Una preghiera di adorazione: “ L'anima mia magnifica il Signore.. ” (Lc 1,47). La Vergine del Magnificat è testimone della fede nel Dio vero: il Dio della tenerezza e della misericordia. Come ieri Mosè, oggi Maria parla, agisce “
come se vedesse l'invisibile ” (Eb 11,27). E la sua preghiera è un canto.
Un canto di gioia e di azione di grazie... così bello che la liturgia delle Ore lo riprende le sera ai Vespri, da secoli. D'altra parte,
non molto tempo fa, molte parrocchie usavano cantare il Magnificat alla fine della Messa solenne la domenica.
“ Il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore... (Lc 1,47). Questa esuberanza di allegrezza è la gioia di una donna povera amata da Dio: “ Perché ha guardato l'umiltà della sua serva... ”. Questa azione di grazie personale Maria l'estende a tutto il popolo dei poveri: “ Tutte le generazioni
mi chiameranno beata... ”. Il Signore “ ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili... ” (Lc 1,48‑52).
E soprattutto la gioia di una mamma appagata: “ Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente... ” (Lc 1,49). Inaudite. Infinitamente più grandi di quelle che aveva compiute, in passato, per la liberazione d'Israele in Egitto o con la sua alleanza sul monte Sinai. Oggi il Signore viene in persona: “
Il Verbo si è fatto carne. Si chiama Gesù. Gesù, in ebraico, significa: Ihah è Salvatore. Questo dà una nuova profondità al versetto 47. René Laurentin nota in proposito: “
“L'anima mia magnifica il Signore mio salvatore”, canta Maria nel Magnificat. Queste parole si riferiscono alla fede in Dio che salva e a Gesù
salvatore, motivo di questa azione di grazie. Si potrebbe tradurre “in Deo Jesu meo”, come la volgata in Ab 3,18 ” (Les Evangiles de l'enfance du Christ, p. 209).
Questa gioia stupita per ciò che Dio ha compiuto per lei si dispiega in Maria nel “ Sì ” che riceve tutto da Dio e gli dà tutto: il tutto dell'“
umile serva ” (Lc 1,48). Non è forse questo il “ sì ” più vero, più perfetto, più libero dell'intera storia?
Il più responsabile, cioè il più impegnato? Il Magnificat di Maria, infatti, non è soltanto adorazione e lode, ma azione, coraggio, speranza. Ed anche lotta per la liberazione dei poveri.
Quale liberazione?
Dire che il Magnificat è un canto di azione di grazie è riconoscergli una portata eucaristica: con chiarezza questo traspare quando vi si legge che gli affamati sono stati
ricolmati di beni e i ricchi sono stati rimandati a mani vuote.
Ammessi alla tavola del Magnificat in cui la fraternità cessa di essere parola vana, la razza dei poveri, questa umanità nuova, mangia e si trova saziata.
Nella sua lode al Signore essa comprende che la fraternità, la riconoscenza, la forza di liberazione, la conversione e il perdono le sono donati, a questa tavola, come pane quotidiano
(Mons. A. Sanon, vescovo di Bobo‑Diulasso, Burkina‑Faso al “Simposio internazionale del Congresso Eucaristico”, Tolosa 1981).
e canto di liberazione ...
Maria proclama, nella sua realtà, l'evento del mistero della salvezza, la venuta del “ Messia dei poveri ”. Attingendo dal cuore di Maria, dalla profondità
della sua fede, espressa nella parola del Magnificat, la Chiesa rinnova sempre meglio in sé la consapevolezza che non si può separare la verità su Dio che salva, su Dio che è fonte di ogni dono,
dalla manifestazione del suo amore di preferenza per i poveri e gli umili, che, cantato nel Magnificat, si trova poi espresso nelle parole e nelle opere di Gesù ” (Giovanni Paolo II, Enciclica Redemptoris Mater, 25 marzo 1987).
La seconda parte del Magnificat può far tremare i potenti di questo mondo: “ Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi, ha rovesciato i potenti dai
troni, ha innalzato gli umili, ha ricolmato di beni gli affamati... ” (Lc 1,51‑53).
In trasparenza è facilmente visibile un primo annuncio del discorso della Montagna. C'è tutto: i poveri, gli umili di cuore, gli affamati... la felicità: “
Beati!... Beati!... ”. Ma c'è anche la minaccia: “ Guai ai sazi, a coloro che godono delle proprie sicurezze, che sono tra i potenti e i ricchi ”.
Si può, a questo punto, comprendere la collera di Charles Maurras1 e di tanti altri nei confronti di questo canto, ch'egli chiamava “ la Marsigliese dei poveri ”, rallegrandosi che il popolo cristiano lo cantasse in latino e fosse, perciò,
poco in grado di coglierne “ il veleno rivoluzionario ”.
Una recente istruzione della Congregazione per la dottrina della fede felicemente ricorda che Maria faceva parte di quei poveri di Ihwh che vivevano nella speranza della liberazione
d'Israele: “ Personificando questa speranza, Maria supera la soglia dell'Antico Testamento. Ella annuncia con gioia l'evento messianico e loda il Signore che si prepara a liberare il suo Popolo. Nel suo inno
di lode alla divina misericordia, l'umile Vergine, a cui spontanemente e con tanta fiducia si rivolge il popolo dei poveri, canta il mistero della salvezza e la sua forza trasformante. Il senso della fede, così
vivo tra i piccoli, sa riconoscere tutta la ricchezza soteriologica ed etica del Magnificat ” (Istruzione su libertà cristiana e liberazione, n. 48).
Soteriologica: che riguarda la salvezza e la redenzione; etica: che è in rapporto con la morale. Più semplicemente, Maria, che si è nutrita dell'Antico Testamento,
sa riconoscere il vero Dio: colui che ama i poveri, che vuole salvarli tutti, liberarli... e che chiama ogni credente ad agire come Mosè: “ Ora va', Io ti mando... ” (Es 3,10). E la chiamata ad una liberazione totale, radicale dall'infelicità, dall'ingiustizia, dal peccato personale e collettivo: “ Beata colei che ha creduto...
(Lc 1,45). Al saluto di Elisabetta, la Madre di Dio risponde lasciando traboccare il suo cuore nel canto del Magnificat. Ella ci indica che è per la fede e
nella fede che, seguendo il suo esempio, il Popolo di Dio diventa capace di esprimere con le parole e di tradurre nella propria vita il mistero del disegno di salvezza e le sue dimensioni liberatrici sul piano dell'esistenza
individuale e sociale. E, infatti, alla luce della fede che si percepisce come la storia della salvezza sia la storia della liberazione dal male sotto la sua forma più radicale, e l'introduzione dell'umanità
nella vera libertà dei figli di Dio. Totalmente dipendente da Dio e completamente orientata verso di lui mediante lo slancio della sua fede, Maria è, accanto a suo Figlio, l'icona più perfetta della
libertà e della liberazione dell'umanità e del cosmo. E verso di lei che la Chiesa, di cui è la Madre e il modello, deve guardare per comprendere, nella sua integralità, il senso della missione
” (op. cit., n. 97).
Questa missione, Maria l'esprime con franchezza e coraggio. Ella la compie attraverso tutta la propria vita fino all'estremo dell'amore.
JEAN‑MARIE SÉGALEN
Lo so Madre Mia che tu vegli su di me in ogni momento
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