UN COMPITO NON FACILE
Esercitare il ministero delle Confessioni è uno dei compiti più difficili e logoranti per il sacerdote, perché, pur con tutti i condizionamenti che gli vengono dalla sua storia passata e dal suo presente, deve rapportarsi con persone il più delle volte sconosciute e diverse tra loro... e spesso ha solo pochi minuti per sbrogliare dei "groppi" piuttosto complessi, sui quali gli stessi penitenti molte volte fanno ben poco per aiutarlo a vederci chiaro.
Deve avere antenne sensibili per intuire situazioni di fragilità, di ansia, di dolore, o situazioni di superficialità, di spavalderia, di superbia... che spesso il penitente non manifesta chiaramente.
Inoltre, con ogni persona che ascolta, il sacerdote deve sapersi svestire del suo stato d'animo personale, o di quello assorbito da chi si è confessato qualche attimo prima, per sintonizzarsi con chi gli sta davanti in quel momento.
Questo continuo svuotarsi e riempirsi, questo passare da uno stato d'animo all'altro, esige un'elasticità che nessuno possiede come dote di natura e che porta facilmente a una spossatezza interiore.
Pertanto, meritano grande stima e riconoscenza quei sacerdoti che affrontano regolarmente e per ore la "fatica" del confessionale.
E va anche data comprensione a quei sacerdoti che talvolta, pur senza volerlo, lasciano trapelare, da una parola o dal tono di voce, qualche segno di stanchezza o di tensione. In questo caso non è tanto la disponibilità o la generosità che manca, forse si tratta solo di "batterie scariche", cioè di stanchezza e nulla più.
Ma in alcuni sacerdoti ci sono atteggiamenti che non vengono da uno stato d'animo particolare o da un momento di tensione e che sono quindi molto più preoccupanti: in questi casi il penitente non deve affatto sorvolare.
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