Parroco ad Ars (1818-1859).
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Nel misero campo a lui affidato dalla Provvidenza l'abate Vianney seppe scoprire il buon grano, che però era così frammischiato con la zizzania da rendergli la prima impressione particolarmente penosa, tanto più che egli si formò la prima idea della parrocchia, guidato dalla delicatezza della sua coscienza e dall'orrore grande che aveva per il peccato. Per questa direttiva egli scoprì delle colpe che sarebbero completamente sfuggite ad un altro sguardo. Senza perdere il suo tempo in inutili e sterili lamenti, si mise tosto all'opera, non con la pretensione di convertire l'universo intero, ma almeno questa piccola parrocchia che la Provvidenza gli aveva affidato. È da questo punto di vista che bisogna giudicare gli insegnamenti e gli atti dell'abate Vianney fin dai primi anni del suo apostolato in Ars. Collocato in Ars, parlerà per gli abitanti di Ars, tuonerà contro gli abusi di Ars, ma non v'è dubbio che se gli si fosse affidato un altro ambiente la sua azione sarebbe stata ben diversa. Si trattava di combattere abusi e colpe che si ripetono ovunque, sia pure con sfumature differenti, ed egli non cercherà nuove vie di risurrezione morale, ma semplicemente applicherà gli antichi rimedi nelle forme tradizionali.
Il suo programma era stato meditato ai piedi del Tabernacolo, ed era quello di un pastore zelante per la salvezza del suo gregge: prendere contatto col suo popolo al più presto possibile ed assicurarsi la cooperazione delle famiglie migliori; perfezionare i buoni, richiamare gli indifferenti e convertire i peccatori; ma soprattutto pregare Dio, dal quale vengono con abbondanza tutti i doni, e santificare se stesso, per riuscire a santificare gli altri; infine, fare penitenza per i peccatori colpevoli. Prima di cominciare il suo lavoro si sentiva debole ed insufficiente, ma aveva con sé fin da allora la forza misteriosa della grazia, e quella umiltà che Dio sceglie per abbattere le potenze dell'orgoglio: un santo prete compie grandi cose con mezzi apparentemente insufficienti.
L'abate Vianney non era che Vicario-Cappellano di Ars, ma i parrocchiani lo chiamavano Curato, come già avevano fatto con i suoi antecessori. Del resto, egli aveva ricevuto l'investitura con questo nome, la domenica 13 febbraio, quando tutta la parrocchia, fatte poche eccezioni, era là riunita. La cerimonia semplice ma significativa, interessò molto i fedeli. Il vecchio parroco di Mizérieux, abate Ducreux, al quale non era sconosciuto l'abate Vianney 34, seguito dalle autorità venne a riceverlo al presbiterio, ed alla porta della chiesa gli consegnò la stola pastorale, simbolo della sua missione e della sua autorità. Indi lo condusse all'altare ove il giovane sacerdote aprì il Tabernacolo; di là si passò al confessionale, al pulpito, al fonte battesimale. Poi il novello pastore disse al popolo le sue prime parole, nelle quali non trascurò di affermare l'amore che loro portava ed il desiderio che sentiva del loro bene: infine cantò la sua prima Messa solenne per il popolo. Nella rustica chiesa risuonarono poveri canti ... ma quel giorno Ars era in festa.
Durante la funzione i parrocchiani esaminarono con curiosità il loro nuovo parroco, che già avevano visto, - la maggior parte almeno - quando aveva attraversato la piazza e si era fermato davanti al cimitero; era sembrato di mediocre statura, di andatura un poco inclinata verso sinistra, colla sua veste talare di panno ordinario e le rozze scarpe da campagnolo. Ma quando lo contemplarono all'altare, trasfigurato, celebrando con una maestà imprevedibile 35, sentirono nascere nel cuore la più sincera venerazione per lui, ed una voce favorevole fu l'epilogo della funzione: «Abbiamo una povera chiesa - diceva il sindaco di Ars, autorevole e sicuro portavoce di tutti i dipendenti, uomo di distinto buon senso, che fu capo del comune per 20 anni, - abbiamo una povera chiesa, ma abbiamo un santo Curato» 36
L'abate Vianney non si curò punto di abbellire o rendere più comoda la sua casa, e per le disposizioni assolutamente necessarie, incaricò la madre Bibost, in quest'opera più esperimentata di lui. L'aveva condotta seco perché fosse la sua domestica, ma non la ritenne molto ad Ars, perché ben presto seppe fare a meno anche della persona di servizio 37.
Il presbiterio aveva cinque locali, rischiarati ciascuno da una finestra. Al pianterreno vi era la cucina ed una sala; al primo piano, al quale si giungeva per una scala di pietra, erano tre stanze: una per il curato e due per gli ospiti. Il mobilio era sufficiente e buono. L'inventario che fu allestito in quell'epoca 38 ci parla di sei sedie a braccioli, dallo schienale grande e di una poltrona del medesimo stile; di un'altra poltrona coperta di stoffa siamese verde e rossa, di una tavola da sala con quattro assi di aggiunta, di due letti con baldacchino bleu e bianchi, di un piumino di taffetà celeste e bianco, di due materassi di tela nuova a disegni quadrati e di altri oggetti più o meno ordinari, che erano stati posti a disposizione del Curato. Tutto questo era stato portato al presbiterio a prestito affatto gratuito, da parte dei Signori del castello.
L'abate Vianney, già ricco per il vecchio letto, che aveva ricevuto in eredità dall'abate Balley, non volle conservare se non il necessario, ed approfittò di una visita al castello per dire alla contessa di Garets che volesse riprendersi tutte queste belle cose, di cui egli non sentiva la necessità. Che cosa ne farebbe degli utensili per l'arrosto? Il suo metodo di vita: sarebbe sempre molto semplice. Piuttosto, se si fosse d'accordo, conserverebbe un letto, due vecchie tavole, una modesta biblioteca, qualche armadio, alcune sedie di paglia, una marmitta di terracotta, una pentola ed altri oggetti utili alla sua minuscola azienda domestica.
Tutta questa semplicità fece al popolo la più felice impressione. Tale povertà cercata era un rimprovero per tutti quegli abitanti più agiati o ricchi possidenti che trovavano penoso dare un soldo ai poveri, e che si meravigliavano che il loro Curato non tenesse nulla per sé: questo solo fatto bastò perché ai loro occhi fosse conosciuto come il vero uomo di Dio. Di più, i mendicanti, ai quali egli distribuiva l'elemosina con somma liberalità, non cessavano di dire le sue lodi. Da Ecully era venuto con una discreta somma di denaro, ma non gli durerà lungo tempo 39.
Pure nella sua semplicità, non si adattò a pensare che la sola sua presenza sarebbe stata sufficiente a fare scomparire ogni disordine dalla sua parrocchia, ma subito nelle prime settimane dopo il suo ingresso, vero conquistatore di anime, si mise in cerca delle sue pecorelle; e prima di tutto cercò acquistare la stima di quel popolo dal Cuore duro e rozzo, nel quale, più che la malizia, regnava l'ignoranza, e guadagnarsi gli animi.
La visita di sessanta focolari era poca cosa, ma egli ne conosceva il segreto. Verso mezzogiorno, col suo grande berretto, che portava quasi sempre sotto il braccio, usciva dal presbiterio, ben sicuro che a quell'ora avrebbe trovato a casa tutti i membri di ciascuna famiglia. L'incontro non fu ovunque egualmente entusiasta, ma alla maggior parte della popolazione, subito in quel primo saluto non sfuggì - secondo la testimonianza di Guglielmo Villiers, contadino di allora diciannove anni 40, - la sua bontà, la sua giocondità, la sua affabilità: tuttavia non lo si avrebbe immaginato così profondamente virtuoso 41. In quella prima visita non parlò quasi che dei loro interessi materiali, dei lavori della stagione, del raccolto che si attendeva... Cercò di conoscere la situazione delle famiglie, il numero e l'età dei figli, le diverse relazioni di parentela. Prima di partire aggiungeva un richiamo spirituale e la risposta che otteneva gli era sufficiente per farsi un'idea del maggiore o minor spirito religioso che regnava in ciascuna famiglia.
Ahimè! Quante lacune e quante miserie! Constatò con dolore che in un certo numero di famiglie da lui dipendenti, specialmente fra coloro che erano cresciuti nell'epoca turbinosa della rivoluzione, cioè i giovani e le giovani, gli uomini e le donne dai venticinque ai trentacinque anni, non si conoscevano neppure le più elementari nozioni di religione, e si dava impunemente lo scandalo della corruzione. Né mancavano quelli che giungevano perfino a vantarsene, affermando che nel ballo, nella profanazione della domenica ... non vi era alcun male 42.
Come richiamare all'ovile queste anime folli? Il giovane pastore sentì tutto il peso della sua impotenza, ma non si perdette di coraggio; gli rimanevano ancora due cose: Dio e l'avvenire ...
Canonico FRANCESCO TROCHU