SUL CAPITOLO TERZO DELL’APOCALISSE
Le ultime tre epoche della Chiesa militante
§. I.
La quinta epoca della Chiesa militante, quella afflittiva, che dal tempo di Leone X e Carlo V giunge al Santo Pontefice e al forte Monarca.
Cap. III, v. 1-6.
I. Vers.1. E all‟Angelo della Chiesa, che è in Sardi, scrivi: che ha i sette spiriti di Dio e le sette stelle, dice questo: “Io so le tue opere”.
La quinta epoca della Chiesa cominciò sotto Carlo V Imperatore e il Sommo Pontefice Leo- ne X circa l‟anno 1520. Durerà fino al Pontefice santo e alla venuta del famoso grande Monarca, che verrà al mondo per restaurare ogni cosa, e sarà chiamato «aiuto di Dio». Quest‟epoca è epoca di afflizione, desolazione, umiliazione e povertà della Chiesa, ed è appropriatamente chiamata epoca purgativa, durante la quale Cristo Signore ha vagliato, e vaglierà ancora il suo grano, con guerre immani, sedizioni, carestie ed epidemie, ed altri orribili malanni; affliggendo, del pari, e impoverendo la Chiesa latina con molte eresie e cattivi cristiani, che le sottrarranno numerosi episcopati, e un numero sconfinato di monasteri, con le loro ricchissime prebende; ovvero gli stessi principi cattolici vesseranno e spoglieranno la chiesa con gravami e altre tasse, di modo che veramente possiamo lamentarci e dire con Geremia (Lamentazioni, cap. 1): La sovrana delle province fu sottoposta al tributo, la Chiesa è divenuta umile e vile, poiché gli eretici la bestemmiano e i cattivi cristiani ingiuriano gli Ecclesiastici, non v‟è più per loro onore e rispetto. E per mezzo di queste cose Dio vaglierà il suo grano e la pula getterà a bruciare nel fuoco, mentre il suo grano raccoglierà nei suoi granai. Insomma questo quinto stato della Chiesa è quello dell‟afflizione, dell‟assassinio, della defezione, pieno di tutte le sventure, e pochi sulla terra saranno risparmiati dalla guerra, dalla carestie e dalle epidemie; combatterà regno contro regno; e altri divisi in se stessi si dissolveranno; i principati e le monarchie saranno distrutte e quasi tutti saranno impoveriti e vi sarò una desolazione estrema sulla terra, cose che in parte sono già accadute e ancora dovranno avverarsi. E questi fatti saranno permessi dal giustissimo giudizio di Dio a causa della misura colma dei nostri peccati, in quanto noi e i nostri padri abbiamo compiuto il tempo della misericordia, in cui Dio attese che noi facessimo penitenza. Quest‟epoca è figurata nella Chiesa di Sardi, che significa „inizio della bellezza‟. Poiché, infatti, questa quinta epoca è quella delle tribolazioni, e delle sventure, e perciò purgativa, vien detta giustamente dal testo sacro „principio della bellezza‟, ovvero della perfezione, che seguirà nel sesto stato. Le tribolazioni, infatti, e la povertà e altre avversità sono inizio e causa della conversione, e l‟inizio della sapienza è il timore del Signore. Temiamo, quindi, Dio e apriamo gli occhi quando le acque e i flutti delle sventure ci sommergono; mentre quando ce ne stiamo felici, ciascuno sotto il suo fico e la sua vite, sotto l‟ombra dell‟onore, delle ricchezze e della quiete, ci dimentichiamo di Dio nostro Creatore e pecchiamo nella sicurezza. Per questo la Divina Provvidenza, che ha previsto sapientemente che la sua Chiesa, che vuole si conservi fino alla fine del mondo, sia sempre irrigata in determinate occasioni con l‟acqua delle tribolazioni, come fa l‟ortolano quando in tempo di siccità irriga il suo orto. A questo periodo corrisponde il quinto dono dello Spirito Santo, ossia il Consiglio, che è necessario per evitare i mali, o impedire mali maggiori, e per con- servare e promuovere il bene o beni maggiori. La Sapienza Divina sparse sulla Chiesa questo Spirito di Consiglio soprattutto nella quinta epoca 1) per affliggerla, in modo che non si impigrisca com- pletamente nelle ricchezze, nei piaceri e negli onori, e così vada in rovina; 2) per svergognare e con- fondere le numerose sette, che l‟eresiarca Lutero propagò nel mondo, contrapponendo il Concilio di Trento come lucerna in un luogo oscuro, guardando la quale i Cristiani sapessero, che cosa dovesse- ro credere. E se detto Concilio di Trento non si fosse opposto a quegli errori, molto più grande sarebbe stato il numero di coloro che avrebbe abbandonato la vera Fede. Tanta, infatti, era a quel tempo la babele delle opinioni, che gli uomini conoscevano a mala pena, quel che dovevano credere; 3) in contrasto con quell‟eretico e tutta la sua accolta di empi seguaci gli fu a ragion veduta opposto S. Ignazio di Loyola con la sua Congregazione, grazie alla cui attività apostolica, santità e dottrina è certamente avvenuto che la fede cattolica non si sia estinta in tutta l‟Europa; 4) con sapiente disegno, mentre la fede cattolica e la Chiesa venivano meno in gran parte dell‟Europa, si trasferivano nelle Indie, in Cina, in Giappone e presso altre lontanissime genti, tra le quali oggi è assai fiorente e il santo Nome di Dio è conosciuto e glorificato ecc. A quest‟epoca della Chiesa corrisponde la quin- ta età del mondo, che va dalla morte del Re Salomone fino alla cattività Babilonese inclusa, e 1) come in quella età per consiglio del Re Geroboamo Israele cadde nell‟idolatria, rimanendo cultori del vero Dio solo le tribù di Giuda e di Beniamino, così nel 5° stato della Chiesa una grandissima parte della Chiesa latina ha abbandonato la vera fede ed è caduta nell‟eresia, rimanendo solo un piccolo numero di buoni cattolici; 2) come allora la Sinagoga e tutto il popolo ebraico fu vessato dalle genti e spesso abbandonato alle spoliazioni, così ora i Cristiani e l‟Impero Romano e tutti gli altri regni di quali calamità non sono afflitti? Forse che l‟Inghilterra, la Boemia, l‟Ungheria, la Polonia, la Francia, ed altri regni non piangono oggi calde, anzi, lacrime di sangue, testimoniando quel de- plorevole stato? 3) Come infine Assuero si mosse da Babilonia coi Caldei, prese Gerusalemme, smantellò il Tempio, incendiò la città, infranse il Santo dei Santi, e ridusse il popolo eletto in schiavitù ecc., così oggi nel quinto stato della Chiesa v‟è da temere che tra non molto, in verità, i Turchi faranno un‟invasione, i quali meditano di fare alla Chiesa latina cose meno feroci, poiché è ormai giunta al colmo la misura di gravissimi delitti e abominazioni; 4) come nella quinta epoca del mondo il regno d‟Israele e quello di Giuda erano assai deboli e andarono sempre più declinando, finché prima il regno d‟Israele, poi quello di Giuda furono completamente annientati; così in questa quinta età della Chiesa constatiamo che l‟Impero Romano è un regno diviso, pieno di disordini, al punto che corre il pericolo di andare totalmente in rovina, come è già accaduto all‟Impero d‟Oriente nell‟anno 1453. Corrisponde infine a questo quinto stato il quinto giorno della creazione del mondo, in cui Dio creò gli animali striscianti dell‟acqua e gli uccelli del cielo, che significano la più gran libertà. Che cosa infatti v‟è di più libero dei pesci che nuotano nell‟acqua e degli uccelli dell‟aria? Così nel 5° stato della Chiesa la terra e i mari sono pieni di animali striscianti e di volatili. Costoro sono gli uomini meschini e carnali, i quali, grazie alla permessa libertà di coscienza e di religione, che anche nell‟ultimo trattato di pace fu concessa, strisciano e volano dietro ai loro piaceri e desideri carnali. Ognuno infatti agisce e crede come vuole. Di costoro bene scrisse l‟Apostolo San Giuda nella sua Lettera [vv. 10, 12, 13, 16, 19]: Costoro bestemmiano quel che ignorano, e quelle che cose che conoscono come i muti animali, son quelle che li conducono a perdizione. Questi sono macchie nelle loro agapi, ponendosi insieme a mensa senza rispetto, pascendo se stessi, nuvole senz’acqua, portate qua e là dai venti, alberi d’autunno, senza frutti, due volte morti, sradicati, onde furiose del mare, che spumano le proprie turpitudini, stelle erranti, ai quali son riservate in eterno le tenebre più profonde. E sotto: Costoro sono mormoratori queruli che vivono secondo i loro appetiti, e la lo- ro bocca parla di cose superbe, e se lodano qualcuno è per fini interessati. Costoro son quelli che generano le divisioni, animaleschi, privi dello Spirito. In questo miserabile epoca della Chiesa si in- fiacchisce e snerva l‟osservanza dei divini e umani precetti; non si tengono in nessun conto i sacri Canoni; la disciplina ecclesiastica nel Clero, come quella politica tra il popolo, non è osservata. Per cui siamo come i rettili della terra, i pesci del mare e i volatili del cielo, poiché ciascuno è trascinato dalla ruota della propria nascita ad operare e credere quel che vuole.
II. Per cui aggiunge: Colui che ha i sette spiriti di Dio e le sette stelle, dice questo. Per sette Spiriti s‟intende il settiforme Spirito Santo, il quale operò in ogni terra per rivelare alle genti la veri-tà della fede. Le sette stelle invece indicano l‟insieme dei Vescovi e dei Dottori, come si ricava dal sopracitato versetto, Colui che ha i sette spiriti di Dio e le sette stelle, non è altri che Gesù Cristo, il Figlio di Dio, a cui è stato dato ogni potere in cielo ed in terra, che può disporre dei sette Spiriti del- la vera Fede e delle sette stelle, ovvero i Prelati e i Dottori, così da poterceli togliere a causa dei no- stri gravissimi delitti e delle durezza del nostro cuore, e trasferirli a genti lontanissime, come in par- te è avvenuto, visto che abbandonò gran parte dell‟Europa, mentre ricevettero la luce della vera fede i popoli delle remotissime Indie, che sedevano nelle tenebre, per mezzo di S. Francesco Saverio e di altri Dottori; e pure è da temere che non si allontani del tutto da noi, se presto non facciamo peni- tenza e viviamo una vita degna di Cristo. Con queste parole iniziali, dunque, vuole eccitare la sua Chiesa ad un salutare timore, poiché il timore del Signore è l‟inizio della sapienza. E poiché non v‟è, né può esservi, punizione peggiore, di quando Dio percuote con furore il suo popolo, gli toglie il dono della vera fede, e permette che invece di veri Dottori abbia dei seduttori, e Cristo ha l‟assoluto potere e la libera volontà di togliere lo spirito buono e il dono della fede e può trasferirlo ad altri in pena delle abominazioni e del nostro cuore impenitente, dovremmo noi tutti, percossi giustamente da un santo timore, in sacco e cenere di vera penitenza, prostrarci umiliati ai piedi di Gesù Cristo, e dire col Regale salmista: Non mi rigettare dalla tua faccia, e il tuo santo Spirito non toglier via da me; rendimi la gioia della tua salvezza, e con nobile spirito confortami ecc. (Ps 50, 13- 14). So le tue opere: con queste parole condanna le opere di questa quinta epoca. So: ben conosco le tue opere malvage, piene di imperfezioni, false ed ipocrite, che hanno una certa qual apparenza di pietà, ma mancano di vera carità. Le tue opere: la loro apparenza, lo splendore e l‟esteriore santità. So le tue opere: non mi è nascosto (a me che scruto nell‟intimo i cuori) che esternamente le tue ope- re hanno una certa apparenza di bene, ma internamente sono malvage e letali. Per cui dice e aggiunge: hai nome di vivo, e sei morto. Possiamo aver nome di vivere spiritualmente in Cristo come nostro principio vitale in tre modi: 1) per la fede in Cristo, per cui ci diciamo Cristiani; 2) con le opere di giustizia e di carità in Cristo, come vive colui che non è in peccato mortale e sta in grazia di Dio; 3) con l‟osservanza dei consigli evangelici, nell‟episcopato, nel sacerdozio e negli ordini clericali, con quella consacrazione speciale che si fa con la professione dei voti religiosi, vita che professano tutti coloro che, abbandonati i fasti, le ricchezze e i piaceri di questo mondo, si dedicano e vivono solo per Dio e per Cristo, ma, poiché altri falsamente si attribuiscono il merito di vivere in questo santo modo, qui accusa soprattutto la quinta epoca della Chiesa, che è singolarmente proclive a que- sto vizio. Il che si prova dalle seguenti deduzioni: 1) tutti gli eretici, che in questa quinta epoca han- no devasto come cavallette la terra, si gloriano del nome di Cristiani, dicono di esser loro i veri Cristiani e di vivere in Cristo, e tuttavia sono tutti morti e moriranno in eterno se non si pentono; poi- ché hanno Dio e il suo Figlio Gesù solo sulla bocca, il diavolo invece nel cuore, e il mondo in ma- no. 2) Quanti sono le miglia di Cristiani freddi nella carità in questo sventurato periodo? Costoro in- fatti, osservando il felice successo mondano degli eretici, e considerando i costumi degli ecclesiasti- ci e il loro successo, si dicono cattolici per un certo rispetto e timore umano; ma internamente sono morti nell‟ateismo e indifferentismo, nel calvinismo, e macchiavellismo, e nell‟odio verso il ceto ecclesiastico. Hanno il nome di vivi in Cristo, quelli che fingono la pietà, simulano la religione, e fanno mostra di esser pii, mentre davanti ai Principi e ai loro Signori si comunicano e confessano con i Cattolici; si danno ad opere pie; frequentano padri religiosi; danno il loro apporto con la paro- la, l‟esempio e il consiglio nella costruzione di monasteri e collegi, e tutto questo fanno per vantarsi del nome di veri cristiani, per trovar grazia presso gli uomini e i grandi, di modo che i propri occulti disegni e progetti sotto l‟apparenza di devozione e di pietà possano realizzarsi più facilmente, sicu-ramente e senza rischi, cosicché poi vengano loro affidati e commissionati molti prestigiosi incari- chi. 3) Se poi passiamo a considerare il piccolo numero dei Cattolici, la loro giustizia è imbrattata come il panno della donna mestruata; i più infatti sono schiavi dei piaceri, e morti nei loro peccati. Sono schiavi delle apparenze; si gloriano delle cose esteriori; ma non si tiene una pecora che non dà lana, poiché la carità si è raffreddata e ci si cura solo dei propri comodi. La giustizia, l‟onestà e l‟equità sono per lo più bandite dai tribunali, ma vi regna il favoritismo e la corruzione, e le liti non hanno mai fine. Al posto dell‟umiltà si insediò il fasto e la superbia, che chiamano condizione di- gnitosa. Si irride alla semplicità cristiana, che vien detta fatuità, e la sapienza consiste per loro in un sapere astruso, e il diritto, i canoni, i precetti e i principi della fede vengono ingarbugliati in que- stioni futili e stolte. Così non vi è ormai alcun principio dottrinale, per quanto santo, autentico e an- tico, che non sia sottoposto a censure, interpretazioni, limitazioni e umane disquisizioni. Si va in chiesa, ma senza rispetto per la presenza di Dio onnipotente; si ride, si chiacchera, si gioca, si vaga e si provoca con lo sguardo. Il corpo è ornato di vesti, l‟anima insozzata da sordide sconcezze; si di- sprezza e disdegna la parola di Dio; la Sacra Scrittura non è per nulla stimata; mentre Machiavelli, Bodino ed altri simili autori sono molto considerati e stimati; i figli sono educati nella disobbedien- za, nella scostumatezza, nella futilità, nella volgarità, nell‟irreligione, poiché vengono amati dai ge- nitori in modo disordinato; tutto vien lasciato correre, mai sono puniti, non vien osservata la santa disciplina della famiglia. I padri dovrebbero educare i figli perché siano semplici, retti, veraci e pii Cristiani, ma si preoccupano maggiormente che divengano uomini di mondo, e stimano essere un fanciullo di belle speranze, un ragazzo di indole ottima, colui che sa parlare lingue straniere e cono- sce usi di vari popoli, colui che sa usare la dissimulazione e la finzione; che dice una cosa con la bocca e pensa l‟opposto nel cuore; che sa adattarsi a tutte le circostanze come un istrione; che sa fa- re il faceto in modo elegante ecc.; e così quest‟epoca pone a fondamento della giustizia e della vita la menzogna, l‟apparenza esterna, il fasto e il favore degli uomini, trascurando l‟interna e vera giu- stizia, che sola piace a Dio. 4) Altro non dirò dei prelati e religiosi se non che versano in uno stato miserabile. Molti „hanno il nome di vivi‟, ma sono morti. Da ciò è chiaro come Cristo accusi questa quinta epoca della Chiesa con le parole seguenti: Hai nome di vivo, e sei morto. Quanto pochi infatti sono coloro in quest‟epoca che vivono veramente e servono il Signore Dio suo e sono amici di Cri- sto? Ecco, dunque, il senso delle parole: hai nome di vivo, e sei morto nei falsi dogmi; sei morto nell‟ateismo e machiavellismo; sei morto nell‟ipocrisia e menzogna delle tue abominazioni; sei morto nei piaceri e nelle delizie; sei morto nell‟arroganza, ambizione e superbia; sei morto nei pec- cati carnali, e nell‟ignoranza dei misteri e delle cose necessarie a sapersi per salvar l‟anima; sei morto nell‟irreligiosità e nel disprezzo della parola di Dio e perché la tua carità s‟è raffreddata, che è la sola e vera vita in Gesù Cristo.
III. Vers. 2. Sii vigilante, e conferma quel resto che stava per morire. Con queste parole si esortano i Papi, i Vescovi ed i Prelati, che vivranno durante tale epoca della Chiesa, perché siano pastori vigili e solleciti, dato che tanto più lo devono essere, quanto incombono tempi più pericolo- si, in cui compaiono molti più lupi mescolati alle pecore, le quali, se non sono confermate dalla do- verosa sollecitudine e vigilanza degli ecclesiastici sono più facilmente corrotte, rapite e uccise. Per cui si dice espressamente: Sii vigilante, ossia nella preghiera a Dio a favore di chi ti è stato affidato, per i deboli nella fede, nell‟amore per i peccatori. Il fondamento infatti della vera vigilanza, cura e sollecitudine pastorali è l‟umile, frequente e fervente preghiera per le proprie pecore, per quelle sa- ne, in vero, per conservarle, per quelle male, per guarirle, per quelle traviate, per ricondurle sulla via della verità ecc. Sii vigilante riguardo alla tua persona, affinché le tue parole, i tuoi pensieri e le opere siano buone, sante ed irreprensibili, affinché tu sia casto, sobrio, pudico, mite, pacifico e in- dulgente. Sii vigilante, affinché in ogni cosa tu appaia modello di opere buone. Sii vigilante, riguar- do alla tua casa e ai tuoi domestici, affinché la tua casa sia come un luogo santo, incontaminato dal- le fornicazioni e dalle sozzerie. Sii vigilante nella sana dottrina e ortodossa, così da proclamarla al popolo nelle prediche e ai bambini nel catechismo. Sii vigilante, in modo che ciascuno compia il suo dovere, Vescovi e Prelati. Sii vigilante, proteggendo, consolando, esortando, correggendo, esa- minando, e visitando con sollecitudine i parroci, gli ecclesiastici tuoi sudditi ed i predicatori. Sii vi- gilante, in modo da accogliere coloro che sono ben istruiti nella sana dottrina, così farne buoni ve- scovi, canonici, prelati, parroci e pastori delle anime che ti sono affidate. Sii vigilante, contro la pravità eretica, contro le false pubblicazioni degli eretici, contro i cattivi e falsi cristiani, contro i malvagi costumi, i pubblici vizi, gli scandali, i furti e gli adulteri. E conferma, ovvero conserva i pochi cattolici, che muoiono a poco a poco e cadono nell‟eresia e nell‟ateismo a causa della scarsa vigilanza dei pastori. Il testo dice significativamente: quel resto che stava per morire. Usa il verbo all‟imperfetto 1) perché in Europa, come detto più volte, grazie al Concilio di Trento, alla Compa- gnia di Gesù e ad altri uomini pii, fu conservato nella vera fede un resto di Cattolici, i quali, se non si fossero impiegati tali rimedi, sarebbero senz‟altro caduti nell‟eresia e spiritualmente morti; 2) di modo che Vescovi, prelati e pastori d‟anime intendano che la salvezza e la morte delle anime, re- dente dal prezioso Sangue di Cristo, non dipende dal caso, o da una cieca predestinazione di Dio, come pensano scioccamente i pigri e gli empi, ma la vita eterna proviene dalla vigilanza, cura e sol- lecitudine pastorale, e la dannazione dalla negligenza, dallo scandalo e dalla trascuratezza dei pasto- ri.
IV. Sii vigilante, e conferma quel resto che stava per morire. Anche questo ci viene incul- cato e gridato alle nostre orecchie dal Profeta, affinché siamo vigilanti, poiché ci troviamo in un‟epoca malvagia, in un tempo pieno di pericoli, calamitoso; rifiorisce, infatti, ovunque l‟eresia, e alza la testa e prende forza e corpo sempre più, come non mai. Gli eretici dovunque prevalgono, e trionfano nell‟Impero, nei regni, negli stati, ingrassati delle spoglie dei beni della Chiesa. Per questo molti cattolici s‟intiepidiscono nella fede, molti tiepidi vengon meno, moltissimi sono scandalizzati in cuor loro. Anche le guerre sono fomite di ignoranza riguardo a quel ch‟è necessario sapersi della fede, e la corruzione dei costumi s‟accresce tra le armi e i soldati, i quali raramente hanno buoni pa- stori, predicatori e catechisti. Ne segue che l‟intera generazione rimane del tutto incivile e rozza, di dura cervice, che si cura e sa poco o nulla di Dio, del cielo, della vita onesta. Apprendono le rapine, i furti, le bestemmie, le menzogne, l‟inganno del prossimo. La maggior parte dei cattolici sono tie- pidi e ignoranti, circondati dagli eretici, i quali si gloriano e giubilano del loro buon successo, e se- ducono i cattolici, i quali al contrario sono scoraggiati, poveri e sconsolati. Frattanto nessuno studia la Sacra Scrittura, poiché i genitori sono privi di mezzi, i seminari giacciono per lo più in abbando- no, perché non beneficiano delle consuete e dovute entrate con cui vennero istituiti. Da queste cose e altre miserie appare chiaramente quanto grave pericolo di perdere la fede cattolica incomba nell‟Impero Romano. Siate quindi vigili, o Vescovi e Prelati della Chiesa di Dio, e badate con sag- gezza a voi stessi e a tutto il vostro gregge, in modo che possiate avere durante la cattiva stagione assennati, pii e dotti sacerdoti e pastori, che con la sana dottrina e il buon esempio illuminino le loro pecorelle, e le nutrano e confermino nella fede cattolica. Sii vigilante e conferma quel resto che stava per morire: perché infatti non ho trovato compiute le tue opere al cospetto del mio Dio. Cri- sto Signore qui parla come uomo e capo della Chiesa invisibile, a cui la Divinità dall‟abisso infinito della sua eterna prescienza gli rivelò i peccati e le cadute dei pastori e di tutti i membri a venire, af- fidandogli anche la loro correzione. Rimprovera qui l‟insufficienza e la carenza di quella vigilanza e cura pastorale, che Dio pretende dai Vescovi e Prelati della Chiesa. Per questo significativamente si aggiunge la particella infatti, che connette la frase antecedente con la successiva. Sii vigilante … infatti non ho trovato compiute le tue opere al cospetto del mio Dio: ossia non fai il tuo dovere come potresti e dovresti fare, non sei abbastanza vigile e sollecito riguardo alle pecore che ti sono state affidate, poiché le tue opere non sono compiute, ovvero non sono perfette nella carità, e perché hai pochissima cura della salute delle anime. Non ho trovato compiute le tue opere, riguardo alla disciplina, all‟educazione, all‟incremento e alla visita di quelle. Non ho trovato compiute le tue opere, poiché non cammini, come anch‟io feci su comando del Padre mio, cioè nell‟umiltà, nella povertà e rinuncia della magnificenza di questo mondo. Per questo dice: Infatti non ho trovato compiute le tue opere al cospetto del mio Dio. Non sono secondo la sua volontà, contro la quale tu operi, pascendo te stesso, mentre, accecato dall‟amor proprio, indulgi ai piaceri, ti abbandoni al fa- sto, ti gonfi per gli onori, sperperi il mio patrimonio in banchetti, nella corte, nello splendore dei pa- lazzi, nel numeroso seguito, in carrozze e cavalli, nell‟innalzare e arricchire i parenti e in uno sfarzo che mal s‟addice anche ad un secolare, anziché impiegarlo nel sostenere i poveri, consolare le ve- dove e gli orfani, e aiutare quelle regioni dove i Cattolici sono privi di mezzi, e, spogliati dei beni dalle depredazioni degli eretici ed altri, vivono oppressi a causa della mancanza di aiuti umani. O nell‟educare i giovani poveri negli studi, in modo da supplire alla carenza di buoni pastori; o nella ricostruzione delle chiese diroccate. E dato che tutte queste opere sono proprie dell‟ufficio pastora- le, e tuttavia non sono state fatte, non ho trovato compiute le tue opere al cospetto del mio Dio, al cui sguardo appare tutto ciò, e per questo sarai senza scuse quando ti giudicherà.
V. Vers. 3. Prosegue poi: Ricordati dunque che cosa hai ricevuto e udito, e osservalo, e fai penitenza. Qui si contrappone il rimedio alla ferita, rimedio che consiste in cinque cose. 1) Ricorda- ti. Queste parole indicano la frequente considerazione e stabile e ferma memoria di una cosa seria e di grande importanza, ovvero del dovere e dell‟impegno pastorale, il quale essendo di massima rile- vanza, è pure un obbligo gravissimo, che Vescovi, Prelati, e tutti gli altri pastori d‟anime devono sempre volgere nell‟animo, scriverlo nella memoria a caratteri di fuoco. Il primo rimedio fonda- mentale quindi è la correzione dei peccati e della negligenza degli uomini di Chiesa, in modo che abbiamo ben fermo e ben sappiano quale sia il loro dovere e obbligo. Per cui si dice secondariamen- te 2) ricordati dunque che cosa hai ricevuto, ad indicare l‟eccellenza dell‟ufficio e incarico episco- pale e pastorale, che è santo, accettato per mano degli Angeli su ordine di Dio, non in ordine ad un qualche regno terreno, ma a favore delle anime, per la cui salute Io, eterno Figlio di Dio, Re dei Re e Signore dei Signori, sono disceso dal Cielo, mi son fatto uomo, son nato in una stalla, posto tra dei giumenti, ho vissuto 33 anni in povertà e umiltà, sono morto in croce tra due malfattori. Per cui non hai ricevuto quest‟incarico per essere adorato o onorato dagli uomini, per passar il tempo tra i piace- ri e i banchetti, per ammassare oro e argento, innalzare e arricchire la tua famiglia, per imitare il fa- sto e la vanità del mondo, ma per essere imitatore mio e dei miei santi, e per mostrarti santo e im- macolato, e tanto più separato dagli uomini, quanto più alto, santo e perfetto è il ministero che hai ereditato. Che cosa hai ricevuto, ovvero un grave incarico, pieno di preoccupazioni, assilli e perico- li, per il quale si esige una sollecita vigilanza, il timor di Dio, una continua preghiera e una casta so- brietà ecc. Che cosa hai ricevuto, a qual fine sei stato istruito e formato, ossia per il Papato, l‟Episcopato e il Sacerdozio, ovvero per pascere il gregge che ti è stato affidato, e illuminare come una lampada in un luogo oscuro, e come il sale della terra dar sapore spiritualmente alle anime e al- le menti dei uomini, e come il capo vivificare le membra e il corpo ecclesiastico. Che cosa hai rice- vuto, ossia tanti doni di natura ricevuti dal mio Dio, e doni di grazia avuti senza merito, ma non co- me loro padrone, ma perché li impieghi come il buon fattore; non per nasconderli nel sudario dell‟amor proprio, o sotterrarli nella terra dei piaceri e degli onori, ma per farli lucrare spiritualmen- te al mio Dio in opere di misericordia, di carità, nel consolare le vedove e gli orfani, nel nutrire i poveri e i miserabili sull‟esempio dei mie Santi. Per cui si aggiunge per terzo: E hai udito, pensa come io camminai e diedi la mia vita per le mie pecore, come narra il Vangelo. E hai udito, nelle vite e negli Atti dei miei Apostoli, qual vita condussero. E hai udito, come si comportarono i tuoi predecessori, i Papi, i Vescovi, e i Prelati della mia Chiesa. Senza dubbio umili, poveri, prudenti, sobri, casti, zelanti, e ornati di tutte le virtù. Per cui allo stesso modo in cui vissero e si condussero in questo mondo il tuo Signore e Maestro, gli Apostoli, gli altri Santi, e amici di Dio e i Padri tuoi predecessori, così cammina e comportati anche tu. E hai udito, memore della disciplina stabilita nei Sacri Canoni, negli scritti dei SS. Padri, nei Concili ecumenici, provinciali e diocesani. E hai udito, soprattutto ciò che è stato stabilito da osservarsi riguardo alla vita e onestà e riforma dei costumi nell‟ultimo Concilio Tridentino. Per cui subito si aggiunge in quarto luogo: E osservalo, parole che ci incitano ad attenersi alle predette cose, e in pari tempo riprendono il particolare difetto di quest‟epoca, che consiste proprio nella mancata osservanza di quelle. È infatti un‟epoca carnale e delicata, che si gloria di molte e sublimi conoscenze, poiché conosce molte cose buone, ma non le mette in pratica. Abbiamo tanti Sacri Canoni, tanti salutari decreti di Concili ecumenici e Sinodi, tante raffinate leggi civili, tanti libri spirituali, tanti esegeti della Sacra Scrittura, tanti scritti dei SS. Padri, pieni di zelo ed unzione, tanti esempi di Santi, eppure mettiamo in pratica così poco, perché siamo figli di un tempo carnale. Per cui Cristo ci ammonisce e riprende perché lo imitiamo, e met- tiamo in pratica i suoi insegnamenti, seguendo la via buona che conosciamo, e camminiamo come Lui camminò e sui Santi con lui. Dice poi in quinto luogo: E fai penitenza, far penitenza comporta tre cose: 1) che l‟uomo riconosca e confessi il suo peccato; 2) che con cuore contrito ed umiliato chieda perdono a Dio; 3) espii i suoi peccati e difetti con una piena soddisfazione, e cambi in me- glio vita e costumi. Ma poiché questa pessima generazione del quinti stato della Chiesa è comple- tamente manchevole su questi tre punti, Cristo esorta assai convenientemente in primo luogo la sua Chiesa alla penitenza, quale unico e necessario rimedio per risuscitare l‟anima, che è morta, alla vita spirituale, ma non solo, anche come mezzo per placare e allontanare da noi l‟ira di Dio, che già si versò sopra questa generazione e che si verserà fino alle estreme conseguenze, se non fa penitenza. E tuttavia nessuno vuol pentirsi. Il che si dimostra dalle seguenti deduzioni: 1) gli eretici, infatti, che sono morti nella loro eresia, disprezzano la penitenza, e non riconoscono, né vogliono rendersi conto della loro miserabile condizione, anzi se ne gloriano, e dicono di star ottimamente, e tuttavia sono morti; 2) tra i Cattolici pochi se ne trovano che riconoscano i loro difetti e peccati. Tutti i Ve- scovi, Prelati e pastori d‟anime e della Chiesa sostengono di far sempre il loro dovere, di essere vi- gilanti, di vivere conforme al loro stato. Allo stesso modo gli Imperatori, i Re, i Principi, i Consi- glieri e i Giudici si vantano delle loro buone azioni passate e presenti. Tutti i membri degli ordini sacri parimenti pretendono di essere innocenti. Infine lo stesso popolo, dal piccolo al grande, suole dire: Che ho fatto o faccio di male? Così tutti si giustificano. La divina sapienza e Bontà, allora, per condurre alla penitenza questa pessima generazione, mandò quasi continue sventure di guerre, epi- demie, carestie ed altre sciagure, e ultimamente afflisse l‟intera Germania con trent‟anni di conti- nue e straordinarie calamità, affinché infine aprissimo gli occhi, riconoscessimo i nostri peccati, chiedessimo perdono a Dio con cuore contrito e umiliato, ed emendassimo la nostra vita e i nostri costumi (ciascuno conforme alla propria condizione) cambiandola in meglio. Invece siamo divenuti peggiori, e così accecati, da non credere neppure, che questi mali ci son piovuti addosso per i nostri peccati, come insegna la Sacra Scrittura: Non vi è male (pena) in Israele, che non abbia fatto il Si- gnore. Per cui è da temere che l‟ira di Dio si scateni ancor più contro di noi, come ci minacciano i seguenti versetti.
VI. Vers. 3. Se non vigilerai, verrò da te come un ladro, e non saprai a che ora verrò da te. Dopo aver indicato il rimedio, segue una grave minaccia contro la Sua Chiesa. Se non vigilerai, destandoti una buona volta dal pesante sonno dei piaceri, dei peccati e della tua ignavia, nei quali fin adesso hai dormito. Verrò da te, suscitando dei mali contro di te. Parla al futuro, perché, come detto più volte, la longanime Bontà di Dio cerca sempre di differire e procrastinare la sua ira. Ma perché non ci illudiamo, che per questo ritardo noi ci troviamo fuori tiro, aggiunge: Verrò da te, certamente e infallibilmente. Del pari in altro luogo ci ammonisce la S. Scrittura: Aspettalo. perché certamente verrà e non differirà (Ab., II, 3). Come un ladro: paragona alla venuta di un ladro la vi- sita e l‟invio del castigo. Il ladro, infatti, 1) di solito viene improvvisamente e in modo inaspettato; 2) mentre gli uomini dormono, 3) scassina la casa, 4) e compie la rapina. Così sarà il castigo che Dio susciterà contro la sua Chiesa. Questo male sono gli eretici e i tiranni, che giungono all‟improvviso e in modo inaspettato, e, dormendo i Vescovi, i Prelati e i pastori, scassinano la Chiesa, la casa di Dio, e prelevano e rubano gli Episcopati, le Prelature e i beni ecclesiastici, come vediamo essere accaduto in Germania e nel resto dell‟Europa. E v‟è pure il rischio che rapinino e s‟impadroniscano anche del poco che è rimasto. Verrò da te come un ladro, suscitando contro di voi popoli barbari di tiranni, che, come il ladro, verranno d‟improvviso e inaspettatamente prenden- do il sopravvento, mentre voi dormite nei vostri inveterati piaceri, sordidezze e abominazioni. Scas- sineranno le fortezze e i depositi. Entreranno in Italia e devasteranno Roma, incendieranno le Chie- se e si impossesseranno di ogni cosa, se non farete penitenza e vi desterete dal sonno dei peccati. E non saprai a che ora verrò da te. Qui si tocca l‟accecamento, con cui Dio è solito colpire i Principi del popolo, affinché non sappiano prevedere, e di conseguenza neppure provvedere ai malanni che incombono. Nasconde loro infatti con il sonno dei piaceri la gravità del castigo, affinché improvvi- samente e non aspettato li colpisca per vendicarsi. Così dice: E non saprai a che ora verrò da te. È nascosto ai tuoi occhi il momento della mia visita, e non potrai più provvedere alla sciagura, né pre- pararti al combattimento, poiché arriverà in fretta, sommergendoti come la piena di un fiume, come la freccia scagliata, come il tuono, e un cane impetuoso.
Vers. 4. Hai però alcune pochi nomi in Sardi, che non hanno contaminato le loro vesti. Segue l‟elogio dei pochi fedeli rispetto alla restante moltitudine sulla terra. Benché infatti la Chiesa sia nella desolazione, e il mondo posto sotto l‟influenza del maligno, sempre però il Signore Iddio ha e si riserva dei suoi santi amici, affinché non si corrompa del tutto ogni cosa, e costoro, come la luce del mondo e la lampada ardente, brillino in questo mondo, affinché le tenebre non avvolgano tutto. Che non hanno contaminato le loro vesti. Con queste parole s‟indica la peculiarità delle sor-dide e immonde passioni, delle quali tutto il mondo è in preda, è come coperto e in modo miserabile infetto, a parte quei pochi che rimangono immuni da tale contagio. Ma si prende la metafora della „contaminazione delle vesti‟, per indicare le sozzure che ci insudiciano: 1) il fango e lo sterco nel camminare; 2) le sconcezze di varie sporcizie per conservare la vita materiale, 3) la lebbra e la pe- stilenza. Con queste tre metafore si indicano qui la generalità dei gravissimi peccati e delle sconcez- ze nelle quali tutto il mondo (eccetto pochi) giace miseramente, langue e patisce fino a morirne. Questa generazione è infatti oltremodo malvagia, delicata, effeminata, molle, carnale, avara e su- perba. Per cui giace immersa nel fango dei piaceri e delle godimenti, e delle eresie, è dimentica del Signore suo Creatore, eccetto quei pochi, in tale diversità di condizioni diverse e moltitudine di uo- mini sulla terra, che ancora credono con tutto il loro cuore nel Signore Dio suo nei cieli, sperano nella sua Provvidenza, servono Gesù Cristo secondo la vocazione del loro stato e amano Dio e il prossimo. Per cui aggiunge: nomi, ossia coloro che per il loro scarsissimo numero possono facil- mente esser chiamati per nome. Così dice: il cui nome è scritto nel libro della vita, per la scarsezza di coloro che si salvano. Molti sono infatti i chiamati, ma pochi gli eletti. E cammineranno con me in vesti bianche, perché ne sono degni. Qui si riferisce al modo di vivere di Cristo sulla terra, al cui esempio questi pochi si conformano. Cristo camminò in vesti bianche, 1) perché si comportò con gli uomini con somma mansuetudine, purezza, umiltà, povertà, pazienza e disprezzo di sé, cose in- dicate appunto con l‟espressione in vesti bianche; 2) camminò vestito di bianco quando, durante la sua benedetta Passione, disprezzato da Erode, gli si fece indossare un veste bianca, e, giudicato un uomo stolto, fu rimandato a Pilato; così i pochi, che si mantengono immacolati in questo mondo, cammineranno ad esempio di Cristo sulla terra in grande umiltà, povertà, e mansuetudine. Alzeran- no gemiti nel loro cuore all‟indirizzo del loro Signore e Dio, sopporteranno innumerevoli affronti, e saranno disprezzati ed irrisi dai mondani, poiché la loro vita e la loro condotta sarà stimata pazzia e fatuità. Così il mondo suole fare e sempre ha fatto nei riguardi dei Santi di Dio, anzi non temette di farlo anche nei confronti del suo Figlio suo Unigenito, che inviò dai cieli per salvare il mondo. Per cui dice in consolazione dei suoi amici: Vi do questo comando, che vi amiate gli uni gli altri. Se il mondo vi odia, sappiate che prima il mondo odiò me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe quel che è suo, ma poiché non gli appartenete, ma io vi scelsi dal mondo, perciò vi odia. Ricordatevi del- le parole che vi ho detto. Non v’è servo maggiore del suo padrone. Se hanno perseguitato me, per- seguiteranno anche voi. (Giov., V). L‟amicizia di questo mondo è inimicizia agli occhi di Dio e vi- ceversa. Per cui prosegue: Perché ne sono degni. È infatti un ammirabile atto di amicizia e di de- gnazione di Dio nei confronti dei giusti, suoi amici, volere e permettere che essi in questo mondo andassero in giro coperti di pelli di pecora e di capra, disprezzati, poveri, vili, afflitti da tribolazioni e persecuzioni, offese e ingiurie, da tentazioni, al freddo e nudi ecc. Al contrario il mondo, e quelli che gli appartengono, prosperano tra i godimenti, vivono nello sfarzo, tra le ricchezze; ridono, si al- lietano in mezzo ad ogni bene, mentre il giusto patisce. E questa è l‟amicizia di Dio verso i suoi eletti, di cui il mondo è indegno, come si legge nell‟Epistola agli Ebrei: Altri poi furono torturati, non accettando la liberazione loro offerta, per ottenere una migliore risurrezione. Altri, infine, su- birono scherni e flagelli, catene e prigionia. Furono lapidati, torturati, segati, furono uccisi di spa- da, andarono in giro coperti di pelli di pecora e di capra, bisognosi, tribolati, maltrattati - di loro il mondo non era degno! (11, 35-38). Consapevoli di questo gli Apostoli del Santissimo Iddio si pre- sentavano ilari avanti coloro che dovevano giudicarli, poiché erano stimati degni di patire per il Santo Nome di Gesù.
VII. Vers. 5. Chi vince sarà così vestito di bianco. In queste parole si contiene la promessa del premio, della retribuzione e della piena consolazione, che vi sarà nell‟altra vita, con la qual promessa esorta noi suoi soldati e ci stimola alla vittoria. Chi vince, ossia il mondo, la carne e il diavolo. Chi vince, sottraendosi al giogo del demonio (a cui era soggetto per i peccati e i piaceri) con la penitenza, l‟amor di Dio e del prossimo, che copre la moltitudine dei peccati. Chi vince, per- severando nella vera fede cattolica in mezzo a tante defezioni, scandali, e afflizioni che patiscono i Cristiani. Chi vince le persecuzioni, le tribolazioni, le angustie, e le calamità promosse dagli eretici e dai cattivi cristiani. Chi vince le malignità, gli inganni e le menzogne colla prudenza e la vera semplicità cristiana, e persevererà nella sana dottrina, nei santi costumi, e nella carità sincera. Sarà così vestito di bianco, ovvero con lo splendore della gloria eterna, col candore della luce eterna, con la veste dell‟immortalità, della santità, della purezza e dell‟impeccabilità. Sarà così vestito di bian- co, gli sarà corrisposto in maniera piena secondo la misura dei suoi patimenti. Quanto infatti sarà stato disprezzato in questo mondo, altrettanto avrà di gloria in cielo, quanto avrà patito tribolazioni, altrettanto godrà di consolazioni, e quanto più sarà stato su questa terra vessato e oppresso dal di- sprezzo, dalla povertà, dalla nudità, dalla sete, dalla miseria per le persecuzioni, le tribolazioni e le avversità, tanto più sarà ivi esaltato, abbonderà dei tesori celesti, sarà vestito dalla stola dell‟immortalità, saziato dalla pienezza di ogni delizia, cose che gli verranno più tolte per tutta l‟eternità. Per cui il testo aggiunge, per massima consolazione degli afflitti, il versetto: E non can- cellerò il suo nome dal libro della vita. Il libro della vita è la predestinazione, ossia l‟eterna pre- scienza di Dio, che dall‟eternità ha costituito e preordinato il suo regno in modo certo ed infallibile a vantaggio dei suoi eletti secondo le opere di ciascuno. Così in consolazione dei suoi amici e dei giusti promette qui: E non cancellerò il suo nome dal libro della vita, rimarrà scritto come erede nel testamento dell‟eredità eterna, che nessuno gli potrà sottrarre per i secoli dei secoli. E confesse- rò il suo nome al cospetto del Padre mio e al cospetto dei suoi Angeli. La confessione di Cristo sa- rà il massimo onore per i santi in cielo, la quale, come in altri numerosi passi dei Vangeli, così an- che qui è promessa a coloro che confessarono sulla terra il nome Santo di Cristo, e non lo tennero solo sulle labbra, ma anche nel cuore e nella pratica. E poiché proprio questo è del tutto estraneo al- la malvagia generazione di quest‟epoca della Chiesa (quasi tutti infatti dicono di confessare e cono- scere Cristo, ma nei fatti lo negano) promette come premio speciale e speciale incitamento per i suoi soldati alla vittoria, questo massimo onore, ossia la proclamazione e la lode del servo al cospet- to del Re dei Re e del Signore dei Signori e davanti alle mille miglia degli Angeli e dei Santi di Dio.
Venerabile Servo di Dio Bartolomeo Holzhauser