ESISTENZA DEL PURGATORIO
La preghiera per i morti
Finora noi abbiamo supposto come ammessa da tutti l'esistenza del Purgatorio, ma siccome da molti non si crede purtroppo a questa verità, e i protestanti la considerano come una superstizione della Chiesa cattolica, bisogna fermarci alquanto sulle prove che stabiliscono questa verità, per trattare poi tutti i punti della dottrina cattolica riguardante il Purgatorio.
Noi partiamo dal principio a tutti evidente, che la preghiera per i defunti suppone il domma del Purgatorio. Infatti per i Santi del Paradiso non si prega, come non si può pregare per i dannati dell'Inferno, per quelli perchè non hanno bisogno e per questi perchè si trovano nella impossibilità di trar profitto dalle nostre preghiere. La preghiera per i morti suppone quindi uno stato intermedio fra la beatitudine del Cielo e la eterna disperazione dell'Inferno: stato di sofferenza, ma di sofferenza temporanea, durante la quale le anime tormentate possono ricevere sollievo dai suffragi dei vivi. La preghiera per i morti suppone quindi l'esistenza del Purgatorio, e tale preghiera si è fatta in tutti i tempi e da tutti i popoli. Gli Ebrei conobbero tale preghiera, dal momento che vediamo Giuda Maccabeo fare una colletta per offrire sacrifici in memoria e a vantaggio dei soldati del suo esercito caduti combattendo. La sacra Scrittura, lungi dal biasimare questo atto, aggiunge nel riferirlo una riflessione opportuna Sancta ergo et salubris est cogitatio pro defunctis exorare, ut a peccatis solvantur (2 Mac., 12, 46). A proposito del culto per i morti tra i popoli primitivi o pagani, abbiamo la storia e la letteratura che ne parlano. Si curò la sepoltura dei cadaveri, si offrirono sacrifici e si fecero ovunque preghiere, perchè le anime dei trapassati riposassero in pace. Ed è quanto si fa ancora oggi tra i popoli, ai quali non giunse ancora la luce del Vangelo. Nella Chiesa poi i riti di suffragio risalgono ai tempi apostolici, come ne fan fede le antichissime liturgie, le quali prescrivevano che nel tempio, dopo essere stati letti sui sacri dittici i nomi delle persone viventi, con le quali v'era comunione di preghiera, si leggessero quelli dei defunti in modo particolare raccomandati; e il sacerdote, come del resto fa ai nostri giorni, raccolto in orazione, invocava per i defunti locum refrigerii, lucis et pacis. Tutte le liturgie antiche, senza eccezione, ci ricordano questo rito, il quale per le forme con cui veniva fatto prese il nome di "preghiera sopra i dittici”- oratio super dyptichos.
Negli Atti di Santa Perpetua, scritti in gran parte dalla Santa medesima, è bellissimo il passo, che vogliamo citar per intero, nel quale si parla proprio della fede che avevano gli antichi cristiani nel Purgatorio. La Santa dopo aver parlato delle circostanze della sua cattura e dei primi giorni passati nel carcere in compagnia di altri confessori della fede, così prosegue: «Mentre un giorno eravamo tutti in preghiera, mi venne sulle labbra il nome del mio Dinocrate, e rimasi stupita di non essermi mai fino a quel punto ricordata di lui. Mi afflisse il dubbio della sua infelicità e conobbi allora che ero degna di pregare per lui e che perciò bisognava pregassi. Incominciai quindi a pregare fervorosamente, gemendo davanti a Dio e nella notte seguente ebbi questa visione. «Vidi Dinocrate uscire da luoghi tenebrosi, dove molti altri stavano con lui. Egli era tutto arso e divorato dalla sete, sordido in volto, di aspetto pallido e con la faccia tuttora corrosa dall'ulcere di cui perì. Questo Dinocrate era mio fratello secondo la carne, in età di sette anni morì di un cancro al volto, che lo rendeva oggetto di orrore a quanti lo guardavano. Per lui io avevo pregato. Sembravami dunque che una gran distanza corresse fra lui e me, in modo che fosse impossibile appressarci l'una all'altro. Vicino a lui vidi un bacino pieno d'acqua, il cui orlo essendo più alto della persona del fanciullo, non poteva essendo Dinocrate in alcun modo essere raggiunto per quanti sforzi facesse, onde appressare le sue labbra a quell'acqua refrigerante. Oh! quanto mi addolorava quel supplizio. In questo frattempo io mi svegliai, e da tutto ciò conobbi che il mio fratello trovavisi in stato di pena, e sperai di poterlo sollevare. Incominciai dunque a pregare Dio giorno e notte con lacrime e con sospiri, perché mi concedesse la grazia della sua liberazione, e continuai le preghiere finché fummo trasferiti nella prigione del campo, per servire di pubblico spettacolo nella festa di Cesare Geta. Il giorno in cui fummo avvinti in catene per essere condotti alla festa, io ebbi un'altra visione, nella quale scorsi il medesimo luogo visto la prima volta, e Dinocrate col corpo mondo, rivestito di splendide vesti e senza neppure una lieve cicatrice nel posto dell'antica piaga. L'orlo del bacino si era abbassato fino ai fianchi del fanciullo, e presso di lui stava un'ampolla d'oro per attingere acqua. Ed essendosi Dinocrate avvicinato, incominciò a bere di quell'acqua, senza che essa scemasse, e quando ne fu sazio abbandonò tutto ilare il bacino per andare a giuocare, come è costume dei fanciulli di quella età. In quel mentre mi destai, e compresi da ciò che il mio fratello era ormai libero da ogni pena ». (Acta S. Perpetuae, apud Bolland. 7 Martii).
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Sac. Luigi Carnino, Rev. Del.
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