Con l'espressione "dubbio di fede" si indica la situazione di colui che non nega dichiaratamente una verità di Fede rivelata, ma nemmeno l'accetta, perché
la considera incerta se non addirittura falsa, e tiene sospeso il proprio assenso. Si tratta quindi di un dubbio libero, volontario, alimentato consapevolmente e chiuso ad una migliore conoscenza della questione. È
il caso di chi, per esempio, dice di proposito: "Cristo forse non è presente nell'ostia consacrata, forse lo è".
Tale stato d'animo è decisamente contrario all'essenza della Fede che, per quanto non sia evidente alla ragione umana per la sublimità dei suoi misteri, tuttavia
poggia sull'indiscutibile motivo dell'autorità di Dio Rivelatore e merita l'assenso certo e completo. Ora dubitare volontariamente di Dio significa credere più a se stesso che a Lui, anzi solo a se
stesso, e mettere in forse la sua veracità e onorabilità. E questo è peccato, dovuto ad omissione di fede interna e tanto più grave quanto più alto è la verità su Dio non accolta,
anche se non respinta.
Esaminando Dio con la sola luce della ragione, l'uomo non può fare a meno di concludere che Dio è veritiero e credibile, anche se non sempre comprensibile, e che l'uomo
deve credergli in tutto. Perciò chi vive nel dubbio di fede ha il dovere di sforzarsi di uscirne al più presto: "è men male l'agitarsi nel dubbio, che il riposar nell'errore" (A. Manzoni,
Storia della colonna infame), anzi, peggio, nel peccato.
In quanto abbiamo detto finora non rientra l'altro tipo di dubbio, che si può chiamare speculativo, ipotetico, accademico; quale può avere chi, supposta l'accettazione
del dogma, si domanda per esempio, perché mai Dio comandò ad Abramo di uccidere il proprio figlio (Gen. 22,2 ss.) o permise agli ebrei di involare i vasi preziosi degli egiziani (Es. 12,36). Interrogarsi con
questo spirito non solo non è male, ma è un gran bene, perché non intende affatto rimettere in discussione, ma semplicemente chiarire e approfondire quello che già si crede e si ritiene giusto e
certo, sulla Parola di Dio. È un contributo alla ricerca scientifica e alla personale presa di posizione nelle dispute. Anche nella scienza sacra il dubbio è padre del sapere.
Ancora diverso dal primo è un terzo tipo di dubbio non volontario e tanto meno ostinato, che non intacca nemmeno la certezza della persuasione. Può derivare da cause come
queste: o dal pensare che la verità messa nell'incertezza non sia rivelata, o da una certa forza interna che diminuisce la libertà, o dal non capire come questo o quel dogma possa armonizzarsi con altre affermazioni
della Rivelazione; ma sempre nel quadro di sincero, consenso a tutto il contenuto della Fede e con la dichiarata intenzione di accogliere la Verità appena viene trovata. Ha un aspetto privato e pratico.
Dubbi di questo genere non sono per nulla colpe, anzi possono essere segni di fervore cristiano proprio di chi vuol vivere una intensa vita di Fede. Però con il passar del tempo
potrebbe diventar colpa il trascurare di usare i mezzi necessari per vincere questi dubbi. Ondeggiare è pericoloso e, dice san Giacomo (1,6), "chi dubita, somiglia all'onda del mare percossa e sbattuta dal
vento". D'altra parte Dio si fa sempre trovare da chi lo cerca, e chi trova Lui trova la certezza.
La bella affermazione di S. Agostino: "Alimenta la tua Fede e i tuoi dubbi moriranno di fame!".
Sac. Pasquale Casillo
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