La croce umiliando innalza e si fa preghiera.
La croce che s'innalza verso il cielo, che sfida qualsiasi bufera e vince ogni battaglia ("In hoc signo vinces"), è quella che si fonda in una buca scavata
per bene.
Sono le grandi sofferenze che portano alla santità; e chi desidera diventare santo, se non ne trova di grandi, cerca appassionatamente anche le più piccole e non se
ne fa sfuggire una sola.
Ogni sofferenza abbassa i colli della superbia. Crea la valle provvidenziale dell'umiltà. Rende abili a scalare le vette.
Ce lo assicurano tante pagine della Sacra Scrittura e altrettante esperienze di ogni giorno.
Il Salmo 68 sembra scritto per quanti nell'umiliazione riscoprono la presenza di Dio e si abbandonano tra le braccia della sua infinita misericordia. Bisogna affondare nel fango
e non avere nessun sostegno, per sentirsi spinti a cercare l'aiuto dall'Alto. «Salvami, Signore, dal fango, che io non affondi, liberami dai miei nemici e dalle acque profonde.
Non nascondere il tuo volto al tuo servo, sono in pericolo: presto, rispondimi. Avvicinati a me, riscattami, salvami dai miei nemici» (Sal 68, 15.18-19).
Quando non c'è nessuno che ti capisce e ti dà una mano; quando neppure in te stesso trovi un minimo di speranza, allora, se fissi gli occhi sul Salvatore, Lo trovi
tutto per te, tutto tuo.
« "Signore, io non ho nessuno"... "Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina "» (Gv 5, 7-8).
Perché l'incenso si trasformi in fumo profumato che sale al cielo, è necessario che si lasci incenerire.
Il dolore ci fa paura.
Anche quando appare soltanto all'orizzonte. Anche quando è puramente immaginario. Anche quando ci vorrebbe proprio, ma, avendone orrore, gli sbarriamo l'uscio.
C'è molta gente triste, o perché teme di dover patire, o perché patendo non accetta.
Si rifiuta il messaggio che reca con sé la croce, grande o piccola che sia.
Può succedere che talvolta si soffra più al pensiero di dover soffrire che per reali sofferenze. L'orgoglio poi teme anche la più piccola umiliazione: basta
un foruncolo per inquietare e far perdere la pace.
Chi insegue chimere, questi sì, si pasce di stoltezza (cf. Pro 12, 11), e si condanna ad una miserevole sorte.
Dobbiamo guardare alla croce con fiducia, specialmente chi è consacrato per la redenzione.
Questo `miracolo' avverrà, se ci metteremo a pregare di più; però non ritorneremo facilmente alla preghiera, se non abbandonando certo fare edonistico,
terra-terra, che impedisce il volo.
Quando ci decideremo al volo? Chiediamo al buon Dio che ci tolga la paura di soffrire.
Perché:
,/ Un uomo senza dolore è un re senza trono.
,/ Un cristiano senza dolore è un prodigo senza pace.
,/ Un prete senza dolore è pane senza sale.
,/ Una persona consacrata senza dolore è incomprensibile.
/ Il peccatore senza dolore corre alla perdizione.
/ Un santo senza dolore semplicemente non esiste.
Chi vive veramente nell'orazione fa delle croci di ogni giorno il suo tesoro conservato gelosamente in cielo e che nessuno quaggiù può rubare. L'orazione ci
mette dalla parte di Dio, ci immerge nella fede, ci fa ragionare e scegliere con sapienza.
Dio, quando vuole avvicinare qualcuno a sé, gli rende aspro il cammino, lo purifica nel dolore, lo strappa dalla vanità e dal piacere del peccato, lo fa un'anima
di preghiera.
«Per una breve pena riceveranno grandi benefici, perché Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé; li ha saggiati come oro nel crogiuolo e li ha graditi
come un olocausto» (Sap 3, 5-6).
Umiliazione e orazione.
Traspaiono unite insieme nello sguardo implorante, anche se muto, dell'infermo, del morente, dell'angosciato...
Oh, la preghiera sulle rive del Gaves, a Lourdes, dove le sofferenze più svariate sembrano confondersi con le onde del fiume che lambisce la grotta della Vergine!
Quale offertorio! Quanta redenzione!
di PADRE STEFANO IGINO SILVESTRELLI
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