giovedì 6 agosto 2020

Regina della Famiglia



Apparizioni a Ghiaie


L'origine delle apparizioni secondo don Luigi  Locatelli 

Alcuni parroci e sacerdoti, vicini alla parrocchia di Ghiaie, si mostrarono fin dall'inizio contrari alle apparizioni. 
Don Luigi Locatelli, parroco di Presezzo (Bergamo),  accusò don Cesare Vitali, parroco di Ghiaie, di essere il principale regista della farsa di Ghiaie, il manipolatore della bambina  Adelaide Roncalli. 
La causa dell'ostilità, penso si possa trovare anche nella storia della costituzione della parrocchia di Ghiaie. 
Il paese è tuttora una frazione del comune di Bonate Sopra  e, in parte, di Presezzo. Anche per la giurisdizione religiosa,  Ghiaie dipendette dalle parrocchie di Bonate Sopra e di Presezzo  fino a che, nel settembre 1921, fu costituito in parrocchia  autonoma, riconosciuta agli effetti civili, dopo molte contestazioni, soltanto col decreto del 29 marzo 1944, registrato alla  Corte dei Conti il 20 maggio 1944. 
Nella difficile situazione che si trascinava dal 1921 e si  concluse il 20 maggio 1944, si inserirono le apparizioni, puro  fatto spirituale, che fu visto come un tentativo maldestro del parroco don Cesare Vitali per dare vita e prestigio alla nuova  parrocchia. Inoltre, egli insinuò che il secondo ciclo delle apparizioni potesse essere tutta una macchinazione dei repubblichini.  A tal proposito, don Felice Murachelli scrive: "Un suo nemico acerrimo fu don Luigi Locatelli — parroco di Presezzo — che tra  le altre cose che sostiene nel suo dossier contro Ghiaie v 'è anche  l'affermazione che il secondo ciclo di apparizioni è stato voluto,  anzi indetto, dai fascisti repubblichini. Tutti sanno, invece, che la  radio e la stampa della Repubblica di Salò attaccarono in modo  violentissimo le apparizioni di Ghiaie; anzi, le autorità politiche  della Repubblica premevano sul vescovo di Bergamo perché  ponesse fine (!) alle apparizioni, nell'intento di evitare (così  dicevano) che gli angloamericani colpissero, bombardando,  quell'enorme folla di fedeli (v. Felix, L'epilogo di Fatima,  Edizioni Toroselle, Esine (Brescia) 1990, p. 22). 
Tutte queste accuse e insinuazioni il parroco di Presezzo le  mise in seguito per iscritto, su richiesta di don Luigi Cortesi. 
Vediamo che cosa scrive il professore di filosofia del seminario di Bergamo: 

"In provincia, l'opposizione più intransigente e serrata ebbe  il suo epicentro nei circoli ecclesiastici di Bonate Sopra e di  Presezzo, paesi confinanti con Ghiaie... Perciò, animato di puro  amore di verità... vivamente li sollecitai di contribuire alla  soluzione del problema, redigendo in uno scritto riservato alla  Curia Vescovile quelle istanze negative che non si peritavano di  diffondere oralmente. L'amico Don Eugenio Mapelli, coadiutore  a Bonate Sopra, pur non avendo mai partecipato alle visioni,  possedeva ampie esperienze dirette dei fatti e della bambina, e  già più volte aveva manifestato anche troppo chiaramente il suo  giudizio. Fu il primo che invitai a stendere con tutta onestà e  libertà scientifica un resoconto delle sue osservazioni.  Finalmente, dopo un mese e mezzo di mie insistenze,  accondiscese, inviandomi il 29 agosto un denso memoriale di 24  punti: esponeva obiezioni tratte dalla storia esterna dei fatti, dal  comportamento di Adelaide e da considerazioni teologiche, ma si  asteneva dal pronunciarsi, poiché terminava: "Ti ho esposto  quanto di importante mi sembrava ti potesse interessare. A te  giudicare". 
Nel frattempo rivolgevo lo stesso invito a Don Giovanni  Paleni, parroco di Bonate Sopra, il quale gentilmente ma recisamente scansò il fastidioso compito, e a Don Luigi Locatelli, parroco di Presezzo, il quale rifiutò, poi, assediato da continue  richieste, tergiversò, e alla fine promise di accontentarmi. Ma in  seguito, avuto sentore del memoriale di Don Mapelli, si ritenne  disimpegnato e mi scrisse così: "Dopo la relazione di Don  Mapelli mi sembra inutile ogni altro scritto in merito alla faccenda delle Ghiaie: e per ciò mi dispenso dall'interloquire..."  (Presezzo, 7 settembre 1944). 
Non gli tenni per buona la ragione addotta, e insistetti. Il  buon parroco alla fine cedette e, il 29 settembre 1944, mi inviava  un'amplissima relazione bipartita, in cui, sviluppando e  sistemando gli appunti di Don Mapelli, intese provare che: "I  fatti di Ghiaie hanno origine dall'ambiente; essi sono privi di  ogni nota di soprannaturalità". 
A prescindere dai particolari, si può dire che la prima parte  e la tesi di una suggestione ambientale, incosciente e frodolenta è  fragile, fondata su lacunosa e inesatta informazione storica di  seconda mano, troppo spesso birichina, mordace e ingiusta, del  resto, completamente sfasata e fuori pista. Più centrate e  resistenti sono le osservazioni storico-teologiche della seconda  parte: le incertezze e le contraddizioni di Adelaide, le predizioni  fallite, l'immutata spiritualità della bimba, l'assenza di fenomeni  straordinari prima, durante e dopo la visione, la mancanza di un  messaggio, di un segreto, di un miracolo, la mancanza di  opposizioni... Non so - un modo come un altro per dire che lo so  bene - in qual modo la relazione si diffuse. Doveva essere  riservata agli esaminatori vescovili; invece, rimaneggiata a più  riprese, per indiscrezione di alcuno, fu tirata in numero  vertiginoso di copie dattiloscritte, che si divulgarono in provincia  e fuori provincia (giunsero anche al Cardinale di Milano)... Si  comprende come essa doveva accelerare il raggelamento degli  entusiasmi in quei molti che ne accolsero i risultati senza saperne criticare i motivi. 
Si voleva dire, dunque, che con queste riserve, l'adesione  delle folle alle apparizioni del Torchio si riduce nei limiti di un  fenomeno puramente umano, spiegabile mediante le ordinarie  categorie psicologiche, e non impone di postulare la verità delle  apparizioni stesse" (v. Luigi Cortesi, Il problema delle apparizioni di Ghiaie, S.E.S.A., Bergamo 1945, pp. 185-187). 
Il Cortesi ci dà in anticipo in sintesi la relazione del Locatelli, che io riporto in parte. La relazione è formata da 17 fogli  dattiloscritti ed è divisa in due parti. 
1.  Egli scrive: 
"I fatti delle Ghiaie hanno origine dall'ambiente. 
Durante i mesi di gennaio e febbraio 1944, è stato rappresentato nel teatrino dell'oratorio femminile delle Ghiaie il  dramma: La Madonna di Fatima. 
La rappresentazione ripetuta parecchie volte, sia per il  soggetto che per la messinscena, la musica, ecc., ha colpito fortemente il pubblico formato di giovani ragazze; tennero dietro  letture, conferenze e prediche sino al mese di maggio ed è naturale che tutto questo abbia finito per mettere in agitazione le  fantasie... 
Tutto questo è falso, come vedremo in seguito. 
Egli aggiunge: 
"Nello stesso torno di tempo, una curiosità singolare  avrebbe colpito chiunque fosse entrato nella casa del Signor  Roncalli Enrico, padre dell'Adelaide: le pareti delle stanze da  letto delle sue figliole erano decorate con immagini sacre rappresentanti tutte lo stesso soggetto sacro: la apparizione della  Madonna sia a Lourdes, a Fatima, a Caravaggio, a Desenzano,  ecc... 
Tutto questo apparato scenico religioso non poteva aver  altro scopo e risultato di quello di imprimere nella fantasia e nel  pensiero delle ragazze, dopo quanto avevano visto all'oratorio, il fantasma dell'apparizione... di fatti le fantasie si riscaldarono e  a tempo opportuno partorirono apparizioni e visioni". 
Non è vero che il dramma di Fatima sia stato rappresentato  nel gennaio 1944 e la recita sia stata ripetuta molte volte e le  persone presenti siano state fortemente influenzate da una  semplice rappresentazione di un soggetto religioso che non  aveva nulla di sconvolgente, e con mezzi molto artigianali, a  cominciare dagli attori e attrici, che non erano certo maestri di arte  teatrale. Questo sì è un parto della fantasia del Locatelli. 
Inoltre, a Ghiaie non vi furono letture, conferenze, prediche  sulle apparizioni di Fatima, ma un breve discorso tenuto durante  le funzioni del mese di maggio 1943, al quale Adelaide non  partecipò. 
Candido Maffeis disse: "A quei tempi io stavo sempre in  mezzo ai ragazzi. Di Fatima non si parlava. Neppure le donne più  praticanti la chiesa sapevano nulla, chissà una povera bambina.  Ricordo che il mese di maggio 1943, il parroco lo trascorse,  almeno la maggior parte, spiegando le apparizioni di Fatima. Io  ci capii poco. Se Adelaide fosse venuta in chiesa, credo avrebbe  capito quanto me e forse meno. 
Poi la lettura e la spiegazione del libro era nuova, perché  mai nel paese si era sentito parlare di Fatima" (v. Achille Ballini, 
Una fosca congiura contro la storia, Editrice Ars Graphica, Roma  1954, p. 96). 
Padre Gemelli nella sua relazione scrive: 
"Viene ricordato che la bambina ha assistito ad una rappresentazione scenica delle apparizioni della Madonna di  Fatima, però la rappresentazione scenica non ha esercitato sul-l'  animo della bambina alcun effetto di carattere suggestivo, tanto  che essa criticamente e liberamente giudica le persone che  parteciparono a tale rappresentazione, rilevando incongruenze ed  insufficienze specialmente in confronto con le visioni che essa  afferma di aver avuto". 
La maestra Ermenegilda Poli, di Cene (Bergamo) conoscitrice  degli usi e costumi e soprattutto dell'ambiente della diocesi di  Bergamo di sessant'anni fa, quando non era ancora secolarizzata  com'è oggi, così scrive: 
"Il plico scritto dal parroco di Presezzo don Luigi Locatelli  a quel tempo, contestato da padre Arsuffi, l'ho letto anch'io,  nel 1985. (nello stesso anno lo diede anche a me, dicendo:  voglio che lei lo confuti parola per parola). 
Già nella prima pagina trovo un'accusa: "Le suore del locale Asilo sono state le animatrici di tutta la faccenda". 
Poverine, nel teatrino avevano rappresentato la storia di Fatima per far divertire le ragazze! 
La seconda accusa è contro la famiglia di Enrico Roncalli, sempre in prima pagina". 
La maestra si riferisce alle immagini sacre che erano  appese alle pareti delle stanze della casa di Adelaide e che,  secondo il Locatelli, facevano parte del piano per suscitare nelle  figlie di Enrico Roncalli il fantasma dell'apparizione. 
Ermenegilda Poli continua: 
"Confesso che , appena letto questo brano, esclamai:  "Anche in casa mia le pareti erano ornate di immagini sacre, ma non  mi sono mai sognata, né io, né le mie sorelle, né mio fratello  diventato poi sacerdote, di vedere la Madonna!". (v. La fede della  gente a Bonate, Artigrafica Stella, Vertova (BG) 1994, pp. 219220). 
Il Locatelli continua: 
"La prima che si presenta alla ribalta è la figlia maggiore  Caterina, una ragazzona di 16 anni, la quale allo stabilimento parla  per ben due volte di apparizioni della Madonna, prima alla Carlinga,  poi tra Curno e altro paese. Ma troppo inesperta non regge al  compito e la cosa cade nel ridicolo. Pochi giorni dopo è la volta di  Adelaide. La stessa età, sette anni, l'età dell'innocenza rendeva la cosa  più credibile e ne venne quanto ognuno sa". 
Il Locatelli dove ha appreso la notizia che Caterina, sorella  di Adelaide, ha tentato di fare la parte della veggente? Proprio  lei, che fin dal secondo giorno, si è scagliata contro Adelaide  chiamandola impostora e dicendo che con le sue bugie  disonorava la famiglia. Ho conosciuto la Caterina, non nel 1944,  ma molti anni dopo, quando era Superiora generale delle Suore  Concezioniste e posso assicurare il lettore che non aveva la  stoffa della santona, della bigotta, e tanto meno della bugiarda.  Era una suora di grande fede e di un equilibrio straordinario. Chi  a 16 anni fa questo non ha certo la voglia di entrare nel convento  dopo le apparizioni e partire come missionaria per l'Argentina. 
Il Locatelli prosegue nella sua fantasiosa descrizione: 
"La stessa imbastitura esterna dei fatti delle Ghiaie dimostra una assoluta dipendenza da Fatima; non vi è un elemento  nuovo e caratteristico che li differenzi. Sul principio si incomincia con un gruppetto di bambine ed un ragazzetto: Adelaide,  Severa, Bettina e Candido, rispondenti a Lucia, Giacinta e Francesco. Anche qui apparizioni, visioni, un messaggio, segreti,  miracoli, segni nel sole. In seguito si avverte la difficoltà di far  marciare all'unisono i veggenti e dopo aver fatto loro dei regali  per la loro prestazione di comparse prima e di testimoni dopo, si  procede colla sola Adelaide, che rappresenterà le parti di Lucia,  il personaggio più importante di tutta la storia di Fatima. 
E tanto vero che la conoscenza del fatto della rappresentazione può mettere sulla strada per scoprire le origini e la natura  dei fatti delle Ghiaie che si è cercato ogni modo per tenerlo  nascosto e lo si è impudentemente negato". 

I fatti si svolsero nella più pura linearità e rettitudine. Don  Luigi Cortesi, del parroco di Ghiaie, così scrive: "Fino a  domenica 21 maggio era neutrale, attendeva e, in mancanza di  prove decisive, saggiamente presumeva la spiegazione naturale del fenomeno. A Presezzo, i confratelli gli chie-  devano notizie. Don Cesare, colla sua bonaria vena canzonatoria, non nascose il suo scetticismo, che in quel giorno (18 maggio  n.d.r.), oltreché una precauzione, era anche una convinzione. Lo  manifestò anche troppo, esagerando alcuni aspetti negativi" (v.  Storia dei fatti di Ghiaie, o.c. p. 61). 
È una totale smentita dell'accusa mossa dal Locatelli, e  cioè che Don Vitali fosse il regista della farsa di Ghiaie. È ridicolo parlare di un gruppetto di veggenti, formato da Adelaide,  Severa, Bettina e Candido. Mai questi hanno detto di avere visto  la Madonna. La prima sera nel gruppetto non vi è Candido e lo  troviamo nel secondo giorno, ma non in qualità di veggente, ma  di semplice spettatore, nella seconda visione quando chiede ad  Adelaide di tornare sul luogo dell'apparizione per chiedere alla  Madonna se lui diventerà sacerdote, tutto qui. Quindi Candido  non fu mai né veggente, né comparsa, fu soltanto un testimone  non pagato, ma autentico, e la sua testimonianza autentica è stata  dimostrata tale dal corso che ha avuto la sua vita. 
Quanto alle altre bambine, si sa che non erano andate in  cerca di apparizioni, ma di fiori da portare davanti ad una  immagine della Madonna di Lourdes, non di Fatima. 
Il Locatelli aggiunge che sono stati pagati e tacitati per la  loro prestazione di comparse e di falsi testimoni. È un' altra delle  sue tante calunnie che ha detto contro persone innocenti. 
La sua tesi della dipendenza delle apparizioni di Ghiaie da  Fatima è una ossessione che mostra che non conosceva Fatima e  nemmeno Ghiaie. 
Ghiaie ha la sua caratteristica, il suo messaggio che la rendono unica, anche se ha qualcosa comune con Fatima e con altre  apparizioni. Perciò ritengo perdita di tempo attardarmi nel rilevare le differenze tra le due realtà soprannaturali e quindi  veniamo alla storia vera. 
Il parroco di Ghiaie, preoccupato per lo svolgersi inaspettato degli avvenimenti, il 18 maggio 1944, va a Bergamo e non trovando il vescovo, parla col vicario generale mons. Carrara il  quale lo consiglia di sorvegliare senza troppo esporsi e di attendere liberamente alla crescente cura pastorale. 
Il 20 maggio presenta Adelaide al vescovo. La bambina  impacciata tiene la testa bassa; sollecitata dalla cugina Maria,  finalmente riesce a baciare l'anello del vescovo, il quale le regalò  una piccola corona ed alcune immagini e mentre gli altri  parlavano, andò a sedersi in terra, in mezzo allo studio, ove mise  la corona allargandola ed al centro disponeva le immagini. 
Il vescovo la guardava e ai presenti disse: "Quanto è semplice e spontanea nelle sue cose. Come si fa a non crederle?". 
Adelaide parlò col vescovo, gli disse il segreto che la  Madonna le aveva rivelato per il vescovo stesso. Poi monsignor  Bernareggi disse a don Vitali: "Lasci andare le cose per conto  proprio; lei stia appartato". Il 19 maggio, il parroco, eseguendo  un ordine del vescovo, convocò i signori Gerosa, Verri, Invernizzi di Ghiaie e il cav. Milesi e creò verbalmente una commissione di laici che aveva lo scopo di controllare i pellegrini, aiutarli nelle loro necessità, raccogliere le elemosine e provvedere  per assicurare l'incolumità di Adelaide e dei malati. 

Severino Bortolan

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