STIGMATE INVISIBILI
Ad un centinaio di metri, dietro il cascinale, ove la famiglia Forgione si recava a lavorare, Padre Pio si era costruito una piccola capanna di paglia: per proteggersi dai raggi del sole. Colà Egli si recava per studiare e pregare, colà Egli ripeteva il cantico di Frate Sole:
«Altissimo, onnipotente, buon Signore tue son le laudi, la gloria e l'onore ed ogni benedizione …».
Ripeteva cioè il più meraviglioso canto, che mente umana abbia scritto in lode di Dio, canto forse suggerito da Dio stesso, sulla Verna, al Poverello, del cui ordine Padre Pio indossava la veste.
Ciò avveniva il 20 Settembre 1915.
Intorno a Lui la natura pareva volesse prendere parte alla sua gioia e di quanto andava ripetendo
«Laudato sii, mio Signore,
per Sora nostra madre terra,
la quale ne su stenta e governa,
e produce diversi frutti con coloriti fiori ed erba.
Poco fa ho detto che tale inno fu dettato da Dio a San Francesco, qui maggiormente sembra vera la mia osservazione, poiché il cantico di Frate Sole fu composto dall'Assisiate nel 1225, cioè quando Egli era quasi cieco ed era stato ricoverato nel giardino di S. Chiara, presso S. Damiano.
Padre Pio, era superbamente felice.
La madre, essendo trascorso mezzogiorno, e non essendo ancora il figlio ritornato dal cascinale, per il pranzo, andò a cercarlo.
Attraversata la vigna, appena scorse la capanna gridò:
- Padre Pio, Padre Pio.
Fra i pampani vide il figlio diletto, che verso di lei veniva sbattendo le mani e scuotendole per arieggiarle, come se si fosse bruciato.
- Mo’ vengo, - rispose da lontano il figlio.
- Che hai, Padre Pio?
- Nulla, - rispose, e andò da lei.
La madre, la buona madre, vedendolo sorridente, lei che nulla sapeva delle atroci sofferenze del figlio, non vi fece caso e gli diede da mangiare.
Padre pio mangiò normalmente, nulla facendole trapelare del mistero infinito che era avvenuto in Lui.
All'umile fraticello pietrelcinese, non so se sia apparso il Dio Uomo Crocefisso, non so se, come narra S. Bonaventura per S. Francesco, i monti e le valli vicine siano rimasti illuminati di fiamme vivissime, nessuno può dirlo, e Lui, per la sua umiltà, non l’ha mai detto a nessuno, fuorché al suo confessore Don Salvatore Pannullo.
Anche il Padre, io immagino, deve avere udito qualche parola celestiale e visto Chi, tutti non possono vedere.
Che gli avrà detto?
Forse gli avrà ripetuto quello che disse a S. Francesco?
«Sai tu - disse Cristo al più Santo di tutti gli italiani - quello che io ho fatto? Io ti ho donato le Stigmate che sono i segnali della mia passione, acciocché tu sia il mio gonfaloniere. E come io il dì della morte mia discesi al limbo, e tutte le anime ch'io vi trovai ne trassi in virtù di queste mie stigmate; così a te concedo ch'ogni anno, il dì della morte tua, tu vada al purgatorio, e tutte le anime dei tuoi tre Ordini, cioè de' Minori, Suore (Clarisse) e Continenti (Terziari) ed eziandio degli altri che a te saranno stati molto devoti, le quali tu vi troverai, tu ne tragga in virtù delle tue Stigmate e menile alla gloria del Paradiso, acciò che tu sia a me conforme nella morte, come tu sei nella vita».
Certamente il Dio infinito, il Dio fatto Uomo per la nostra redenzione, deve aver detto presso a poco così anche a Padre Pio.
Narra sempre S. Bonaventura, che:
«Disparendo dunque questa visione mirabile, dopo grande spazio e segreto parlare, lasciò nel cuore di S. Francesco un ardore eccessivo e fiamma d'amore divino, e nella sua carne lasciò meravigliosa immagine e orma della passione di Cristo. Onde immantinente nelle mani e ne' piedi di S. Francesco cominciarono ad apparire i segnali de' chiodi, in quel modo ch'egli aveva allora veduto nel Corpo di Gesù Crocifisso, il quale gli era apparito in ispecie di Serafino; e così parevano le mani e i piedi chiovellati (inchiodati) nel mezzo con chiodi, i cui capi erano nelle palme delle mani e sul dosso de' piedi fuori della carne, e le loro punte riuscivano in sul dosso delle mani e nelle piante de' piedi, intanto che parevano ritorti e ribaditi, per modo che infra la ribaditura e ritorcitura loro, la quale riusciva tutta sopra la carne, agevolmente si sarebbe potuto mettere il dito della mano, a modo come in uno anello; e i capi de' chiodi erano tondi e neri. Similmente nel costato ritto apparve una margine d'una ferita di lancia, non saldata (non chiusa) rossa e sanguinosa, la quale poi spesse volte gettava sangue del Santo petto di S. Francesco e insanguinavagli la tonica e i panni di gamba ...».
Certi misteri sono troppo immensi e troppo infiniti perché mente umana possa immaginarli, descriverli e comprenderli, forse alla morte di Padre Pio, qualche cosa più di sicuro si saprà, e certamente il buon Arciprete Don Salvatore Pannullo, dal quale il Padre certo andò per narrargli ciò che era avvenuto in Lui invisibilmente, avrà riferito alle Superiori Autorità Ecclesiastiche, quello che Padre Pio avrà veduto e sentito.
Lungi, ripeto ancora una volta, da me il voler avventare giudizi e supposizioni che possano urtare contro le sacre e divine leggi della Chiesa Cattolica Apostolica Romana, che io accetto e riconosco come le uniche, giuste e vere.
Io, da poco convertito, ignoro troppe cose religiose per non dire quasi tutte, per quanto in questi ultimi tempi abbia cercato di leggere e d'apprendere dai Sommi Dottori della Chiesa il vero, ma tale scibile è troppo vasto e troppo tempo mi occorrerebbe per imparare una millesima parte di quanto è stato scritto nei duemila anni circa, da che è apparsa la religione di Cristo.
«Avresti potuto tacere» mi dice una voce, non so se buona o cattiva.
No, - rispondo io - poiché la mia intenzione non è cattiva, ma buona, io non voglio fare il male, anzi voglio fare il bene, poiché intendo che altri possano essere illuminati da questa Luce divina e mutati come io sono stato cambiato.
S. Giovanni non disse forse: «Chi fa il male odia la luce ed alla luce non si accosta perché non siano discusse le sue opere. Ma chi opera nella verità si avvicina alla Luce, perché si conoscano le sue opere secondo Dio».
Quali dolori, quali sofferenze Padre Pio deve aver sofferto quando ebbe le Stigmate invisibili, quanto deve aver patito per nascondere agli altri, il dono di Dio, Lui solo potrà saperlo, poiché nessuna creatura umana potrà ottenere di salire con Nostro Signore sul Tabor della trasfigurazione, se prima non sia salito con Lui sul Calvario della crocefissione. Prima, l'uomo deve ottenere la carità vera ed effettiva, se vuol partecipare alla passione del Cristo umanizzato, poi, potrà ricevere con azione di grazia, dalla mano di Dio questo celeste dono, dono che gli è concesso solamente attraverso pene e sofferenze inaudite.
Padre Pio ebbe dinanzi agli occhi non l'immagine di Gesù glorificato, ma di Gesù sofferente.
Dirò che la redenzione di Cristo percorse tutti i dolori umani, poiché Cristo fu Uomo, Cristo soffrì tutte le pene e i dolori che l'uomo soffre, ed ebbe una conclusione terrena, la morte sulla croce, su quelle medesime croci, sulle quali venivano inchiodati i Barabba. Con la resurrezione, la morte umana venne vinta e con la Ascensione avvenne il ritorno nelle regioni
Lo stato mistico, che una creatura prova è simile a quanto soffrì il Cristo umanizzato.
Il corpo deve spiritualizzarsi attraverso penitenze e digiuni e il peccato in tal modo viene domato completamente.
Se l'uomo mistico vuol rivivere la passione di Cristo, deve lui pure soffrire l'insoffribile, deve, pensando a quanto ha patito Gesù per noi, patire per Lui e con Lui. Questo fenomeno è eminentemente divino, e né la scienza, né la poesia, né le altre dottrine, potranno dare una soluzione umana al fenomeno della stigmatizzazione.
L'avvocato Alberto Del Fante, bolognese, ex grado 33 della massoneria, scrisse questo libro dopo essersi convertito al confessionale di Padre Pio.