La possessione diabolica, cioè la presenza demoniaca in coloro che generalmente prendono il nome
di indemoniati o di energumeni, è molto più impressionante della semplice infestazione perché dura
più a lungo, talvolta anche anni, ed è accompagnata da fenomeni visibili e controllabili da altri
testimoni esterni sia durante sia fuori dell’esorcismo è tuttavia meno pericolosa e più rara. Tra
l’infestazione e la possessione troviamo una differenza sostanziale: la prima è costituita da una serie
di assalti esteriori del demonio, mentre nella seconda — come dice il nome — abbiamo una vera e
propria presa di possesso del corpo della vittima da parte di satana.
Secondo il rituale romano la possessione diabolica è l’intrusione dispotica e violenta del demonio
nel corpo di un uomo che egli, poi, dirige e maneggia a suo arbitrio come fosse il proprio corpo. Il
demonio non ha corpo, ma può compiere tutti gli atti corporei in un corpo altrui, di cui si è
impossessato muoversi, agire, parlare.
La chiesa riconosce questi fenomeni come autentici e autorizza l’esorcista a porre delle domande,
alle quali il demonio non solo può, ma è obbligato a rispondere. E questo il mezzo più sicuro per
stabilire se veramente si tratta di possessione diabolica. Le domande, sempre secondo il rituale
romano, non saranno né superflue nè inutili, né dettate da vana curiosità, ma saranno limitate alla
sola necessità del momento per sapere il nome e il numero degli eventuali demoni presenti nel
corpo dell’ossesso, anzi queste ultime domande non potranno mai essere omesse.
Durante la possessione diabolica il paziente perde la conoscenza di ciò che fa e di ciò che dice e,
passata la crisi, non ricorda più nulla di quello che ha fatto e detto. Amnesia completa che ha una
certa somiglianza con lo stato di ipnosi nel quale l’ipnotizzato perde totalmente la coscienza e la
memoria dei suoi atti. L’analogia tra lo stato di crisi diabolica e di ipnosi è molto affine. I punti di
somiglianza sono molto più numerosi di quelli della dissomiglianza. Nell’una e nell’altra la
responsabilità degli atti è da attribuirsi non all’ipnotizzato, che è incosciente di quello che fa, ma
all’ipnotizzatore che lo domina e lo dirige in tutto. Tuttavia il caso della possessione diabolica,
considerato in tutti i suoi elementi, deve ritenersi molto superiore all’ipnosi per la forza e la
violenza del demonio che è simile, ma non uguale a quella di un semplice ipnotizzatore.
La possessione diabolica, anche se rara, è non solo possibile, ma, in certi casi più controllati e
esaminati, talmente certa che, secondo alcuni teologi, diventa materia di fede. Metterla in dubbio
vorrebbe dire porsi ai margini del dogma col rischio di gettare un’ombra anche su altre verità
connesse con l’esistenza degli spiriti del male.
Molte testimonianze del vangelo insistono sull'esistenza della possessione diabolica. Uno dei
caratteri più impressionanti della missione di Gesù è il dominio da lui esercitato sui demoni, i suoi
frequenti interventi contro di essi e il potere dato ai suoi apostoli, e attraverso loro alla chiesa
cattolica, di cacciare i demoni: «Curate gli infermi... cacciate i demoni» (Mt 10,8). Gesù Cristo
incontra spesso quei poveri posseduti dal demonio e domanda con autorità: «Qual'è il tuo nome?» e
il demonio è costretto a rispondere: «Il mio nome è legione perché siamo molti» (Mc 5,9) e lo
obbliga ad abbandonare la sua vittima: «Taci! esci da quest’uomo» (Mc 2,21). I casi di indemoniati
liberati da Gesù sono molto frequenti. Il vangelo ne riporta solo alcuni riassumendoli alla fine in
una frase generica: «Portarono a lui quelli che avevano i demoni ed egli li curò» (Mt 4,24). Dato
che il Vangelo parla a chiare lettere di «demonio», di «indemoniati», di «spiriti immondi», e cita
fatti e miracoli di liberazione di indemoniati ricordando l’atteggiamento e le parole di Gesù con
espressioni che non possono lasciare dubbi ragionevoli sull’entità del male curato e dei personaggi
interessati, sarebbe molto pericoloso e temerario dar loro un’interpretazione diversa o contraria da
quella che il sacro testo ha inteso. Pensare che Gesù si sia ingannato o per lo meno che si sia
adattato al linguaggio e alla mentalità del tempo chiamando opera del demonio quello che era
semplicemente effetto di isteria o di turbi psichici di origine naturale, significherebbe
compromettere la divinità stessa di Gesù Cristo. Colui che si definirà «Via, Verità e Vita» (Gv 14,6),
che era venuto a rendere testimonianza alla verità (Gv 18,37), non poteva ingannare i suoi uditori
facendo loro credere il falso per vero. Egli che era venuto «per distruggere l’opera del diavolo» (1
Gv 3,8) e che affidava ai suoi discepoli il compito di cacciare i demoni, non poteva lasciar dubbi su
una verità così importante e fondamentale.
Lo stesso potere esercitato da Gesù sui demoni è trasmesso agli apostoli, legato con la loro missione
di evangelizzare e convertire tutti i popoli, e tramite loro alla chiesa. Nella storia della chiesa, dai
primi secoli, dai tempi apostolici fino ai giorni nostri, i casi di possessione diabolica debitamente
controllati e autenticati sono esistiti sempre e i santi e gli esorcisti sono intervenuti spesso a liberare
le infelici vittime. Per questo la chiesa ha istituito gli esorcismi ufficiali contro satana contenuti nel
rituale romano e nel Pontificale romano, dei quali sia fa uso anche oggi dopo ottenuta licenza dal
vescovo del luogo. Per questo sarebbe temerario, con rischio anche di eresia, negare per idee
preconcette o per altri motivi, la realtà della Possessione diabolica.
La possessione diabolica è costituita da due elementi, dalla presenza del demonio nel corpo
dell’ossesso e dal dominio dispotico che egli esercita sul corpo, e, attraverso il corpo, sull’anima. Il
demonio invade, per speciale permissione di Dio, il corpo di un uomo o di una donna e ne muove
gli organi a suo arbitrio come se si trattasse di cosa propria.
La presenza del demonio nel corpo dell’indemoniato non è perciò da identificare con la presenza
dell’anima che è la forma sostanziale del corpo: è una penetrazione violenta, una presa di possesso
fatta con forza, spesso — ma non sempre — contro la volontà della vittima. San Tommaso la
paragona a un motore esterno, al nocchiero che guida la nave18, ma che non è immedesimato con la
nave, limitato al solo corpo senza entrare nell’anima che rimane libera e indipendente nei suoi atti.
Il demonio agisce direttamente sul corpo e solo indirettamente sull’anima e sulle sue facoltà per
quel tanto che nell’operare esse dipendono dal corpo. Anche se per l’invasione diabolica, sempre
dispotica, l’esercizio della vita cosciente è sospeso, l’anima non ne è invasa e resta libera. Solo Dio
ha il potere di penetrare nella sua essenza con la sua virtù creatrice e di stabilirvi la sua dimora con
l’unione speciale della grazia.
C’è una domanda che spesso si è presentata alla nostra mente e che forse si è presentata anche al
lettore: la possessione diabolica avviene nelle donne o negli uomini? o piuttosto è più frequente
nelle prime che nei secondi?
Nei casi di ossessione riportati dai vangeli sono più numerosi gli ossessi maschili che femminili.
L’ossessa più conosciuta è Maria di Magdala, la Maddalena, da cui Gesù aveva cacciato sette
demoni (Lc 8,2), ma non è l’unica. Tuttavia gli ossessi maschili si incontrano nelle sacre pagine più
spesso. Dopo il vangelo però sembra che avvenga il contrario. Nei cinque casi di possessione
riportati nella parte seconda di questo nostro lavoro i protagonisti sono quattro donne di diversa età,
condizione e ambiente, e due bambini di circa dieci anni. Anche in altri casi recenti di possessione
diabolica le vittime sono principalmente donne. Tutto farebbe pensare quindi che il demonio riesce
a trovare più facile adito nel sesso debole o nei bambini, in soggetti cioè che non siano in grado di
opporre grande resistenza ai suoi soprusi e alla sua violenza. Léon Bloy ha scritto: «Il demonio è un
superbo zerbinotto che va in cerca di donne»19. Altri autori recenti, per quanto non lo affermino
apertamente, lo lasciano facilmente intuire da calcoli statistici. Si può dunque dire che ci sia nella
donna una particolare predisposizione a essere posseduta dal demonio, superiore a quella che si
potrebbe trovare nell’uomo? La domanda non ha una facile risposta. Il demonio non ha sesso e per
lui è l’uomo, creatura di Dio, e l’anima che interessa, non il sesso a cui appartiene. Le statistiche
stesse non ci possono aiutare a rispondere a questi perché. Al più potrebbero dirci che, data la
particolare psicologia della donna, più frequenti in campo femminile sono le possessioni false,
effetto di isteria o di altri disturbi psichici. Le anomalie, le esagerazioni della sensibilità,
dell’emotività, sono più facili nella donna che per sua natura è più emotiva e sentimentale
dell’uomo, e quindi più vicina a quei limiti oltre i quali ha inizio l’anormalità20.
Nella possessione diabolica troviamo due fasi distinte, quella di crisi e quella di calma.
— la fase di crisi è quella in cui la presenza diabolica si manifesta nella sua forma più deteriore, in
cui il demonio esercita il suo tirannico dominio imprimendo al corpo un’agitazione febbrile che si
palesa in contorcimenti, in atti, in scoppi di rabbia, in parole empie, oscenità e bestemmie
innominabili. E il momento in cui il demonio si rivela apertamente e la stessa violenza di queste
manifestazioni ne impedisce la continuità e la durata. Vogliamo tornare più sotto, in un capitolo a
parte, su questo rilevante aspetto della possessione diabolica che, come si è detto, è tra tutti il più
impressionante e in certo senso il più pauroso, anche se il meno pericoloso e il meno frequente. I
casi in cui l’indemoniato conserva la coscienza dei suoi atti durante la crisi diabolica sono molto
rari. Il più celebre è quello del padre Jean Surin, gesuita del Seicento, l’esorcista delle Orsoline di
Loudon, episodio celebre di possessione diabolica collettiva, non sempre rettamente presentato
dagli storici e soggetto di un film di questi ultimi anni, il quale, per meglio capire lo stato delle
indemoniate da lui esorcizzate, chiese a Dio di essere lui stesso posseduto dal demonio, e rimase in
quello stato per dodici anni. In una lettera al confratello padre Attichy del 3 maggio 1635 descrive
ciò che sentiva e che avveniva in lui durante le crisi diaboliche: sentiva la sua anima come divisa in
due, aperta per un senso alle impressioni diaboliche e per l’altro abbandonata all’azione di Dio.
Mentre il corpo ruzzolava per terra sotto l’azione violenta del demonio, la sua anima si rivolgeva a
Dio nella preghiera: «Il mio stato è tale — egli scrive — che mi restano ben poche azioni in cui io
sia libero... Io non so dire quello che passa in me durante questo tempo né come tale spirito si
unisca al mio senza togliermi né la conoscenza né la coscienza né la libertà. Egli sta là come un
altro io, mi pare allora di avere due anime, una delle quali contempla quello che fa l’altra»21.
— la fase di calma, al contrario, non rivela per nulla la presenza del demonio nel corpo dell’ossesso,
il quale anzi si direbbe che si sia ritirato. Spesse volte però si è costatato in questi ossessi una specie
di malattia diventata cronica che esula dalle categorie patologiche registrate dalla scienza medica e
contro cui poco o nulla possono i rimedi ordinari della medicina. Anche la malattia, a titolo di
conseguenza del peccato è un’altra manifestazione di satana (Lc 13,16). Così gli esorcismi del
vangelo avvengono spesso in forma di guarigione (Mt 9,32; Lc 13,10).
Dal fin qui detto risulta che la possessione diabolica non è sempre continua. Il demonio che ha
preso possesso di un corpo, ne può uscire per un certo tempo e tornare quando vuole per continuare
le sue vessazioni finché dura la permissione divina.
Ma la durata o la continuità di questa presenza non è la parte essenziale della possessione. Elemento
essenziale è un diritto che ha lo spirito maligno di risiedere in un corpo e di farlo agire in qualche
maniera secondo la sua volontà e a suo arbitrio. La continuità o meno di questa presenza, la
violenza o meno della sua manifestazione, il disagio o meno che questa presenza e quella violenza
producono sul paziente, sono elementi accessori che si aggiungono e completano l’elemento
essenziale.
Non è infrequente il caso in cui parecchi demoni siano insediati nella stessa persona, il che dimostra
chiaramente la loro debolezza. Infedeli a Dio, sono stati vinti da Cristo venuto a liberarci dalla loro
schiavitù. Armati della sua forza liberante i cristiani possono ormai lottare contro di essi con tutta
fiducia, anche se sono in molti a occupare il corpo. Il vangelo di Marco dice che la Maddalena fu
liberata da sette demoni (Mc 16,9) e che l’indemoniato di Gerasa fu liberato da «una legione» di
demoni, che chiesero e ottennero da Gesù di entrare nella mandria di duemila porci (Mc 5,9-13).
Esempi simili a questi si trovano in abbondanza nella storia di altri indemoniati antichi e recenti,
dove i demoni, costretti dall’esorcista, hanno dovuto confessare il loro nome, il loro numero, per
quanto le dichiarazioni del demonio, padre della menzogna, debbano sempre essere prese con
cautela e con beneficio di inventario.
Di solito la possessione diabolica avviene nei peccatori. Le eccezioni sono piuttosto rare. I santi,
amici di Dio, sono colpiti generalmente da tentazioni e da infestazioni, come si è verificato più
volte, ma rarissimamente da possessioni propriamente dette. La causa più comune della possessione
è il peccato. Dio non permette questo grande male se non per castigare il peccato e per ispirare un
grande orrore al peccato. L’elenco dei peccati che attirano sul colpevole questo castigo è piuttosto
lungo: l’infedeltà, l’apostasia, l’abuso della santissima Eucarestia, le messe nere, la bestemmia,
l’orgoglio, la lussuria, l’invidia, l’avarizia, la persecuzione della chiesa e degli uomini di chiesa, il
disprezzo di Dio e delle cose sante, il patto col diavolo sottoscritto col proprio sangue. La storia
registra numerosi esempi di questi spaventosi castighi che rappresentano per i peccatori l’inferno
anticipato.
Non è raro il caso che la possessione sia conseguenza di una maledizione o di un maleficio. Ne
parleremo più dettagliatamente nel corso di questo studio. In questa materia
— notiamo anche questo — è necessario procedere con molta prudenza e cautela perché è troppo
facile cedere alla superstizione o alla fantasia. Non tutto ciò che sembra diabolico viene dal diavolo,
ma da cause naturali e comuni. Tuttavia è accertato che alcune forme di maledizione e di scongiuri
raggiungono quasi sempre il loro effetto. Così si dica delle maledizioni pronunziate da un padre o
da una madre sui propri figli e nipoti, o delle maledizioni pronunziate da un sacerdote. Queste due
maledizioni sono le più pericolose generalmente seguite da conseguenze disastrose e difficilmente
sanabili anche con esorcismi.
Altra causa di possessione diabolica è la volontà stessa dell’indemoniato che l’ha chiesta con
sottoscrizione volontaria firmata col proprio sangue. Casi di questo genere si sono verificati e
costatati più volte, anche se anche qui, come si è detto sopra, è necessaria molta prudenza quando si
citano casi particolari.
Un’altra osservazione: Dio si serve talvolta della possessione diabolica per purificare meglio
un’anima, abbandona il corpo dei suoi servi alla crudeltà di satana per santificarlo maggiormente
come si legge nella Sacra Scrittura del paziente Giobbe, o più recentemente del già citato padre
Surin, o di suor Maria Crocifissa, carmelitana araba, morta a Betlemme nel 1878, beatificata nel
1983. Questa terribile prova ha una meravigliosa efficacia per ispirare orrore al demonio e al
peccato, timore del giudizio di Dio, umiltà e spirito di orazione. Essa è utile anche al prossimo che
assiste allo spettacolo di queste sofferenze atroci, di questa rabbia del demonio contro Dio e contro
l’uomo, e infine dell’intervento di Dio a favore dei suoi servi. La liberazione degli indemoniati
attraverso l’esorcismo mette in risalto la divinità di Gesù Cristo, il trionfo di Maria sui demoni, la
potenza della chiesa, il credito dei santi. Il nome di Gesù è invocato negli esorcismi, fa tremare i
demoni e li costringe ad abbandonare i corpi che tormentano. Dio permette il male per trarne del
bene.
Paolo Calliari
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