Per la persona umana non esiste verità paragonabile alla ‘propria’ verità, quella che riguarda se stessa, in cui attinge la risposta alle domande ultime circa la sua esistenza.
«Lo sviluppo della scienza e della tecnica, splendida testimonianza delle capacità dell’intelligenza e della tenacia degli uomini, non dispensa dagli interrogativi religiosi ultimi l’umanità, ma piuttosto la stimola ad affrontare le lotte più dolorose e decisive, quelle del cuore e della coscienza morale» (Veritatis splendor, n. 1).
Il Concilio Vaticano II, nella Dichiarazione Dignitatis Humanae sulla libertà religiosa, ricorda che «tutti gli esseri umani sono tenuti a cercare la verità, specialmente in ordine a Dio e alla sua Chiesa, e sono tenuti ad aderire alla verità man mano che la conoscono e a renderle omaggio»:
«Dichiara che il diritto alla libertà religiosa si fonda realmente sulla stessa dignità della persona umana»; che «gli esseri umani, in quanto persone, dotate di ragione e libera volontà, investite di personale responsabilità, sono dalla loro stessa natura e per obbligo morale tenuti a cercare la verità, in primo luogo quella concernente la religione.
E sono pure tenuti ad aderire alla verità una volta conosciuta e ad ordinare tutta la loro vita secondo le sue esigenze» (n. 1.2).
Gesù parla di libertà a un popolo suddito dei romani, ma orgoglioso della propria identità.
Il disprezzo reciproco fra oppressori e oppressi, l’indifferenza e l’ostilità per la cultura dei ‘nemici’ si rendevano manifesti in modi più o meno violenti.
Il popolo d’Israele aveva un nazionalismo molto marcato, alimentato dalla convinzione d’essere stato investito di un compito particolare tra tutte le nazioni, affidatogli da Dio stesso: si sentivano popolo eletto, il popolo dell’Alleanza, il popolo della Promessa. Le invasioni subìte lungo i secoli, invece di mortificare questa coscienza, l’avevano rinfocolata: l’idolatria imposta con la forza aveva provocato per reazione un senso di distinzione, non privo di disprezzo, tra loro e gli altri popoli.
Benché fossero dominati duramente, non si riconoscevano schiavi, e conservavano un senso di interiore libertà e fierezza che nessuna persecuzione sembrava in grado di piegare.
Il sapersi discendenza di Abramo e di tenere in conseguenza strettamente in pugno le promesse di Jahvè, li proiettava verso un futuro nel quale finalmente si sarebbe affermato il Regno di Dio, che avrebbe restituito loro la piena indipendenza e una certa forma di supremazia nei confronti degli altri popoli.
L’attesa del Regno di Dio, attorno alla quale si coagulava ogni speranza, con il tempo andava però acquistando in prevalenza le caratteristiche di un rovesciamento politico-militare a loro vantaggio.
Su questo terreno si spiega la risposta entusiasta ai vari messianismi e il ricorso alla violenza nel tentativo di una rivolta, puntualmente soffocata nel sangue dalle potenze dominanti.
Immaginiamo l’effetto dirompente quando arriva Gesù, e con la sua autorità comincia ad avanzare riserve sul fondamento di tutte le loro certezze, facendo presente che per vedere il Regno di Dio non basta «essere figli di Abramo» (cf. Gv 8, 33).
Quando poi prospetta ai connazionali una liberazione attraverso la strada della verità (cf. Gv 8, 32), ne restano altamente offesi per il fatto che essa presupponeva il riconoscimento di uno stato di schiavitù. E questo i Giudei non intendevano assolutamente ammetterlo, e prontamente ribattono nel modo più risentito:
«Noi siamo discendenza di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno» (Gv 8, 33).
Il Regno di Dio richiedeva molto di più che il discendere da Abramo!
Questo “di più” il Maestro lo trova, stranamente!, non tra i figli d’Israele, ma tra i pagani.
Del centurione romano, al quale guarisce il servo, dirà «ammirato e rivolgendosi alla folla» per indicarlo come esempio:
«Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!» (Lc 7, 9).
Davanti alla donna siro-fenicia, che lo insegue per strappargli umilmente la guarigione della figlia indemoniata, esclamerà commosso:
«Donna, davvero grande è la tua fede!
Ti sia fatto come desideri» (Mt 15, 28).
Il Maestro non riconosce distinzioni tra Giudei e pagani: per lui esiste un solo Regno, quello del Padre, e tutti sono chiamati ad entrarvi.
La separazione è provocata, piuttosto, unicamente dalla Fede.
Chi crede ‘vede’ il Regno di Dio e in esso riconquista la piena libertà.
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