COLUI CHE PARLA DAL FUOCO
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L'ultima parola di questa prova spettava alla Madre celeste. Il giorno seguente, sabato 14 maggio, mentre Josefa terminava la Via Crucis, Ella le apparve più bella del solito, con la veste scintillante di riflessi argentei e il volto radioso. Le annunziò l'ingresso nella patria beata di un'anima per la quale aveva chiesto a Josefa molti giorni di preghiera e di sofferenza.
«Poi siccome era sul punto di andar via - scrive Josefa, - la ringraziai nuovamente del quaderno ritrovato».
«- Che cosa volevi dunque farne?» le domanda la Madonna. «Con dispiacere le ho detto la verità: Ahimè, stavo per bruciarlo !».
«- Sono io che ti ho impedito di farlo, figlia mia. Quando Gesù pronunzia una parola, tutto il cielo l'ascolta con ammirazione». Josefa che più che mai capisce il valore degli accenti divini, non sa come esprimere la sua pena.
«Le ho chiesto perdono e l'ho ringraziata di non aver permesso che quel quaderno andasse perduto».
«- Quando l'hai gettato, l'ho raccolto Io... Le parole di mio Figlio, - aggiunge qualche giorno dopo, - non le lascio qui in terra che per il bene delle anime, altrimenti le riporto in cielo».
Josefa non cessa di ripetere la sua riconoscenza a questa Madre così compassionevole che non l'abbandona mai.
«Pensavo, - scrive il martedì di Pentecoste, 17 maggio, - fino a qual punto la Madonna mi ama e di qual tenerezza mi circonda».
«- Ah, figlia mia, - le risponde la Madre celeste, - come potrei non amarti? Mio Figlio ha sparso il suo sangue per tutti gli uomini... tutti sono figli miei. Ma quando Gesù fissa il suo sguardo su un'anima, Io riposo in essa il mio cuore».
Quest'unità di predilezione del Figlio e della Madre Gesù sta per confermarla. Ella scrive il giorno dopo, mercoledì 18 maggio:
«Dopo la Comunione l'anima mia ha gustato una tal pace che non ho potuto fare a meno di dire: O Gesù, so che sei qui, ne sono sicura... Non avevo neppure terminato, che l'ho visto davanti a me, con le mani tese, il volto pieno di tenerezza, il Cuore che sembrava uscirgli dal petto, tutta la persona circonfusa di una luce splendente. Si sarebbe detto che una fornace ardesse dentro di lui».
«-Sì, Josefa, sono qui!».
«Mi sentivo come fuori di me... ma potei dominarmi per chiedergli perdono e esporgli di nuovo le mie miserie, i miei peccati, i timori che mi assalgono».
«- Se tu sei un abisso di miseria, io sono un abisso di bontà e di misericordia!».
Poi, tendendo le braccia verso di lei, aggiunse:
«- Il mio Cuore è il tuo rifugio!».
Così ha fine in una effusione di misericordia l'episodio del quaderno di Josefa. Il demonio tenterà ancora, con altri mezzi, di sopprimere quegli scritti preziosi, ma non ci riuscirà mai.
Il mercoledì 25 maggio, ricorre la festa di Santa Maddalena Sofia, che nel 1921 era solamente beata. Per la prima volta Josefa vede intervenire la Madre Fondatrice ch'ella ama con cuore filiale. Con la consueta semplicità narra questo nuovo favore che rapisce e fortifica l'anima sua.
«Oggi, festa della nostra Beata Madre, mi sono recata più volte nella sua cella per dirle una parolina, e una di queste volte, entrando e rimanendo lì in piedi, col mio grembiule di lavoro, le ho detto alla sfuggita: O Madre mia, te lo chiedo di nuovo, rendimi tanto umile, affinché sia davvero tua figlia! Nella cella non c'era nessuno e questa preghiera sfuggì ad alta voce dal mio cuore, quando ad un tratto vidi davanti a me una Madre sconosciuta. Mi prese il capo tra le mani e, stringendolo con ardore, mi disse:
«- Figlia mia, deponi tutte le tue miserie nel Cuore di Gesù, riposa nel Cuore di Gesù, sii fedele al Cuore di Gesù!».
«Presi la sua mano per baciargliela, poi ella con due dita tracciò sulla mia fronte il segno di croce e disparve».
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Maria Josefa Menéndez
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