venerdì 10 dicembre 2021

Un Vescovo parla

 


TRA LA TERZA E LA QUARTA SESSIONE DEL CONCILIO VATICANO II

 Il concilio Vaticano II sarà stato in definitiva un beneficio per la Chiesa? Lo si vedrà all'atto pratico. Una cosa certa, della quale è impossibile dubitare senza dover attendere la fine del Concilio, è che esso avrà manifestato con evidenza incontestabile come la Chiesa in taluni dei suoi membri più elevati possa essere influenzata dal magistero dei tempi nuovi: l'opinione pubblica. 

UN NUOVO MAGISTERO: L'OPINIONE PUBBLICA 

Mai come in questa occasione si era potuto misurare la terribile potenza dei mezzi di comunicazione sociale e in particolare della stampa e della radio poste al servizio degli ispiratori dell'opinione pubblica. Non si sono forse udite e lette nei testi conciliari queste parole: «il mondo attende, il mondo desidera…, il mondo è impaziente…»? Quanti interventi sono stati fatti, anche inconsciamente, sotto questo influsso! Quanti padri hanno voluto farsi portavoce di questa «opinione pubblica», quanti altri hanno approvato tali interventi per timore di contraddire questo nuovo magistero. Ricercare i fini, i mezzi degli ispiratori della pubblica opinione sarebbe uno studio appassionante e molto istruttivo. Da parte mia mi contento di constatare i fatti, di ricercare le linee di forza di tali fatti e, raggruppandoli, di mostrare con certezza che non si tratta di manifestazioni occasionali, bensì di una delle fasi della battaglia del Principe di questo mondo contro la Chiesa di Nostro Signore. È impossibile infatti non paragonare ciò che ci hanno insegnato i nostri venerati maestri della Gregoriana e del Seminario francese, ciò che hanno insegnato i papi in questi ultimi decenni, con ciò che abbiamo inteso e con ciò che leggiamo in occasione del Concilio. Come non concludere che si tratta di un magistero altro da quello della Chiesa? I discorsi dei Papi a chiusura delle sessioni dei concili passati e i loro interventi non fanno che corroborare quest'affermazione. Numerosi sono i sacerdoti e più numerosi ancora i fedeli sconvolti da quanto leggono o sentono e che è, il più delle volte, solamente l'eco di questo nuovo magistero. No, la Chiesa, nella persona del successore di Pietro, non l'ha ancora sostituito al magistero tradizionale; né l'ha fatto la Chiesa di Roma, e questo conta ancor più. Infatti la Chiesa di Roma è, attraverso la unione con il suo vescovo, mater et caput omnium ecclesiarum. Ora, la maggioranza dei cardinali e specialmente i cardinali di Curia, la maggioranza degli arcivescovi della Curia e dunque della Chiesa di Roma, i teologi romani nel loro insieme non hanno parte in questo nuovo magistero. Ed è questo che costituisce la forza di tale minoranza, di cui l'opinione pubblica parla con una certa commiserazione. Fino a oggi essa si trova con Pietro e con la Chiesa romana: è una buona garanzia. Si può cercare di scoprire gli elementi principali del nuovo magistero? Un arretramento nel tempo faciliterebbe indubbiamente questa analisi. Ma poiché appuro certo che molti di quei princìpi sono stati ereditati dalle tendenze moderniste abbondantemente descritte dagli ultimi papi, è più agevole individuarli. Si può, mi pare, raggruppare le osservazioni attorno a due fatti o due punti nevralgici del Concilio: la collegialità giuridica e la libertà religiosa.


LA COLLEGIALITÀ GIURIDICA CONTRO LA GERARCHIA 

Pare innegabile che uno dei primi obiettivi proposti da coloro che si facevano portavoce dell'opinione pubblica era la sostituzione del potere personale del Papa con un potere collegiale. I tempi cosiddetti moderni non consentendo più un'autorità personale come quella del Papa, esercitata da organismi interamente a sua discrezione, si renderebbe necessario sopprimere la Curia e affiancare al Papa un consiglio di vescovi con i quali egli governi la Chiesa, e in tal modo anche i vescovi godrebbero di una reale partecipazione al governo della Chiesa universale. Questa affermazione colpirebbe a un tempo il potere personale del Papa e il potere personale del vescovo. Bisognava dunque a qualsiasi costo provare che la collegialità giuridica ha fondamento nella Tradizione e di conseguenza nella teologia. La soppressione della distinzione tra il potere d'ordine e il potere di giurisdizione avrebbe facilitato la dimostrazione. Avendo il vescovo grazie alla sua consacrazione potere sulla Chiesa universale, il Papa non può governare la Chiesa universale senza fare appello ai vescovi. Allo stesso modo il Papa non può togliere o restringere troppo i poteri di giurisdizione dei vescovi poiché quei poteri derivano loro dalla consacrazione. La collegialità era dunque l'obiettivo da raggiungere. Una volta raggiunto quell'obiettivo, tutte le conclusioni sarebbero venute da sole, modificando radicalmente le strutture tradizionali della Chiesa. Ormai tanto a Roma quanto nelle varie nazioni la Chiesa sarebbe governata da assemblee e non più da un'autorità personale assolutamente contraria, secondo i novatori, a tutti i princìpi della società moderna. La collegialità si presentava dunque come il primo «cavallo di Troia» destinato a far crollare le strutture tradizionali. Di qui l'accanimento con il quale tutto fu messo in opera per assicurarne la riuscita. Bisogna confessare che umanamente, dato il numero di coloro che credevano dover approvare, dati i mezzi impiegati, il successo della nuova tesi era certo. Ma lo Spirito Santo vegliava, e occorre leggere attentamente la Nota esplicativa 2 per rendersi conto che questo messaggio è veramente sceso dal cielo, perché in primo luogo essa elimina la collegialità giuridica e di conseguenza sopprime qualsiasi diritto dei vescovi al governo della Chiesa universale; in secondo luogo sottomette la giurisdizione personale dei vescovi alla piena autorità del successore di Pietro; in terzo luogo riafferma che l'ufficio di Pastore della Chiesa universale appartiene al solo Papa; in quarto luogo dichiara apertamente che ai vescovi non è dato agire collegialmente se non per volontà esplicita del Papa. La struttura tradizionale della Chiesa è dunque salvaguardata, come il Papa stesso ha affermato nel suo discorso di chiusura, almeno nei testi. Bisogna confessare che dopo le angosce da noi sofferte nel corso della seconda sessione e all'inizio della terza, questa luce divina proiettata nuovamente sull'immutabile costituzione della Chiesa ci è parsa un segno strepitoso della divinità della Chiesa. Come d'altronde non collegare i due avvenimenti: l'eliminazione degli errori derivanti da una collegialità mal compresa e l'apparizione di Maria Madre della Chiesa,3 della Chiesa di Nostro Signore, della Chiesa cattolica romana, della Chiesa composta dal Papa, dai vescovi uniti e sottomessi al Papa e capi delle loro Chiese particolari, dai sacerdoti e particolarmente dai parroci collaboratori dei vescovi e infine dai fedeli, che attraverso questo sacerdozio gerarchico ricevono le grazie innumerevoli che permettono loro di santificarsi, di santificare la famiglia, la parrocchia, la comunità civile, la professione, la città, e così di sottomettere tutto all'ordine divino attraverso la pratica della virtù di giustizia: «Opus iustitiae pax»? La Chiesa è veramente eterna, e Maria, che da sola ha vinto tutte le eresie, continua a vegliare su di essa con materna sollecitudine.


LA LIBERTÀ RELIGIOSA CONTRO IL MAGISTERO 

Fin dall'inizio del Concilio gli attacchi contro il magistero della Chiesa e contro i suoi organi essenziali hanno assunto una virulenza tale da far apparire evidente che uno degli obiettivi da raggiungere era una modificazione profonda del magistero tradizionale. Il magistero del Papa, il Sant'Uffizio, uno degli organi principali del suo magistero, la Sacra Congregazione di Propaganda, tutto ciò che forma il fondamento tradizionale del magistero della Chiesa: la Scrittura, la Tradizione, l'insegnamento di san Tommaso d'Aquino, le istituzioni dell'insegnamento della Chiesa come le scuole cattoliche, lo zelo per le conversioni cioè il proselitismo, tutto questo complesso è stato aggredito sistematicamente. Mi sembra che il «cavallo di Troia» destinato a mandare a effetto questa operazione contro il magistero tradizionale della Chiesa si identifichi con l'inconcepibile schema sulla «libertà religiosa». Ammessa questa, tutto il vigore e tutto il valore del magistero della Chiesa sono colpiti a morte in maniera radicale, perché il magistero contrasta per sua natura con la libertà religiosa. Il magistero impone la sua Verità, obbliga moralmente il suddito ad accettarla, lo priva dunque della sua libertà morale. Senza dubbio la sua libertà psicologica rimane ma la sua possibilità di rifiutare l'insegnamento non gliene dà per questo il diritto. Deve credere sotto pena di condanna. Non è questa una coercizione contraria alla libertà? Il magistero deve imporsi ai bambini e ai minori attraverso coloro cui essi sono affidati e che credono. L'autorità credente deve proteggere il magistero e salvaguardare la fede di quelli dei quali ha la cura. Tutti attacchi, questi, a quella «libertà religiosa» che dà a ciascuna coscienza la libera scelta della sua religione. Così si spiegano meglio le constatazioni che seguono. Il magistero del Papa sarà fortemente attaccato, la sua infallibilità presentata come l'espressione dell'infallibilità della Chiesa presa nel suo insieme e non come un'infallibilità personale. I documenti del magistero ordinario dei Papi saranno esclusi dalla redazione degli schemi come indegni di un testo conciliare. Sappiamo anche troppo bene in quale maniera è stato trattato il Sant'Uffizio e il suo ammirevole segretario. 4 Questo metodo di gettare il discredito sulla persona per screditare la funzione è abominevole e dimostra da solo da quale spirito sono animati coloro che lo impiegano. Neppure la Congregazione di Propaganda è stata risparmiata. Anch'essa è essenzialmente al servizio del magistero: può esservi propagazione della fede senza magistero, senza proselitismo, senza zelo per l'insegnamento in tutte le sue forme? Ora, questo non è conforme alla concezione di una libertà religiosa che, se può accettare il dialogo da eguale a eguale e la testimonianza, non ammette però l'ardente predicazione sulla necessità della conversione per essere salvati e sulla minaccia di condanna eterna che pesa su coloro che rifiutano di credere e rimangono nei loro peccati. Bisognerebbe modificare il nome della congregazione: certuni suggeriscono persino di sopprimerla poiché la sua esistenza è offensiva per la libertà religiosa, in quanto la propagazione della fede ha un aspetto di coercizione morale che bisogna assolutamente evitare. Il magistero si manifesta in maniera troppo categorica e autoritaria nei seminari e nelle scuole cattoliche. Sarà necessario apportare in questi istituti riforme profonde, forse anche sopprimerli, assimilando i seminaristi agli studenti universitari e abolendo le scuole cattoliche là dove esistono scuole di Stato.

L'insegnamento dovrà svolgersi più mediante convegni che mediante corsi, più su consultazioni in biblioteca che sul commento di un manuale; d'altronde, sarebbe preferibile partire dall'apostolato pratico per arrivare all'insegnamento della teologia. L'insegnamento tomista dev'essere presentato come una soluzione possibile e non come l'insegnamento della Chiesa. Le scuole cattoliche dovranno, in qualsiasi circostanza, mostrarsi rispettose di tutte le religioni e ammettere indistintamente i candidati. D'altra parte, è inopportuno che le scuole siano dichiarate cattoliche perché questo carattere presenta un certo aspetto di intolleranza religiosa che non si conviene più alla nostra epoca. Ma le riforme desiderate non si applicano solo agli organismi e alle istituzioni del magistero della Chiesa ma alle fonti stesse di questo magistero. Le Scritture devono ammettere un'interpretazione molto diversa secondo i generi letterari e anche secondo la teoria delle forme. L'inerranza sarà dunque diversa secondo la diversità dei generi. Si potranno così ammettere dubbi legittimi su numerosi passi della Scrittura. Quanto alla Tradizione, occorre necessariamente considerarla in funzione del tempo e delle circostanze. Per cui è evidentemente inutile produrre documenti della Tradizione contrari a quanto desidera affermare il Concilio attuale. Dire che l'enciclica Libertas praestantissimum di Leone XIII si oppone al concetto di libertà religiosa che il Concilio desidera affermare conformemente all'opinione pubblica, non ha senso: Leone XIII ha parlato per il suo tempo e non per il 1965. Ci sarebbero molte altre affermazioni formulate dal «nuovo magistero», ma mi sembra che la precedente enumerazione sia sufficientemente ampia per provare che gli interventi che appaiono dispersi hanno una convergenza incredibile. È chiaro che il magistero della Chiesa infastidisce gli adepti del magistero dell'opinione pubblica. Bisogna dunque sminuirlo in tutti i modi. Il mezzo propizio sarà la «libertà religiosa». Queste parole magiche, ambigue, sono piacevoli come la mela per Eva. Che formidabile vittoria contro la Chiesa militante, «trionfalista», se fosse ammessa questa libertà! Quante conclusioni se ne potrebbero trarre! Fin dove si potrebbe condurre la Chiesa che accogliesse nel suo seno gli argomenti che debbono distruggerla! Il magistero della Chiesa è la sua ragione d'essere e la ragione d'essere del magistero è la certezza di possedere la verità. Ora, la verità è di per sé intollerante nei riguardi dell'errore come la salute è opposta alla malattia. Il magistero non può ammettere il diritto alla libertà religiosa, anche se la tollera. Dio infatti non ha concesso all'uomo il diritto di scegliere la sua religione ma gliene ha lasciato soltanto la sventurata possibilità, che è una debolezza della libertà umana. Si rimprovera alla Chiesa di pretendere la libertà religiosa quando è in minoranza e di rifiutarla quando è in maggioranza. La risposta è facile. La verità è fonte del bene, della virtù, della giustizia, della pace; là dov'è la verità, questi benefici si manifestano nella società. La Chiesa chiede che si riconosca che essa apporta agli Stati questi beni preziosi e che di conseguenza le si accordi la libertà di dispensarli. Gli uomini di Stato assennati e pensosi del bene dei loro concittadini ammettono volentieri il valore dei benefici culturali e sociali portati dalla Chiesa cattolica e le accordano facilmente una libertà che rifiutano talvolta agli altri. La Chiesa ha il diritto di chiedere questa libertà di esistenza e di azione perché essa porta e dispensa i doni preziosi che procedono dalla verità di cui è sola detentrice in maniera totale. Tutta la storia contemporanea delle missioni dimostra che là dove la Chiesa cattolica gode di una posizione privilegiata fioriscono nei suoi membri le virtù familiari e sociali. Per questo, Stati a maggioranza non cristiana scelgono come loro capi o pongono in cariche importanti quei cattolici che per la dignità della loro vita, la loro probità, la loro coscienza, portano la testimonianza fulgida della verità della Chiesa cattolica. Non è quello che diceva già san Cipriano all'imperatore per chiedergli di risparmiare i cristiani e lasciare loro la libertà?

Quando la Chiesa è in situazione maggioritaria, la verità e il bene dei popoli le impongono di dispensare la buona dottrina, di effondere tutti i benefici che derivano dalla verità sui cittadini, mettendoli al riparo dall'errore e dai vizi che l'accompagnano. Ragionare della verità senza fare allusione al bene che le è inseparabilmente unito, allo stesso modo che il male e il vizio sono inseparabilmente uniti nell'errore, significa vivere nell'astrazione, nell'irrealtà. È più facile riconoscere che solo il bene ha diritti e che il male non ne ha. Ora, quel che si afferma del bene deve dirsi ugualmente della verità. «Ens, verum et bonum convertuntur», ciò che si afferma dell'Essere può dirsi del Vero e può dirsi del Bene e, inversamente, queste tre realtà non sono che una e medesima cosa. Prima di abbozzare proposte di rimedi ai mali che affliggono la Chiesa, mi sembra necessario insistere sul pericolo che minaccia la Chiesa mostrando quanto gli obiettivi desiderati dagli innovatori servano esattamente alle tesi sostenute dai protestanti e dai comunisti. Basti accennare a quel che sostengono pastori come Richard-Molard nei suoi articoli sul «Figaro», basti ascoltare Garaudy all'incontro di Lovanio: questi signori, che evidentemente attingono le loro idee a una fonte diversa da quella della Chiesa romana, si rallegrano nel constatare che finalmente una grande parte dei cattolici comprendono che due caratteri della Chiesa cattolica romana sono inammissibili: il suo magistero e il suo genere di autorità. Il magistero è intollerabile perché si impone e si attribuisce la verità nei campi della fede e dei costumi, vale a dire nella vita sociale e nei princìpi morali che dirigono la politica, l'economia, la tecnica. Bisogna finirla con questo magistero, sostituirlo con un dialogo, bisogna che la Chiesa scenda dalla cattedra, si mescoli al popolo su un piede d'eguaglianza con tutte le confessioni. Dialoghi pure, ma non insegni più con autorità; sia la prima ad accordare la «libertà religiosa». Si spiega così l'immenso interesse che i comunisti e i protestanti dimostrano per questo tema della «libertà religiosa». Di più, come dice Garaudy a Lovanio, «finiamola con le classi nella società». Quindi, nella Chiesa, finiamola con l'«Ordine», che è precisamente un sacramento che istituisce classi fra le persone, le une superiori, le altre inferiori. Finiamola con la giurisdizione che, anch'essa, crea classi. La distinzione tra sacerdoti e laici, tra vescovi e sacerdoti, tra Papa e vescovi si smorzi: tutti fratelli, uguali in tutti i campi. Bisogna sopprimere i segni esteriori di queste differenze d'ordine e di giurisdizione, ed ecco trovata la parola magica: «trionfalismo», che servirà mirabilmente a distruggere tutti i segni di rispetto verso l'autorità votata al livellamento. Sono indubbiamente pochi i padri conciliari che si attendevano dai protestanti e dai comunisti applausi ai loro interventi in questo senso. Ma la realtà è oggi lampante: tali affermazioni sono numerose, nemici tradizionali della Chiesa si rallegrano che membri eminenti della Chiesa abbondino delle idee che essi hanno sempre difeso. Ma costoro sbagliano, la Chiesa non aderisce alle loro idee. Né la collegialità, né la libertà religiosa, malintese, contrarie come sono alla dottrina della Chiesa, passeranno; è ormai un fatto per la prima tesi, lo sarà ben presto per la seconda.


 LITURGIA 

In mezzo alle opposizioni, alle esagerazioni, alle discussioni che caratterizzano questo periodo di adattamento della liturgia, è possibile abbozzare alcune riflessioni? A vedere la rapidità, insolita per la Chiesa, con la quale in tutti i paesi sono state applicate le decisioni conciliari, non si può non temere che certe misure trascinino con sé risultati imprevisti e infelici. Tale è il caso della devozione al Santissimo Sacramento, alla Vergine e ai Santi, le cui statue sono state rimosse da parecchie chiese, senza alcuna preoccupazione per la più elementare pastorale e catechesi, per il bello e buon ordinamento della casa di Dio, che è diventata una casa di uomini più che una casa di Dio, per la bellezza veramente divina dei canti latini, soppressi e non ancora sostituiti da melodie equivalenti. Tuttavia, da queste constatazioni dobbiamo concludere che bisognava conservare tutte queste cose senza mutamento? Con misura e prudenza il Concilio ha risposto negativamente. Qualche cosa era da ritoccare e da riscoprire. La Madonna veglia sul magistero e sull'autorità nella sua Chiesa cattolica e romana.


SUGGERIMENTI PER L'AVVENIRE 

Nonostante una certa confusione di idee nell'ora presente, si possono discernere i chiarori della nuova aurora che il Concilio farà sorgere sul mondo? Fra qualche anno sarà indubbiamente più facile scoprire tali prospettive. Ma non è auspicabile che coloro che hanno vissuto la vita del Concilio si sforzino, in perfetta sottomissione al successore di Pietro, di determinarle al fine di suscitare le iniziative vere e generose scaturite dalla più pura tradizione della Chiesa, nascenti veramente dallo Spirito di Dio sempre vivo nella sua Sposa? È chiaro che la prima parte della Messa, destinata a istruire i fedeli e a far loro esprimere la loro fede, aveva bisogno di raggiungere questi fini in maniera più netta e in certa misura più intelligibile. A tale scopo, secondo il mio umile parere, sembrerebbe utile ritoccare in primo luogo i riti di questa prima parte e introdurre qualche traduzione in lingua parlata. Fare in modo che il sacerdote si accosti ai fedeli, comunichi con loro, preghi e canti con loro, si tenga pertanto all'ambone, legga nella loro lingua l'Epistola e il Vangelo; che il sacerdote canti con i fedeli il Kyrie, il Gloria e il Credo nelle divine melodie tradizionali. Tutte riforme felici che restituiscono a questa parte della Messa il suo vero scopo. L'ordinamento di questa parte istruttiva si faccia anzitutto in funzione della Messa cantata della domenica, in modo che questa Messa sia il modello al quale adeguare i riti di altre Messe: ecco altrettanti aspetti di rinnovamento che appaiono eccellenti. Aggiungiamo soprattutto le direttive necessarie a una predicazione vera, semplice, toccante, forte nella sua fede e determinante nelle risoluzioni. Questo è uno dei punti più importanti da ottenere nel rinnovamento liturgico di questa parte della Messa. Per i sacramenti e i sacramentali, l'uso della lingua dei fedeli nelle parti didattiche ed esortative può essere utile, visto che li riguardano più direttamente e più personalmente, ma non così per gli esorcismi, preghiere e benedizioni. Ma gli argomenti in favore della conservazione del latino nelle parti della Messa che si svolgono all'altare sono tali da poter sperare che in un giorno prossimo saranno posti limiti all'invasione della lingua parlata in questo tesoro di unità, di universalità, in questo mistero che nessuna lingua umana può esprimere e descrivere. Quanto dobbiamo augurarci che l'anima dei fedeli si unisca spiritualmente, personalmente, a Nostro Signore presente nell'Eucarestia e al suo divino Spirito, così che sia assolutamente proscritto tutto ciò che può nuocere a questo scopo, come un'esagerazione di preghiere vocali e di riti, una diminuzione di rispetto per l'Eucarestia, una volgarità sconveniente ai misteri divini! Una riforma in questo campo non può essere buona se non assicura in modo più che certo i fini essenziali dei misteri divini stabiliti da Nostro Signore e trasmessi dalla Tradizione. 


LA COSTITUZIONE DELLA CHIESA

Ma ecco un argomento forse più delicato a trattarsi e che sembra tuttavia procedere gradualmente verso forme più precise: è il problema che è stato occasione del dibattito sulla collegialità. Viviamo in un'epoca di proliferazione estrema dei mezzi di comunicazione sociale. In sé, tale moltiplicazione potrebbe, e dovrebbe, avere effetti eccellenti. Pare dunque normale che la comunicazione dei pensieri, lo scambio delle idee, siano più frequenti, più ricchi. Ora, secondo il trattato sulla prudenza di san Tommaso, l'autorità, il capo, prima di esprimere un giudizio, di prendere una decisione, deve, nella sua saggezza, consigliarsi con persone che giudica idonee a consigliarlo. Oggi pare quindi normale, grazie a queste possibilità, consigliarsi con persone adatte ma che non si potevano facilmente raggiungere solo qualche decennio fa, e che il capo della Chiesa universale, il Papa, si circondi di consiglieri che in altri tempi non poteva avere. Che questa possibilità, di cui solo il capo è giudice, porti talune modificazioni nella Curia romana, vale a dire in quell'organismo che forma il consiglio abituale del Santo Padre e al quale egli affida una parte della sua responsabilità, è possibile e verosimile. Ma il prendere pretesto da questa occasione per far dire ai padri conciliari che hanno un diritto di governo con il Papa, fu un'impresa insensata. È inconcepibile mutare ciò che esiste da quando la volontà di Nostro Signore si è espressa chiaramente e a cui la Tradizione ispirata ha dato realtà pratica: quel governo che ha d'altronde dato prova della sua origine divina con la sua stabilità e, in definitiva, con il suo perfetto adattamento a tutti i tempi. Non si cambierà mai il fatto che il Papa e lui solo ha, come vicario di Gesù Cristo, un potere che si estende alla Chiesa universale. Ma questo non ha mai impedito ai Papi di adattare i loro organismi alle necessità del tempo. E questo rimane il campo proprio del successore di Pietro. Nemmeno come padri conciliari i vescovi possono avanzare altro che suggerimenti rispettosi e discreti. Tuttavia questo dibattuto problema del governo della Chiesa universale ha ripercussioni gravi in un campo che tocca da vicino i vescovi e il loro potere nelle loro diocesi. Anche qui sono probabili direttive nuove; ma è proprio necessario intaccare quanto vi è di più bello, di più sacro, di più efficace nella Chiesa dopo il potere pastorale del Papa, vale a dire il potere pastorale e paterno del vescovo, assorbendolo in un potere collettivo? In questi due poteri risiede tutto il vigore dell'apostolato della Chiesa. Appunto grazie a questi due poteri disposti gerarchicamente per quanto riguarda la giurisdizione, ma molto ben ripartiti e che danno un'autorità considerevole ai vescovi nelle diocesi, la Chiesa è un'organizzazione di apostolato notevolmente viva, agile, che si adatta ai luoghi e alle popolazioni con una saggezza e una vitalità che non esistono in alcun governo del mondo. Così questo potere è, e non può essere, che intangibile. Qualsiasi restrizione che non venisse direttamente dal Papa sarebbe profondamente nociva all'apostolato e paralizzerebbe lo zelo e l'iniziativa episcopali, che sono la virtù dell'apostolato stesso. Tuttavia, certe condizioni sociali attuali richiedono senza alcun dubbio che i vescovi di una regione o di una nazione o di parecchie nazioni si incontrino, scambino le loro preoccupazioni in funzione di certe difficoltà che possono essere similari, instaurino insieme determinati servizi di informazione, di stampa e persino di apostolato, ma tutto questo a condizioni estremamente precise, soprattutto per ciò che riguarda direttamente l'apostolato. Parrebbe potersi dire: anzitutto che è pericoloso creare organi direttivi, ma che è utile sviluppare servizi ai quali i vescovi possano rivolgersi; e inoltre che è desiderabile che si possa raggiungere una certa unanimità su alcuni problemi importanti come quello dell'insegnamento, per esempio, purché tutti i vescovi rimangano liberi e giudici dell'applicazioni di tali misure nelle rispettive diocesi, a meno che la questione non sia sottoposta alla Santa Sede che giudicherà ciò che va fatto. È inconcepibile che una maggioranza si imponga a una minoranza attraverso il semplice gioco dei voti. Sarebbe la fine dell'autorità episcopale. È di primaria importanza che il vescovo sia considerato nella sua diocesi come il solo responsabile dell'apostolato dopo e alle dipendenze del Papa. Ogni autorità intermedia sarebbe intollerabile e rovinerebbe qualsiasi iniziativa episcopale. Sarebbe manifestamente contraria a tutta la storia della Chiesa. Tuttavia chi negherà che incontri episcopali fraterni, che taluni servizi comuni possano essere utili e benèfici? Si pensi al Secours Catholique, a Misereor, alle Pontificie Opere Missionarie, alla Mutuelle sacerdotale. Quanti servizi si possono rendere attraverso queste associazioni! Ma qualsiasi organizzazione che abbia una ripercussione sull'apostolato può essere solo un servizio e non una direzione. Nella sua diocesi il vescovo deve rimanere interamente libero, se non vuol essere soltanto un funzionario e, diciamolo, un minorenne. Tanto sono incoraggianti e feconde le assemblee condotte secondo le norme ammesse fin qui dalla Santa Sede, altrettanto diverrebbero soffocanti e intollerabili, perché contrarie alla natura stessa del potere episcopale, se si ispirassero al principio di una continua limitazione del potere personale del vescovo. Sembra così giusto richiamare qui tutto ciò che può significare per il governo episcopale una felice applicazione di quel che suggerisce il diritto canonico: i sinodi, le conferenze sacerdotali, i consultori diocesani. Quanti felici scambi possono esservi tra il vescovo e i sacerdoti suoi consiglieri, responsabili dell'apostolato immediato. Ciò che importa è il rispetto dell'autorità episcopale che decide in ultima istanza; i suggerimenti saranno tanto più franchi e fraterni quanto più grande sarà il rispetto del vescovo. Beato quel vescovo che vive fraternamente con i suoi sacerdoti, li ama, li comprende, li visita personalmente, li incoraggia, li edifica. Tutto si può sperare da una diocesi nella quale i sacerdoti sono veramente i cooperatori del vescovo e in cui ciascun sacerdote adempie la funzione che gli è assegnata guardandosi bene dal distruggere l'autorità degli altri e in particolare quella del parroco, pastore direttamente responsabile delle anime che gli sono affidate. Quando i poteri sono bene ordinati fra i parroci, i sacerdoti incaricati dell'azione cattolica, i cappellani delle scuole, sotto l'occhio paterno del vescovo, i risultati possono essere mirabili. Solo il vescovo della diocesi può creare quest'ordine e conferirgli vita ed efficacia. Se l'organizzazione viene imposta alla diocesi dall'esterno, prescindendo dall'autorità personale del vescovo del luogo, si introduce nella diocesi stessa il disordine. Lo stesso accade per la parrocchia quando il parroco ignora quel che vi si fa e che riguarda il suo apostolato. «Omnia in ordine fiant»! Numerosi sono i problemi studiati dal Concilio, ma ve ne sono taluni di cui è difficile determinare le conclusioni, dato che i testi non sono ancora definitivi: in particolare, quelli che riguardano il magistero, la libertà religiosa, le missioni, lo schema sulla Chiesa nel mondo, la Rivelazione, le scuole, i seminari… Si può tuttavia sperare in verità che il Concilio porterà frutti abbondanti, tanto attraverso il fermo mantenimento delle verità tradizionali quanto attraverso le nuove prospettive che permette di intravedere. In definitiva, gli sforzi per ottenere un falso «aggiornamento» avranno contribuito a definire esattamente quello vero, quale la Chiesa lo desidera. Perseveriamo quindi nella preghiera con Maria e gli Apostoli perché lo Spirito di Nostro Signore scenda sovrabbondante nelle anime di tutti i pastori e di tutti i fedeli. Festa della Pentecoste, 6 giugno 1965

Marcel Lefèbvre

Sposi nel Signore

 


S appiate di essere per sempre

l’uno per l’altra

Padre e madre,

Amico e amica,

Amante e amata,

Fratello e sorella,

Marito e moglie…


S appiate di essere per sempre

l’uno per l’altra

spazio di amore,

di perdono,

di gratificazione,

di amicizia,

di comprensione.


S appiate di non aver

sposato l’altro

per averlo a vostra

“immagine e somiglianza”,

porto sicuro dove riversare

le vostre tensioni e insicurezze...


S appiate che avete sposato l’altro

per donargli il vostro cuore,

la vostra anima, il vostro tempo,

voi stessi in anima e corpo,

per essere immagine di quel Dio

che nel figlio Gesù ha offerto

la sua vita e il suo corpo

per la Chiesa sposa che siamo noi

e lo ha fatto con un amore sposale,

un amore che

tutto dona, tutto crede, tutto copre,

tutto spera, tutto sopporta.


T ornate a raccontarci

quanto è grande il vostro amore...

Nei momenti più difficili imparate ad attingere

alla Sorgente stessa che da sempre vi ha voluti

assieme nell’amore.


Il demonio seminerà grande confusione nella Casa di Dio. Molte verità saranno abbandonate e gli uomini abbracceranno quello che è falso.

 


 Messaggio di Nostra Signora Regina della Pace, nella Festa dell'Immacolata Concezione, trasmesso il 08/12/2021

Cari figli, sono l'Immacolata Concezione. Vengo dal Cielo per chiamarvi alla santità. Vi chiedo di mantenere accesa la fiamma della vostra fede e che ovunque cercate di imitare Mio Figlio Gesù. Non permettete che il peccato vi contamini. Cercate la Misericordia del Mio Gesù per mezzo del Sacramento della Confessione, perché solamente così potete raggiungere il Cielo. L'umanità cammina per l'abisso dell'autodistruzione che gli uomini hanno preparato con le loro proprie mani. Allontanatevi da tutto il male e vivete rivolti al Paradiso per il quale unicamente siete stati creati. Io sono la vostra Madre e vi voglio liberi da ogni peccato. Non permettete che la vostra libertà vi allontani da Mio Figlio Gesù. Date il meglio di voi e sarete grandi nella fede. Il demonio seminerà grande confusione nella Casa di Dio. Molte verità saranno abbandonate e gli uomini abbracceranno quello che è falso. Fate attenzione. Il Signore vi ama e vi aspetta. Questo è il messaggio che oggi vi trasmetto nel nome della Santissima Trinità. Grazie per averMi permesso di riunirvi qui ancora una volta. Io vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Rimanete nella pace.

 


INVITO A DIVENTARE FIGLIO DI MARIA - "Battezzarsi con lo Spirito Santo e il fuoco"


9 gennaio 2012 

"Battezzarsi con lo Spirito Santo e il fuoco" 


Maria 

Mentre parlo, le acque della misericordia fluiscono dal mio Cuore Immacolato, andando verso tutti i cuori aperti a ricevere. Parlo in modo che più cuori siano aperti e possano ricevere. Cominciamo. 

Quando le mie parole toccano per la prima volta il cuore, sembra senza speranza. L'acqua sembra così fragile e gli ostacoli sembrano così grandi. Come farà un ruscello così piccolo a pulire questo cuore che è stato riempito con così tanti peccati o con così tante delusioni, fallimenti e sofferenze? 


Solo l'inizio 

Ma il ruscello è solo all'inizio. La persona ha sentito solo le prime parole. Anche qui, alcuni piccoli problemi vengono rimossi e arriva una nuova libertà. 

La persona comincia a vedere il potere di questo flusso. Vede cosa può fare, quali peccati può rimuovere. Improvvisamente, le mie parole e i loro sforzi personali realizzano molto. La persona vede cambiamenti e nuova speranza. 

Poi arriva il passo successivo, il dolore per i propri peccati e la ricerca del sacerdote. Questo non accade all'inizio. C'è troppa oscurità. Ma quando entra la luce e nasce la speranza, allora la persona è pronta. 


Continuare a leggere 

C'è molto di più. Continueranno a leggere questi messaggi. Le parole significheranno molto di più perché le ho avvicinate al mio cuore. Il progresso diventa abbastanza rapido. Non è più l'acqua delle mie parole, ma il fuoco del mio cuore che li sta purificando. 

Quando hanno raggiunto questo fuoco divino, sono a casa. Sono arrivati. Non c'è bisogno di andare oltre. Rimarranno semplicemente in quel fuoco divino e saranno resi santi. Giovanni battezzava con acqua, ma mio Figlio battezza con lo Spirito Santo e con il fuoco.

Come MANTENERE LA FEDE in TEMPO DI CRISI DELLA CHIESA - Conoscere e aderire al Deposito della Fede

 


Come  

MANTENERE LA FEDE  

in  

TEMPO DI CRISI DELLA CHIESA 



Conoscere e aderire al Deposito della Fede 

Per mantenere l'ortodossia, per conservare la Fede intera e totale, è necessario conoscere e aderire al Deposito della Fede.   Come menzionato sopra, il Deposito della Fede consiste nelle verità divinamente rivelate o dogmi della nostra santa religione.  Questi dogmi riguardano sempre questioni di fede (ciò che dobbiamo credere) o di morale (come dobbiamo agire).  Ci riferiamo ad essi come divinamente rivelati perché è Dio stesso che ce li ha fatti conoscere.  Dove troviamo queste verità?  Si trovano nelle due fonti della rivelazione:  La Sacra Scrittura e la Sacra Tradizione.  Chiunque possiede la Fede crede tutte le verità contenute nel Deposito della Fede.   Quelle di cui è a conoscenza le crede esplicitamente, mentre quelle di cui non è a conoscenza le crede implicitamente - essendo pronto ad assentire ad esse una volta che gli sono state fatte conoscere.  Questo significa che se un cattolico ignorasse il dogma della Chiesa riguardo al Purgatorio, non appena ne venisse a conoscenza, vi aderirebbe immediatamente semplicemente perché è contenuto nel Deposito della Fede. 

Per avere una comprensione di base di queste verità della nostra religione è importante studiare la Fede.  Altrimenti, è possibile essere facilmente sviati da false dottrine, che probabilmente abbondano nella nostra epoca più che in ogni altra.  E le false dottrine portano le anime alla dannazione eterna.* Per esempio, oggi c'è una pericolosa tendenza a credere che mentre la Chiesa Cattolica è il miglior mezzo di salvezza, non è l'unico mezzo; anche le altre religioni sono un mezzo.  Questa è una pericolosa e falsa dottrina che apre alle anime la via della dannazione eterna, poiché le porta ad essere indifferenti alla religione a cui aderiscono.  Ma coloro che conoscono la Fede, conoscono la verità divinamente rivelata che c'è solo una religione in cui le anime possono essere salvate, e che è la religione cattolica.  Perché l'infallibile dogma della Chiesa su questo punto dichiara: "Non c'è che una sola Chiesa universale dei fedeli, al di fuori della quale nessuno si salva". †


Il Magistero insegna infallibilmente in due modi 

Come detto sopra, le verità del Deposito della Fede si trovano tutte nella Scrittura e nella Tradizione.  Tuttavia, sapere questo non è sufficiente.  Perché la Scrittura e la Tradizione sono facilmente mal interpretate.   La Bibbia stessa insegna che la Scrittura contiene "alcune cose difficili da capire... che gli ignoranti e gli instabili strappano... per la propria distruzione" (2 Pt 3,16).  Lo stesso vale per la Tradizione.   Perciò, affinché i fedeli potessero conoscere con assoluta certezza le verità divinamente rivelate (dogmi), Nostro Signore ha dato alla Chiesa Cattolica la capacità di proclamarle infallibilmente.  Questa infallibile autorità di insegnamento della Chiesa è chiamata Magistero.  Il Magistero della Chiesa ci insegna infallibilmente i dogmi della Fede in due modi: (1) attraverso il suo Magistero Straordinario e, (2) attraverso il suo Magistero Universale Ordinario. 

I dogmi insegnati dal Magistero Straordinario sono quelli dati a noi attraverso i solenni pronunciamenti di un Papa, o di un Concilio (ratificato da un Papa).  Un esempio di un dogma insegnato dal Magistero Straordinario è quello dell'Immacolata Concezione, che il Beato Papa Pio IX definì solennemente nel 1854.  Un altro esempio si trova nella solenne proclamazione da parte del Concilio di Trento del dogma che il peccato di Adamo (peccato originale) "è tolto" solo per "il merito dell'unico mediatore, nostro Signore Gesù Cristo, che ci ha riconciliati con Dio nel suo proprio sangue".    Allo stesso modo, a volte, il Magistero Straordinario dichiara infallibilmente anche ciò che è fuori della Fede.  Questo lo fa sotto forma di proposizioni condannate.  Molti esempi di proposizioni condannate si trovano nel Sillabo degli errori del Beato Papa Pio IX del 1864.  Per esempio, la proposizione n. 55 condanna l'affermazione: 

"La Chiesa dovrebbe essere separata dallo Stato e lo Stato dalla Chiesa". * 

I dogmi insegnati dal Magistero Ordinario Universale consistono in quelle verità rivelate che, sebbene non solennemente definite dal Magistero Straordinario, tuttavia, sono state proclamate in tutti i tempi e in tutti i luoghi (o "sempre e ovunque", come si dice spesso) in tutta la Chiesa Universale. 

È importante capire che il Magistero Ordinario della Chiesa non parla sempre infallibilmente.  Solo il Magistero Ordinario Universale porta la garanzia dell'infallibilità.  Tutti gli altri insegnamenti del Magistero Ordinario - dichiarazioni di Papi, Concili e vescovi - provengono da quello che viene chiamato Magistero Autentico, e non impegnano l'infallibilità della Chiesa. 

Un esempio di un dogma insegnato dal Magistero Ordinario Universale è l'insegnamento della Chiesa sull'immoralità della contraccezione.  Papa Paolo VI sostenne questo insegnamento tradizionale nella sua Enciclica Humanæ Vitæ del 1968 in cui ribadì che la contraccezione artificiale è, in tutti i casi, gravemente peccaminosa.  Poiché il modo in cui insegnò questa verità non impegnò il Magistero Straordinario, un certo numero di preti e prelati modernisti dissentirono dall'insegnamento, dicendo che non era una dottrina infallibile - ma si sbagliavano.  Se è vero che il modo in cui Humanæ Vitæ espone questa dottrina non impegna il Magistero Straordinario e quindi il documento non può essere detto infallibile di per sé, tuttavia la dottrina è un dogma infallibile della Chiesa Cattolica.  Infatti, poiché è stata insegnata sempre e ovunque - cioè, è stata insegnata coerentemente in tutta la Chiesa universale dal tempo degli Apostoli fino ad oggi - fa parte del Magistero Ordinario Universale.  Quindi è infallibile, proprio come ha spiegato Sua Eminenza il Cardinale Giuseppe Siri: 

 Questa Enciclica [Humanae Vitae] ha ricapitolato l'insegnamento antico e l'insegnamento abituale di oggi.  Ciò significa che possiamo dire che le condizioni per il Magistero ordinario irreformabile [universale] sono state soddisfatte.6 


Fede divina e cattolica 

Tutti questi dogmi infallibili noi crediamo con divina e Fede cattolica.  Li crediamo con Fede divina perché sono stati rivelati da Dio che non può mentire.  Li crediamo con Fede cattolica perché l'autorità della Chiesa ce li propone infallibilmente come divinamente rivelati.  La "Costituzione Dogmatica sulla Fede Cattolica" del Concilio Vaticano I afferma: 

"Per fede divina e cattolica si deve credere tutto ciò che è contenuto nella parola scritta di Dio o nella Tradizione e che è proposto dalla Chiesa come oggetto di fede divinamente rivelato o in un decreto solenne o nel suo insegnamento ordinario e universale". 

Aderire al Deposito della Fede 

Queste verità, i dogmi della Fede, ogni cattolico è tenuto ad aderire per salvare la sua anima.  Questa è la Regola di Fede.  Qualsiasi insegnamento contrario alla Regola di Fede, cioè contrario ai dogmi contenuti nel Deposito della Fede, deve quindi necessariamente essere respinto, perché è eretico.  Non importa chi propone un tale insegnamento eretico, esso deve essere respinto per conservare la Fede ed essere salvati.  Qui è bene ricordare che ci sono stati molti cattolici nella storia della Chiesa che hanno sofferto grandi difficoltà e hanno persino subito torture e martirio piuttosto che negare una verità della Fede e perdere la loro anima.  Ogni cattolico è tenuto a fare lo stesso se le circostanze lo richiedono.  Questa è una buona ragione per meditare frequentemente sulla Passione di Nostro Signore.  Infatti, coloro che lo fanno e ne assorbono lo spirito, acquisiranno un tale amore per il loro Salvatore sofferente che considereranno un enorme onore soffrire qualcosa per Lui, nella loro fedeltà alla Fede. 


La grande crisi ariana 

Un esempio dalla storia della Chiesa di eroica fedeltà al Deposito della Fede si trova nella grande crisi ariana del quarto secolo.  Secondo il famoso convertito inglese, il cardinale John Henry Newman, fu, ironicamente, solo dopo che il Concilio di Nicea ebbe condannato definitivamente l'arianesimo che l'eresia raggiunse il suo culmine.  Perché fu allora che l'ottanta per cento dei vescovi della Chiesa cadde in questo errore, e sebbene infettati dalla falsa dottrina degli ariani, continuarono a regnare nelle loro rispettive diocesi.* Anche Papa Liberio contribuì alla crisi quando, dopo molti anni di esilio e confino, ci viene detto che cedette alla pressione e firmò un credo ambiguo che tendeva a favorire l'eresia.  Egli scomunicò anche Sant'Atanasio, il famoso campione dell'ortodossia durante questa crisi.† Alla fine, come riferisce il cardinale Newman, furono i laici piuttosto che la gerarchia, a mantenere la Fede, e quindi furono lo strumento usato da Dio per salvare la Chiesa:   

Ci fu la temporanea sospensione della funzione dell'Ecclesia Docens‡ poiché circa l'80% dei vescovi cadde nell'eresia.  Il corpo dei vescovi fallì nella loro confessione della fede... L'episcopato, la cui azione fu così pronta e concorde al [Concilio di] Nicea sul sorgere dell'arianesimo, non giocò, come classe o ordine di uomini, una buona parte nei problemi conseguenti al Concilio; e i laici sì.  Il popolo cattolico, in tutta la lunghezza e la larghezza della cristianità, fu l'ostinato campione della verità cattolica, e i vescovi non lo furono.§ 7 

Allora, com'è che quei laici che sono rimasti fedeli durante questa calamità hanno conservato la loro Fede Cattolica?  Chiaramente non è stato seguendo i loro prelati fuorviati che non hanno combattuto per la vera dottrina della Chiesa.  Invece, come riferisce il cardinale Newman, durante questa terribile crisi, coloro che rimasero fedeli lo fecero aderendo alla "tradizione degli Apostoli".  Nell'aderire alla vera dottrina, essi dovettero necessariamente resistere al falso e fatale insegnamento della maggioranza delle autorità ecclesiastiche e furono da esse grandemente perseguitati per questo.  Di questo, San Basilio è testimone: "Una sola offesa è ora punita vigorosamente, un'accurata osservanza delle tradizioni dei nostri padri".  Per evitare di essere contaminati dall'eresia, si rifiutavano di assistere alle messe di coloro che erano infettati dall'arianesimo.  San Basilio riferisce che: "...il popolo ha lasciato le sue case di preghiera e si è riunito nei deserti". 8 A causa di ciò essi vennero conosciuti "con il termine dispregiativo di 'cristiani di campagna'. 

9 Tuttavia, essi conservarono la loro Fede inviolata e salvarono le loro anime.  E, mantenendo la Fede, aiutarono anche grandemente la Chiesa a riprendersi da questa terribile crisi.   

Di Robert T. Hart 

DIO PADRE - "Come Padre di tutta l'umanità sono pronto a mandare mio Figlio a reclamare il suo legittimo trono"

 


sabato 28 aprile 2012 

Figlia mia, questi mesi sono stati un periodo difficile, non solo per te, ma per tutti i miei amati figli. Io sono il Padre della Creazione e dell'amore, con una profonda passione per ogni mio figlio, non importa come mi offendano.

C'è tanta preparazione necessaria per aiutare a preparare le anime alla venuta del Mio amato Figlio Gesù Cristo.

Gran parte dell'umanità sta soffrendo in questo momento a causa della persecuzione. Questa persecuzione non consiste solo nella povertà e nella mancanza di denaro, ma nella fame di spirito.

Come Padre di tutta l'umanità sono pronto a rimandare Mio Figlio per reclamare il Suo legittimo trono.

Solo io so di questo tempo. Nemmeno Mio Figlio conosce la data.

Posso dirvi che sarà presto e che la maggior parte di questa generazione, viva oggi nel mondo, vivrà per il giorno del ritorno di Mio Figlio in grande gloria.

Ora mi preparo a raccogliere tutti i Miei figli mentre li porto via dal terribile abisso di sofferenza che hanno dovuto sopportare nel deserto.

Questo deserto è stato creato dalla mano di Lucifero e di tutti i suoi angeli caduti che vagano sulla terra dalla caduta di Adamo ed Eva.

Oggi molti dei Miei figli trovano impossibile credere in Me, Dio loro Creatore e Padre.

Ho benedetto i Miei figli con l'intelligenza e un libero arbitrio indipendente dove possono scegliere qualsiasi modo di vivere la loro vita.

Per guidarli verso il mio regno ho dato loro i dieci comandamenti che sono scolpiti nella pietra.

Non sono mai cambiati, eppure i Miei figli si sentono più intelligenti di loro e hanno creato nuovi significati che sono inaccettabili per Me.

Questo tempo per la fine del regno di tutti i demoni scacciati e che inondano la terra, è quasi alla fine.

Io chiamo tutti i Miei figli ad ascoltare. Il vostro tempo sulla terra, come lo conoscete, sta per finire.

Eppure c'è una nuova terra, un Nuovo Paradiso che vi aspetta.

Supererà qualsiasi cosa possiate mai immaginare ed è stato preparato da tempo con amore per ogni singolo uomo, donna e bambino.

Finalmente riunirò tutta la Mia preziosa famiglia e vivremo tutti in armonia, pace, amore e gioia per l'eternità.

Per coloro che rifiutano di entrare nel Nuovo Paradiso farò tutto ciò che è in Mio potere per impedirvi di voltare le spalle all'eredità che vi spetta di diritto.

A causa del dono del vostro libero arbitrio, che non vi toglierò mai, la scelta è vostra.

Tutto ciò che serve è un giro di testa e l'apertura del tuo cuore.

Allora devi correre tra le mie braccia perché io ti porti a casa.

Questo è il Mio più caro e prezioso desiderio, portare tutti i Miei cari figli a casa nel posto giusto a cui appartengono.

" Gesù si è mai ammalato da bambino?". I sette dolori di Maria nella rivelazione mistica

 


" Gesù si è mai ammalato da bambino?". 

I sette dolori di Maria nella rivelazione mistica 


E sì, Gesù si è ammalato da bambino e ha sperimentato le malattie dell'infanzia.  


da un'anima 

 

Libro di Filippesi 

Capitolo 2, versetti 5-8 

 

"Abbiate tra voi lo stesso atteggiamento che è anche il vostro in Cristo Gesù, il quale, 

pur essendo in forma di Dio, non considerò l'uguaglianza con Dio qualcosa da afferrare. 

Piuttosto, svuotò se stesso, prendendo la forma di schiavo, venendo a somiglianza dell'uomo; 

e, trovato umano nell'aspetto, umiliò se stesso, 

facendosi obbediente fino alla morte, anche alla morte di croce". 

 

Redenzione attraverso la Croce.  Ma questa grazia di poter soffrire non si limitò solo alla Passione e alla Crocifissione, ma fin dal primo momento del concepimento della Sua vita sulla terra. 

Gesù aveva la grazia di poter soffrire da bambino, sia fisicamente che mentalmente, come qualsiasi bambino umano.  E quando mi resi conto di questo fatto, fu sorprendente per me, perché Gesù aveva un'Anima Immacolata e un Corpo Perfetto formato dalla Sua Beata Madre, eppure, Egli si umiliò veramente anche in questo modo, per essere in grado di soffrire veramente come il resto di noi, l'umanità caduta. 

Non era necessario che Gesù soffrisse per tutta la Sua vita sulla terra.  La sua sofferenza avrebbe potuto essere limitata nel tempo alla Passione e alla Crocifissione.  Eppure, Egli scelse di "svuotare se stesso", prendendo la forma di uno "schiavo", diventando come noi in tutte le "sembianze umane". 

Ha sanguinato, ha sofferto, ha pianto, si è ammalato, è caduto... Ha sofferto come ogni bambino e come ogni adulto prima della Passione. 

Questa è la vera umiltà. E la maggior parte di questa sofferenza umana, fatta in profonda umiltà, durante la Sua vita rimane "nascosta", perché non è registrata nella Sacra Scrittura.  Questo rende la Sua sofferenza ancora più incredibile per me.  Dio ha scelto di soffrire intimamente in modi che noi non conosciamo semplicemente perché desiderava identificarsi con noi, poveri peccatori - non ha trattenuto nulla per sé! 

Adamo ed Eva furono originariamente creati da Dio con anime immacolate e avevano i "doni preternaturali" di essere esenti dalla sofferenza e dalla morte.  È solo quando sono caduti dalla grazia - quando le loro anime non erano più immacolate - che sono diventati soggetti alla sofferenza e alla morte.  E così, poiché avevano corpi originariamente perfetti, sebbene soggetti ora al dolore e alla sofferenza, Adamo ed Eva vissero centinaia di anni prima che la morte li vincesse definitivamente. 

Adamo ed Eva furono in grado di trasmettere queste qualità fisiche quasi perfette ai loro figli immediati e questa è la ragione principale per cui l'umanità visse per centinaia di anni prima del Diluvio ai tempi di Noè.  È anche la ragione per cui oggi l'umanità sta sperimentando sempre più disturbi fisici, deformità e malattie.  Siamo molto lontani dalle perfezioni fisiche di Adamo ed Eva.  È una legge naturale che tutta la vita e la terra passino dall'ordine perfetto al disordine crescente.  Tutto ciò è dovuto alla caduta originale. 

Eppure, Gesù ha sempre avuto un'Anima Immacolata.  Gesù ha ereditato un Corpo Perfetto grazie alla Beata Madre e alla Sua Immacolata Concezione.  Quindi, ne consegue che Gesù avrebbe dovuto essere esente da ogni sofferenza e morte fisica, come Adamo ed Eva nel Giardino dell'Eden.  Così, fu per pura grazia e per libera scelta, che il Figlio Divino si umiliò davanti a Suo Padre, per accettare il Suo Ruolo Redentore come Cristo per l'umanità decaduta. 

Mio Dio, quanto sei glorioso!  Io non sono niente davanti alla Tua Santità! 

Ho anche realizzato stasera nelle mie contemplazioni una delle ragioni per cui Gesù parlava in parabole ai Suoi apostoli e discepoli. 

Dalla rivelazione mistica, si sa che la ragione per cui 1/3 degli angeli cadde dalla grazia fu perché fu chiesto loro se avrebbero servito Dio come un Uomo-Re. satana disse "non voglio servire", e pretese di essere fatto Re di tutta la Creazione. riuscì a convincere 1/3 degli angeli a seguirlo, così crearono l'inferno per se stessi. 

Da quel momento in poi, Satana preparò e tramò per la venuta di Dio Incarnato come Uomo e come Messia dell'umanità decaduta.  Era la sua principale ossessione prima dell'Incarnazione. 

Satana sapeva che Cristo sarebbe venuto nel mondo al momento dell'Annunciazione, a causa della Concezione Miracolosa di Nostro Signore.  Eppure, ho letto nella rivelazione mistica, che satana non fu mai completamente convinto che Cristo fosse il Messia durante la Sua vita sulla terra.  Finalmente ho capito perché... Era perché Gesù poteva soffrire durante la Sua vita terrena. 

Satana era confuso da Gesù che viveva la Sua vita nascosta per trent'anni - Satana non capisce l'umiltà - ed era confuso perché Gesù soffriva come uomo. 

Satana poteva vedere spiritualmente che Gesù aveva un'Anima Immacolata e un Corpo Perfetto, come Adamo ed Eva, e così, logicamente, come ho supposto nelle mie precedenti riflessioni private, Gesù avrebbe dovuto essere esente da qualsiasi dolore, sofferenza e morte.  Eppure, Gesù soffrì come un bambino e come un uomo, come ogni persona umana.  Questo fatto confuse completamente Satana. 

Ma, poiché sapeva che Gesù poteva soffrire e morire come qualsiasi uomo mortale, Satana ha cospirato per far uccidere Gesù.  Tuttavia, so anche dalla rivelazione mistica, che Satana realizzò la sua grande follia - il suo "grande errore" - solo nel momento in cui la Croce fu innalzata sul Calvario. 

Fu solo quando la croce fu innalzata che satana finalmente capì tutte le parabole che Gesù parlò ai Suoi apostoli e discepoli sulla Sua morte, satana realizzò il suo grande errore nel causare la crocifissione che avrebbe portato alla risurrezione, fu ingannato da Dio. 

Dio ha vinto. 

E così, questi sono alcuni dei bei pensieri che il Mio Amore mi ha ispirato a pensare stasera.  C'è un ultimo pensiero, che riguarda la Madonna. 

Anche la Madre aveva un'anima immacolata e un corpo perfetto mentre viveva sulla terra.  Anche lei avrebbe dovuto essere esente dal dolore, dalla sofferenza e dalla morte, eppure ha condiviso questa grazia simile a quella del Suo Figlio Divino.  Le fu data questa grazia eccezionale a causa del Suo ruolo di Corredentrice come Madre di Dio e Madre di tutte le anime.  Il Suo Cuore Immacolato è intimamente unito al Sacratissimo Cuore del Suo Figlio Divino.  Così, Ella condivide gli stessi Dolori del Suo Figlio Divino. 

E la grandezza della nostra Regina non può mai essere sottovalutata.  La Beata Madre non è Dio, eppure trionferà sempre con Lui, per il fatto che è solo umana e la Sua La decisione di libero arbitrio indiviso di attenersi sempre alla Volontà Divina è alla Magnifica Gloria di Dio. 

Sono umiliato da Nostro Signore e da Nostra Signora.  Mio Dio, quanto sono insignificante... 

Che io possa sempre amarTi... 

Amen.



LA PASSIONE DETTATA DA GESÙ CRISTO 

PARTE 3 - LA MADRE BENEDETTA DESCRIVE I SUOI SETTE DOLORI ALLA SERVA CATALINA RIVAS 


1) Molti profeti hanno parlato di Me; hanno profetizzato che era necessario che Io soffrissi per diventare degna di essere la Madre di Dio. Sulla terra avanzarono la conoscenza di Me ma, come doveva essere, in modo molto velato. Più tardi gli evangelisti parlarono di Me, specialmente Luca, il Mio amato medico - più delle anime che dei corpi. In seguito furono iniziate delle devozioni che avevano come base le pene e i dolori sofferti da Me. E così si crede e si pensa comunemente che Io abbia sperimentato sette dolori principali. 

2) Figli miei, vostra Madre ha ricompensato e ricompenserà gli sforzi e l'amore che avete avuto per Me. Ma come ha fatto Gesù, voglio parlarvi più ampiamente dei miei dolori. Poi, voi ne parlerete agli altri fratelli e sorelle e tutti finalmente mi imiteranno. A causa di ciò che ho sofferto, io lodo continuamente Gesù e non cerco altro che Lui sia glorificato in me. 

3) Guardate, figlioli, è triste parlare di queste cose ai miei stessi figli, perché ogni madre tiene per sé i suoi dolori. E questo l'ho fatto doverosamente nel corso della Mia vita mortale; perciò, il Mio desiderio di madre è già stato rispettato da Dio. Ora che sono qui, dove il sorriso è eterno, e avendo già nascosto come tutte le madri i dolori che ho sperimentato, dovrei parlarne perché come figli miei possiate sapere qualcosa della mia vita. 

4) Conosco i frutti che ne trarrete e che sono graditi a Gesù, il mio amato Figlio. Vi parlerò di essi non appena potrete capirmi. 

5) Il mio Gesù ha detto: "Chi è primo, si faccia ultimo", e l'ha fatto veramente perché Lui è primo nella Casa di Dio, ma si è abbassato fino al gradino più basso. Ora, per amore, non voglio togliergli questo primo e ultimo posto che gli appartiene. 

Piuttosto, mi sforzo di farvi capire questa verità, e la mia gioia sarà molto più grande quando sarete convinti, non attraverso la via della semplice conoscenza, ma per mezzo di una convinzione profonda e radicata. Che Lui sia il primo e tutti noi siamo veramente ultimi. 

6) Se Egli fu il primo, ci deve essere un secondo nella scala dell'amore e della gloria e, quindi, dell'umiltà e dell'umiliazione. Ora avete capito: Quell'essere dovrei essere io. Figlioli, lodate Dio che, pur avendo stabilito un'enorme distanza tra Gesù e Me, ha voluto ancora mettermi immediatamente accanto a Lui. 

7) Figli miei, ciò che appare al mondo non è ciò che è più importante davanti a Dio. Essere stata scelta Madre di Dio ha comportato per Me gravi sacrifici e dimissioni, e il primo è stato questo: conoscere attraverso Gabriele l'elezione fatta nell'intimità di Dio. Avevo voluto rimanere in uno stato di umile conoscenza e nascondimento in Dio. Lo volevo più di ogni altra cosa, perché era la mia delizia sapere che ero l'ultimo in tutto. 

8) Conoscendo la scelta di Dio, risposi, come sapete, ma consisteva in così tanto per Me da elevarmi alla dignità a cui ero chiamato. 

9) Figlioli, capite questo mio primo dolore di cui parlo? Rifletteteci; date a vostra Madre la grande gioia di tenere in stima quell'umiltà che ho tanto ammirato sopra la mia verginità. Sì, ero e sono lo schiavo a cui si può fare ogni richiesta, e ho accettato solo perché la mia resa era nello stesso grado del mio amore. 

10) Ti è piaciuto, o Dio, elevarmi a Te, e mi è piaciuto accettare perché la mia obbedienza Ti è piaciuta. Ma Tu sai quanto è stato doloroso per Me, e quello stesso dolore è ora davanti a Te, richiesto come luce per questi figli, che Tu ami e che io amo. Io sono lo schiavo, o figli miei, e come è stato fatto a Me, sia fatto ora, senza dubbio, a voi tutto ciò che Dio vuole. 

11) L'accoglienza ha dato a Dio la risposta che darà agli uomini l'accesso alla Redenzione, e in questo si è verificata quella mirabile frase: "Ecco una Vergine che concepirà e darà alla luce un Figlio che sarà chiamato Emmanuele". 

12) Il mio aver accettato di diventare la Madre dell'Emmanuele, implicava il mio dono al Figlio di Dio affinché Sua Madre si donasse a Lui prima che l'Umanità di Gesù si formasse in me. Per questo il mio dono fu il risultato della Grazia, ma anche la causa della Grazia. E si deve riconoscere la precedenza che Dio è la causa principale; tuttavia, si deve affermare che la mia accettazione ha agito a livello della Grazia come causa concomitante. 

13) Mi chiamano Corredentrice a causa dei dolori che ho sofferto; ma lo ero anche prima, per il dono che avevo fatto attraverso Gabriele. Oh, mio Figlio divino! Quanto onore hai voluto dare a tua Madre per compensare il grande dolore che ho sofferto nell'elevarmi alla dignità di tua Madre! 

14) Figlioli, voi siete in un mondo senza vista, ma quando vedrete, cose meravigliose saranno per voi stimoli a gioire per Me. Vedrete quale unità di gloria e di umiltà c'è qui dove il mio Gesù è il sole che non è mai nascosto. Vedrete quale saggio disegno è stato realizzato attraverso ciò a cui ho rinunciato, fino all'umiltà di essere nascosto. 

15) Ma ora, ascoltatemi. Mentre la mia maternità avanzava, dovetti parlare con alcuni dei miei cari e ne parlai loro nascondendo il più possibile l'onore che avevo ricevuto... Mi lamentai di aver rinunciato al segreto del trionfo di Dio perché Dio stesso doveva essere glorificato in me. 

16) Tuttavia, molto presto ebbi la gioia di sapere che ero considerata come una donna tra tante. La mia anima si rallegrò perché agli occhi del mondo, la schiava di Dio che desiderava umiliazioni come solo io potevo desiderare, fu calpestata. Quando Giuseppe si è nascosto, non ho sofferto, ma ho veramente gioito. Non dite che ho sofferto allora, perché non è vero. 

17) Fu così che Dio soddisfò il mio desiderio di umiliazioni. Questo fu il mio compenso da parte del Signore, per essere diventata la Madre di Dio: essere considerata come una donna caduta. Figlia, impara la saggezza dell'amore, impara a stimare la santa umiltà, e non temere perché è una virtù che brilla di luce scintillante. 

18) Quando le nozze ebbero luogo, non ebbi problemi. Sapevo come sarebbero andate le cose e non temevo nulla. Infatti, Dio concede una pace perfetta a coloro che si danno interamente a Lui nelle situazioni più paradossali, come la mia: ero costretta dai dettami umani a sposare un uomo, pur sapendo che potevo appartenere solo a Dio. 

19) Ho sofferto tanti dolori sulla terra! Non è facile diventare la Madre dell'Altissimo, ve lo assicuro. Ma nemmeno tutto ciò che si fa per il motivo più puro e per piacere a Dio, può essere chiamato difficile. Ricordatelo! 

20) Hai mai pensato cosa è stato a causarMi più dolore in quella Notte Santa a Betlemme? Voi distraete la mente con la stalla, con la mangiatoia, con la povertà. Io, invece, vi dico che passai quella notte in completa estasi per Mio Figlio. E anche se ho dovuto fare quello che ogni madre fa con il suo bambino, non ho abbandonato la mia estasi, la mia estasi. E così, l'unica cosa che mi fece soffrire in quella notte d'amore fu vedere come il mio povero Giuseppe soffriva, cercando un rifugio per Me, un posto qualsiasi. Consapevole di tutto ciò che doveva accadere e di Colui che doveva venire al mondo, il mio amato marito, vedendo la mia confusione si angosciò e provai molta simpatia per lui. Più tardi, fummo entrambi riempiti di gioia e dimenticammo tutta la nostra angoscia. 

21) Fuggimmo in Egitto e si è detto tutto il possibile su questo, anche se ci sono alcuni che concentrano la loro immaginazione più sulla fatica del viaggio che sulla paura di una Madre che sapeva di possedere il più grande tesoro in cielo e in terra. 

22) Più tardi, vivendo a Nazareth, il piccolo Gesù cresceva pieno di vita e, a quel tempo, non ci causava che la più piccola e minima preoccupazione. Ogni madre sa cosa vuol dire desiderare la salute del proprio figlio, e come una cosa molto semplice appare come una grande nuvola nera. Il mio bambino ha vissuto tutte le epidemie e le malattie infantili di quei tempi. Come ogni madre, non potevo essere protetta da nessuna delle ansie che il cuore di una madre sperimenta. 

23) Ma un giorno è arrivata la nuvola veramente oscura che ha oscurato la luce festosa della Madre di Dio. Quella nuvola si chiama perdere Gesù... Nessun poeta o maestro di spirito potrebbe immaginare Maria quando sa di aver perso il suo Figlio tanto adorato e quando non ha notizie di Lui fino a tre giorni dopo... Figlioli, non stupitevi delle mie parole, ho vissuto la più grande confusione della mia vita. Non avete riflettuto abbastanza su queste mie parole: "Figlio, tuo padre ed io ti abbiamo cercato per tre giorni. Perché ci hai fatto questo?". Mio Dio, ora che parlo a questi amati figli, non posso smettere di lodarti. Tu che ti sei nascosto per farci provare la gioia di trovarti. Oh! Come si potrebbe altrimenti conoscere la dolcezza che un bicchiere di miele mette nell'anima quando abbraccia il suo Tutto? 

24) Ora vedi, ti parlo anche delle Mie gioie, ma non senza motivo metto in relazione e unisco gioie e dolori. Dovreste trarre beneficio come meglio potete da tutto ciò che è accaduto; Dio si nasconde per essere trovato. Alcuni conoscono questa verità, altri pensando a quel terribile dolore di aver perso Gesù, possono fare di tutto per trovarlo. Non dovete rimanere incapaci di agire e scoraggiati. 

25) Tua Madre vorrebbe risparmiarti di affrontare tante cose che restano da dire. In primo luogo, ci sono cose che non sono mai state raccontate e, per questo, non ancora apprezzate. In secondo luogo, conoscendole, dovrete unirvi a Me nella sofferenza e nei pensieri dolorosi. Inoltre, tutto ciò che il mio Gesù vuole, è stato detto senza alcuna opposizione. 

26) Pensi che io abbia trascorso la vita familiare a Nazareth in modo pacifico? Era tranquilla in virtù dell'uniformità con la volontà di Dio. Ma dalle creature, c'erano tanti problemi! 

27) Il nostro modo unico di vivere fu notato, e di conseguenza fummo ridicolizzati pubblicamente. Io ero considerata eccessiva per il solo fatto che ogni volta che Gesù usciva di casa, non riuscivo a contenere le mie lacrime, e Gesù se ne andava spesso. Giuseppe veniva molestato come se fosse uno schiavo di Gesù e di me. Come poteva il mondo capire? Abbiamo abbandonato ogni preoccupazione per Colui che viveva in mezzo a noi, adorato in tutte le sue manifestazioni. 

28) Che figlio amato era quel giovane ragazzo; più bello del mare, più saggio di Salomone e più forte di Sansone. Tutte le madri avrebbero voluto strapparmelo, tanto era il fascino che lo circondava. I piccoli mentecatti mi coprivano di giudizi tranquillizzanti; tuttavia, non risparmiavano le critiche al padre instancabile che pensavano fosse sottomesso alla sua moglie fedele ma gelosa. Tutti riconoscevano la Mia integrità, ma tutti pensavano che fosse una passione comune ed egoista. 

29) Questo, figlioli, è ciò che non si sa. Questo è accaduto in mezzo a un mondo che non poteva vedere o capire, e sua Madre purissima. Gesù ha taciuto, senza incoraggiarMi, perché la Madre di Dio doveva passare attraverso il crogiolo, cioè come una donna tra le tante su cui non si devono risparmiare le opinioni. 

30) Ammira la Sapienza di Dio in queste cose e trova quel senso Divino, che unisce la più grande delle sublimità con le prove che sono più dolorose in relazione a tale sublimità, perché ogni abisso chiama un altro abisso e ogni profondità chiama la sua profondità. 

31) Arrivò l'ora della separazione, l'ora dell'azione di Gesù. Con essa arrivò il temuto giorno della sua partenza da Nazareth. 

32) Gesù mi aveva parlato abbastanza ampiamente della sua missione e dei frutti che avrebbe dato a lui e a tutti. Me l'aveva fatta amare in anticipo. Era dunque necessario che ci separassimo, anche se per poco tempo... Ci salutò, ci baciò e si diresse verso la sua missione di Maestro dell'umanità. Ma la sua partenza non passò inosservata nel piccolo villaggio dove Gesù era tanto amato. 

33) Ci furono dimostrazioni di affetto, di benedizioni e anche se non sapevano davvero quale bene Gesù avrebbe fatto, allo stesso modo una perdita fu prevista da questa gente di poco intelletto ma, in fondo, di cuore generoso. 

34) Ed io, in mezzo a tante manifestazioni, come mi sentivo? Tanto affetto sgorgava in me, ma Lui non ritardava di un minuto la sua partenza. Il mio Gesù sapeva cosa lo aspettava dopo la sua predicazione. Me ne aveva parlato così tante volte e così abbondantemente del tradimento dei farisei e degli altri. E ora lo vedete partire, partire così solo e senza di me per adempiere al suo mandato, senza di me che lo avevo fatto crescere con il calore del mio cuore, senza di me che lo adoravo come nessuno lo avrebbe mai adorato! 

35) Più tardi Lo seguii. Lo trovai quando era circondato da così tanta gente che era impossibile per me vederlo. E Lui, veramente il Figlio di Dio, diede a Sua Madre una risposta sublime come era la Sua saggezza, ma che trafisse questo cuore materno da parte a parte. Sì, l'ho capito completamente, ma questo non mi ha risparmiato le pene. È vero, alla relazione umana Lui contrapponeva quella divina in cui ero inclusa, ma tuttavia, le osservazioni degli altri non mancavano di ferirmi.

36) Al colpo iniziale seguì la gioia di testimoniare la Sua grandezza, di vederLo onorato, venerato e amato dal popolo; così rapidamente anche questa ferita si rimarginò. 

37) Ho percorso le strade con Lui, affascinato dalla Sua conoscenza, confortato dai Suoi insegnamenti, e non mi sono mai stancato di amarLo e ammirarLo. 

38) Poi arrivò il Suo primo attrito con il Sinedrio. Avvenne il miracolo che causò tanto scalpore nella mente degli ebrei, dei loro arroganti sacerdoti. Fu odiato, perseguitato, spiato e tentato. 

E io? Sapevo tutto e da allora, con le mani tese, ho offerto nelle mani del Padre l'olocausto di mio Figlio, la sua resa e la sua morte orribile e ignominiosa. Sapevo già di Giuda; sapevo l'albero da cui sarebbe stato preso il legno per la croce di mio Figlio. 

39) Voi non potete immaginare l'intima tragedia che ho vissuto insieme al Mio Gesù, affinché si compisse la Redenzione. 

40) L'ho detto prima: Corredentrice. Perché questo sia, non sono bastati i soliti dolori. Era necessaria un'unione più intima con la Sua grande sofferenza, affinché tutta l'umanità fosse redenta. Così, andando di città in città con Lui, mi rendevo sempre più conto delle lacrime inconsolabili versate da Mio Figlio in tante notti insonni che trascorreva in preghiera e meditazione. Ogni stato della sua mente fu rivelato e posto davanti a Me, e certamente questo iniziò il mio Calvario e la mia croce. 

41) Così tante considerazioni aumentarono i Miei dolori ogni giorno che ero Sua Madre e la tua! Così tanti peccati, tutti i peccati; così tanto dolore, tutti i dolori; così tante spine, tutte le spine. Gesù non era solo. Lo sapeva e lo sentiva. Era testimone di Sua Madre continuamente in unione con Lui. Ne era afflitto, ancora di più, perché la Mia sofferenza era per Lui la più grande sofferenza. 

42) Figlio mio, Figlio mio adorato, se solo questi bambini sapessero cosa è successo allora tra Te e Me...! 

43) E arrivò l'ora dell'olocausto, dopo la dolcezza della Cena Pasquale. E da quel momento in poi, dovetti ricongiungermi alla folla. Io, che Lo amavo e adoravo in modo unico, dovevo essere lontano da Lui. Capite, oh figli miei? 

44) Sapevo che Giuda stava facendo i suoi passi infidi e non c'era nulla che potessi fare; e sapevo che Gesù aveva versato il Sangue nel Giardino e non c'era nulla che potessi fare per Lui. E poi Lo presero, Lo maltrattarono, Lo insultarono e Lo condannarono con cattiveria. 

45) Non posso dirvi tutto. Vi dirò solo che il Mio Cuore era in subbuglio con un'ansia continua, una sede di continua amarezza e incertezza, un luogo di desolazione, sconforto e afflizione. E le anime che poi si sarebbero perse? E tutti gli atti di simonia e gli scambi sacrileghi? 

46) Oh figli dei Miei dolori! Se oggi vi è concessa la grazia di soffrire per Me, con fervore, benedite Colui che ve l'ha concessa, e senza esitazione, sacrificatevi. 

47) Pensate alla Mia grandezza, Miei amati figli. Vi aiuta pensarci; ma ascoltatemi: non pensate a Me, ma a Lui. Vorrei essere dimenticato, se fosse possibile! Date tutta la vostra compassione a Lui, al mio Gesù, al vostro Gesù, a Gesù, il vostro e il mio amore. 

48) Così, figlioli, il dolore nel Mio Cuore era una spada che trafiggeva continuamente la Mia anima, la Mia vita, da parte a parte. Io lo sentivo, mentre Gesù non lo sentiva. Egli mi ha consolato con la Sua Resurrezione, quando la mia gioia immensa ha improvvisamente guarito tutte le ferite che sanguinavano in me. "Figlio mio", continuavo a ripetere. Perché tanta afflizione? Tua Madre ti è vicina. Non ti basta nemmeno il mio amore? Quante volte ti ho confortato nelle tue afflizioni? E ora, com'è che nemmeno Tua Madre può darti un po' di sollievo? O Padre del mio Gesù, non voglio niente di più di quello che Tu vuoi. Tu lo sai; ma vedi se così tante afflizioni possono avere un po' di sollievo. La Madre di Tuo Figlio Ti chiede questo. 

49) Ed ora sul Calvario ho gridato: "Mio Dio, fa' ritornare in quegli occhi che adoro la luce che hai impresso in essi dal giorno in cui me lo hai dato! Padre Divino, vedi l'orrore di quel santo volto! Non puoi almeno asciugare tanto Sangue? Oh Padre di Mio Figlio, Oh Mia amata sposa, Oh Tu che hai voluto togliermi la tua Umanità! Che quelle braccia, aperte al Cielo e alla Terra siano una preghiera; che siano la supplica per l'accettazione di Lui e di Me! 

50) Vedi, o Dio, a cosa si è ridotto Colui che Tu ami! È Sua Madre che Ti chiede di alleviare tanta tristezza. Dopo poco tempo, rimarrò senza di Lui. Così il mio voto che ho offerto con tutto il cuore nel Tempio sarà interamente adempiuto. Sì, resterò sola, ma alleggerirò il suo dolore senza badare al mio.