lunedì 22 aprile 2019

LA VITA DI SAN BENEDETTO



tratto dal Libro II° dei "Dialoghi" di San Gregorio Magno


Gregorio:  seguitando  le  nostre  conversazioni,  parleremo  oggi di un  uomo veramente insigne, degno di ogni venerazione. Si chiamava Benedetto questo uomo e fu davvero benedetto di nome e di grazia. Fin dai primi anni della sua fanciullezza era già maturo e quasi precorrendo l'età con la gravità dei costumi, non volle mai abbassare l'animo verso i piaceri.

Se l'avesse voluto avrebbe potuto largamente godere gli svaghi del mondo, ma egli li disprezzò come fiori seccati e svaniti.

Era nato da nobile famiglia nella regione di Norcia. Pensarono di farlo studiare e lo mandarono a Roma dove era più facile attendere agli studi letterari. Lo attendeva però una grande delusione: non vi trovò altro, purtroppo, che giovani sbandati, rovinati per le strade del vizio.

Era ancora in tempo. Aveva appena posto un piede sulla soglia del mondo: lo ritrasse immediatamente indietro. Aveva capito che anche una parte di quella scienza mondana sarebbe stata sufficiente a precipitarlo intero negli abissi.

Abbandonò quindi con disprezzo gli studi, abbandonò la casa e i beni paterni e partì, alla ricerca di un abito che lo designasse consacrato al Signore. Gli ardeva nel cuore un'unica ansia: quella di piacere soltanto a Lui. Si allontanò quindi così: aveva  scelto  consapevolmente  di  essere  incolto,  ma  aveva  imparato sapientemente la scienza di Dio.

Certamente io non posso conoscere tutti i fatti della sua vita. Quel poco che sto  per  narrare,  l'ho  saputo  dalla  relazione  di  quattro  suoi  discepoli:  il reverendissimo  Costantino,  suo  successore  nel  governo  del  monastero; Valentiniano, che fu per molti anni superiore del monastero presso il Laterano; Simplicio, che per terzo governò la sua comunità; e infine Onorato, che ancora dirige il monastero in cui egli abitò nel primo periodo di vita religiosa.


1. Il primo miracolo

Abbandonati dunque gli studi letterari, Benedetto decise di ritirarsi in luogo solitario. La nutrice però che gli era teneramente affezionata, non volle distaccarsi da lui e, sola sola, ottenne di poterlo seguire. E partirono.

Giunti  alla  località  chiamata  Enfide,  quasi  costretti  dalla  carità  di  molte generose persone, dovettero interrompere il viaggio; presero così dimora presso la chiesa di S. Pietro.

Qualche giorno dopo, la nutrice aveva bisogno di mondare un po' di grano e chiese alle vicine che volessero prestarle un vaglio di coccio. Avendolo però lasciato sbadatamente sul tavolo, per caso cadde e si ruppe i due pezzi. Ed ora? 

L'utensile  non  era  suo,  ma  ricevuto  in  prestito:  cominciò  disperatamente  a piangere.

Il  giovanotto,  religioso  e  pio  com'era,  alla  vista  di  quelle  lacrime,  ebbe compassione di tanto dolore: presi i due pezzi del vaglio rotto, se ne andò a pregare e pianse. Quando si rialzò dalla preghiera, trovò al suo fianco lo staccio completamente  risanato,  senza  un  minimo  segno  d'incrinatura:  "Non  c'è  più bisogno di lacrime - disse, consolando dolcemente la nutrice - Il vaglio rotto eccolo qui, è sano!".

La cosa però fu risaputa da tutto il paese e suscitò tanta ammirazione che gli abitanti  vollero  sospendere  il  vaglio  all'ingresso  della  chiesa:  doveva  far conoscere ai presenti e ai posteri con quanto grado di grazia Benedetto, ancor giovane, aveva incominciato il cammino della perfezione.

Il vaglio restò lì per molti anni, a vista di tutti, e fino al tempo recente dei Longobardi, è rimasto appeso sopra la porta della chiesa.
 
Benedetto  però  non  amava  affatto  le  lodi  del  mondo:  bramava  piuttosto sottoporsi a disagi e fatiche per amore di Dio, che non farsi grande negli onori di questa vita. Proprio per questo prese la decisione di abbandonare anche la sua nutrice e nascostamente fuggì. Si diresse verso una località solitaria e deserta chiamata Subiaco, distante da Roma circa 40 miglia, località ricca di fresche e abbondantissime  acque,  che  prima  si  raccolgono  in  un  ampio  lago  e  poi  si trasformano in fiume.

Si affrettava dunque a passi svelti verso questa località, quando si incontrò per via con un monaco di nome Romano, che gli domandò dove andasse.

Conosciuta la sua risoluzione, gli offrì volentieri il suo aiuto. Lo rivestì quindi dell'abito santo, segno della consacrazione a Dio, lo fornì del poco necessario secondo le sue possibilità e gli rinnovò la promessa di non dire il segreto a nessuno.

In quel luogo di solitudine, l'uomo di Dio si nascose in una stretta e scabrosa spelonca. Rimase nascosto lì dentro tre anni e nessuno seppe mai niente, fatta eccezione del monaco Romano. Questi dimorava in un piccolo monastero non lontano, sotto la guida del padre Adeodato; con pie industrie, cercando il momento opportuno, sottraeva una parte della sua porzione di cibo e in giorni stabiliti la portava a Benedetto.

Dal monastero di Romano però non era possibile camminare fino allo speco, perché sopra di questo si stagliava un'altissima rupe. Romano quindi dall'alto di questa rupe, calava abilmente il pane con una lunghissima fune, a cui aveva agganciato un campanello: l'uomo di Dio sentiva, usciva fuori e lo prendeva.

Il bene però non piace mai allo spirito maligno: sentiva rabbia della carità dell'uno e della refezione dell'altro. Un giorno, osservando che veniva calato il pane, scagliò un sasso e ruppe il campanello. Romano però continuò lo stesso, come meglio poteva, a prestare questo generoso servizio.

Dio però, che tutto dispone, volle che Romano sospendesse la sua laboriosa carità e più ancora volle che la vita di Benedetto diventasse luminoso modello agli uomini:  questa  splendente  lucerna,  posta  sopra  il  candelabro,  doveva  ormai irradiare la sua luce a tutti quelli che sono nella casa di Dio.

Per questo il Signore stesso si degnò di trovarne la via. Un certo sacerdote, che abitava parecchio distante, si era preparata la mensa nel giorno di Pasqua. 
All'improvviso ecco una visione: è il Signore che parla: "Tu ti sei preparato cibi deliziosi, e va bene: ma guarda là; vedi quei luoghi? Lì c'è un mio servo che soffre la fame".

Il buon sacerdote balzò in piedi e nello stesso giorno solenne di Pasqua, raccolti gli alimenti che aveva preparato per sé, volò nella direzione indicatagli. 

Cercò l'uomo di Dio tra i dirupi dei monti, tra le insenature delle valli e tra gli antri delle grotte: lo trovò finalmente, nascosto nella spelonca.

Tutti e due volarono prima di tutto al Signore, innalzando a Lui benedizioni e preghiere. Sedettero poi, insieme, scambiandosi dolci pensieri sulle cose del cielo.

"Ora - disse poi il sacerdote - prendiamo anche un po' di cibo, perché oggi è Pasqua". "Oh, sì, - rispose Benedetto - oggi è proprio Pasqua per me, perché ho avuto la grazia di vedere te". Così lontano dagli uomini il servo di Dio ignorava persino che quel giorno fosse la solennità di Pasqua.

"Ma oggi è veramente il giorno della Risurrezione del Signore - riprese il sacerdote - e dunque non è bene che tu faccia digiuno. Io sono stato inviato qui proprio  per  questo,  per  cibarci  insieme,  da  buoni fratelli,  di questi  doni  che l'Onnipotenza di Dio ci ha messo davanti".

E così, con la lode di Dio sulle labbra, desinarono. Finita poi la refezione e scambiata qualche altra buona parola, il sacerdote fece ritorno alla sua chiesa.
 
Poco tempo dopo anche alcuni pastori scoprirono Benedetto nascosto dentro lo speco. Avendolo intravisto in mezzo alla boscaglia, coperto com'era di pelli, credettero sulle prime che si trattasse di una bestia selvatica. Ma riconosciutolo poi come un vero servo di Dio, molti di essi, che veramente eran pari alle bestie, mutati dalla grazia, si diedero a santa vita.

In seguito a questi fatti la fama di lui si diffuse in tutti i paesi vicini. E le visite sempre più diventarono frequenti: gli portavano cibi per sostenere il suo corpo e ripartivano col cuore ripieno di sante parole, alimento di vita per l'anima loro.

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