martedì 28 aprile 2020

I doni profusi dallo Spirito Santo su PADRE PIO



Piaga sulla spalla destra 

Il 16 giugno 1921, il visitatore apostolico mons. Raffaello Rossi fece un esame estremamente scrupoloso delle stimmate, sulla loro origine e fenomenologia. Al termine egli chiese esplicitamente a Padre Pio se c'erano altre piaghe o "segni simili". Padre Pio rispose categoricamente: "No! Non ne ho mai avuto." Nel suo rapporto finale mons. Rossi riprende il "no" di Padre Pio e scrive: "Padre Pio mi ha assicurato che sulla sua persona non ci sono altre piaghe." (Francesco Castelli, Padre Pio Under Investigation. The secret Vatican Files, Ignatius Press, San Francisco, 2011,  pag. 58) 

Padre Marcellino Iasenzaniro: "Si scrive che P. Pio, oltre alle stimmate che conosciamo, avesse una piaga o stigma alla spalla destra. Ciò non appare nell'epistolario." (P. Marcellino Iasenzaniro, Padre Pio profilo di un santo, II Volume; Carità e prove, sostenute nella speranza, Edizioni Padre Pio, San Giovanni Rotondo, 2010, pag. 268, nota 70) 

Giovanni Paolo II nel 1947, quando era ancora un semplice sacerdote che studiava a Roma per frequentare gli atenei pontifici, andò in pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo e si incontrò con Padre Pio. Sapendo che il santo frate aveva le stimmate gli fece la stessa domanda che San Bernardo fece a Gesù. E la risposta fu la stessa: “Era la piaga sulla spalla.” Quel colloquio rimase un segreto. Padre Pio aggiunse che nessuno ne sapeva nulla e che quella piaga non veniva nemmeno curata.  E nulla se ne seppe sino alla morte del santo frate.  Il futuro papa non ne fece parola ad alcuno, salvo al collega che lo accompagnò e che era il futuro cardinale polacco  Andrej Deskur.  Anche il cardinale tacque sino alla morte del papa Giovanni Paolo II. (Castelli, Padre Pio, pag. 57) 

A San Giovanni Rotondo se ne accorsero soltanto anni dopo, quando Fra Modestino fu incaricato di fare l'inventario di tutti gli effetti  personali di Padre Pio contenuti nella cella n° 5, dove il Padre era spirato.  

Fra Modestino scrive: "Un'altra sconcertante scoperta avrei dovuto fare. Quando fu la volta delle maglie, mi venne alla mente che una sera del 1947, davanti alla cella n. 5, Padre Pio mi confidò che uno dei suoi più grandi dolori era quello che provava quando si cambiava la maglia. Io pensavo che questo fosse causato dalla piega sul costato. Il 4 febbraio 1971 però dovetti cambiare opinione allorché' osservando con più attenzione una maglia di lana da lui usata, notai sopra di essa, all'altezza della clavicola destra, una traccia indelebile di sangue. Si trattava del segno evidente di un'ecchimosi circolare di circa dieci centimetri di diametro, all'inizio della spalla destra, vicino alla clavicola. Avevo letto in qualche libro una preghiera in onore della piaga sulla spalla destra di nostro Signore, apertaGli dal legno durissimo della croce che, scoprendoGli tre sacratissime ossa, Gli avevano procurato acerbissimo dolore.  
Se in Padre Pio si erano ripetuti tutti i dolori della passione, non era da escludere che egli avesse sofferto anche quelli provocati dalla piaga alla spalla. Quella lesione aveva determinato un profondo ematoma e una fuoriuscita di liquido ematico sulla spalla destra, con secrezione sierosa. Ecco quindi, sulla maglia un alone sfocato con al centro la macchia scura del sangue assorbito.   

Quella notte prima di addormentarmi pregai Padre Pio di darmi un segno. All'una e cinque un improvviso acuto dolore alla spalla mi fece svegliare. Era come se un coltello mi avesse scarnito la clavicola. Contemporaneamente sentii una voce che diceva: "Così ho sofferto io." Un intenso profumo mi avvolse e riempì tutta la mia cella.”  (Frà Modestino da Pietrelcina, Io...testimone del Padre, Edizioni Padre Pio da Pietrelcina, San Giovanni Rotondo, V edizione, 2001, pag. 83-5)  


San Bernardo di Chiaravalle (1090 - 1153)  

È a San Bernardo che si deve la conoscenza di alcune devozioni popolarmente riconosciute dalla Chiesa Cattolica ancora oggi, ad esempio quelle sulle Piaghe di Gesù. Il dono mistico del Santo gli consentì, oltre che la Vergine, di ricevere rivelazioni anche da Gesù Cristo stesso. Tra tutte, la più famosa è la rivelazione della Piaga incognita della Sacra Spalla di Gesù Cristo aperta dal peso della Croce. Nei suoi scritti, San Bernardo, racconta di aver chiesto nell'orazione a Cristo quale fosse stato il maggior dolore sofferto nel corpo durante la sua passione. Gli fu risposto: 

« Io ebbi una piaga sulla spalla, profonda tre dita, e tre ossa scoperte per portare la croce. Questa piaga mi ha dato maggior pena e dolore più di tutte le altre e dagli uomini non è conosciuta. Ma tu rivelala ai fedeli cristiani e sappi che qualunque grazia che mi chiederanno in virtù di questa piaga, verrà loro concessa; ed a tutti quelli che per amore di Essa mi onoreranno con tre Padre Nostro, Ave e Gloria al giorno, perdonerò i peccati veniali, non ricorderò più i mortali, non morranno di morte subitanea ed in punto di morte saranno visitati dalla Beata Vergine conseguendo ancora grazia e misericordia. » 

San Bernardo ottenne anche la concessione dell'indulgenza da Papa Eugenio III a chiunque avesse propagato e portato sempre con sé l'orazione scritta all'uopo dal Santo. 

G. C.

La profezia del Virus creato in laboratorio (Anguera)









Il Quinto e Sesto Sigillo di Ap 6,9-17


lunedì 27 aprile 2020

Oltre la morte



I Santi e il Purgatorio

Teresa Musco (1943-1976), la stimmatizzata di Caserta, racconta che il 2 novembre 1962, non potendo andare al cimitero come avrebbe desiderato poiché era il giorno dei defunti, pregò dalla sua casa con grande fervore per le anime del purgatorio. Nelle prime ore della sera, mentre continuava a pregare, vide nella sua stanza molte persone. Chiese loro: «Che volete?» Esse la salutarono con molta gioia e le dissero: «Ci hai liberato dal purgatorio con le tue preghiere e veniamo a ringraziarti» poi sparirono splendenti di gioia e di amore.


P. Angel Peña

CRISTO, VITA DELL'ANIMA



IL DISEGNO DIVINO NELLA NOSTRA PREDESTINAZIONE ADOTTIVA IN GESÙ CRISTO  

La ragione umana può dimostrare che esiste un Essere supremo, causa prima di ogni creatura, provvidenza del mondo, rimuneratore sovrano, fine ultimo di tutte le cose. Da questa conoscenza razionale e dalle relazioni, che essa ci manifesta tra le creature e Dio, derivano per noi certi doveri, il cui insieme fonda ciò che si chiama la legge naturale e la cui osservanza costituisce la religione naturale.  
   Ma la nostra ragione, per quanto potente, non ha potuto scoprire nulla, con certezza della vita intima dell'Essere supremo: la vita divina appare infinitamente lontana, in una solitudine impenetrabile: Lucem inhabitat inaccessibilem (1).  
   La rivelazione è venuta a inondarci della sua luce. Essa ci insegna che c'è, in Dio, una ineffabile paternità.  
Dio è padre: è il dogma fondamentale che tutti gli altri presuppongono, dogma magnifico che lascia confusa la ragione, ma rapisce la fede e entusiasma le anime sante.  
Dio è padre. - Dall'eternità, quando non splendeva ancora la luce creata sul mondo, Dio genera un Figlio, al quale comunica la sua natura, le sue perfezioni, la sua beatitudine, la sua vita, poiché generare è comunicare (2) l'essere e la vita (3), (4). La vita è dunque in Dio, vita comunicata dal Padre e ricevuta dal Figlio.  
   Questo Figlio, in tutto simile al Padre, è unico (5), è unico, perché ha (6), col Padre, una stessa e indivisibile natura divina; e tutti e due, benché distinti l'uno dall'altro (in causa delle loro proprietà personali «di essere Padre» e «di essere Figlio»), sono uniti in un vincolo d'amore potente e sostanziale, da cui procede quella terza persona, che la Rivelazione chiama con nome misterioso: lo Spirito Santo.  
   Tale, per quanto può conoscerlo la fede, il segreto della vita intima di Dio; la pienezza e la fecondità di questa vita   è la sorgente della felicità incommensurabile, che possiede l'ineffabile società delle tre persone divine.

Ed ecco che Dio, non per aggiungere qualche cosa alla sua pienezza, ma per arricchire per suo mezzo altri esseri, estenderà, per così dire, la sua paternità. Questa vita divina, così trascendente, che Dio solo ha il diritto di vivere, questa vita eterna, comunicata dal Padre al Figlio unico, e, per loro mezzo, al loro Spirito comune, Dio decreta di chiamare delle creature a dividerla. Per un trasporto d'amore, che ha la sua sorgente nella pienezza dell’Essere e del Bene, che è Dio, questa vita traboccherà dal seno della divinità per raggiungere e beatificare, elevandoli al disopra della loro natura, degli esseri tratti dal nulla. A queste creature pure, Dio dà la qualità e farà sentire il dolce nome di figli. Per natura, Dio non ha che un Figlio; per amore, ne avrà una   moltitudine innumerevole: tale la grazia dell'adozione soprannaturale.  
   
Questo decreto d'amore, effettuato in Adamo fin dall'alba della creazione, poi attraversato dal peccato del capo del genere umano, che trascina tutta la discendenza nella sua disgrazia; questo decreto d'amore sarà restaurato da una invenzione meravigliosa di giustizia e di misericordia, di saggezza e di bontà. Ecco che il Figlio unico, che vive eternamente nel seno del Padre, si unisce ad un dato momento alla natura umana, ma in modo così stretto che questa natura, pur essendo perfetta in sé stessa, appartiene interamente alla persona divina alla quale è unita. La vita divina, comunicata nella sua pienezza a questa umanità, fa di lei l'umanità del Figlio di Dio: è l'opera ammirabile dell'Incarnazione. Possiamo dire con tutta verità che questo uomo, che si chiama Gesù Cristo, è il vero Figlio di Dio.  
   
Ma questo Figlio, che per natura è l'unico del Padre Eterno, compare quaggiù per diventare il primogenito di tutti coloro, che lo riceveranno, dopo essere stati riscattati da lui presentata da Cristo a suo Padre (1), circonderà il trono di Dio, per attingere, alle sorgenti vive una beatitudine senza fine, per esaltare le magnificenze della bontà e della gloria divina. L'unione sarà eternamente consumata e «Dio sarà tutto in tutti».  
  
 Tale è, nelle sue linee generali, il disegno divino. Tale per sommi capi, la parabola che descrive l'opera soprannaturale.  

Beato Dom COLUMBA MARMION

La guerra Europea e le Profezie



Profezia del P. Necton della Compagnia di Gesù fatta verso 1’ anno 1760.

« ... Perirà una moltitudine sterminata, ma i malvagi non prevarranno. Eglino penseranno di distruggere del tutto la Chiesa, ma non ne avranno il tempo, perchè quell’orribile periodo sarà di breve durata. Nel momento, in cui tutto si crederà perduto, sarà tutto salvato. « Durante uno sconvolgimento siffatto, il quale  per quanto sembra  sarà generale e non solo per la Francia, Parigi sarà distrutta. E così, 20 anni dopo, i genitori, passando sulle sue rovine coi figliuoli, per soddisfare alle loro domande, risponderanno :  V’era qui una grande città : Dio la distrusse a cagione dei suoi delitti. Dopo tali spaventosi eventi tutto rientrerà nell’ ordine : giustizia sarà fatta a tutti gli uomini, la contro rivoluzione sarà consumata, ed il trionfo della Chiesa sarà tale che non se ne avrà avuto giammai uno somigliante. I felici cristiani, i quali saranno sopravvissuti alla prima rivoluzione francese, ringrazieranno Dio d’averli preservati per contemplare un trionfo della Chiesa così completo. L’Inghilterra ancora avrà la sua rivoluzione, e sarà la Francia che l’aiuterà a rientrare nella pace. « Allorquando giungeranno questi avvenimenti, tutto sarà sconvolto in sulla terra, e si crederà che Dio abbia interamente abbandonati gli uomini a’ loro sensi riprovati. In una parola il disordine sarà completo. Nel momento della crisi niente altro vi sarà da fare, che rimanere là dove Iddio ci avrà collocati, e pregare nel nostro interno, mentre passa la collera e la giustizia divina ».


(1) In questo periodo rettorico è magnificamente illustrato il trionfo della Chiesa colla conversione degli infedeli, l abiura degli eretici, 1 abbondanza predetta, il gaudio dei veri cattolici e 1 onore che riceveranno.

PREGANDO PER I FRATELLI NELLA D. V: PER RIDARE A DIO LA GLORIA



(tratto dagli Scritti sulla Divina Volontà della Serva di Dio Luisa Piccarreta)


“Le Ore della Passione di N.S.G.C.” 19a Ora

Mio Gesù, i miei pensieri sono una sola cosa con i tuoi; perciò insieme con Te prego, imploro, scuso e riparo innanzi alla Maestà Divina tutto il male commesso dalle creature con la loro intelligenza. Permettimi che prenda le tue spine e la tua stessa intelligenza e che vada con Te da tutte le creature, ad attaccare la tua intelligenza alla loro. Voglio restituire loro l’intelligenza, come Tu la creasti all’origine, con la santità della tua. [Voglio] riordinare con la santità dei tuoi pensieri tutti i pensieri delle creature in Te, e trafiggere con le tue spine tutte le menti delle creature, per restituirti il dominio ed il regime di tutti. O Gesù, Tu solo sii il dominatore di ogni pensiero, di ogni affetto e di tutti i popoli. Reggi Tu solo ogni cosa; solo così la faccia della terra, che fa orrore e spavento, si cambierà.



Volume 18 Ottobre 1, 1925

La Divina Volontà stava nel centro dell’Umanità di Nostro Signore, e chi vive in Essa vive in questo centro.

Stavo secondo il mio solito accompagnando le pene della Passione del mio dolce Gesù, e offrivo la stessa privazione, la tortura che mi cagionava, come attestato del mio doloroso amore, per suo sollievo e compatimento delle sue pene. Ora, mentre ciò facevo, l’amato mio bene ha mosso un braccio nel mio interno, alzando la sua mano destra, facendo scorrere dalle sue dita rivoli di Sangue e di luce sulla povera anima mia che stava appassita e bruciata dal soffio potente della sua privazione e con una mestizia tale, che Gesù stesso Si è scosso ed intenerito, per compassione e volendomi sollevare mi ha detto: “Figlia mia, coraggio, non temere, chi vive nella mia Volontà sta nel centro della mia Umanità, perché la Volontà Divina sta in Me come il sole nella sua sfera, che ad onta che i raggi invadono la terra, non si parte mai dall’alto, dal suo centro, sta sempre circuito nella sua sfera, nel suo maestoso trono, e mentre la sua luce percorre tutto, dominando tutto, tutto le serve di sgabello, aspettando tutti la sua benefica luce. Così si trovava in Me la Volontà Divina, come centro nella sfera della mia Umanità, e dalla mia sfera partiva la luce a tutti e dovunque. Era stato questo il primo atto dell’uomo, respingere la mia Volontà Suprema, conveniva dunque alla mia Umanità fare il primo passo verso di Essa, accentrando in Me come centro di vita questa Volontà Eterna, e per mezzo della mia vita, delle mie opere e pene, portarla di nuovo all’uomo, affinché ritornasse al suo Creatore, mettendosi nell’ordine per cui era stato creato.
Vedi dunque, figlia mia, che l’anima che vive nella mia Volontà sta nel centro della mia Umanità, e tutto ciò che Io feci e patii sta tutto intorno a lei ed in suo aiuto: Se debole, le somministra la mia fortezza; se ombrata, il mio Sangue la lava e l’abbellisce, le mie preghiere la sostengono, le mie braccia la tengono stretta e la coprono con le mie opere; insomma, tutto sta a sua difesa ed aiuto. Perciò, il pensiero delle mie pene è come connaturale in te, perché vivendo nella mia Volontà, esse ti circondano come tante nubi di luce e di grazia. La mia Volontà, nella sfera della mia Umanità, metteva come in via le mie opere, i miei passi, le mie parole, il mio Sangue, le mie piaghe, le mie pene e tutto ciò che Io feci per chiamare l’uomo e dargli gli aiuti e mezzi sufficienti per salvarlo e farlo ritornare di nuovo nel seno della mia Volontà. Se la sola mia Volontà avesse voluto uscire in campo per chiamare l’uomo, si sarebbe spaventato; invece volli chiamarlo con tutto ciò che feci e patii, come tanti adescamenti, spinte ed incoraggiamenti e mezzi per farlo ritornare nelle mie braccia, sicché tutto ciò che Io feci e patii è il portatore dell’uomo a Dio. Ora, chi vive nella mia Volontà, vivendo nel centro della mia Umanità prende tutti i frutti di tutto ciò che Io feci e patii, ed entra nell’ordine della Creazione, e la mia Volontà compisce in lui il pieno scopo per cui fu creato. Altri, poi, che non vivono nella mia Volontà, trovano i mezzi per salvarsi, ma non godono tutti i frutti della Redenzione e Creazione”.
Ora, mentre ciò diceva il mio amabile Gesù, Gli ho detto: “Amor mio, io non so, mi dici che io vivo nella tua Volontà e poi mi lasci? Ah, a che duro martirio mi sottoponi! Come Tu mi lasci tutto per me si cambia, io stessa non mi riconosco più, tutto per me muore: muore la luce, l’amore, il bene. Sei Tu solo che mantieni il battito della vita nella povera anima mia; come Tu parti e mi lasci, così muore tutto. Vedi dunque in che condizioni dure e dolorose mi lasci. Deh! abbi pietà di me e non mi lasciare più, che più non posso” E mentre volevo più dire, il mio Gesù sospirando ha soggiunto: “Figlia mia, taci, non andare più oltre, le tue parole Mi feriscono il Cuore. Oh! come vorrei toglierti dal tuo cuore questo chiodo sì duro che Io ti lascio, di che potessi lasciarti! Lo so pure Io che per chi Mi ama, questo chiodo è insopportabile, fa ammazzare continuamente senza pietà, perciò deponi il pensiero che Io potessi lasciarti. Invece di lasciarti, dovresti essere convinta che Mi addentro più in te, e faccio silenzio nella navicella dell’anima tua; tanto [è] vero, che nulla è spostato in te, i preparativi che c’erano ci sono, tutti stanno nell’ordine; tanto [è] vero, che basta che la mia Volontà lo voglia, do una giratina ai preparativi che ci sono, e sono già da te. E poi, come posso lasciarti? Per chi fa la mia Volontà e vive in Essa, mantiene integri i vincoli della Creazione che ci sono tra Creatore e creature, i vincoli della Redenzione e i vincoli tra il Santificatore e i santificandi. La mia Volontà suggella tutti questi vincoli e me la rende indivisibile da Me, perciò sii sicura che il tuo Gesù non ti lascia”.
Ora, mentre ciò diceva, vedevo come tanti fili di luce legati al mio cuore, che alcuni erano legati a tutte le cose create, altri fili di luce uscivano da tutto ciò che Gesù aveva fatto e patito, altri dai Sacramenti. Sia tutto a gloria di Dio e a bene dell’anima mia e di tutte le anime. Amen.

Preghiamo lo Spirito Santo



Signore che effondi il tuo Spirito  

Dal tuo seno sgorgano i fiumi d'acqua viva, l'effusione dello Spirito,  
La gloria della tua Resurrezione è l'irradiamento dello Spirito Santo che si è impadronito di tutta la tua natura umana,  
E quella della tua Ascensione, consiste nella facoltà che tu possiedi di diffondere lo Spirito Santo nell'universo per farne il tuo Regno.  
Tutto il frutto del tuo sacrificio redentore sta appunto nel dono dello Spirito, che ci conferisce il perdono dei peccati e la grazia della filiazione divina.  
Riempici di questo Spirito per comunicarci tutta la forza della tua santità e del tuo amore.  
Fa' che esso ci penetri fino in fondo per purificarci, spiritualizzarci, infiammarci.  
Per mezzo del tuo Spirito, imprimi nell'anima nostra la tua somiglianza e formaci secondo il tuo modo di pensare;, comunicaci la tua dottrina e facci vivere integralmente secondo il Vangelo.  
Effondi il tuo Spirito con abbondanza, così che siamo avvolti e penetrati interamente dalla tua carità.  

Il Legame del Cielo …. con la Terra



Una soave Poesia

Ciò voglio io dirvi oggi.

     Ora voi pure offrite in sacrificio a Me



“CHE VI HA DONATO UN CUORE SPIRITUALE SENSIBILE”
(14 - Gennaio)
1. Io vi ho donato un cuore nel quale voglio stabilire la Mia dimora, e nel quale Io sono a casa Mia quando i Miei figlioli Me ne fanno sacrificio. Io ho fatto il vostro cuore sensibile per tutto ciò che è buono, vero e nobile. Persino voi uomini riuscite a vincere il cuore, ancorché, molto spesso non nella maniera e nel modo da ridonare a vostro onore, ma pure, di rado, intimamente e con fervore, in tali occasioni il pensiero vostro corre a Me, che sono il Donatore.

2. Voi cantate bensì alla maniera del mondo, ma pure cantate; però, quanto non potrò di più Io, trionfare di un cuore quando esso è devoto a Me, degno di Me, puro, buono, e particolarmente ripieno di buoni sentimenti verso il prossimo?

3. In un tal cuore sono Io che dimoro; tutti i moti dello Spirito partono dal cuore. Io vi guarisco da tutte le infermità del mondo e metto tutte le Mie parole che vi necessitano, nei vostri cuori. Io vi faccio continuamente percepire in esse quanto vi ami. Molte cose ve le dico anticipatamente nel sogno, per la via del cuore. Già al tempo della vostra nascita corporale il vostro cuore è sensibile per ogni cosa buona. Desto colui che prende norma dagli incitamenti spirituali-divini del proprio cuore, che lo nobilita e che con questo cuore nobilitato Mi viene incontro; ma sciagurato colui che pensa di essere da più di altri uomini o da più di Me stesso, il Signore, il Quale ha pure creato anche il suo cuore!

4. Tutte le sventure vengono sul mondo a motivo dei cuori induriti, e con ciò viene aperta la porta al Maligno per la quale egli fa il suo ingresso. Ma quando egli si è stabilito nel cuore, guai, guai allora all’uomo.

5. L’Amore e l’Onnipotenza di Dio hanno tratto Adamo dalla terra. Ma la Vita essi gliel’hanno alitata attraverso le narici, e con ciò hanno donato vita al cuore. Esso incominciò la propria attività, e si diede a battere gioiosamente perché percepiva in sé la Vita, e con ciò l’uomo divenne simile a Dio dal Quale aveva ricevuto la Vita. Ma quanto tempo l’uomo è rimasto soddisfatto della sua somiglianza a Dio? Cosa richiese egli in primo luogo? Egli volle avere un ‘Io’ simile a lui, e Dio gli creò fuor da lui stesso il secondo ‘Io’ richiesto, che fu chiamato la ‘sua donna’.

6. Ebbene, questa coppia si ritrovò essa contenta? Affatto! Essa prestò più orecchio al Maligno, ovvero al serpente, che non a Me che pure avevo donato loro la vita. E non andrebbe diversamente nel Regno dei mille anni, qualora Io non mettessi il Maligno tra i ceppi. Tuttavia è necessario che Io lo lasci sfogare, affinché ogni figliolo, ogni uomo, bisogna che si sfoghi e che si vuoti del suo furore, prima che sia atto a migliorarsi. Quando egli si è sfogato abbastanza, così da essersi infiacchito con ciò da se stesso, appena allora è possibile domarlo lentamente e gradatamente.

7. Non datevi dunque pena, egli non può farvi più niente. Quando il primo assalto è passato, allora anche il suo coraggio si affievolisce e per Me è poi più facile dominarlo. Ma per gli sciagurati che si sono lasciati adescare da lui, non c’è altra via di salvezza che quella di ricominciare la propria vita terrena. Quanti suoi non avrebbero potuto diventare buoni già adesso, purché l’avessero voluto! Ma ora, ricevete la benedizione del Padre vostro, il Quale pensa a voi continuamente. CredeteMi: “Io solo vi salvo”. - Amen.

I GRADI DELLA SUPERBIA



Quella falsa e maledetta persuasione di cui abbiamo detto, è il fondamento di tutto l'eccesso della superbia. Quell'accecamento della mente è il principio degli iniqui desideri della volontà. Tantochè in conseguenza di tali funeste ilIusioni e di tali maledetti errori, l'uomo, confusamente e senza riflessione nè esame, crede di essere qualcosa di grande: è questo un veritiero inganno, perchè se si esaminassero un po' le cose con l'occhio della fede, si riconoscerebbe facilmente la propria illusione; in conseguenza dunque di quella funesta persuasione di essere da sè qualche cosa di grande, e di aver molto valore per proprio merito, si pretende aver diritto ricevere da tutti onore, rispetto e l'odi; questo si ricerca, sia apertamente, sia di nascosto, con ogni mezzo possibile, fino al punto di umiliarsi e disprezzare se stesso per essere onorato.
Il superbo poi se non riceve quell'onore e quella lode che aspetta e vuole, ne resta offeso e rattristato, disprezza quelli che non lo lodano, quasichè non conoscano il suo merito; si innalza sopra di essi per il disprezzo che ne fa e giunge persino alle ingiurie e alle dispute. Chè se non ottiene l'onore e le lodi, egli però crede di meritarle con tutta evidenza; se qualcuno lo loda e lo approva, quegli diventa per lui oggetto di benevolenza e di amore e persino di ammirazione.
Oh follia! Come se gli uomini siano capaci di onorarci! La loro stima quale vantaggio ci procura? Il loro disprezzo che cosa ci toglie? Queste sono cose per noi assolutamente esteriori e debbono esserci indifferenti. Quali giudici possono mai essere gli uomini? Essi sono o ciechi o maligni. Se sono ciechi, non sono capaci di giudicarci; perciò la Scrittura dice: « Gli uomini non vedono che l'esterno, Dio solo vede l'intimo del cuore »); se sono maligni, ci faranno l'elemosina di un po' di adulazione mentre nel loro cuore si burleranno di noi. Gli uomini sono maligni e superbi, quindi l'onore lo vogliono per se medesimi; state certi che se ve ne rendono, è soltanto con malizia, come dice la Scrittura: “L'uomo cattivo si umilia e si abbassa davanti a voi », per costringervi ad amarlo ed onorarlo, per comperare le vostre lodi col tributarvi le sue e per ricevere onore più che non ve ne renda. Il superbo si innalza sempre e fugge il disprezzo; se si abbassa non è che per evitare di essere respinto e confuso e per meritarsi accoglienza e lode.
L'anima, in conseguenza di questa stima, di questa lode e adorazione che desidera si procura, o riceve si fissa e si eleva in se stessa come su di un trono, al disopra di tutti. Vede se stessa come una persona singolare; intermamente considera se stessa come unica nel proprio valore, quindi arriva a credere di essere unica, come Dio. Si immagina di essere sapiente più di tutti o di posseder qualche capacità speciale ed unica.
Da qui nascono i disastri e i maledetti effetti della superbia; perchè prima essa era ancora timida, non aveva ancora che il proposito e il desiderio di stabilirsi nell'anima, non ne aveva ancora possesso nè vi aveva fissato il suo trono e la sua sede; ma appena si sia introdotta nell'anima e vi si sia fortificata, essa incomicia subito a causarvi mali orribili.
Tale fu l'opera del demonio in mezzo agli Angeli nel Cielo, dove fece tre mali spaventevoli; ed è pure il danno che uomini superbi portano nella società umana.
In primo luogo, lo spirito che si è stabilito in              cieca persuasione del suo valore singolare, siede in se medesimo, come il demonio, sul trono di Dio; disprezza Dio e lo bestemmia in se stesso. Perciò il superbo nella Scrittura viene chiamato Bestemmia. Nell'Apocalisse, il demonio porta sulla fronte questa parola. Nel suo disprezzo di Dio il superbo fa ogni sforzo per innalzarsi e mettersi al posto dì Lui.
In tal modo si comporta pure l'inferiore arrogante e superbo, quando abbia lasciato penetrare nel proprio spirito la falsa stima di se medesimo e la persuasione intima e cieca del proprio valore. Benchè si nasconda spesso sotto il manto dell'umiltà, perchè è questa una virtù molto apprezzata e necessaria per godere un po' di stima, non di meno egli si fissa nella persuasione che debba essere onorato: Dimodochè se gli accade di essere disprezzato, .respinto o condannato, si agita, si rivolta, condanna, mormora, dispnezza spodesta nel suo spirito ogni potestà superiore, si mette al disopra di tutti, cerca qualcuno che lo ami e lo stimi, si procura amici e soci che con lui si accompagnano e insieme si innalzano in una comune cospirazione:
Un'anima, in cui sia così radicata la stima di se stessa e la convinzione del proprio valore per la considerazione delle sue virtù esteriori, si costituisce al disopra di tutti; essa giudica di tutto e decide di ogni cosa, ma sempre in proprio favore e a condanna degli altri Segretamente, cerca sempre di regnare su tutti gli uomini, o almeno su di una parte di essi, nulla tralasciando per giungere al compimento dei suoi desideri.
Il secondo male che fece il demonio in Cielo fu di distogliere i suoi fratelli dalla sottomissione a Dio, di formare un bando a parte e così dividere, con la sua rivolta, il regno di Dio, rovinare la comunità celeste e distruggere quell'opera che Dio aveva formato con tanta compiacenza. Così, sia per dispetto contro Dio che sta sempre nel suo posto e sul suo trono divino, sia per la smania di essere onorato ed avere devoti adulatori e adoratori, egli sconvolgeva la società e gli ordinamenti del Cielo.
L'uomo superbo causa il medesimo danno nelle comunità. Egli, sia come nemico della superiorità altrui che lo umilia e condanna il suo modo di comportarsi, sia per amore di adulazione e di lode, ovvero per desiderio di appoggio, di conforto e di consolazione nei suoi disinganni e nelle sue desolazioni, non tralascia mai di suscitare scismi e divisioni; animato da un odio segreto, esso vorrebbe distruggere, se potesse, la bontà dei suoi fratelli, benchè ne dovesse egli stesso venire in esecrazione al cospetto di Dio.
Il terzo male di cui si rese colpevole il demonio fu di disprezzare e -sconvolgere la legge di Dio in Cielo e su la terra. Perchè dopo aver distrutto nei suoi fratelli la religione e l'unione, che sono le due leggi capitali del Cielo, egli discese su la terra e nel Paradiso terrestre, per sconvolgervi di nuovo, con la sua maledetta suggestione, tutta la legge di Dio. Dio aveva detto all'uomo che se mangiava del fratto proibito ne morrebbe, il demonio invece gli disse che se ne mangiasse, non morrebbe punto, ma sarebbe uguale a Dio. Così fanno i superbi in tutta la società; se la prendono infine con la legge e tentano di sconvolgerla e di distruggerla.

IN DIRETTA DALLA CHIESA “SANTA MARIA” DOVE È AVVENUTO IL MIRACOLO EUCARISTICO DI BUENOS AIRES


TESORI DI RACCONTI



Il peccato e la morte di Giuda.  

Un fanciullo faceva i suoi studi in uno dei principali collegi di Francia. Finché la virtuosa sua madre l'ebbe sotto le sue cure, era giunta a preservarlo dagli innumerevoli pericoli di cui è circondata la puerizia. La sola necessità poté indurla a separarsene, tanto più che un tetro e vago presentimento le martellava il cuore. Durante il viaggio nel condurlo al collegio, ella era triste e pensierosa, e le scorrevano dagli occhi le lagrime; si consolava tuttavia sul riflesso, che il figlio era innocente e savio, e cercava di rassicurarsi che tale si sarebbe conservato; ma sventuratamente s'ingannò.  

Tra i molti compagni di collegio, si incontrò il meschino in due fanciulli maliziosi e corrotti, e strinse con questi amicizia. Sortito da natura un temperamento ardente e un cuor sensibile, si lasciò ben presto trascinare dalle loro perfide insinuazioni. Perdette l'innocenza, e, con l'innocenza, la pace, la bella pace dell'anima. Alcuni libri cattivi, che quei perversi compagni gli diedero da leggere, finirono di perderlo.  

Intanto giunsero le vacanze, ed andò a passarle in seno alla famiglia, dove non riportava né il cuore né l'innocenza di prima. I genitori che erano veri cristiani, e volevano che lo fosse anche il figlio già prossimo ai dodici anni, gli parlarono di fare la sua prima Comunione. Per compiacere alla madre il giovane libertino accondiscese a tutto.  

Impara il suo catechismo, finge di voler emendarsi delle abitudini di collera, di menzogna, e di altri vizi contratti; si confessa, ma sacrilegamente col nascondere certi peccati più vergognosi; poi in tale stato ardisce accostarsi alla sacra Mensa, macchiando così l'anima sua di un secondo sacrilegio ancor più orribile.  

I genitori ingannati lo credono in buone disposizioni, e lo rimandano al collegio; ma i superiori e i condiscepoli s'accorsero subito che egli era assai peggiore di prima. Cupo, sgarbato, violento, per un nulla montava sulle furie, insoffribile ai compagni che maltrattava con prepotenza, disubbidiente e contumace coi maestri, era oggetto di continue lagnanze da parte di tutti. La sua svogliatezza nello studio, la sua indocilità e le sue maniere ardite e sprezzanti gli attiravano di frequente dei severi castighi.  

Una volta fra le altre spinse sì oltre la sua impertinenza, che il direttore lo fece rinserrare per qualche ora in una stanza del collegio. Gli vengono dati libri, carta e quanto occorre per fare i suoi doveri, e, giunto il momento di metterlo in libertà, si va alla stanza; prima di aprire si sta in ascolto, ma non si sente verun movimento.  

Si bussa all'uscio; nessuna risposta. È aperta la porta, e si trova lo sgraziato giovine appiccato ad una trave del soffitto. Che costernazione! Si guarda sul tavolino, e in luogo della composizione di scuola, si trova una specie di testamento scritto di sua mano. Ivi stavano espressi i sentimenti d'un'anima empia, sacrilega, disperata.  

Tale fu la fine di quell’infelicissimo giovane, vittima dei cattivi compagni e dei libri perversi, che, avendo peccato come Giuda, fece anche la morte di Giuda.  

DON ANTONIO ZACCARIA 

Santi Martiri del I – II e III Secolo



Dalla Gerarchia Cardinalizia di  Carlo Bartolomeo Piazza 
e dalle Rivelazioni Private della mistica 
 Maria Valtorta 


Le spoglie di S. Pietro. 

Chi pensa dunque che le ossa di San Pietro sono dentro la  Basilica, si sbaglia. Dove esse si trovano non c'è dato ancora di  sapere.  
Ma ecco cosa ci rivela lo stesso San Pietro attraverso la mistica Maria Valtorta37: 
 
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28-6-53.  
S. Pietro 

«Parlo oggi, senza attendere domani, giorno di mia festa,  perché altri oggi mi commemoreranno. 
Parlo per dirti questo. Il mondo è sempre più corrotto, il  comunismo cresce come gigantesco baobab e si estende come  tenaci gramigne e come liane che uccidono le piante buone.   Anche molta parte della Chiesa è decadente, avendo, se non  dimenticato, trascurato ciò che il Divino Maestro e Fondatore  della Chiesa, di cui Egli mi elesse suo primo Pontefice, aveva  insegnato ai suoi successori: noi, apostoli, discepoli, Pontefici e  Sacerdoti.  
Troppo colpevole è tutto, perché la reliquia delle reliquie, la  seconda solo a quelle che sono di G. e M., la maggiore di  quella di tutti i Santi, possa essere esposta, sì, alla venerazione  dei veri cristiani, ma anche al pericolo, sempre più incombente,  di profanazioni e dispersioni da parte degli anticristiani.  
Se il mondo non muterà, specie quella parte di mondo che è  l'Italia, non sorgerà mai l'ora in cui i resti della "Pietra su cui  Cristo edificò la sua Chiesa" verranno tratti, dalle tenebre ove  sono, alla luce del culto, dalla trascuranza, perché io sono celato, all'adorazione dei fedeli. 
Gesù insegnò: "Date e vi sarà dato, e più darete più vi sarà  dato, in maniera strabocchevole".  
Il ritrovamento del vero mio Corpo, la sua traslazione nella  Basilica a me dedicata, vero cuore della Cristianità, per essere  eretta sul luogo dove confessai eroicamente il mio fedele  amore a Cristo, Chiesa Madre di tutte le Chiese cattoliche,  sarebbe veramente dono di grazia strabocchevole.  
Ma per averlo occorre dare vero eroico amore a G., a M.  Ss., alla Chiesa tutta. Rinascere per avere. Accendersi per avere.  Ascendere per avere. Dio da a chi sa meritare il dono. A quelli  soli. A questi, che neppure furono giusti per l'Opera, nulla va  dato». 
Pietro, essendo, anzi apparendo come corpo glorificato, è  molto più bello di quanto non fosse, ma anche molto più triste  di quanto, da vivo, non fosse. 
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E ancora ci dice Gesù in un dettato a Maria Valtorta a riguardo  di dove si troverebbero i resti mortali di Pietro38, che sarebbero  ancora integri e intatti. 
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«Il discepolo non è da più del Maestro. Se per un impossibile  caso il Corpo del Verbo, fattosi Carne per essere Redentore,  non fosse risorto, sarebbe avvenuto di Esso ciò che è avvenuto  del corpo del mio Cefa.  
Una peregrinazione senza pace dovuta all'astio dei nemici, e all'amore o fanatismo degli amici che, per difendere la reliquia del  mio Corpo dalle sacrileghe mani dei nemici di Cristo e della sua  Chiesa, avrebbero dovuto occultare i resti qua e là, sempre più  lontano, sempre più nascosti, a disorientare i nemici  profanatori, né si saprebbe più quanti luoghi avrebbero accolto  le sue ossa. 
Non ha avuto pace il corpo del mio Simon Pietro neppure  dopo la morte. Pace ebbe il suo spirito. La sua spoglia, no. 
Evangelizzando, percorse tanto mondo di allora. Morto,  santificò delle sue spoglie tanto sottosuolo di Roma. 
Ma per tua pace e di quelli che cercano, dico. 
Dall'Ostriano presso la Nomentana all'altro cemeterio presso  la Tiburtina, e poscia a quello sulla Labicana, quante, quante  deposizioni ebbe il mio Pietro! 
Quella zona, dall'Ostriano all'Appia, da questa verso  Preneste, Tibur, Ariccia e Nomento, tutto è una grande  catacomba, fatta delle molte iniziate qua e là, e poscia fusesi in  un'unica, quando, per la ferocia dei persecutori, il suolo di  Roma contenne tanti martiri quanti semi di grano in un vasto  campo. 
Ma coloro che cercano dovrebbero ben sapere, sanno, che vi  è un luogo detto cimitero dei S. Pietro e Marcellino. S. Pietro.  Non meglio identificato per prudenza reverenziale a quelle  sante spoglie, dove ebbe requie il corpo del Primo Pontefice.  Non insistano oltre. Non insistano mai. Io so se dire, quando dire, con giustizia. 
Ma vorrei che più dell'affannosa preoccupazione di ricercare  delle ossa, sante ma sempre ossa, il cuore della mia Chiesa si  sforzasse a ritrovare lo spirito che animava Pietro e a farsene il  suo spirito. Questo sarebbe onorare Pietro e Colui che fece di  Cefa il Principe degli Apostoli, il Pontefice, la Pietra sulla quale  l'incrollabile Chiesa di Cristo si fonda. 
Incrollabile per mio Potere e Volere, ma vorrei lo fosse  anche perché fosse un aureo blocco di perfezione in tutti i suoi  membri successori di Pietro e dei Dodici tutti. Sarebbe un  amarmi di più, secondando il mio Potere e Volere contro gli  elementi disgregatori di Satana e dei satana. 
Tu sta' in pace come un uccellino implume nel nido. Non ti  agitare. Non ti far croce se non puoi dire di più. 
Quelle ossa sono tanto; ma ancora un nulla rispetto  all'essenziale. Per quelli che credono, basta la fede. Per gli  increduli, non servirebbe neppure rivedere Pietro vivente  condotto al martirio sul colle, e da lì trasportato là dove evangelizzava dalla sua cattedra di maestro della fede cristiana.  Per te basti ciò che hai scritto, cooperando con pazienza,  sofferenza, fatica a che gli uomini abbiano una nuova, ampia  conoscenza di Me che li salvi, li salvi, li salvi. 
Puoi leggere questo a chi sai. Ma l'importante per tutti è  possedere lo spirito di Pietro...». 


catacomba. Le più semplici sono quelle che vidi la prima e  seconda volta (la prima è rudimentale affatto). Poi si fanno  sempre più ornate, spaziose ecc. ecc. Ve ne è una che ha sbocco  sull'Appia molto bella. 
Il terzo luogo che, se mi oriente bene ricordando la pianta  topografica odierna mostratami dal R. P. Berti, è all'altezza di S.  Croce in Gerusalemme e S. Giovanni Laterano. Ma è in aperta  campagna, a circa 2 miglia, forse più, dall'antica cerchia di mura  romane. A quei tempi aveva prossima una casa di campagna  (pastori) che credo fosse stata fabbricata in quella zona deserta  per fare un paravento all'entrata della catacomba e forse anche  per alloggiare i sacerdoti senza dare nell'occhio. 
Le ultime catacombe, le più belle, hanno altari chiusi come i  nostri. Penso che nell'urna sotto l'altare fossero corpi di martiri.  Ma non vedo nulla. 
Il loculo senza nome, sempre vicino a quello che porta il  nome di S. Marcellino, è sempre il terzo nella parete destra,  rispetto che [a chi?] guarda l'altare, e presso l'entrata della  galleria. 
Le chiese catacombali erano, rispetto ai 4 punti cardinali, messe così: 


A cura di Mario Ignoffo