Perché si arriva a negare l’esistenza di satana?
Principalmente per due motivi: la tendenza innata in noi di credere a ciò che piace e di negare ciò che non piace, o di metterlo in dubbio. Facile creditur quod amatur, dice san Tommaso.
Che il pensiero del diavolo, della sua presenza e della sua attività dia fastidio a molti è cosa più che normale, come è spiegabile che per togliersi questo fastidio e questo incubo essi arrivino a negano del tutto o a vederlo sotto un aspetto puramente allegorico come un simbolo del male in genere, o delle cattive inclinazioni dell’uomo, o delle forze perverse che dominano il mondo, attribuendo- gli un’esistenza a sè staccata da qualunque entità personale. «Il diavolo è un sogno», dice Aleardo Aleardi (1812-i878); è «colui che personifica l’idea del male», soggiunge Arturo Graf (1848-1913); «satana, ovvero l’ipotesi gratuita deve essere il suo pseudonimo preferito», afferma André Gide; è «l’incarnazione degli istinti anali erotici soppressi», spiega Sigmund Freud; è «il male che l’uomo fa all’uomo», dice ancora lo scrittore moderno John Galsworthy; «il simbolo della ribellione, la forza vindice della ragione, che spezza i vincoli dei dogma e assale il Geova dei sacerdoti», canta il Carducci nell’inno a satana.
Insomma il diavolo non è più il diavolo per l’uomo moderno. Questo nome non gli dice più nulla tutta’al più potrà servire ancora a spaventare i bambini e gli adulti che sono rimasti bambini. Per questo accade che tra i cristiani d’oggi siano ben rari coloro che credono effettivamente al diavolo e facciano di questo articolo di fede un elemento attivo della loro vita religiosa. E anche fra coloro che pretendono di essere e si professano fedeli all’insegnamento della chiesa, se ne trovano molti che ammettono senza difficoltà di non essere disposti a credere all’esistenza di satana.
Il secondo motivo deve essere cercato a monte, cioè nell’insegnamento di quei teologi moderni i quali, in contrasto con l’insegnamento ufficiale del magistero ecclesiastico, hanno messo in dubbio l’esistenza del demonio, o, più spesso, l’hanno presentato sotto un aspetto che non è il suo, privandolo di qualunque entità personale e relegandolo nel mondo della fantasia popolare o del simbolismo allegorico.
Già Giovanni Papini scriveva nel 1953:
«I teologi, da qualche secolo, appena bisbigliano di lui (del diavolo) quasi si vergognassero di credere alla sua “presenza reale” o avessero paura di fissarlo in viso, di scandagliarne l’essenza. I Padri della chiesa e gli Scolastici ne parlavano a lungo e gli consacravano trattati interi. Oggi invecei loro timidi successori si contentano di parlarne di sfuggita nel capitolo degli angeli e del peccato originale, quasi con ritegno e pudore come se temessero di scandalizzare gli spiriti liberi che hanno espulso dalla buona società dell’Intellighentzia le “superstizioni medioevali”». 28
Ma dal 1953 in poi i teologi sono andati anche molto più in là di quanto affermava Papini non parlandone più nemmeno in rapporto al peccato originale, confondendo l’esistenza del demonio conla sua presenza in determinati casi — presenza che talvolta non esiste perché nel caso erano intervenute cause naturali spiegabili con la scienza umana —; perché in quei determinati casi la presenza del demonio non c’era, arrivano a negarlo anche, su tutta la linea, nella sua esistenza.
Oppure, ricorrendo a un altro ripiego, confondono il demonio col male. Il diavolo, lo sappiamo, è per natura malefico, fomentatore e sostenitore del male, ma non è il male in se stesso. Autore del male, specialmente del male morale, il peccato, è l’uomo, magari tentato e sollecitato dal diavolo, ma restando sempre responsabile del proprio operato. Il male è sempre un concetto puramente astratto che esiste solo in rapporto a chi lo fa, al suo autore, l’uomo. Identificando il male col demonio, diventato la personificazione del male, diventa anch’egli un concetto astratto, non esistente come entità individuale e personale.
Questa falsa concezione, o meglio questa banalizzazione e distruzione del concetto di demonio, risulta in diversi studi recenti di demonologia, firmati da studiosi, per lo più stranieri, che vanno per la maggiore, i quali hanno avuto una relativamente larga accoglienza di pubblico anche tra i cattolici. I titoli dei loro libri dicono abbastanza del loro contenuto: «La liquidazione del diavolo», 1973, di H. Haag; «La credenza nel diavolo», 1976, di K. Ellinger; «Angeli e diavoli», 1972, di (AA.VV.); «La morte di Satana», 1969, di H. Kelly; «Satana, i demoni sono niente», 1975 (AA.VV.); «Il diavolo è mio fratello», 1986, di G. Franzoni, ed altri.
Dire che queste conclusioni aberranti siano in aperto contrasto con l’insegnamento ufficiale della chiesa è cosa ovvia. Da sempre la chiesa, basandosi sui testi della Sacra Scrittura del Vecchio e del Nuovo Testamento, ha insistito sull’esistenza del demonio come persona e sulla sua opera contro Dio e a danno dell’uomo.
Ci sono al riguardo le testimonianze dei Padri, dai primi secoli fino al medioevo, dei teologi di tutti i tempi, dei papi, dei concili. Tra i concili che trattano di demonologia sono da ricordare specialmente il Lateranense IV (1215), il concilio di Firenze (1447), di Trento (1563) e recentissimoil secondo concilio Vaticano del 1966, sul quale vogliamo fermarci un p0’ più a lungo.
Gli interventi dei papi e del magistero ecclesiastico si sono fatti più frequenti e insistenti in questi ultimi anni appunto per il fenomeno sopra accennato.
15 ottobre 1968: una commissione cardinalizia è incaricata di esaminare il nuovo catechismo olandese che diceva: «Credere o no al demonio non intacca la fede», e obbligò a correggere e a completare tale affermazione.
Il 9 giugno 1971 un rescritto della Congregazione per la dottrina della fede prendeva posizione contro la pubblicazione di Herbert Haag Abschied vom Teufd, la liquidazione del diavolo, uscito in traduzione italiana a Brescia, Queriniana, nel 1973.
Spesse volte i papi, in questi ultimi tempi, sono intervenuti personalmente per richiamare i fedeli alla credenza nel demonio e sui pericoli della sua presenza in seno alla chiesa. Ne ricordiamo alcuni.
Leone XIII (t1903) ne parla in diverse sue encicliche e lettere apostoliche accennando anche al culto satanico praticato e promosso da diverse società segrete di chiara derivazione massonica. Per ostacolare l’opera di satana, specialmente attiva negli anni del suo pontificato, aveva scritto la preghiera a san Michele arcangelo che i sacerdoti erano tenuti a recitare tutti i giorni al termine della santa messa:
«San Michele Arcangelo, sii nostra difesa nella lotta. Contro le nequizie e le seduzioni del demonio sii tu il nostro scudo. Imperet illi Deus, sia Dio a comandare a lui, te lo chiediamo supplichevoli. E tu, principe delle schiere celesti, ricaccia nell’inferno con la potenza divina satana e tutti gli altri spiriti di perdizione che vagano nel mondo per la rovina delle anime. Amen».
Paolo VI il 30 giugno 1968, a conclusione dell’«Anno della fede», pubblicava la solenne Professione di fede in cui era ribadita, tra l’altro, la verità dogmatica dell’esistenza degli angeli buoni e cattivi. Lo stesso papa interveniva più esplicitamente il 29 giugno 1972, festa di san Pietro, nell’omelia tenuta nella basilica vaticana dove affermava di aver la sensazione «che da qualche fessura sia entrato il fumo di satana nel tempio di Dio... Crediamo in qualche cosa di preternaturale venuto nel mondo proprio per turbare, per soffocare i frutti del concilio ecumenico e per impedire che la chiesa scoppiasse nell’inno di gioia per aver avuto in pienezza la coscienza di sé».
Le parole di Paolo VI trovarono subito nel mondo ateo e laicista del tempo un riscontro in parte violento in parte umoristico. Se ne fece eco il giornalista liberale e laico Vittorio Gorresio che in data 29 luglio 1972, stupito e scandalizzato scriveva sulla Stampa di Torino:
«Paolo VI crede ancora al diavolo? ed ha coraggio di parlare del diavolo a noi uomini del secolo deilumi? Non è possibile, non è ammissibile. Si torna indietro. Con queste premesse non è possibile continuare un dialogo. Ogni suo colloquio con questo mondo diventa certo difficilissimo,.. ».29
Paolo VI per nulla sgomentato per questa improvvisa e stupida reazione ancora quattro mesi dopo, il 15 novembre, commentando le parole del Padre Nostro «Ma liberaci dal male», ritornava sullo stesso tema con accenti ancora più forti e più chiari:
«Quali sono oggi i bisogni maggiori della chiesa? Uno dei bisogni maggiori è la difesa da quel maleche chiamiamo il demonio. Il male non è più soltanto una deficienza, è una efficienza, un essere vivo, spirituale, pervertito e pervertitore. Terribile realtà. Mostruosa e paurosa. Esce dal quadro dell’insegnamento biblico ed ecclesiastico colui che si rifiuta di riconoscerla esistente, oppure la spiega come una pseudo-realtà, una personificazione fantastica delle cause ignote dei nostri malanni. .
Anche questa seconda uscita del papa suscitò, com’era da aspettarsi, la furiosa reazione dei laicisti con lo stesso risultato della precedente. Le critiche e le irrisioni dell’ateismo, ossia dell’ignoranza, non potevano impedire al papa di proclamare la verità.
Anche Giovanni Paolo II nelle sue ormai tradizionali catechesi del mercoledì non poteva fare a meno di tornare più volte sul terna dell’esistenza del diavolo. Ne riportiamo alcuni stralci.
«Gesù è venuto al mondo per rendere testimonianza alla verità su Dio e sull’uomo, a questa verità che all’inizio della storia dell’uomo sulla terra è stata falsificata. L’ha falsificata colui che la Sacra Scrittura chiama “il padre della menzogna”» (Gv 8,44) (31 marzo 1985). Sulla caduta degli angeli diceva il 23 luglio 1986:
«Gli angeli ribelli hanno voltato le spalle a Dio contro la verità della conoscenza che indicava in lui il bene totale e definitivo. Hanno scelto contro la rivelazione del mistero di Dio, contro la sua grazia che li rendeva partecipi della Trinità e dell’eterna amicizia con Dio nella comunione con lui mediante l’amore. Invece di una accettazione di Dio piena d’amore, gli hanno opposto il rifiuto ispirato da un falso sentimento di autosufficienza, e persino di odio che si è trasformato in ribellione».
Però sono i discorsi del mercoledì 13 e del mercoledì 20 agosto 1986, nei quali era spiegata la caduta degli angeli e la vittoria di Cristo sullo spirito del male, a fare andare in bestia ancora una volta i nostri bravi laicisti italiani: si è avuta l’impressione che toccare il diavolo fosse per certa gente come toccare e offendere il proprio padre o un parente carissimo. Certe prese di posizione non trovano altra spiegazione.
Nel primo discorso del 13 agosto il papa insisteva sulle conseguenze del radicale e irrevocabile rifiuto di Dio e del tentativo diabolico di sovvertire l’economia della salvezza e lo stesso ordinamento del creato. Un riflesso di questo atteggiamento lo si ritrova nelle parole del tentatore ai progenitori: «Sarete come Dio» (Gn 3,5):
«Così lo spirito maligno tenta di trapiantare nell’uomo l’atteggiamento di rivalità, di insubordinazione e di ribellione, che è diventato quasi la motivazione di tutta la sua esistenza. Respingendo la verità conosciuta su Dio satana diventa menzognero cosmico, “padre della menzogna”. Per questo egli vive nella radicale e irreversibile negazione di Dio e cerca di imporre agli altri esseri creati a immagine di Dio la sua tragica menzogna sul “Bene”, che è Dio. In questa condizione di menzogna satana diventa, secondo san Giovanni, anche “omicida”, cioè distruttore della vita soprannaturale che Dio sin dall’inizio aveva innestato in lui».
Nel discorso del 20 agosto 1986 il papa insisteva sulla vittoria riportata da Cristo crocifisso e risortosul diavolo a beneficio di tutti i credenti:
«Satana continua contro di noi la sua opera tentatrice e malefica — dice il papa — ma solo e sempre entro i limiti che gli sono consentiti da Dio, non oltre. Egli tuttavia non è in grado di annullare la definitiva finalità a cui tendono l’uomo e tutta la creazione, il bene. Egli non può ostacolare l’edificazione del regno di Dio. Anzi possiamo dire con san Paolo (Rm 8,28) che anche l’opera del maligno concorre al bene e che serve a edificare la gloria degli eletti (2 Tm, 2,10). Così tutta la storia dell’umanità si può considerare in funzione della salvezza nella quale è iscritta la vittoria di Cristo sul “principe di questo mondo”. Mentre l’esistenza degli angeli cattivi chiede a noiil senso della vigilanza per non cedere alle loro lusinghe, siamo certi che la vittoriosa potenza del Cristo redentore circonda la nostra vita perché ne siamo noi stessi vincitori».
Dal fin qui detto risulta con sufficiente evidenza che i papi non si sono associati e non si associano aquei «teologi timidi» denunciati da Giovanni Papini, che per conformismo, o per desiderio di popolarità, o comunque per motivi poco lodevoli, «si vergognano di credere alla presenza del diavolo, si contentano di parlarne di sfuggita o di non parlarne affatto per non scontrarsi con gli spiriti liberi dell’incredulità e dell’ateismo».
Il tema dell’esistenza del diavolo e di ciò che egli rappresenta nella storia e nella vita della chiesa non poteva mancare nel concilio Vaticano II (1962-1966). Il Vaticano II, come diremo subito, nei suoi decreti accenna diverse volte al demonio, ma come di passaggio, senza una trattazione ampia e a lungo respiro come ci si poteva aspettare in quegli anni caratterizzati dalla presenza massiccia del marxismo mondiale e della massoneria, infiltrata in tutti i settori della società, e all’indomani delle tristissime esperienze della seconda guerra mondiale con gli orrori del nazismo, e alla vigilia del fatidico Sessantotto i cui fermenti si facevano già notare anche nelle assemblee conciliari. Le occasioni di fermarsi su questo tema non mancavano davvero, e per dare una risposta autorevole agli enigmi della storia e della cronaca quotidiana quella risposta sarebbe stata oltre modo opportuna. Ma non tutti i padri, specialmente stranieri, erano d’accordo sull’argomento. In una relazione del tempo si legge che quando il vescovo di Sion, Svizzera, Monsignor Franois Adam, osòparlare della «presenza attiva di satana» si sentì nell’aula vaticana «une vague de feurire», uno scroscio di risa.
Il concilio nei suoi decreti parla del diavolo 18 volte sempre con testi corredati da citazioni scritturali in riferimento a satana e alla sua attività malefica. Non è possibile riportarli tutti in questocapitolo. Ci accontentiamo di tre che sembrano i più significativi, presi dalla costituzione pastorale Gaudium et Spes:
«Costituito da Dio in uno stato di giustizia, l’uomo, tentato dal maligno, fin dagli inizi della storia abusò della libertà erigendosi contro Dio e bramando di conseguire il suo fine fuori di Dio» (N. 13).
«Così l’uomo si trova in se stesso diviso. Per questo tutta la vita umana, sia individuale che collettiva, presenta i caratteri di una lotta drammatica tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre.
Anzi l’uomo si trova incapace di superare efficacemente da sé medesimo gli assalti del male, così che ognuno si sente come incatenato. Ma il Signore stesso è venuto a liberare l’uomo scacciando “ilprincipe di questo mondo”» (ivi).
«Tutta intera la storia umana è infatti pervasa da una lotta tremenda contro le potenze delle tenebre, lotta cominciata fin dall’origine del mondo, che durerà, come dice il Signore (Mt 24,13), fino all’ultimo giorno. Inserito in questa battaglia l’uomo deve combattere senza sosta per poter restare unito al bene, né può conseguire la sua interiore unità se non a prezzo di grandi fatiche e con l’aiuto della grazia di Dio» (N. 37).
Abbiamo voluto abbondare nelle citazioni dei testi del magistero ecclesiastico sia per far meglio conoscere questi importanti documenti, sia perché in essi è confermata con la massima autorità desiderabile la dottrina demonologica da noi esposta in queste pagine, sia infine perché molti punti particolari da noi poco o troppo fugacemente accennati trovano in questi testi una spiegazione più ampia e una motivazione teologica più fondata.
San Michele Arcangelo, sii nostra difesa nella battaglia. Contro le nequizie e le seduzioni del demonio sii tu il nostro scudo.
IMPERET ILLI DEUS: sia Dio a comandare su di lui, te lo chiediamo supplichevoli. E tu, principe delle schiere celesti, ricaccia nell’inferno con la potenza divina satana e tutti gli altri spiriti di perdizione che vagano nel mondo per la rovina delle anime. Amen.
LEONE XIII
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