mercoledì 20 febbraio 2019

Dio chiama chi ama




Cerchiamo di infrangere il tabù che sta dietro la parola vocazione.



Nella vocazione sta il senso della nostra vita. È vivendo in essa che possiamo raggiungere il massimo delle nostre potenzialità e della nostra capacità di dono. Nella realizzazione del progetto che Dio ha pensato per noi sta il segreto della felicità.
La vocazione è una realtà molto ricca e complessa. Potrebbe essere rappresentata come punto di sintesi e d'equilibrio fra varie componenti. Espressione del dialogo tra la volontà di Dio e quella dell'uomo si realizza nell'incontro tra le ricchezze della persona e gli appelli che la vita fa a ciascuno, tra il proprio desiderio di libertà e il proprio senso di responsabilità, tra i bisogni dell'individuo e le attese della comunità, tra esperienza passata e progetto di sé. Tutto ciò fa della vocazione una realtà relazionale e dinamica che si sviluppa grazie alla capacità di autodeterminazione del soggetto.
Essa muta al mutar delle situazioni pur seguendo un filo logico, provvidenzialmente tracciato, che diviene comprensibile all'individuo solo ad una lettura retrospettiva, profonda ed illuminata, della propria storia.

 La sofferenza di una vita senza senso

La parola vocazione viene dal latino e significa chiamata. E Dio che chiama l'uomo: ad ogni persona affida una missione, un progetto da realizzare. All'individuo spetta il compito di rispondere all'appello di Dio. Solamente chi «centra la propria vocazione» realizza a pieno la sua vita spendendola per l'obiettivo per cui è stato creato.

A questo proposito è interessante notare come l'etimologia della paro-la peccato in ebraico significhi proprio «sbagliare mira», «non centrare l'obiettivo», «camminare fuori strada»: in altre parole, essere fuori dal progetto di Dio.(…)
Viceversa anche tu avrai potuto sperimentare quanto sia pacificante vivere accanto a persone che hanno centrato in pieno la loro vocazione, che con equilibrio sanno mettere a frutto le proprie potenzialità ed accettare i propri limiti. Sono individui profondamente in pace con se stessi e con gli altri perché «al proprio posto».

Anche la psicologia, utilizzando la categoria della significatività, ci offre una riflessione assai interessante. Victor E. Frankl, psicoterapeuta viennese, afferma «Ogni epoca ha la sua nevrosi. In realtà, noi oggi non siamo di fronte, come ai tempi di Freud, ad una frustrazione sessuale, quanto piuttosto ad una frustrazione esistenziale. Il paziente di oggi soffre di un abissale sentimento di insignificanza, intimamente connesso a un senso di vuoto esistenziale».

Chi non scopre il senso della propria vita o, in altre parole, la propria vocazione, è condannato alla frustrazione e al vuoto interiore. Un vuoto che si fa sempre più strada anche tra i giovani. I tentativi di fuga da questo sentimento sono vari (stressarsi in mille attività, ubriacarsi, drogarsi, stordirsi con la musica, fare sesso ecc.) ma tutti inefficaci.

 A tutti è data una vocazione da realizzare

Non è facile parlare oggi ai giovani di vocazione a causa dei tanti preconcetti che nel tempo sono venuti a formarsi su questo tema. Per questo prima di entrare nel vivo dell'argomento sono obbligato a fare un lavoro previo per sgombrare il campo dai tanti pregiudizi.

L'idea più pericolosa è che la vocazione non interessi tutti, ma solo alcuni: quelli che sono chiamati a diventare preti o suore.
Fortunatamente il Concilio Vaticano II si è opposto a questo modo di pensare asserendo che tutti siamo chiamati, a tutti Dio affida una vocazione, tutti Dio chiama alla santità, alla radicalità evangelica. È in-teressante come Giovanni Paolo II, nell'enciclica sui laici (Christifi-deles laici, 16), parlando della vocazione di tutti alla santità, affermi che «questa è stata la consegna primaria affidata dal Concilio [...] alla Chiesa». Capisci, il Papa dice che la cosa più importante che ha detto il Concilio è che tutti siamo chiamati a farci santi.

 Tutti siamo chiamati alla santità

Questo è il sogno che Dio nutre per ciascuno di noi. La santità, come abbiamo visto, non è un privilegio per i più belli o i più simpatici. Dio vuole tutti santi, anche te!
Sei stato creato per questo. Questo stesso è il desiderio più profondo che portiamo dentro di noi. È il desiderio verso il quale è protesa la tua stessa natura. Come non puoi chiedere ad una mucca di darti del vino se è stata creata per fare il latte, così non puoi chiedere a te stes-so una vita di compromessi se sei stato creato per la santità. Questa è l'unica via che può darti quella felicità alla quale aneli.

Per tutto questo è opportuno vincere la paura
di confrontarsi con essa.
Occorre quindi fare chiarezza.

Una premessa: Dio non gioca a nascondino!
Occorre subito sfatare un'idea sbagliata secondo la quale scoprire la propria vocazione è veramente difficile. È vero, Dio non ti telefonerà per comunicarti quanto vuole da te. Per comprendere la tua vocazione hai bisogno di impegno e discernimento. Allo stesso modo, però, è ridicola l'idea di un Dio che giochi a nascondersi. Non è così!
La vocazione prima di essere il nostro problema è quanto Dio stesso ci vuoi comunicare. Dio vuoi farci conoscere qual è il senso della nostra vita, molto di più di quanto noi stessi lo desideriamo.

 Così fa di tutto per comunicarcelo. Il problema non sta in Lui, ma in noi che non vogliamo ascoltarlo. Lo sappiamo benissimo: non c'è peggior sordo di chi non vuoi sentire!

Mettiti allora in ricerca della tua vocazione animato da questa certezza: Dio vuoi parlarmi! Alla domanda se è difficile conoscere la propria vocazione, Giuseppe Lazzati, ha dato questa risposta: «Direi che in fondo non è difficile, se noi non complichiamo le cose, se cioè abbiamo volontà per conoscerla e la lealtà per riconoscerla» (1990).
Mantieni quindi vivo il desiderio di sapere qual è la volontà di Dio su di te e non porre resistenza.

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