domenica 29 marzo 2020

Poiché i mali sono più forti dei rimedi umani, non resta che chiedere la guarigione alla potenza divina.



"Ora vi è ben noto, Venerabili Fratelli, che il tempo presente non è meno calamitoso di quelli più tristi già subiti dalla cristianità. Vediamo infatti perire in moltissimi la fede, che è il principio di tutte le virtù cristiane; vediamo raffreddarsi la carità, e la gioventù degradarsi nei costumi e nelle idee; dovunque si osteggia con violenza e con perfidia la Chiesa di Gesù Cristo (...); e con tracotanza ogni giorno più sfrontata si tenta di scalzare le stesse fondamenta della religione. Dove si sia precipitati e che cosa ancora si vada agitando negli animi è più noto di quanto sia necessario spiegarlo con le parole. 

In questa difficile e miserabile situazione, poiché i mali sono più forti dei rimedi umani, non resta che chiedere la guarigione alla potenza divina. Pertanto ritenemmo opportuno spronare la pietà del popolo cristiano perché implori con nuovo fervore e nuova costanza l’aiuto di Dio onnipotente. Quindi, avvicinandosi il mese di ottobre, che in passato abbiamo già decretato sacro alla Vergine Maria del Rosario, vi esortiamo calorosamente a che quest’anno tutto il mese suddetto venga celebrato con la maggior devozione, pietà e partecipazione possibili. Sappiamo bene che nella materna bontà della Vergine è pronto il rifugio, e siamo certi che le Nostre speranze non sono invano riposte in Lei. Se tante volte Ella ci fu propizia nei fortunosi tempi del cristianesimo, perché temere che non voglia ripetere gli esempi del suo potere e della sua grazia, ove sia umilmente costantemente invocata con preghiere comuni? Anzi, tanto più speriamo che in mirabile modo ci assista, quanto più a lungo volle essere pregata." (...) 

"per meglio rendere Iddio favorevole alle nostre preci e perché Egli, supplicato da più intercessori, porga più rapido e largo soccorso alla sua Chiesa, riteniamo che sia sommamente conveniente che il popolo cristiano si abitui a pregare con singolare devozione e animo fiducioso, insieme alla Vergine Madre di Dio, il suo castissimo sposo San Giuseppe". 
(Leone XIII, enciclica "Quamquam pluries", 15 agosto 1889) 

Voi li riconoscerete dai loro frutti



Gesù ci ricorda: “Voi li riconoscerete dai loro frutti. Si coglie forse uva dalle spine o fichi dai triboli? Così ogni albero buono produce frutti buoni, mentre l'albero cattivo dà frutti cattivi. Non può un albero buono produrre frutti cattivi, né un albero cattivo dar frutti buoni. Ogni albero che non dà buon frutto, vien tagliato e gettato nel fuoco. Voi dunque li riconoscerete dai loro frutti.” (Vangelo di san Matteo, capitolo 7). 

Un prete spretato, massone e apostata, l’ex canonico Roca, varò in Francia un piano infernale.




“Un prete spretato, massone e apostata, l’ex canonic o Roca, varò in Francia un piano infernale. Pubblicò parecchi scritti sovversivi nei quali prospettò e propose un rinnovo della Chiesa Cattolica coi seguenti mezzi: soppressione della veste talare; matrimonio dei preti; revisione dei dogmi in funzione del progresso universale; sconvolgimento della liturgia; l’Eucarestia ridotta a un semplice simbolo della comunione universale; il vecchio papato ed il vecchio sacerdozio abdicante di fronte ai preti dell’avvenire:  

“Il lavoro che stiamo per intraprendere può durare molti anni, forse un secolo. Quello che dobbiamo cercare e aspettare, come i giudei aspettano il Messia, è un Papa secondo i nostri bisogni, per spezzare con lui la roccia sulla quale Dio ha costruito la Sua Chiesa. Noi avremo il mignolo del successore di Pietro coinvolto nel complotto.  Per assicurarci un Papa secondo il nostro cuore, si tratta prima di tutto di formare una generazione degna del regno che noi desideriamo…Fatevi una reputazione di buon cattolico. Questa reputazione darà facile accesso alle nostre dottrine tra il giovane clero. In qualche anno, questo giovane clero, che avrà per forza invaso tutte le funzioni, sarà chiamato a eleggere il Pontefice, e questo Pontefice, come la maggior parte dei suoi contemporanei, sarà necessariamente imbevuto di principii umanitari che noi stiamo per mettere in circolazione. 

Noi dobbiamo riuscire, attraverso dei piccoli mezzi ben graduati, a far trionfare l’idea rivoluzionaria attraverso un Papa. Questo progetto mi è sempre parso d’un calcolo sovrumano”. 

I SEGNI DI DIO



ELIA 

[20]Acab convocò tutti gli Israeliti e radunò i profeti sul monte Carmelo.  
[21]Elia si accostò a tutto il popolo e disse: «Fino a quando zoppicherete con i due piedi? Se il Signore è Dio, seguitelo! Se invece lo è Baal, seguite lui!». Il popolo non gli rispose nulla.  
[22]Elia aggiunse al popolo: «Sono rimasto solo, come profeta del Signore, mentre i profeti di Baal sono quattrocentocinquanta.  
[23]Dateci due giovenchi; essi se ne scelgano uno, lo squartino e lo pongano sulla legna senza appiccarvi il fuoco. Io preparerò l'altro giovenco e lo porrò sulla legna senza appiccarvi il fuoco.  
[24]Voi invocherete il nome del vostro dio e io invocherò quello del Signore. La divinità che risponderà concedendo il fuoco è Dio!». Tutto il popolo rispose: «La proposta è buona!». 
[25]Elia disse ai profeti di Baal: «Sceglietevi il giovenco e cominciate voi perché siete più numerosi. Invocate il nome del vostro Dio, ma senza appiccare il fuoco».  
[26]Quelli presero il giovenco, lo prepararono e invocarono il nome di Baal dal mattino fino a mezzogiorno, gridando: «Baal, rispondici!». Ma non si sentiva un alito, né una risposta. Quelli continuavano a saltare intorno all'altare che avevano eretto.  
[27]Essendo gia' mezzogiorno, Elia cominciò a beffarsi di loro dicendo: «Gridate con voce più alta, perché egli è un dio! Forse è soprappensiero oppure indaffarato o in viaggio; caso mai fosse addormentato, si sveglierà».  
[28]Gridarono a voce più forte e si fecero incisioni, secondo il loro costume, con spade e lance, fino a bagnarsi tutti di sangue.  
[29]Passato il mezzogiorno, quelli ancora agivano da invasati ed era venuto il momento in cui si sogliono offrire i sacrifici, ma non si sentiva alcuna voce né una risposta né un segno di attenzione. 
[30]Elia disse a tutto il popolo: «Avvicinatevi!». Tutti si avvicinarono. Si sistemò di nuovo l'altare del Signore che era stato demolito.  
[31]Elia prese dodici pietre, secondo il numero delle tribù dei discendenti di Giacobbe, al quale il Signore aveva detto: «Israele sarà il tuo nome».  
[32]Con le pietre eresse un altare al Signore; scavò intorno un canaletto, capace di contenere due misure di seme.  
[33]Dispose la legna, squartò il giovenco e lo pose sulla legna.  
[34]Quindi disse: «Riempite quattro brocche d'acqua e versatele sull'olocausto e sulla legna!». Ed essi lo fecero. Egli disse: «Fatelo di nuovo!». Ed essi ripeterono il gesto. Disse ancora: «Per la terza volta!». Lo fecero per la terza volta.  
[35]L'acqua scorreva intorno all'altare; anche il canaletto si riempì d'acqua.  
[36]Al momento dell'offerta si avvicinò il profeta Elia e disse: « Signore, Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, oggi si sappia che tu sei Dio in Israele e che io sono tuo servo e che ho fatto tutte queste cose per tuo comando.  
[37]Rispondimi, Signore, rispondimi e questo popolo sappia che tu sei il Signore Dio e che converti il loro cuore!».  
[38]Cadde il fuoco del Signore e consumò l'olocausto, la legna, le pietre e la cenere, prosciugando l'acqua del canaletto.  
[39]A tal vista, tutti si prostrarono a terra ed esclamarono: «Il Signore è Dio! Il Signore è Dio!».  
[40]Elia disse loro: «Afferrate i profeti di Baal; non ne scappi uno!». Li afferrarono. Elia li fece scendere nel torrente Kison, ove li scannò". 
(1 Re 18,20 seg.) 
Oggigiorno, a causa della dilagante idolatria (maghi, medium ecc.), pochissimi  pensano d'invocare il Signore, in caso di bisogno, come fece Elia affinche', con segni e prodigi, intervenga. Quei pochi vengono poi derisi anche all'interno della Chiesa.  
Quanto descritto dalla Bibbia ci conferma sempre più l'importanza dei segni soprannaturali per dimostrare l'onnipotenza di Dio che accompagna i suoi profeti. Questa dualistica lotta tra il Signore, mediante il profeta Elia, e satana, tramite i suoi "figli spirituali", continuera' fino alla fine del mondo. Tutti siamo chiamati a questa lotta schierandoci, nei fatti, o con Dio, per andare poi in Paradiso, o con satana, per finire all'inferno con lui "E il diavolo, che li aveva sedotti, fu gettato nello stagno di fuoco e di zolfo, dove sono anche la bestia e il falso profeta: saranno tormentati giorno e notte per i secoli dei secoli" (Apocalisse 20,10)- "La Madonna ci mostro' un grande mare di fuoco, che sembrava stare sotto terra. Immersi in quel fuoco, i demoni e le anime, come se fossero braci trasparenti e nere o bronzee, con forma umana che fluttuavano nell'incendio, portate dalle fiamme che uscivano da loro stesse insieme a nuvole di fumo, cadendo da tutte le parti simili al cadere delle scintille nei grandi incendi, senza peso ne' equilibrio, tra grida e gemiti di dolore e disperazione che mettevano orrore e facevano tremare dalla paura. I demoni si riconoscevano dalle forme orribili e riluttanti di animali spaventosi e sconosciuti, ma trasparenti e neri. Questa visione duro' un momento. E grazie alla buona Madre del Cielo, che prima ci aveva prevenuti con la promessa di portarci in Cielo (nella prima apparizione), altrimenti credo che saremmo morti di spavento e di terrore". xxxv 

Anche nella nostra vita quotidiana, quindi, dobbiamo lottare per sconfiggere satana che tenta di dividere le nostre famiglie, che attraverso i mass media xxxvi (in particolare la televisione) propaga le sue eresie, che spinge ad abortire, a commettere adulterio ed a staccarci dalla Parola di Dio, ben sapendo che disubbidendo alla Medesima si disubbidisce a Dio stesso e....si finisce all'inferno come lui (Isaia 14,12-Ezechiele 28,12-Genesi 3,1 seg.)-"Cari figli! Invito ognuno di voi a cominciare a vivere nell'amore di Dio. Cari figli, voi siete pronti a commettere il peccato e a mettervi nelle mani di Satana, senza riflettere. Io invito ciascuno di voi a decidersi coscientemente per Dio e contro Satana. Io sono vostra Madre; perciò desidero condurvi tutti alla santità completa. Desidero che ognuno di voi sia felice qui sulla terra e che ognuno di voi sia con me in cielo. Questo è, cari figli, lo scopo della mia venuta qui e il mio desiderio. 
Grazie per aver risposto alla mia chiamata!". (Messaggio della Madonna - Medjugorje 25.5.1987) 


Altri segni straordinari accompagnano il profeta Elia: 

[41]Elia disse ad Acab: «Su, mangia e bevi, perché sento un rumore di pioggia torrenziale».  
[42]Acab andò a mangiare e a bere. Elia si recò alla cima del Carmelo; gettatosi a terra, pose la faccia tra le proprie ginocchia.  
[43]Quindi disse al suo ragazzo: «Vieni qui, guarda verso il mare». Quegli andò, guardò e disse. «Non c'è nulla!». Elia disse: «Tornaci ancora per sette volte».  
[44]La settima volta riferì: «Ecco, una nuvoletta, come una mano d'uomo, sale dal mare». Elia gli disse: «Và a dire ad Acab: Attacca i cavalli al carro e scendi perché non ti sorprenda la pioggia!».  
[45]Subito il cielo si oscurò per le nubi e per il vento; la pioggia cadde a dirotto. Acab montò sul carro e se ne andò a Izrèel.  
[46]La mano del Signore fu sopra Elia che, cintosi i fianchi, corse davanti ad Acab finché giunse a Izrèel. (1 Re 18,41 seg.) 

Nel Nuovo Testamento si fa riferimento alla potenza della preghiera proprio citando il profeta Elia: " Molto vale la preghiera del giusto fatta con insistenza. Elia era un uomo della nostra stessa natura: prego' intensamente che non piovesse e non piovve sulla terra per tre anni e sei mesi. Poi prego' di nuovo e il cielo diede la pioggia e la terra produsse il suo frutto". (Giacomo 5,16 seg.) 

Ho raccolto numerose testimonianze xxxvii che dimostrano come molte persone, grazie alla preghiera, hanno provato la presenza concreta di Dio e della Madonna nella loro vita individuale o familiare: grazie spirituali e fisiche che dimostrano che:" Gesù Cristo e' lo stesso ieri, oggi e sempre!". (Ebrei 13,8) 

di Arrigo Muscio

sabato 28 marzo 2020

COME SI DEVE ADDESTRARE COLUI CHE SI E' DATO A DIO



L'Imitazione di Cristo 

1.     La vita di colui che si è dato a Dio deve essere rigogliosa di ogni virtù, cosicché, quale egli appare esteriormente alla gente, tale sia anche interiormente. Anzi, e a ragione, di dentro vi deve essere molto più di quanto appare di fuori; giacché noi siamo sotto gli occhi di Dio, e a lui dobbiamo sommo rispetto, ovunque ci troviamo; Dio, dinanzi al quale dobbiamo camminare puri come angeli. Ogni giorno dobbiamo rinnovare il nostro proposito e spronare noi stessi al fervore, come fossimo appena venuti, oggi, alla vita del monastero. Dobbiamo dire: aiutami, Signore Iddio, nel mio buon proposito e nel santo servizio che ti è dovuto; concedimi di ricominciare oggi radicalmente, perché quel che ho fatto fin qui è nulla. Il nostro progresso spirituale procede di pari passo con il nostro proposito. Grande vigilanza occorre per chi vuol avanzare nel bene; ché, se cade spesso colui che ha forti propositi, che cosa sarà di colui che soltanto di rado si propone alcunché, e con poca fermezza? Svariati sono i modi nei quali ci accade di abbandonare il nostro proposito; anche la semplice omissione di un solo esercizio di pietà porta quasi sempre qualche guasto. In verità, la fermezza di proposito dei giusti dipende, più che dalla loro saggezza, dalla grazia di Dio, nel quale essi ripongono la loro fiducia, qualunque meta riescano a raggiungere, giacché l'uomo propone ma chi dispone è Dio, le cui vie noi non conosciamo. Se talvolta, per fare del bene o per essere utili ai fratelli, si omette un abituale esercizio di pietà, esso potrà facilmente essere recuperato più tardi; che se, invece, quasi senza badare, lo si tralascia per malavoglia o negligenza, ciò costituisce già una colpa, e deve essere sentito come una perdita.   
  
2.     Per quanto ci mettiamo tutto l'impegno possibile, sarà facile che abbiamo a cadere ancora, in varie occasioni. Tuttavia dobbiamo fare continuamente qualche proponimento preciso, specialmente in contrapposto a ciò che maggiormente impedisce il nostro profitto spirituale. Cose esterne e cose interiori sono necessarie al nostro progresso spirituale, perciò, le une come le altre, dobbiamo esaminarle attentamente e metterle nel giusto ordine. Se non riesci a stare sempre concentrato in te stesso, raccogliti di tempo in tempo, almeno una volta al giorno, la mattina o la sera: la mattina per fare i tuoi propositi, la sera per esaminare come ti sei comportato, cioè come sei stato, nelle parole, nonché nei pensieri, con i quali forse hai più spesso offeso Dio o il prossimo. Armati, come un soldato, contro le perversità del diavolo. Tieni a freno la gola; così terrai più facilmente a freno ogni altra cattiva tendenza del corpo. Non stare mai senza far nulla: sii occupato sempre, a leggero o a scrivere, a pregare o a meditare, o a fare qualche lavoro utile per tutti. Gli esercizi corporali di ciascuno siano compiuti separatamente; né tutti possono assumersene ugualmente. Se non sono esercizi di tutta la comunità, non devono essere palesati a tutti, giacché ciò che è personale si fa con maggior profitto nel segreto. Tuttavia guarda di non essere tardo alle pratiche comunitarie; più pronto, invece, a quelle tue proprie. Che, compiuto disciplinatamente e interamente il dovere imposto, se avanza tempo, ritornerai a te stesso, come vuole la tua devozione personale. Non è possibile che tutti abbiano a fare il medesimo esercizio, giacché a ciascuno giova qualcosa di particolare. E poi si amano esercizi diversi secondo i momenti: alcuni ci sono più graditi nei giorni di festa, altri nei giorni comuni. Inoltre, nel momento della tentazione e nel momento della pacifica tranquillità, abbiamo bisogno di esercizi ben diversi. Infine quando siamo nella tristezza ci piace pensare a certe cose; ad, invece quando siamo nella Letizia del Signore.   
  
3.     Nelle feste più solenni dobbiamo rinnovare gli esercizi di pietà ed implorare con fervore più grande l'aiuto dei santi. I nostri proponimenti devono andare da una ad altra festività, come se in quel punto dovessimo lasciare questo mondo e giungere alla festa eterna. Per questo, nei periodi di particolare devozione, dobbiamo prepararci con cura, e mantenerci in più grande pietà, attenendoci più rigorosamente ai nostri doveri, quasi stessimo per ricevere da Dio il premio delle nostre fatiche. Che se tale premio sarà rimandato, dobbiamo convincerci che non eravamo pienamente preparati e che non eravamo ancora degni della immensa gloria, che ci sarà rivelata (Rm 8,18) nel tempo stabilito; e dobbiamo fare in modo di prepararci meglio alla morte. "Beato quel servo - dice Luca evangelista - che il padrone, al suo arrivo, avrà trovato sveglio e pronto. In verità vi dico che gli darà da amministrare tutti i suoi beni" (Lc 12,44; cfr. Lc 12,37). 

L'Imitazione di Cristo

PADRE IO HO BISOGNO DI TE!



PADRE IO HO BISOGNO DI TE!
MADRE IO HO BISOGNO DI TE!
GESU' IO HO BISOGNO DI TE!

SPIRITO SANTO IO HO BISOGNO DI TE!

PADRE IO SONO TUO FIGLIO TI PREGO PARLAMI IO HO BISOGNO DI SENTIRE LA TUA VOCE.

MADRE TI PREGO AIUTAMI IO HO BISOGNO DI TE COME UN BAMBINO CHE HA BISOGNO DELLA SUA MAMMA. 
GUIDAMI COME SAI FARE TU.

GESU' TU HAI SACRIFICATO LA TUA VITA PER ME E PER IL MONDO INTERO, TI PREGO AIUTAMI NEL FARE LA VOLONTA' DEL PADRE.

SPIRITO SANTO TI PREGO SII SEMPRE PRESENTE IN ME ANCHE QUANDO CADO NEL PECCATO.
AIUTAMI A RIALZARMI E RAFFORZA LA FEDE IN ME, FA' IN MODO CHE IO SIA PRONTO NELL'ASCOLTO, NEL PORTARE LA PAROLA DEL SIGNORE NEL MONDO E NEL DIFENDERLA.
AMEN

L'INFERNO VISTO DAI SANTI



L'inferno visto da Santa Faustina Kowalska 

Kowalska Elena (Maria Faustina) nacque il 25 marzo 1955 a Glogowiec, in Polonia. Entrò nella Congregazione della B. V. M. della Misericordia. Per ordine del suo Direttore spirituale scrisse il diario personale, che intitolò "La Divina Misericordia nell'anima mia". Morì a 33 anni il 5 ottobre 1938. Anche S. Faustina Kowalska, la confidente dell'Amore misericordioso di Gesù, fece l'esperienza dell'inferno. Ecco come lei racconta l'evento: "Oggi sotto la guida di un angelo, sono stata negli abissi dell'inferno. È un luogo di grandi tormenti per tutta la sua estensione spaventosamente grande. Queste le varie pene che ho visto: la prima pena, quella che costituisce l'inferno, è la perdita di Dio; la seconda, i continui rimorsi di coscienza; la terza, la consapevolezza che quella sorte non cambierà mai; la quarta pena è il fuoco che penetra l'anima, ma non l'annienta; è una pena terribile: è un fuoco puramente spirituale acceso dall'ira di Dio; la quinta pena è l'oscurità continua, un orribile soffocante fetore, e benché sia buio i demoni e le anime dannate si vedono fra di loro e vedono tutto il male degli altri ed il proprio; la sesta pena è la compagnia continua di satana; la settima pena è la tremenda disperazione, l'odio di Dio, le imprecazioni, le maledizioni, le bestemmie. Queste sono pene che tutti i dannati soffrono insieme, ma questa non è la fine dei tormenti. Ci sono tormenti particolari per le varie anime che sono i tormenti dei sensi. Ogni anima con quello che ha peccato viene tormentata in maniera tremenda e indescrivibile. Ci sono delle orribili caverne, voragini di tormenti, dove ogni supplizio si differenzia dall'altro. Sarei morta alla vista di quelle orribili torture, se non mi avesse sostenuta l'onnipotenza di Dio. Il peccatore sappia che col senso col quale pecca verrà torturato per tutta l'eternità ". E aggiunge: "Scrivo questo per ordine di Dio, affinché nessun'anima si giustifichi dicendo che l'inferno non c'è, oppure che nessuno sa come sia. Io, Suor Faustina Kowalska, per ordine di Dio sono stata negli abissi dell'inferno, allo scopo di raccontarlo alle anime e testimoniare che l'inferno c'è. Quello che ho scritto è una debole ombra delle cose che ho visto. Una cosa ho notato e cioè che la maggior parte delle anime che ci sono, sono anime che non credevano che ci fosse l'inferno". Come si presenta, allora, l'inferno nella visione di Sr. Faustina? Eccone le linee essenziali: 

a) L'inferno è un luogo di grandi tormenti per tutta la sua estensione spaventosamente grande. Orribili caverne e voragini di tormenti dove ogni supplizio si differenzia dall'altro.

b) Le pene principali che straziano i dannati sono sette: La perdita di Dio: è la cosiddetta pena del danno, quella che costituisce veramente l'inferno; I continui rimorsi di coscienza. I dannati saranno torturati dal ricordo dei peccati commessi; dal ricordo dei tanti aiuti ricevuti e non accettati. Avrebbero potuto salvarsi così facilmente e invece... 
La consapevolezza che tale stato spaventoso non cambierà mai. La tremenda disperazione con l'odio contro Dio e le bestemmie e le imprecazioni. Essi saranno sempre lontani da Dio e nel fuoco. Non usciranno più da quel carcere di disperazione e di morte. Il fuoco: è la pena che riassume tutte le pene che vanno sotto il nome di "pena del senso", quel fuoco puramente spirituale, acceso dall'ira di Dio che penetra l'anima senza annientarla. Con il fuoco l'oscurità continua con un orribile fetore soffocante, la compagnia continua di satana. 

c) Queste sono pene che tutti i dannati soffrono, ma non è questa la fine dei tormenti. Ci sono tormenti particolari per le varie anime che sono i tormenti dei sensi. Ogni anima con quello che ha peccato viene tormentata in maniera tremenda e indescrivibile. Ci sono delle orribili caverne, voragini di tormenti, dove ogni supplizio si differenzia dall'altro. E qui Sr. Faustina aggiunge: quanto rivelato e scritto sull'inferno è solo una pallida ombra della realtà. 

Padre Antonio Maria Di Monda

I Dieci Comandamenti



Alla luce delle Rivelazioni a Maria Valtorta


Il Quinto Comandamento: “Non uccidere”. 


5.5.1 Perdono sempre a chi si pente, ma rigorosa giustizia all’impenitente e a chi uccide le anime del suo prossimo. 

Oggi un imperante buonismo tende anche a far credere che Dio perdoni sempre e comunque a tutti, indipendentemente dal nostro pentimento. Dio perdona qualunque peccato (avrebbe perdonato persino il Deicidio), ma bisogna che il colpevole riconosca la sua colpa e chieda perdono dal profondo del cuore e poi sia disposto ad espiare il suo peccato o su questa terra o nel Purgatorio. 
Purtroppo però, specie nell’ultimo secolo appena passato e soprattutto negli ultimi anni del nuovo millennio, ci sono tante persone che si sono dannate e continuano a dannarsi nella disperazione e muoiono accusando Dio di chissà quali colpe. 
A questo proposito è utile leggere e meditare questi lamenti di Gesù che risalgono all’anno 1944 : 

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« […] Ora vi sono troppi che si dannano nella disperazione e muoiono accusandomi. Anche sulla bocca dei bimbi che, oggi, sanno più bestemmiare che pregare, e maledire che sorridere, e sempre più sapranno bestemmiare e maledire, poveri fiori sporcati dal mondo e dal suo re infernale quando il loro non è che un boccio ancora serrato. 
Perché alle vostre troppe, maledizioni non abbia finalmente a rispondere una mia che vi stermini senza darvi tempo di invocarmi più; perché alle troppe, accuse vostre a Me non abbia finalmente a tornare a voi la mia accusa tremenda; perché alle vostre troppe, troppe, troppe disperazioni, frutto naturale della vostra vita di bastardi, non abbia finalmente a corrispondere la mia condanna eterna su voi, miei salvati che calpestare Me e la salvezza che vi ho dato, 85 occorre che vi siano vittime che amano, soffrono, pregano, benedicono, sperano, ma ripeto: soffrano, soffrano, soffrano di quel che fa soffrire i fratelli, le quali vittime purifichino col loro amare, soffrire, pregare, benedire, sperare, i luoghi in cui si va incontro alla Morte, non quella della carne ma dello spirito.». 
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Dice ancora Gesù: 

«Ti ho detto 86 un giorno che in questa odierna tragedia sono già in moto le forze di Satana, il quale ha mandato i suoi angeli neri a muovere i regni della terra l’uno contro l’altro. La Battaglia soprannaturale è già iniziata. Essa è. È dietro alle quinte della piccola battaglia umana. 
Piccola non per vastità di mole, ma per motivo. Non è, non è il piccolo motivo umano l’origine di essa. Non è. È un altro il motivo vero che fa dei fratelli tante belve omicide che a vicenda si mordono e uccidono. 
Vi battete coi vostri corpi. Ma in realtà sono le anime quelle che si battono. Vi battete per l’ordine di quattro o cinque potenti. Credete sia così. No. Uno è l’esecutore di questa rovina. Uno che è sulla terra, perché voi lo volete, ma non è di questa terra. Satana è che conduce i fili di questa carneficina in cui sono più le anime che muoiono che non i corpi. 
Questa è una delle battaglie iniziali. Il regno dell’Anticristo ha bisogno di un cemento fatto di sangue e di odio per consolidarsi.  
E voi, che non sapete più amare, lo servite a dovere e vi scannate a vicenda, e maledite chi non ha colpa di questo vostro male: Iddio, il quale lotta coi suoi angeli per tutelare quanto è suo: la Fede nel cuore dei cristiani, la Bontà nel cuore dei buoni. 
Non sono Io che faccio la selezione, per ora. Siete voi che vi selezionate, spontaneamente.  
Coloro che nonostante l’orrore sanno capire che Dio è sempre Dio, ossia Bontà e Giustizia, e che la salvezza è nel seguire la Legge di Dio, si separano da coloro che negano queste verità. I primi ascendono incontro alla Luce, gli altri precipitano verso le Tenebre. 
Veramente Satana tende, coi suoi demoni, di dare una seconda scalata al Cielo. Ma respinto dal mio arcangelo precipita sulla terra per vincere Dio attraverso il cuore dei suoi figli.  
Poiché ogni anima che si perde è una sconfitta per Dio.  
E ci riesce Satana facilmente perché il cuore degli uomini non ha più fiamma di spirito. Non ha più vita di spirito.  
È un nodo di peccato in cui prospera la triplice lussuria che uccide lo spirito. […]» 
>>> 

a cura del Team Neval 

Riflessioni di Giovanna Busolini  


LAMENTI DIVINI PAROLE DI GESU’ AI SUOI SACERDOTI



LA VERGINE MADRE

"Beati i puri di cuore", dissi un giorno sulla terra. Ma il mondo, mio nemico, non vuol saperne: si arrotola nel fango e si accanisce contro tutto ciò che sa di purezza.
Menti malsane, oggi più che in altri tempi, hanno preso di mira la purezza verginale di mia Madre, mettendola al livello delle altre donne.
Quale insulto per la Regina del Cielo e quale dolore per me! Anche il mio Padre Putativo, il castissimo Giuseppe, è toccato da questa diabolica ondata di fango.
Mia Madre fu purissima prima del parto. Il profeta Isaia preannunciò, secoli prima, che Io sarei nato da una Vergine.
Fu purissima dopo il parto e lo testimonia la Tradizione autentica della Chiesa, confermata dalla sana Cristianità, dai Concili e dal Magistero dei Papi.
Lo testimonia anche e specialmente la risposta data a Gabriele che le aveva annunciato la sua prossima maternità: "Come avverrà ciò, poiché non conosco uomo?". Il che significa che non intendeva conoscerne, perché se avesse voluto vivere la vita comune delle altre donne, non avrebbe dato all'Angelo quella risposta, ma avrebbe detto senz'altro: "Accetto di divenire madre". Fu purissima la Madre mia, Terreno eletto e preparato per far germogliare me, Giglio delle valli. Dava il latte a me, Uomo-Dio; era ininterrottamente in intimità con il Re della gloria e i suoi pensieri erano sempre rivolti al Cielo e non alla terra.
Gli Angeli aleggiavano sulla casa di Nazareth, adorando me e benedicendo la Madre di un Dio fatto Uomo, scelta dalla Santissima Trinità per essere la Regina dei vergini e la Vergine per eccellenza.
Se nel mondo ho schiere di anime vergini, che si sono legate a me con voto, anime che pur con le conseguenze del peccato originale sono angeli in carne, perché dubitare della perenne verginità della Madre mia che fu esente dalla colpa originale. Capolavoro dell'onnipotenza di Dio, arricchita da un oceano di grazia, Creatura eccellentissima da eclissare le virtù delle anime più elette, Faro luminoso dell'umanità, risplendente più che il sole nel firmamento?
La Vergine Madre fu sempre Giglio candidissimo, profumato per inebriare me e la Corte Celeste.
Si ascolti, in proposito, il suo Sposo Giuseppe.

Don Enzo Boninsegna


LE SETTE ARMI SPIRITUALI



Santa Caterina da Bologna 

L'Ostia sacramentale 

Ecco un'altra eccellente grazia concessa da Dio alla religiosa che subì l'apparizione del nemico in forma di crocifisso; e ve la narrerò in tutta verità, a lode di Cristo e argomentazione della nostra fede.  

La religiosa, per più tempo, fu anche fortemente tentata di infedeltà al Sacramento di Cristo, cioè mise in dubbio la consacrazione dell'Ostia. Il dubbio divenne il suo tormento e nemmeno con la confessione riuscì a porvi rimedio; per questo, con grande pena e amaro pianto, non faceva che invocare Dio, quasi continuamente. Più si avvicinava il momento della Comunione e più la tentazione si faceva forte, fino a toglierle il senso di devozione quando si comunicava; e la insensibilità, a sua volta, favoriva la violenza della tentazione. Ricordo di un giorno, mentre nella chiesa di questo monastero stava in ginocchio fra le altre sorelle, come si usa dopo la Comunione, in cui le era cresciuta tanto la tentazione che, quasi ebbra di dolore, si sentiva trascinata al consenso; e nel resistere sul punto di cedere, ora si alzava in piedi e ora tornava a genuflettersi senza avvedersene, tanto era afflitto il suo cuore.  

Ma la bontà divina, se permette la battaglia e la pena, prepara anche la vittoria e il refrigerio. Così, una mattina presto, mentre pregava nella stessa chiesa, Iddio visitò la sua mente e parlò al suo intelletto, per illuminarla sul mistero dell'Ostia consacrata e su tutto ciò che concerne la fede nel medesimo Sacramento: le diede aperta conoscenza della vera presenza di tutta la divinità e di tutta l'umanità di Dio nell'Ostia consacrata dal sacerdote e le mostrò come e in quale modo è possibile che, sotto quella poca specie di pane, sia tutto Dio e tutto uomo; ragionò con lei sui dubbi che la stavano tormentando e su quelli che potesse avere nell'avvenire e li rimosse dalla sua mente, assolvendoli tutti con esempi belli e naturali. Inoltre, le mostrò la totale validità della grazia sacramentale della Comunione, anche se ricevuta senza devozione e per quanto lo spirito sia tentato nella fede o in altre virtù, purché sia accolta con retta coscienza e senza consenso alla contraddizione; anzi, comunicarsi sopportando con pazienza la tempesta dello spirito, è merito maggiore che accostarsi al Sacramento in dolcezza e soavità. Le mostrò, anche, come e in che modo il Figlio di Dio, Cristo Gesù, fosse incarnato per opera dello Spirito Santo e nato dalla Vergine Maria, senza il corrompimento della sua sacratissima e purissima verginità. E, infine, le diede chiara dimostrazione, conoscenza e intendimento della altissima Trinità e di molte altre notabili cose, che tralascio per impotenza e poca memoria.  

Tutto le fu rivelato nella stessa mattina; con quel mezzo, la sua anima fu liberata dalla tentazione e lei rimase in tanta consolazione, che le sembrò di non essere mai stata sottoposta a così grande pena. Ma non basta: dopo la grazia, la prima volta che si comunicò, appena ricevuta l'Ostia consacrata in bocca, sentì e gustò la soavità della purissima carne dell'Agnello immacolato Cristo Gesù; e quel sentire e quel gusto furono di tanto dolce e soave sapore, che non esiste figura retorica sufficiente a fari o intendere; ma essa veramente poté esclamare: - Il mio cuore e la mia carne esultano nel Dio vivente. - e l'anima sua rimanere indicibilmente consolata, e la mente tanto più radicata nella santa fede del Sacramento, che, se tutte le creature le avessero predicato il contrario, non l'avrebbero mossa dalla sua convinzione. Così, la tristezza che l'aveva afflitta si convertì in gioia, tanto che, per nessun motivo, avrebbe desiderato di non essere stata tentata, nel considerare la utilità e la consolazione che ne aveva ricevuto. Dice assai, bene l'apostolo Paolo: «Se noi saremo stati partecipi della Passione, lo saremo anche delle consolazioni.»  

Dopo quei fatti, le rimase un forte e indeficiente desiderio di comunicarsi spesso e provava grande pena e dolore se non lo poteva fare; ma la sollecitudine della divina Provvidenza non trascura i legittimi moti dello spirito: così, una volta, mentre lei, per l'impossibilità di comunicarsi, stava in tanto soave pianto che dai suoi occhi parevano uscire due abbondantissimi rivoli d'acqua, si sentì, in quella ora, veramente comunicata nell'anima dalla bontà divina, in modo indicibile e incomprensibile. A lode di Cristo e conforto delle novelle piante, non ancora ferme e salde nella conoscenza di tanto ineffabile e incomprensibile Sacramento, a causa della nostra mortale ignoranza, incapace di comprendere i misteri divini. Perciò, dilettissime sorelle, se, per divina dispensa, qualcuna di voi fosse molestata di infedeltà al Sacramento dell'Ostia, purché non acconsenta, non tema; anzi, con fiducia riceva il nostro Signore Gesù Cristo, che si degna di venire a noi con amore infinito.

O incomprensibile e somma profondità della umiltà di Cristo! Egli non solo si abbassò a prendere la nostra infima e fragile natura, facendosi obbediente fino a ricevere la morte, ma ancora nel presente, e finché durerà il mondo, si sottopone alla obbedienza col discendere quotidianamente alle sacre parole da lui stesso ordinate, quantunque proferite da uomini e, perciò, soggetti alla colpa. E poiché i sacerdoti, per tale e così eccellente officio, devono essere in tutto santi e puri, non vi stancate, dilettissime sorelle, di pregare Dio per essi, affinché si degni di santificare tutti i loro sentimenti e, con l'aiuto divino, possano più degnamente adempiere a tanto inconsiderabile Sacramento e santamente trattare il Corpo di Cristo, agnello immacolato e mansuetissimo sposo vostro e di tutte le anime caste e verginali.  

Carissime, non vi appaia stretta la via della umile obbedienza, se il vero maestro, Cristo Gesù, incessantemente ne dà esempio all'atto della consacrazione, col donarsi in cibo spirituale all'anima ancora pellegrina, sotto le specie di pane. Perciò

O anima gentile 
non tejare tanto vile 
che non prendi Quello 
che a ti vale venire 
veggendo sua bontade 
esser tanto cortese 
che de sua deitade 
te neja larghe spese. 
Or curriti peccaturi 
e più non indugiati 
ch'El s'è fatto cibo 
perché lo prendiati. 
Oimé de quanto errore 
è pieno el care umano 
che da tanto cibo 
pure vale star luntano . 

Dilettissime sorelle mie, guardate bene che il nemico non vi induca a privare le vostre anime, sotto l'apparenza della umiltà, di tanto merito quanto ve n'è nel cumunicarsi, quando potete farlo lecitamente.  

Desidero anche pregarvi quanto più posso - e non solo voi, ma tutte quelle che verranno dopo di voi - di volere sempre conservare e migliorare, con tutto il vostro impegno, il nome del luogo ove siete state chiamate al cospetto di Dio, per l'osservanza alla santa vita, e al cospetto del popolo cristiano, per buon esempio di perseveranza nell'operare il bene: di volere sempre mantenere e difendere la vostra buona fama, non per ambizione di essa, bensì a lode e gloria del sacratissimo Corpo di Gesù, in onore del quale la venerabile donna Madonna Bernardina fondò questo monastero, e in memoria della visitazione della diletta madre di Cristo, Vergine Maria.  

Chi avrà tanto ardire da presumere di violare l'onore e la buona fama della chiesa di tanto Figlio e di tanta Madre? Orsù, carissime, con diligente studio siate buone guardiane e conservatrici della vostra santità, davanti a Dio e agli uomini. A lode di Cristo e salute di tutti i suoi membri. Amen.

Illuminata Bembo 

La battaglia continua



LA LINGUA LATINA

L’abbandono della lingua latina, come lingua della Chiesa, avvenne il 30 novembre 1969, quando ebbe inizio - obbligatorio! - l’uso del “Missale Romanum Novi Ordinis”; da allora cessò, praticamente, di esistere in tutti i Riti della Liturgia, cominciando dal rito stesso della santa Messa.
L’enciclica “Mediator Dei” di Pio XII ne aveva già parlato, denunciando le gravissime conseguenze dell’abbandono della lingua latina in Liturgia, ma il Vaticano II, con deliberato proposito, le ignorò, sapendo bene dove si doveva arrivare.
Ecco cosa scrisse Pio XII nella sua “Mediator Dei”:

«... È severamente da riprovarsi il temerario ardimento di coloro che, di proposito, introducono nuove consuetudini liturgiche».
«Così, non senza grande dolore, sappiamo che accade non soltanto in cose di poca, ma anche di gravissima importanza. Non manca, difatti, chi usa la lingua volgare nella celebrazione del Sacrificio Eucaristico; chi trasferisce ad altri tempi, feste fissate già per ponderate ragioni...».
«L’uso della lingua latina, come vige nella gran parte della Chiesa, è un chiaro e nobile segno di unità e un efficace antidoto ad ogni corruttela della pura dottrina...».

Anche nella sua “Allocuzione al Congresso Internazionale di Liturgia Pastorale” aveva detto:

«Da parte della Chiesa, la liturgia attuale esige una preoccupazione di progresso, ma anche di conservazione e di difesa;.. crea del nuovo nelle cerimonie stesse, nell’uso della lingua volgare, nel canto popolare... Sarebbe, tuttavia, superfluo ricordare, ancora una volta, che la Chiesa ha serie ragioni per conservare fermamente, nel rito latino, l’obbligo incondizionato, per il Sacerdote Celebrante, di usare la lingua latina, come pure di esigere, quando il canto gregoriano accompagna il Santo Sacrificio, che questo si faccia nella lingua della Chiesa...».

Ma il Vaticano II fu di parere diverso. Il problema della lingua latina fu deciso con l’art. 36 della “Commissione Liturgica”, mediante quattro paragrafi, i due ultimi dei quali distruggono ciò che il primo aveva garantito, impegnando la parola solenne del Concilio! Ecco il contenuto dell’intero capitolo 36:

1) “l’uso della lingua latina sia conservato nei riti...”;
2) “... si possa concedere l’uso della lingua volgare in alcune preghiere, in alcuni canti, ... ecc.”;
3) le forme e le misure erano lasciate alla discrezione e decisione delle Autorità ecclesiastiche territoriali;
4) ma finisce con annullare, praticamente, tutto!..

Il testo della prima “Instructio, art. 57: Inter Oecum. Concilii”, dichiarava che la competente Autorità territoriale poteva introdurre il volgare in tutte le parti della Messa (escluso il Canone). Ma, ad avvilire anche il Canone ci pensò un’altra “Instructio”, la “Tres abhinc annos” con l’art. 28,
in cui si legge:

«la competente Autorità ecclesiastica territoriale, osservando quanto prescrive l’art. 36, par. 3° e 4° della Costituzione Liturgica, può stabilire che la lingua parlata possa usarsi anche nel Canone della Messa...».

Quindi, con l’art. 57 della “Inter Oecum. Conc.”, la competente Autorità territoriale poteva chiedere al Papa la facoltà di “violare” i confini segnati dall’art. 36 della Costituzione Liturgica! Una “violazione” che, de facto, si considerava “una corretta esecuzione della legge”!.. La “tres abhinc annos”, invece, saltò lo steccato allegramente, come si espresse, infatti, con un linguaggio da caserma, Mons. Antonelli, il 20 febbraio 1968:

«Con la recita del Canone in lingua italiana, decisa dalla Conferenza Episcopale Italiana... l’ultimo baluardo della Messa in latino... viene a crollare».

Così, mentre la lingua araba è tuttora il veicolo dell’islamizzazione che tiene uniti i musulmani nella loro fede e li spinge contro i cristiani d’ogni paese, al contrario, la soppressione della lingua latina nella Chiesa cattolica fu il “delitto perfetto” di Paolo VI col quale infranse l’unione di tutto il popolo cristiano proprio nella loro unica vera Fede! I modernisti, così, poterono benedire il Vaticano II per aver ottenuto questo, e in maniera “ch’era follìa sperar”! (Manzoni).
Con questo ennesimo atto fraudolento, Paolo VI veniva a “canonizzare” le istanze ereticali del Conciliabolo di Pistoia, condannate da Pio VI con la Bolla “Auctorem fidei”, e da Pio XII con la “Mediator Dei”!..
Il “MODERNISMO”, con Paolo VI, era salito al potere, nonostante che la Tradizione e il Diritto canonico fossero contro la riforma liturgica. Difatti, la “Costituzione Liturgica” conteneva obblighi e impegni solenni:

1) L’uso della lingua latina nei Riti Latini, rimane la norma, non la eccezione (Art. 36, paragrafo 1°);
2) L’art. 54, comma 2°, vuole che i sacerdoti abbiano a “provvedere” (“provideatur”) che i fedeli sappiano cantare e recitare, anche in lingua latina, le parti dello “Ordinario”.
3) L’art. 114 fa obbligo, anche ai Vescovi, di conservare il patrimonio della musica sacra tradizionale, e di tenere fiorenti le “scholae cantorum” per la esecuzione di quella musica della Tradizione.
4) L’art. 116 fa obbligo “di dare la preminenza” al canto gregoriano.

Quindi, ogni singola legge esecutiva delle Conferenza Episcopali doveva essere eseguita - per obbligo “sub gravi”! - da ogni Autorità a tutti i livelli; un obbligo che avevano assunto con “giuramento”, indicato da Paolo VI in data 4 dicembre 1963, quando firmò la “Costituzione Liturgica”, scrivendo: “In Spiritu Sancto approbamus” - “omnia et singula, quae in hac costitutione Constituzione edicta sunt”. Quindi, furono illegittime le disposizioni arbitrarie della Conferenza Episcopale, come quella dell’uso volgare nella Messa, appunto perché tale facoltà era negata dal testo del par. 3 dell’art. 36:

«spetta alla competente autorità ecclesiastica territoriale... decidere circa la “ammissione” (quindi, non circa l’obbligo!)la “estensione” (ma solo come concessione, non “obbligo” di adottarla!) della lingua volgare».

A render più manifesto l’abuso di potere da parte dell’Episcopato del Vaticano II, ci sarebbe il Canone 9 della Sessione XXII del Concilio di Trento che dice:

«Si quis dixerit lingua tantum vulgari celebrari debet... anathema sit!».

Ora, questa “scomunica” non fu mai abrogata, né lo poteva essere, in quanto l’uso della lingua latina, da parte del sacerdote celebrante, è obbligatorio per evitare un sicuro pericolo di corruzione della dottrina sul mistero del Sacrificio Eucaristico1.

È certo, ormai, che il testo dell’Offertorio e delle tre Preci Eucaristiche dei Canoni, aggiunti al Canone Romano Antico, è infetto di formule che si possono dire “eretiche”.
Ad esempio: la formula, in lingua italiana, della Consacrazione della specie del vino nel Calice - ove la traduzione è a doppio titolo - si legge: “Qui pro vobis, et pro multis, effundetur” (tempo futuro semplice, forma passiva = a: “sarà sparso”), la CEI, invece, ha fatto tradurre: “È il Sangue... sparso (participio passato) per voi e per tutti”.
Ora, questa traduzione della CEI del “pro multis effundetur” in “sparso... per tutti”, è un’offesa all’intelligenza dei preti - che dovrebbero sapere anche di “latino”! - ma, soprattutto, è un’offesa a Cristo che, “pridie cum pateretur”
(cioè, quando istituì il sacrificio della Messa) non poteva dire:
“Prendete e bevete, questo è il Mio Sangue, sparso per voi”, perché era ancora da spargere!
Quid dicendum, allora?.. Come non porsi il gravissimo problema di coscienza che ne è scaturito? Papa Innocenzo XI, condannando 65 proposizioni contenenti altrettanti “errori” di morale lassa, stabilì anche il principio - obbligante la coscienza “sub gravi”! - che non è lecito seguire un’opinione solamente probabile, bensì è necessario seguire la sentenza più sicura quando si tratta della validità dei Sacramenti. Ora, la Messa contiene il problema dogmatico della Consacrazione! Come non porsi anche questo problema della “traduzione” dal latino in italiano (e nelle altre lingue volgari), tanto più che l’art. 40 della Instructio “Inter Oecum. Concilii” dice chiaramente:

«Le traduzioni dei testi liturgici si facciano sul testo Liturgico Latino»!..

Ci riempie di stupore anche il modo in cui fu tradotto, e poi imposto dalle Conferenze Episcopali di recitare in volgare, durante la Consacrazione delle sacre specie, anche il testo della formula consacratoria, che, in luogo di “... Corpus meum, quod pro vobis tradetur” (= a: per voi tradito, o consegnato), fu tradotto: “mio Corpo, per voi offerto” (participio passato, che indica solo un ricordo, un “memoriale”, ma che è smentito dal “pridie quam pateretur”, per cui il participio passato non avrebbe senso!).
Peggio ancora nella formula di consacrazione del Calice: In luogo di: “... Sanguinis mei... qui pro vobis et pro multis effundetur”, fu messa la traduzione: “Questo è il Calice del mio Sangue”... poi, viene ripetuta di nuovo la parola:
Sangue, ma che non c’è nel testo latino corrispondente. “È il Sangue... sparso” (participio passato, in luogo del tempo futuro: sarà sparso: “effundetur”), “per voi e per tutti” (in luogo di “per voi e per molti” (del corrispondente testo latino, riconfermato anche dalla Costituzione Apostolica di Paolo VI!).
Anche qui, allora, ci possiamo avvalere del diritto che ci conferisce lo stesso Vaticano II, al cap. 2 della “Declaratio de libertate religiosa”, secondo la quale

«... in materia religiosa, nessuno sia sforzato ad agire contro la sua coscienza, né sia impedito, entro debiti limiti, di agire in conformità ad essa coscienza... privatamente o pubblicamente, in forma individuale o associata...».

Perciò, chi è fedele alla Tradizione, “in rebus maximi momenti”, secondo la legge liturgica pre-conciliare, è certamente dentro i “debiti limiti”, più e meglio di chi sta, al contrario, dentro l’altra linea post-conciliare!

sac. dott. Luigi Villa