LA TERZA TESTIMONIANZA
Il terzo e più splendido testimonio è la vita stessa di Geltrude, che fu un continuo anelito alla ricerca della gloria di Dio. Non solo la ricercava, ma la promuoveva
con tale ardore da sacrificarle l'onore, la vita e perfino la sua stessa anima. La verità di tale testimonianza brilla nel S. Vangelo, là dove Nostro Signore afferma: « Chi cerca la gloria di colui
che l'ha mandato, è veritiero, e in lui non vi ha ingiustizia» (Giov. VII, 18). Oh, fortunatissima quell'anima che può trovare approvazione nelle pagine del S. Vangelo! A lei si applicano anche
le parole della Sapienza: « Il giusto ha il coraggio del leone» (Prov. XXVIII, 1). Infatti ella era così appassionata della divina gloria da disprezzare qualsiasi noia, o contrarierà, pur di sostenere
i diritti della giustizia e della verità.
Per procurare onore a Dio e salvezza alle anime, non si saziava di raccogliere scritti spirituali che poi diffondeva senza mai pensare ad averne riconoscimento umano. Regalava tali
scritti soprattutto alle persone che potevano trarne maggior profitto; quando poi s'accorgeva che, in certi ambienti, i libri della Sacra Scrittura facevano difetto, s'interessava per procurarne parecchie copie e guadagnare
cuori a Cristo. Per questa nessun sacrificio le tornava gravoso: sonno scarso, pasti ritardati, comodi personali tenuti in non cale, le riuscivano più di gioia che di pena; bene spesso arrivava persino a troncare le
dolcezze della contemplazione, pur di recare una parola di sollievo ad anime afflitte, o compiere altri doveri di carità. Come il ferro immerso nel fuoco si trasforma tanto da sembrare fuoco, così l'anima
sua, infiammata dal divino amore, si era trasformata in luce di carità per la salvezza delle anime.
Quantunque, per quanto ci consta, non ci fosse sulla terra, a quei tempi un'anima che avesse comunicazioni divine pari alle sue, per elevatezza e frequenza, pure ella viveva
inabis sata nell'umiltà più sincera e profonda.
Intimamente convinta che nessuno fosse di lei più indegno dei divini favori, non aveva il minimo dubbio che le venissero accordati al solo scopo di seminarli, come grana
prezioso, in terre più feraci. Il lasciare nascosti tali tesori nella sentina e nell'immondezzaio del suo cuore non era che un disonorarli, mentre solo il giorno in cui venivano affidati a un altro più degno
di riceverli, avrebbero incominciato a fruttificare per Nostro Signore, e diventare pietre preziose, incastonate in monili d'oro. Con ingenua fede ella credeva che gli altri, per la purezza e la santità della loro vita, davano più gloria a Dio con un solo pensiero,
di quello che potesse far lei con la donazione di tutto il suo essere, per la sua vita negligente ed indegna.
Questa la vera ragione che la decise a rivelare i favori che riceveva da Dio: giudicandosene indegna, non supponeva che fossero stati offerti per lei, ma per salvezza dei fratelli.
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