'esecuzione del quadro, mi resi conto che il rosso e il  verde, invasi dello splendore da lei visto, dovevano  necessariamente presentarsi attenuati secondo i colori dei pastelli  da lei scelti. Ragionamento che Adelaide non avrebbe potuto certamente fare. 

Concludendo: io personalmente, dovetti venire alla convinzione che Adelaide deve aver visto veramente la Madonna  ed il ripetuto contatto con questa bambina, ha sempre più confermato questa mia convinzione. Tengo anche a dichiarare che  non l'ho mai avvicinata o interrogata se non in presenza di Don  Cortesi e di altre persone (v. Raschi, o.c., pp. 104-107). 

Don Italo Duci nel suo diario scrive: "Interessante la relazione che fa lo stesso pittore Galizzi, riferendo le descrizioni, le  correzioni che faceva la piccola Adelaide. Il pittore Galizzi si è  confermato sempre più nella convinzione della sincerità di Adelaide e della verità di quanto diceva delle apparizioni, persino  nella scelta di alcuni colori mostrati nella sua tavolozza, per la  lunghezza del manto (della Madonna, n.d.r.) di cui diceva Adelaide non si vedeva la fine, che arrivava fino a Roma. 

Il pittore Galizzi, uomo di grande fede, conservò sempre  grande convinzione nella verità delle apparizioni delle Ghiaie e  di frequente veniva alla cappella a pregare finché le forze glielo  permisero e si soffermava spesso nella casa parrocchiale. 

In una udienza con Pio XII, per la illustrazione dei Vangeli o anche della Bibbia, deve aver parlato delle apparizioni di  Ghiaie.


La lettera del pittore Galizzi a Pio XII 

Ecco il testo: 

"Bergamo 15 agosto 1957 

Beatissimo Padre, 

sono il pittore Giambattista Galizzi di Bergamo che ebbe la  somma grazia di essere ricevuto da Vostra Santità in udienza  privata il giorno 22 giugno scorso per offrirle in omaggio i  volumi della Sacra Scrittura da me illustrati. 

Mentre con animo sentitamente devoto e ancora profondamente commosso, ringrazio la Santità Vostra dell'indimenticabile  udienza e dell'accettazione dell'omaggio, mi faccio premura di  inviare quanto mi avevate richiesto sui fatti di Ghiaie di Bonate  dei quali avevo osato parlare a Santità Vostra. Faccio le mie più  umili scuse se alcuni libri non sono in perfetto ordine, perché  non ve ne sono più in commercio e non mi fu possibile trovarne  altri. 

I libri che invio non rappresentano che un minimo di  quanto fu stampato su quei fatti; tuttavia sembrano i più significativi. 

Oso ancora esprimere alla Santità Vostra che quanto in  udienza ho esposto in merito a questa causa, è il sentimento  notissimo di parecchi Vescovi, di numerosissimi sacerdoti, di  distinte personalità, di schiere di migliaia e migliaia di fedeli che  da anni in disciplina e preghiera attendono una parola autorevole  e delucidativa. 

Ringrazio con profonda devozione la Santità Vostra di  avermi dato questo ambito incarico, e mi prostro umilmente a  esprimere tutta la mia figliale pietà. 

Con profonda devozione 

Giambattista Galizzi". 

(v. Senapa, agosto 2002, pp. 19-20). 


Severino Bortolan 

Presto non ci sarà più tempo. Quando il tempo finisce, tutte le anime che non sono venute da Me sono perse e saranno consegnate a Satana dove trascorreranno l'eternità con il dio che hanno servito.

 


Mia misericordia


GIOVEDÌ 24 SETTEMBRE 2020

   Figli miei, negli eventi che stanno iniziando, niente intorno a voi sarà al sicuro, protetto o affidabile. Il nemico tira molte trappole al mio popolo e ha aumentato l'odio nei cuori del suo popolo per te. Non cesseranno di perseguitare il Mio popolo fino alla fine dei giorni.

   I miei giudizi stanno cominciando a cadere nella terra e ci saranno grandi perdite di vite umane e cambiamenti nelle condizioni di vita. Devo farlo affinché i perduti possano vedere che sono Dio. Non hanno onorato Me o il Mio Santo Nome nei bei tempi in cui sono stati benedetti, quindi darò loro la possibilità di onorarmi nei momenti difficili. Presto non ci sarà più tempo. Quando il tempo finisce, tutte le anime che non sono venute da Me sono perse e saranno consegnate a     Satana dove trascorreranno l'eternità con il dio che hanno servito.

   Guarda che il tuo cuore non si allontana da Me mentre cadono questi giudizi, perché sebbene ti sembrino aspri, sono la Mia Misericordia per loro. In My Mercy, non li prendo ora quando non sono pronti. Nella Mia Misericordia, sto provocando eventi che dimostreranno loro il loro bisogno di Me.

   Conservate i vostri cuori con ogni diligenza, figli Miei, perché il nemico cerca di screditare il Mio Nome e la Mia Misericordia. Vedi che non è così con te. (che scredita Dio accusandolo di noi) Presto - molto presto, torni a casa.

Glynda Lomax


Proverbi 4:23

23  Conserva il tuo cuore con ogni diligenza; perché da esso sono le questioni della vita.

Rivelazione 12:10

10  E udii un'alta voce che diceva in cielo: Ora è venuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo, perché l'accusatore dei nostri fratelli è abbattuto, che li accusava davanti al nostro Dio. e la notte.

Giona 1: 7-16

 E dissero ognuno al suo compagno: Vieni, e tiriamo a sorte, affinché possiamo sapere per la causa di chi questo male è su di noi. Così tirarono a sorte e la sorte cadde su Giona.

 Allora gli dissero: Dicci, ti preghiamo, per la causa di chi questo male è su di noi; Qual è la tua occupazione? e da dove vieni? qual è il tuo paese? e di che popolo sei?

 Ed egli disse loro: Io sono ebreo; e temo il Signore, l'Iddio del cielo, che ha fatto il mare e la terraferma.

10  Allora gli uomini furono estremamente spaventati e gli dissero. Perché l'hai fatto? Gli uomini sapevano che era fuggito dalla presenza del Signore, perché glielo aveva detto.

11  Allora gli dissero: Che ti dobbiamo fare, affinché il mare sia calmo per noi? perché il mare era agitato ed era tempestoso.

12  Ed egli disse loro: Sollevatemi e gettatemi in mare; così il mare sarà calmo per voi: perché so che per amor mio questa grande tempesta è su di voi.

13  Nondimeno gli uomini remavano a lungo per portarlo a terra; ma non potevano, perché il mare agitava ed era tempestoso contro di loro.

14  Perciò gridarono al Signore e dissero: Ti supplichiamo, o Signore, ti supplichiamo, non periamo per la vita di quest'uomo e non riversare su di noi sangue innocente, perché tu, o Signore, hai fatto come gli piaceva ti.

15  Allora presero Giona e lo gettarono in mare; e il mare cessò di infuriare.

16  Allora gli uomini temettero grandemente il Signore e offrirono un sacrificio al Signore e fecero voti.

FRATELLO ESORCISTA

 


Minacce del demonio agli esorcisti 

Il demonio minaccia gli esorcisti, ed anche pesantemente,  di rappresaglie diaboliche per scoraggiarli, indurli a desistere  dalla lotta contro di lui. Essi combattono per liberare i posseduti e i vessati dalla sua presenza e dal suo influsso.  

Ho ricordato la minaccia che mi ha fatto e già realizzata.  Per tre volte il demonio si è divertito un mondo a beffeggiarmi per lo sgambetto fattomi. Ora dovrei aspettarmi di essere  accusato da pazzo per essere messo in manicomio.  

Non è una invenzione nuova del demonio. Vedremo se il  più Forte di tutti glielo permetterà. Già in passato ci ha provato di farmi accusare da pazzo, ma il più Forte e Sapiente mi ha  suggerito quello che dovevo dire ed ha allontanato il pericolo.  Anche Fra Benigno, esperto esorcista e autore del libro:  “Dalla filosofia all’esorcismo”, fu oggetto delle minacce del  demonio per scoraggiarlo e ritardare il tempo della liberazione  dei pazienti. Anche se lo ha minacciato di morte, non si è lasciato intimorire, condizionare. Il demonio sa che non può  nulla contro Fra Benigno. È ben protetto da un Angelo del  Signore e da potenti suoi familiari: S. Francesco e S. Pio da  Pietrelcina. Ma tenta lo stesso con arroganza, alza la voce per  indebolire il coraggio dell’esorcista, la fede e la fiducia in  Dio.  

Con me ha provato chiedermi più volte per sapere se ho  paura, o poca fede, se prego male, aggredendomi con sceneggiate e urla. Cerca di scoprire gli esorcisti deboli e paurosi per  sferrare l’attacco e sperare in un esito favorevole. Questi pensieri sono tutti fondati sui limiti della sua conoscenza.  

Il demonio dice a molti esorcisti, anche a me e Fra Benigno: “Io sono il più forte e rimango qui; tu non puoi mandarmi via”. Dopo simile affermazione il Frate inizia l’esorcismo.  Il demonio aggiunge: “Comincia pure a pregare e io mi divertirò”. Ma non sembra si sia divertito molto, perché dopo poco  tempo ammette che non ne può più, la preghiera gli dà tanto fastidio da farlo esplodere: “Con queste preghiere mi rompi  …. Mi sono stancato di sentire queste preghiere. Ciao, ciao e  me ne vado”. E il posseduto rimane liberato (p.82).  

Frasi simili e lamentele ancor più forti ho udito dal demonio durante gli esorcismi, addirittura con lunghi pianti e urla  dove mi diceva: “Non ne posso più, finiscila”. Gli ho sempre  ricordato che il Signore mi ha mandato a “cacciate i demoni”;  e allora “vattene all’inferno dove il Signore ti ha mandato”. 

Il demonio mi risponde sempre: “No, non me ne vado, non  posso, devo stare qui perché mi è stato comandato. Tobia mi è  stato consegnato con pesanti fatture per farlo morire, per portarlo al suicidio e all’inferno”. E i tempi di liberazione sono  legati proprio al tipo di fatture e alla ripetizione di fatture da  parte dei fattucchieri, o demoniaci, compratori di fatture, anche se il demonio deve fare i conti con i Progetti del più Forte.  Spesso il demonio durante le preghiere con i monosillabi:  “No, Mai”, contesta, disapprova tutte le invocazioni che riguardano la liberazione dai mali, da vessazioni e fatture. Non  vuole sentir parlare di misericordia di Dio, adorazione, amore  a Cristo e di salvezza delle anime. Respinge le invocazioni a  Maria, piena di grazia, di preservarci dal fuoco dell’inferno:  cioè quanto va contro il suo regno. 

Il buon samaritano delle vittime del demonio 

SIGNORE DIO

 


Signore Dio, giudice forte giusto e paziente, tu che sai la fragilità degli uomini, sei tu il mio vigore, tu tutta la mia fiducia. A me non basta la mia coscienza. Tu sai ciò che io non so e anche per questo perdonami benevolo. Meglio per me la tua copiosa misericordia, che non la mia pretesa giustizia!


FÈRMATI, O UOMO, ASCOLTA LA VOCE DEL TUO DIO.

 


Il tempo a voi dedicato per la vostra conversione è a limite, siete stati avvertiti, informati di ciò che sto per mandare su questa Umanità perversa priva di ragione. Sono stanco, afflitto da sì tanta miseria umana!
Scrivo attraverso i miei profeti la storia, ma l’uomo resta indifferente.

Metto l’uomo a conoscenza di ciò che è bene e di ciò che è male affinché abbia la possibilità di salvarsi ma resta comunque disinteressato.

Questa Umanità non vuole né ascoltare né seguire la mia voce, né il mio Comando perché possa salvarsi; brama le cose di questo mondo, non pone attenzione ai segni, cammina sul campo minato con indifferenza… quanta indolenza in te! …quanto sarà grande il tuo dolore! 

Miseramente ti inginocchi a Satana, ti fai affascinare dalle sue luci false: … povera Umanità, ora cadrai in ginocchio e non riuscirai più a risollevarti perché stoltamente hai ignorato il tuo Dio Creatore.

Fèrmati, o uomo! … Ascolta almeno per un solo attimo la voce del tuo Dio! Sii prudente, abbandonati a Lui, perché ora succederà il disastro più grande della storia dell’uomo.
Ravvediti, figlio mio, convertiti ora perché poi non potrai più farlo, a breve ogni luce si spegnerà sia in cielo che in terra.

Non attardarti, sii vigile, apri i tuoi occhi alla condizione che vive il mondo e apri il tuo cuore a Colui che ti ama e può salvarti.

Satana è agguerrito, il suo veleno è già su questa Umanità caduta nella sua rete, vuole distruggere tutto ciò che Dio ha creato.

Porgi l’orecchio, o uomo, ascolta la voce del tuo Dio, non attendete di vedere compiersi le profezie, … è doloroso per Me, ma peggio sarà per voi che dovrete subire la grande passione solo per non esservi rivolti a Colui che vi ha creati.

La guerra è in atto, le Nazioni si combattono per un misero pozzo di petrolio, la ricchezza è divenuta l’unico bene in assoluto, l’uomo ha rinnegato l’amore del suo Creatore, è sceso in basso fino a toccare l’Inferno.

La mia Misericordia è finita, o uomini, il calice amaro della sofferenza è già su di voi. Pietà, pietà di voi, o uomini! Avete accordato il piano di Satana, ora avrete ciò che vi siete meritati.
Dio, nel suo infinito dolore, attende ancora di poter vedere una piccola luce di salvezza su questa Umanità.

Carbonia 23.09.2020 

I NUOVI MODERNISTI DELLA I NUOVI MODERNISTI DELLA “NOUVELLE THÉOLOGIE” “NOUVELLE THÉOLOGIE”

 


1962 RIVOLUZIONE NELLA CHIESA

***

Tutti gli “amici” del de Lubac

Il gesuita p. Pierre Teilhard de Chardin (il vero “padre” occulto del Vaticano II), l’altro amico e “maestro” del de Lubac, era invece autore di un nuovo sistema filosofico-religioso panevoluzionista, una specie di ibrido darwin-hegeliano che egli considerava nientemeno che “la religione del futuro”, un “metacristianesimo”11 destinato a distruggere la Chiesa Cattolica tramite la sistematica reinterpretazione dei suoi dogmi in chiave gnostica. Secondo il sistema del p. Teilhard, che nasceva da una sua personale infatuazione per la mitica (perché di un mito si tratta)

teoria evoluzionistica darwiniana, la materia inorganica si sarebbe evoluta verso quella organica, mentre quest’ultima avrebbe raggiunto lo stadio più alto con l’uomo, la cui anima spirituale non sarebbe stata altro che il frutto spontaneo di un’ulteriore evoluzione della materia.

Ma il processo evolutivo doveva continuare inesorabile, nella saga fantascientifica del Teilhard, mediante la cooperazione dell’uomo al progresso scientifico e tecnico, finché l’umanità non avesse raggiunto il livello di “superumanità” in modo tale da divenire “cristificata” in quello che egli chiamava “punto Omega”, un

“Cristo Cosmico” inteso in senso panteistico:

“Io credo - sintetizzava il de Chardin - che l’Universo

è una Evoluzione. Credo che l’Evoluzione va verso lo Spirito. Credo che lo Spirito termina in qualcosa di Personale. Credo che il Personale supremo è il Cristo Universale”.12

E ancora: 

“Ciò che va dominando il mio interesse e le mie preoccupazioni interiori (...) è lo sforzo per stabilire in me, e per diffondere intorno a me, una nuova religione (chiamiamola un Cristianesimo migliore, se volete) in cui il Dio personale cessa d’essere il grande proprietario “neolitico” di un tempo, per diventare l’anima del Mondo

che il nostro stadio culturale e religioso richiede”.13

“Non vi è, in concreto, Materia e Spirito: ma esiste soltanto Materia che diventa Spirito. Non vi é, al Mondo, né Spirito né Materia; la “Stoffa dell’Universo” è lo Spirito-Materia. So benissimo che questa

idea (...) è vista come un mostro ibrido (...) ma resto convinto che le obiezioni sollevate contro di essa dipendono dal fatto che pochi si decidono ad abbandonare

un punto di vista antico per arrischiarsi su una nozione nuova”.14

Tutto ciò non poteva che sfociare in un’aperta apostasia dalla Fede:

“Se, in seguito a qualche crisi interiore - aveva scritto infatti il p. Teilhard già nel 1934 - io venissi, successivamente, a perdere la mia fede in Cristo, la mia fede in un Dio personale, la mia fede nello Spirito, mi sembra che continuerei invincibilmente a credere al Mondo. Il Mondo (il valore, l’infallibilità e la bontà del Mondo), tale é in ultima analisi, la prima, l’ultima e

la sola cosa alla quale io credo. È per questa fede che vivo. Ed é a questa fede, lo sento, che al momento di morire, al di sopra di ogni dubbio, io mi abbandonerò. (...) Alla fede confusa in un Mondo Unico ed Infallibile, io mi abbandonerò, dovunque abbia a condurmi”.15

Come per gli altri neomodernisti della nouvelle théologie, l’aspirazione del p. Teilhard era quella di riuscire a rimanere annidato come un virus mortale nel seno della “vecchia” Chiesa cattolica, con uno scopo ben preciso: quello di svuotarla dall’interno per trasformarla poi in una “superchiesa” ecumenica nel senso più ampio del termine. 

A ragione il filosofo Etienne Gilson, che aveva anche conosciuto di persona il p. Teilhard, denunciava senza mezzi termini: 

“... Questo mi riconduce al dubbio che mi assilla: (Teilhard de Chardin) é stato semplicemente un incoerente, o invece é stato il più subdolo, il più sornione degli eresiarchi, lucidamente cosciente di quanto stava facendo e risoluto a far incancrenire la Chiesa dall’interno, continuando ad appartenervi? Naturalmente, quel che io chiamo far marcire la Chiesa significava per lui rinnovarla; significava, forse procedere a una riforma a paragone della quale, come dice

egli stesso, quella operata dalla dottrina del Verbo, nel II secolo della nostra era, apparirebbe superficiale? C’è un orgoglio luciferino in questo progetto. È il trionfo del naturalismo e del secolarismo che prosperano nel nostro tempo”.16

Inutile dire che questa accusa si sarebbe potuta tranquillamente estendere anche agli altri esponenti della nouvelle théologie, dallo spirito certo meno fantascientifico, ma comunque tutti sistematicamente imbevuti, come abbiamo visto, di immanentismo, di soggettivismo e di evoluzionismo dogmatico.

Sarà anche interessante sapere che il p. Henri de Lubac, il “padre” più visibile del Vaticano II, è stato anche il propagandista più accanito ed entusiasta del “pensiero”, debitamente filtrato, del suo amico Teilhard in ambito cattolico. Specialmente dall’ultimo dopoguerra fino all’inizio del Concilio Vaticano II, una propaganda martellante ad opera degli ambienti della “nuova teologia” a favore delle idee del p. Teilhard de Chardin è stata portata avanti tra

l’intellighenzia cattolica con effetti devastanti, resisi poi ben visibili e palpabili, durante e dopo il Vaticano II, nell’atteggiamento di molti teologi e di molti membri influenti della Gerarchia, già di per sé inclini a cedere al mito del progresso, della modernità e all’apertura al mondo.

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Sac. Andrea Mancinella

DIO E IL CREATO

 


PRESENZA DELLA TRINITÀ NEL MONDO  

Questo insegnamento sulla Trinità tutta impegnata nell‘opera creatrice e restauratrice ci situa ancora alla radice di una dottrina della presenza di Dio nel mondo, che Tommaso condivide con i più grandi mistici, ma che egli esprime con una forza insospettabile e di cui dà le ragioni con la sua abituale giustezza e precisione. Riferendosi direttamente ad un versetto del Prologo di Giovanni (1, 3), di cui conosce non meno di sei differenti esegesi, e che seguendo sant‘Agostino legge nel seguente modo: «Ciò che fu fatto era vita in lui» 146 , vede preesistere in Dio non soltanto le creature spirituali ma tutta la creazione: «Se si considerano le cose in quanto sono nel Verbo, esse non sono solamente viventi, ma sono la Vita. Infatti le loro ―idee‖, che esistono spiritualmente nella sapienza di Dio e mediante le quali le cose sono state fatte dal Verbo stesso, sono vita» 147 .  La creazione artistica permette qui un nuovo paragone: prima della sua esecuzione, l‘opera propriamente parlando non è inesistente perché esiste già nel pensiero dell‘artista, tuttavia essa non è puramente e semplicemente la vita, poiché l‘intelligenza dell‘artista non si identifica con il suo essere. Al contrario, in Dio non vi è niente che non sia Dio e la sua intelligenza si identifica con la sua vita e con la sua essenza. «Perciò tutto ciò che è in Dio non solo vive ma è la vita stessa... ed è per questo che la creatura in Dio si identifica all‘essenza creatrice (creatura in Deo est creatrix essentia). Così, in quanto sono nel Verbo, le cose sono vita». Questa è una dottrina costante che Tommaso sostiene sempre con lo stesso riferimento al Prologo giovanneo: «Le cose preesistono in Dio secondo il modo del Verbo stesso. Esso consiste nell‘essere uno, semplice, immateriale, nel non essere soltanto vivente ma la Vita stessa, giacché il Verbo è il suo essere» 148 .  E dunque in questo modo che vi è presenza della creazione in Dio, ma il contrario non è meno vero: c‘è un‘«esistenza di Dio nelle cose» 149 . Questo è un luogo privilegiato per comprendere come una presa di posizione in apparenza semplicemente filosofica esige immediatamente la sua traduzione teologica e il suo prolungamento mistico. Tommaso trae il suo punto di partenza da una delle sue posizioni più nette: Dio solo è l‘essere per essenza e la sua essenza è il suo essere stesso (Ipsum esse subsistens); ne segue quindi che, in ogni altro esistente, l‘essere non può che essere creato e ricevuto da Dio, il quale lo produce come suo proprio effetto. Secondo un‘immagine fisica prediletta: «essendo Dio l‘essere stesso per essenza, è necessario che l‘essere creato sia il suo proprio effetto, come bruciare è l‘effetto proprio del fuoco». Questa dipendenza nell‘essere di tutte le cose nei confronti di Dio non si verifica soltanto nella loro creazione, nel momento in cui cominciano ad esistere, ma dura per tutto il tempo che esse sussistono.

 Un paragone molto eloquente permette di capire ciò molto facilmente: non fa giorno se non quando il sole diffonde nell‘aria la sua luce; se il sole scompare, non si ha più luce né giorno. Il parallelo con Dio che dà l‘essere impone la conclusione: «Fintantoché dunque una cosa ha l‘essere, è necessario che Dio le sia presente, e ciò conformemente al modo in cui essa possiede l‘essere. L‘essere poi è in ogni essere ciò che vi è di più intimo e di più profondamente radicato, poiché gioca nei confronti di tutto ciò che è in esso il ruolo di forma, di principio determinatore... Occorre dunque concludere necessariamente che Dio è in tutte le cose e nel modo più intimo» 150 .  Tommaso insiste su questo punto con una forza un po‘ sorprendente 151 , ma ci troviamo in un luogo di affermazioni paradossali. Contrariamente a quanto succederebbe per una realtà materiale, questa presenza di Dio nelle cose non equivale a un imprigionamento: le cose non contengono Dio; è il contrario che è vero: «le cose spirituali contengono ciò in cui esse sono, così l‘anima contiene il corpo. Quindi anche Dio è nelle cose come contenente le cose» 152 . Avendo precisato ciò, Tommaso non teme di aggiungere: «Dio è in tutti gli esseri e interamente in ciascuno, così come l‘anima è tutt‘intera in ciascuna parte del corpo» 153 .  L‘affermazione di partenza è dunque arricchita e precisata: dato che il conosciuto si trova nel conoscente e l‘amato nell‘amante, ne consegue che, secondo l‘intelligenza e la volontà, «le cose sono in Dio molto più che Dio nelle cose» 154 .  Non è quindi se non per analogia con il mondo materiale che si dice che Dio si trova in tutte le cose. Questi paragoni sono tuttavia delicati da maneggiare; Tommaso non lo ignora e, dal momento in cui  incontra il panteismo 155 , rigetta l‘eredità dello stoicismo antico che considerava Dio come l‘anima del mondo. Questo antropomorfismo relativamente grossolano non solo non è sufficiente a rendere conto in modo soddisfacente dell‘immanenza di Dio alla sua creazione, ma fallisce anche completamente nel preservare la sua trascendenza 156 . Ora, Tommaso conserva simultaneamente l‘una e l‘altra e, ancora meglio, si impegna a valorizzare il modo profondamente differenziato in cui Dio è presente nella sua creazione, aprendo così alla contemplazione prospettive inesauribili.  

***

di P.Tito S. Centi  e P. Angelo Z.

Dio si fa vedere in Gesù, l'amatissimo suo Figlio

 


San Clemente di Roma
papa dal 90 al 100 circa
Lettera ai Corinzi; La grande preghiera (dal cap. LIX)


Che il Creatore dell'universo

conservi intatto il numero dei suoi eletti

che si conta in tutto il mondo

per mezzo dell'amatissimo suo figlio Gesù Cristo Signore nostro.

Per mezzo di lui ci chiamò dalle tenebre alla luce,

dall'ignoranza alla conoscenza del suo nome glorioso,

a sperare nel tuo nome,

principio di ogni creatura.

Tu apristi gli occhi del nostro cuore

perché conoscessimo te,

il solo Altissimo nell'altissimo dei cieli,

il Santo che riposi tra i santi,

che umilii la violenza dei superbi,

che sciogli i disegni dei popoli,

che esalti gli umili e abbassi i superbi.

Tu che arricchisci e impoverisci,

che uccidi e dai la vita,

il solo benefattore degli spiriti

e Dio di ogni carne,

che scruti gli abissi,

che osservi le opere umane,

che soccorri quelli che sono in pericolo

e salvi i disperati,

Creatore e Custode di ogni spirito! (...)

Ti preghiamo, Signore,

sii il nostro soccorso e sostegno.

Salva i nostri che sono in tribolazione,

rialza i caduti,

mostrati ai bisognosi,

guarisci gli infermi,

riconduci quelli che dal tuo popolo si sono allontanati,

sazia gli affamati,

libera i nostri prigionieri,

solleva i deboli,

consola i vili.

Conoscano tutte le genti

che tu sei l'unico Dio

e che Gesù Cristo è tuo figlio

e noi tuo popolo e pecore del tuo pascolo.