COMPOSIZIONE DELLA «MISTICA CITTÀ DI DIO»
Confronto con altri scritti della Venerabile
Un'altra via, che riteniamo valida e solida, per chiarire l'autenticità della Mistica Città di Dio, consiste nel confrontare quest'opera con altri scritti sicuri della Venerabile e comprovare l'unità di stile, l'affinità di
linguaggio; di pensiero, di idee, ecc., che si riscontra in essi. Per stabilire il confronto, scegliamo l'estesa corrispondenza epistolare che mantenne con il re Filippo IV; accidentalmente ricorreremo anche ad altre fonti:
lettera del papa Alessandro VII, risposte della Venerabile all'esame inquisitorio e varie. Poiché il tema è vastissimo, possiamo solo abbozzarlo. Vale a dire, ci limiteremo a rilevare alcuni indizi e a segnalare piste.
Cominciamo registrando la constatazione che in entrambi gli scritti, lettere al re e Mistica Città di Dio, si riscontra la presenza di espressioni identiche, che si ripetono a profusione.
Così, per esempio, in entrambe le opere si ripete moltissime volte, riferendosi a Dio, il qualificativo «l'Altissimo» e «l'Onnipotente»; e in minor
numero, però ugualmente con una certa frequenza, l'espressione «l'essere immutabile di Dio» e qualche altra simile. La spiritualità della Madre di Agreda ha qualcosa di sublime: lei ha gustato
e sentito come pochi l'ineffabilità dell'essere di Dio, la grandezza dei suoi attributi e, tanto nelle sue lettere al re come nella Mistica Città di Dio o nelle sue risposte all'esame inquisitorio, ne ha lasciato tracce toccanti. Suor Maria è un anima che ha un sentimento molto vivo della trascendenza
ineffabile di Dio.
Riferendosi alla condizione delle cose create, che sono per natura finite e limitate, la Venerabile usa le espressioni «coartato», «limitato». Queste espressioni
appaiono con frequenza nei due scritti.
La Venerabile ama anche usare la parola «repubblica», per designare l'insieme delle facoltà, dei sentimenti, ecc., che l'uomo possiede.
Parlando degli anni che trascorsero dalla creazione fino all'incarnazione, tanto nelle lettere al re come nella Mistica Città di Dio, appare lo stesso computo di 5199 anni.
Una delle idee che più costantemente affiorano, nell'ampia corrispondenza epistolare che suor Maria mantenne con il re Filippo IV è che le monarchie cattoliche devono stare
al servizio della Chiesa, difenderla, ecc. Tra queste monarchie lei vedeva che la Spagna era la principale. E senza dubbio questa fu la causa per cui con tanto impegno lavorò nella formazione spirituale di Filippo IV,
nonostante conoscesse bene i suoi difetti e sapesse lo scarso frutto che ottenevano i suoi sforzi. Orbene, nella Mistica Città di Dio, possiamo comprovare la presenza delle stesse idee.
«Visione astratta della Divinità» è terminologia o tecnicismo caratteristico della Madre Agreda. Non ricordiamo di aver visto questa espressione nelle lettere al
re. È’ noto che in esse suor Maria si propone di partecipare al suo destinatario quel che la luce divina le mostra, però ridotto all'ordine comune: «Nel modo che la distanza lo permette, rendo
partecipe V. M. degli insegnamenti che la divina luce mi concede, disponendoli secondo l'ordine comune e occultando il mistero del Re celeste, perché V. M. riceva da esso quel che è da gustare e gli altri
non lo conoscano».
Lo stesso dice nella Mistica Città di Dio (libro I, capitolo Il), quando spiega i modi delle comunicazioni divine e i diversi stati in cui la sua anima si trova rispetto ad essi. A volte - dice - Dio le dà licenza e ordine «di ammonire qualcuno;
tuttavia vuole che ciò sia fatto parlando al cuore con ragioni piane, chiare, comuni e caritative in Dio».
Nell'esame inquisitorio (risposta alla domanda 66) troviamo anche l'espressione «specie astrattive». La detta domanda 66 fu di questo tenore: «Se in qualche occasione
ha visto Dio chiaramente e distintamente e in quali tempi e occasioni».
La risposta della Venerabile a questa domanda è ampia e bellissima. Nega di aver mai avuto visioni intuitive, però crede di poter affermare di aver avuto un'altra visione
molto inferiore «per specie astrattive». Senza dubbio si riferisce all'esperienza mistica essenziale o contemplazione infusa.
Nella Mistica Città di Dio la Venerabile usa l'espressione «visione astrattiva» ripetute volte, attribuendola
alla Vergine. Dove più estesamente e di proposito si riferisce a questo genere di visione della Divinità che ebbe la Vergine è nella parte I, libro Il, numero 631ss.
La devozione agli angeli è un'altra caratteristica rilevante e notevole della spiritualità della Madre Agreda. Ella ha vissuto o creduto di vivere in relazioni intime con
questi spiriti celesti. Per la corrispondenza mantenuta con il re vediamo ugualmente che a lui raccomanda più volte questa devozione. Anche nell'esame inquisitorio le fu rivolta una domanda su questo punto; lei
confessò candidamente la devozione che sempre ebbe per gli angeli e i benefici che da essi aveva ricevuto; riconobbe anche senza esitazioni che a volte avvertiva intellettualmente la loro presenza. In quanto alla Mistica Città di Dio, è per di più conosciuto il ruolo tanto rilevante che in essa svolgono gli angeli in tantissimi episodi della vita della Vergine, per cui sembra superfluo e noioso fare citazioni.
Lo stesso, parallelamente, si può dire del posto che occupa il demonio, il suo intervento nel mondo, ecc. Suor Maria confessa candidamente di aver notizia e conoscenza di esso. La
sua lettera a papa Alessandro VII e talvolta la testimonianza più eloquente su questo punto. Le relazioni con il mondo soprannaturale sono in certo modo familiari. Sommamente interessanti a questo riguardo sono le rivelazioni
che ricevette o credette di ricevere di due egregi defunti, cioè, la regina Isabella di Borbone e il principe Baldassarre Carlos. Nella Mistica Città di Dio l'intervento del mondo diabolico è altresì molto frequente e del tutto conosciuto, perché siano necessarie citazioni.
Uno dei passi delle lettere al re che presenta un suo più evidente parallelismo con la Mistica Città di Dio è quello in cui descrive le doti di cui godrà il beato, tanto nella sua anima quanto nel suo corpo. Non solo le parole, ma persino alcune
intere espressioni sono identiche.
In una lettera scritta al re in data 19 marzo 1648 (vol. Il, p. 289) la Venerabile confessa che, dopo i misteri che appartengono all'essere di Dio, a Cristo e a sua Madre, quel che le
ha rapito l'anima e avvinto il cuore è la grandezza e meraviglia di un'anima in grazia, e descrive tale bellezza con termini splendidi. Nella lettera del 10 maggio 1649
(voi. Il, p. 370) dice che, descrivendo la Storia della Regina del Cielo, ossia la Mistica Città di Dio, ha ricavato un grande concetto e stima dello stato di grazia. Si dovrebbero citare molti passi della Mistica Città di Dio che si riferiscono a questo tema.
Sulla possibilità di raggiungere la perfezione con l'aiuto della grazia, scrive al re in una lettera del 25 ottobre 1647 (vol. Il, p. 254). Nella Mistica Città di Dio l'idea si trova in molti passi
Il ricorso costante alla sacra Scrittura è un'altra caratteristica degli scritti della Venerabile. Nella lettera al re del 5 luglio 1652 (vol. Il, p. 167) chiede scusa per questo,
però adduce che le parole della Scrittura possiedono un'efficacia divina e per questo ricorre ad esse; in quella del 7 novembre 1653 (vol. Il, p. 259) torna ad esprimere la stessa idea. Per quanto si riferisce alla
Mistica Città di Dio, possiamo dire che essa è tutta come un manuale di citazioni e allusioni al testo sacro, che evidenziano nell'Autrice una familiarità
e un grado di conoscenza veramente notevole dei libri santi.
E per il momento basta. Comprendiamo che questo lavoro di confronto della Mistica Città di Dio con altri scritti della Venerabile potrebbe essere portato molto avanti, e sicuramente con risultati positivi. Un semplice sguardo a due dei suoi opuscoli,
la Scala per salire alla perfezione e le Norme della sposa, dà l'impressione di identità di stile, di concezione, di tratto unico e di sentimento. Però non possiamo dilungarci oltre. I dati che abbiamo riferito si riducono il più delle volte
a dettagli lessicali e affinità di idee. Questi indizi, a prima vista insignificanti e irrilevanti, di solito sono i più indicativi, come sanno bene quelli che si occupano di critica storica.
Crediamo, insomma, che uno stesso modo di parlare e di sentire nell'anima si percepisca attraverso tutti questi scritti, e che questo manifesti abbastanza chiaramente la stessa Autrice,
con la sua individualità e personalità inconfondibile.
Suor Maria di Gesù Abbadessa del Monastero dell’Immacolata di Agreda dell’Ordine dell’Immacolata Concezione