La deposizione di Adelaide
Adelaide, qua e là, non appare ordinata nelle risposte, ma ciò è dovuto al modo con cui venivano poste le domande, che insistono sulla rappresentazione, nel teatrino della parrocchia, delle apparizioni di Fatima e sull'influsso che l'ambiente può avere esercitato su di lei.
L'interrogatorio concentrato sulla prima apparizione, si muove secondo la tesi della dipendenza delle apparizioni di Ghiaie da quelle di Fatima, sostenuta dal parroco di Presezzo, don Luigi Locatelli, dal prof. Don Luigi Cortesi e dal prof. E Cazzamalli. Ciò non meraviglia perché ai membri della commissione teologica, e quindi ai giudici del tribunale, erano stati dati i libri scritti dal Cortesi sulle apparizioni.
Le risposte di Adelaide sono chiare, precise e confermano l'apparizione. Adelaide ha detto la verità, la stessa che ha ripetuto per lungo tempo senza mai contraddirsi, negli innumerevoli interrogatori subiti. Ma i giudici del tribunale contestano la sua deposizione con in mano il terzo volume del Cortesi: Il problema delle apparizioni di Ghiaie, e il famoso biglietto della ritrattazione scritta, fattole scrivere da don Cortesi due anni prima. Essi aspettano che Adelaide dica un'altra "verità", affermata dal Cortesi e da loro fatta propria.
La bambina sostiene strenuamente la verità detta; ricorre ai vari "non ricordo", "l'ho detto per scherzo", pur di salvarla; infine si chiude nel silenzio.
Si ripete quello che è avvenuto due anni prima con il Cortesi: la difesa accanita della verità e poi la negazione.
Adelaide, bambina di 10 anni, è sola. Come ho già rilevato, mancava monsignor Bramini, che poteva esserle di aiuto in quel grave momento. Essa incalzata da ogni parte, si trova in una situazione dalla quale non sa come uscire. È confusa, frastornata, ha paura. Si sveglia in lei soprattutto la paura del peccato e dell'inferno che don Cortesi ha fatto entrare nella sua mente di bambina semplice e credente, tanto più che parla sotto giuramento.
Suor Bernardetta dell'Immacolata, a cui era affidata in particolare la custodia della bambina, nella seconda seduta del tribunale attestò che Adelaide dopo l'interrogatorio della prima seduta, disse alle aspiranti: "Oh! Che paura! Erano cinque sacerdoti. Ma non posso dire niente perché mi hanno fatto giurare".
Suor Bernardetta dell'Immacolata aggiunse: "Dalla suora del dormitorio ho saputo che nella notte seguente all'interrogatorio, nel sonno ha pianto; e la suora alzatasi l'ha scossa, ma la bambina non si è svegliata e si è calmata. La bambina ha delle notti agitate in seguito a forti emozioni della giornata".
In quel momento, Adelaide non si sentì di dire ai giudici chi era il responsabile principale della ritrattazione scritta e di altre negazioni. Ma si poteva chiedere tanto ad una bambina, nella condizione in cui si trovava?
La paura ha indotto alla negazione anche l'apostolo Pietro; cosa ben più grave sotto ogni aspetto, delle ritrattazioni di Adelaide.
Essa ha capito che non può dire la verità, perché si trova dinanzi a dei giudici che non l'accettano. Allora rassegnata dirà quello che essi vogliono che dica, e così farà nelle sedute seguenti del tribunale: dà sempre le stesse risposte, usa le stesse parole, come un automa. Ne è la riprova anche la distorta interpretazione di ciò che Adelaide afferma, a proposito del biglietto da lei scritto sotto dettatura di don Cortesi. La bambina dice: "Lo scritto me lo ha dettato lui. Mi dettava come in classe e io scrivevo. Io capivo le parole e le scrivevo". Questa è la prima versione ed è quella vera. Subito dopo interviene monsignor Cavadini che controbatte la testimonianza della bambina leggendole il terzo libro del Cortesi a pag. 229, in cui egli sostiene che Adelaide ha scritto spontaneamente la ritrattazione.
Monsignor Cavadini fornisce alla bambina la seconda versione, cioè le dice: "Don Cortesi ti aiutò a scrivere in italiano ciò che tu dicevi in dialetto bergamasco". E Adelaide ripete la seconda versione in assoluto contrasto con la prima.
Nel testo del verbale non leggiamo le parole suggerite da mons. Cavadini, perché solitamente vengono riportate solo le risposte di Adelaide. Tuttavia, che questa fosse l'interpretazione delle parole di Adelaide fatta da mons. Cavadini, appare evidente dall'interrogatorio fatto a suor Bernardetta dell'Immacolata, nella seconda seduta del tribunale. Mons. Cavadini chiede alla suora se la dettatura della lettera possa interpretarsi nel senso che lei (Adelaide) diceva in bergamasco e don Cortesi traduceva in italiano... Mons. Cavadini non accetta la testimonianza di Adelaide, nel suo genuino senso letterale e ne dà un'interpretazione che le fa dire il contrario.
Il dettato non è mai stato una traduzione da una lingua all'altra. Io ricordo quando nella scuola elementare scrivevo il dettato: la maestra leggeva un testo in lingua italiana e noi dovevamo scriverlo tale e quale nel quaderno. Questo era ed è il dettato. E tale era il senso della parola dettato anche per la bambina Adelaide Roncalli nel 1947, tanto più che aggiunse, per maggior chiarezza, se ce ne fosse stato bisogno: "mi dettava come in classe e io scrivevo. Io capivo le parole e le scrivevo". È manifesta, da parte di alcuni giudici almeno, la determinazione di non tenere in minima considerazione la testimonianza della veggente, per privilegiare sempre quella del Cortesi, quando bisognava fare il contrario.
Adelaide si comporta pressappoco come Massimino Giraud, il veggente della Salette, il quale diede a don Raymond, coadiutore del santo Curato d'Ars, la risposta che gli era abituale ogni volta che si metteva in dubbio la sua veracità: "Se volete, mettete pure che io non abbia visto nulla".
Severino Bortolan
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