L’ultimo di tutti
Con la mente confusa e il cuore oppresso, getto da ogni parte sguardi ansiosi. La mia condizione appare disperata: il peccato mi ha sbattuto qui. Non posso contare affatto su di me e non posso esigere niente dalla giustizia divina. Sono dunque davanti ad un problema senza soluzione? No, perché la Misericordia lo risolve: si china sulla mia indegnità e la guarda con affetto, come una madre. Fa scendere sulla mia afflizione le promesse più insperate: perdono, aiuto, grazia, addirittura amore. Tutto è posto a mia disposizione.
Ora, gli impegni che Dio assume sono sacri: costituiscono tutto un ordine di misericordia dello stesso valore dell'ordine della giustizia. Se il regìme della giustizia ha le sue leggi, quello della misericordia ne ha altrettante, e queste leggi sottostanno alle rispettive condizioni. Sotto il regno della giustizia, la condizione è il diritto; sotto il regno della misericordia, la condizione è l'umiltà.
Se io mi rendo umile, se mi ritengo del tutto impotente, se sto attento a non disprezzare gli altri e se prego, io compio la mia parte e Dio, mantenendo le promesse, compie la sua. Nonostante la mia miseria, egli mi ama, mi protegge, mi dona la sua Grazia.
Quanto non potrei esigere dalla sua giustizia, lo ricevo infallibilmente dalla sua misericordia.
Misericordia e umiltà sono termini correlativi. La miseria è un abbassamento, come l'umiltà; ma la miseria deriva dalla nostra condizione, l'umiltà proviene dalla volontà. La misericordia ama solamente la miseria che si umilia, e la salva.
Comprendo adesso perché i santi attribuiscono all'umiltà il dono della perseveranza. Se sono umile, rimango nell'ordine, che consiste nella sottomissione universale. Avrò l'ardire di distinguere fra i voleri divini e respingere quelli che non obbligano sotto pena di peccato? Potrò mormorare davanti ai doveri difficili o alle circostanze dolorose? Se io credo di non essere strettamente tenuto a certi gradi di sottomissione, neppure Dio mi deve certe speciali grazie di preservazione.
Se sono umile, avverto il bisogno dell'aiuto divino e prego. Il ruolo della preghiera risulta qui in tutta la sua evidenza. Con essa otterrò quanto non avrei saputo ottenere da me, né interamente meritare. Più capirò il valore di queste verità fondamentali, tanto più sarò portato alla preghiera.
Con cuore aperto ripeterò il grido della Liturgia: «O Dio, vieni a salvarmi. Signore, vieni presto in mio aiuto» (cf. Sal 69, 2)! Da quale intimo sussulto sarò preso nel ripetere: «Non ci indurre in tentazione»! Mi accosterò con le mani giunte a tutti coloro che possono intercedere per me, ai santi, agli angeli, a Maria! Quali accenti di fede metterò nella formula onnipotente: «Per Cristo nostro Signore»!
La grazia che imploro in questo momento, grazia delle grazie, è quella di diventare umile. La domanderò senza fine e per ottenerla userò le maniere umili della Cananea (cf. Mc 7, 27-30). Voglio essere umile, perché voglio salvarmi.
Leopold Beaudenom
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