mercoledì 11 dicembre 2024

IL DOGMA DEL PURGATORIO

 


Soccorsi concessi alle anime: la santa Messa. - Giubileo di Leone XIII; solenne commemorazione dei morti nella prima domenica di settembre. Un religioso cistercense liberato dall'Ostia santa. - Il B. Enrico Susone.


 Noi vedemmo, ed ancora vediamo il santo entusiasmo col quale volle la Chiesa celebrare il giubileo sacerdotale del venerato suo Capo, il papa Leone XIII. Tutti i fedeli del mondo vennero a Roma, sia personalmente, o almeno col cuore, a deporre ai piedi del Vicario di Gesù Cristo i loro omaggi e le loro offerte: tutta intera la Chiesa militante esultò di gioia in mezzo alle lunghe sue prove. A questa allegrezza fu associata la Chiesa trionfante colla canonizzazione e beatificazione d'un numeroso gruppo delle gloriose sue membra: e non doveva prendervi parte anche la Chiesa purgante? Lo comprese Leone XIII, sempre guidato dallo Spirito Santo quando opera qual pastore supremo. Il Papa, con una lettera - enciclica, datata dal l° aprile 1888, stabilì che in tutto il mondo si celebrasse una solenne commemorazione dei morti nell'ultima domenica del mese di settembre. Dopo d'aver parlato con meraviglioso ardore della Chiesa militante, manifestò la sua gioia perché con essa si rallegrò la Chiesa trionfante: «Per mettere, dice il S. Padre, in qualche guisa il colmo a questa gioia comune, desideriamo che nel modo a noi il più possibilmente largo si compia il dovere della nostra carità apostolica estendendo la pienezza degl'infiniti tesori spirituali anche a quei figli amatissimi della Chiesa i quali, essendo morti da giusti, abbandonarono questa vita di combattimento col segno della fede e divennero i rampolli della mistica vigna, abbenchè non sia loro permesso d'entrare nella pace eterna, se non dopo d'aver pagato sino all'ultimo obolo il debito contratto colla giustizia di Dio. «A ciò siamo indotti e dai pii desideri dei cattolici, ai quali sappiamo che la nostra risoluzione tornerà sommamente cara, e dalla spaventevole atrocità delle pene che soffrono le anime dei defunti; ma particolarmente c'inspiriamo all'uso della Chiesa, la quale, anche nelle più liete solennità dell'anno, non dimentica di fare la santa e salutare commemorazione dei defunti, onde siano assolti dai loro falli. «E per questo, siccome è certo, secondo la dottrina cattolica, che le anime ritenute nel Purgatorio sono sollevate dai suffragi dei fedeli e sopratutto dall'augusto Sacrifizio dell'altare, Noi pensiamo non poter loro dare pegno più utile e desiderabile del nostro amore, che dappertutto moltiplicando, per l'espiazione delle loro pene, la pura offerta del santissimo Sacrifizio del divin nostro Mediatore». Che di quanto si possa fare a favore delle anime del Purgatorio, niente vi sia tanto prezioso quanto l'immolazione del divin Salvatore all'altare, oltre essere dottrina espressa della Chiesa, manifestata nei suoi Concili, è confermato da molti fatti miracolosi, autentici, che tolgono al proposito ogni dubbio. Già parlammo d'un religioso di Chiaravalle liberato dal Purgatorio per le preghiere di S. Bernardo e della sua comunità. Questo religioso, la cui regolarità aveva lasciato a desiderare, era dopo morte comparso a S. Bernardo per domandare straordinari soccorsi. Il santo abate, con tutti i fervorosi suoi discepoli, s'affrettò di far offrire preghiere; digiuni e messe pel povero defunto. Questi fu ben presto liberato, e pieno di riconoscenza era comparso ad un vecchio della comunità che per lui in modo particolare si era interessato. Interrogato circa l'opera d'espiazione che a lui aveva recato maggior profitto, invece di rispondere, prese per mano il vecchio, lo condusse alla chiesa ove in quel momento si celebrava la Messa: «Ecco, disse, mostrando l'altare, la grande forza liberatrice, che ruppe le mie catene! ecco il prezzo del mio riscatto: è l'Ostia salutare che toglie i peccati del mondo!» (61).

Ecco un altro fatto, riferito dallo storico Ferdinando di Castiglia e citato dal Padre Rossignoli. Fra gli studenti dei corsi superiori dell'università, si trovavano a Colonia due religiosi domenicani di distinto talento, uno dei quali era il beato Enrico Susone. Gli stessi studi, lo stesso genere di vita, e sopratutto lo stesso gusto per la santità, avevano loro fatto contrarre un'intima amicizia e vicendevolmente si comunicavano i favori che ricevevano dal Cielo. Terminati i loro studi, vedendosi alla vigilia di separarsi per ritornare ognuno al proprio convento, s'accordarono e si promisero a vicenda che il primo dei due che morisse sarebbe soccorso dall'altra, per un anno intero, con due messe per settimana: il lunedì, una messa da Requiem, secondo l'uso, ed il venerdì quella della Passione, per quanto lo permettessero le rubriche. Assunto l'impegno, si diedero il bacio di pace ed abbandonarono Colonia. Per parecchi anni continuarono, ognuno da parte sua, a servir Dio col più edificante fervore. Il religioso il cui nome non è espresso, fu il primo chiamato al giudizio, e il beato Susone ne ricevette la notizia con grandi sentimenti di sommissione alla divina volontà. Quanto all'impegno preso, il tempo gliela fece dimenticare. Pregava molto pel suo amico, a suo favore s'imponeva nuove penitenze e molte sante opere, ma non pensava a dire le convenute messe. Stando una mattina a meditare in disparte, tutto ad un tratto vide Comparire dinanzi a lui il defunto suo amico, il quale, teneramente guardandolo, gli rimprovera d'esser stato infedele ad una promessa data, accettata, sulla quale aveva diritto di contare con confidenza. Il beato, sorpreso, si scusò della sua mancanza, enumerando le orazioni e mortificazioni fatte e che continuava a fare per un amico, la cui salvezza gli era non meno preziosa della sua. «E forse, fratel mio, aggiunse, che non vi bastano tante preghiere e buone opere che per voi offrii a Dio? - Oh! no, rispose l'anima sofferente: ciò non basta: è il sangue di Gesù Cristo che deve spegnere le fiamme da cui son consumato; è l'augusto Sacrifizio che mi riscatterà da questi spaventevoli tormenti. Dunque, ve ne scongiuro, mantenete la vostra parola, e non rifiutatemi ciò che giustamente mi dovete». Il beato si affrettò a rispondere a quell'infelice che al più presto avrebbe soddisfatto al suo obbligo, e che per riparare il suo fallo, avrebbe celebrato e fatto celebrare un numero di messe maggiore della promessa. Infatti, all'indomani, parecchi sacerdoti, pregati dal beato Susone, offrirono pure per lui il santo Sacrificio, e lo stesso atto di carità si continuava nei giorni seguenti. Passato un po' di tempo, di nuovo apparve l'amico al beato Susone, ma in tutt'altro stato: aveva la gioia sul volto, ed una purissima luce lo circondava. «Oh! grazie, mio amico! gli dissi; ecco che pel sangue del Salvatore sono liberato dalle pene. Salgo al Cielo per contemplar Colui che tanto spesso assieme adorammo sotto i veli eucaristici». Il beato Susone si prostrò per ringraziare il Dio d'ogni misericordia, e meglio comprese l'inestimabile prezzo dell'augusto Sacrifizio dei nostri altari (62).

 Padre F. S. SCHOUPPE d. C. d. G.

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