Del conformarsi in tutto alla volontà divina.
Perché l'adempimento perfetto della volontà di Dio non consiste solamente nel fare tutte le cose per Dio, ma in patire ancora con contento e gusto tutto quello che ci succederà di avverso, poiché tutto viene ordinato dalla sua pietosa mano per nostro bene e profitto, io proporrò qui più particolarmente la pratica di questa conformità, con un caso di grande ammaestramento, che racconta il Taulero, in un ragionamento cioè che ebbe un teologo con un poveretto, che Dio gli mandò innanzi, per insegnargli questa divina teologia. Epperò io narrerò qui tutto quel dialogo, che insieme ebbero; perché, oltre insegnarci un perfetto esercizio di conformarci alla volontà divina, ci dichiara ancora il gran bene che in questo si ritrova.
Un teologo molto insigne, non assicurandosi del suo sapere per servire a Dio, desiderava con umile cuore di ritrovare alcun servo di Dio esercitato che gli insegnasse la strada della verità: dopo d'aver domandato ciò a Dio, per otto anni continui, finalmente un giorno udì una voce che gli disse: «Esci fuori sulle scalinate del tempio e troverai qui vi un uomo che ti insegnerà la strada della verità.» E uscendo il teologo, ritrovò un povero mendico, i cui panni vecchi e stracciati non valevano tre quattrini, coi piedi nudi e tutti infangati, di tale aspetto, che mostrava necessità di ogni corporale bisogno. Era però sì ricco di celeste sapienza, che diede a quel teologo un tanto spirituale rimedio e tanto eccellente e tanto ammirabile dottrina, quanto egli l'aveva desiderata e meritata, con quelle orazioni ripiene di buoni e umili desideri, come si vedrà nel dialogo, che ebbero insieme.
Eccolo :
Teologo: Dio ti dia il buon giorno, fratello.
Mendico: Io ti ringrazio del saluto, che mi dai: ma ti faccio insieme sapere che non mi ricordo di aver giammai avuta giornata cattiva, né principio di giorno, che non sia stato buono.
Teologo: Sia come tu dici; e coi giorni buoni, che sempre hai, Iddio ti aggiunga buona fortuna e prosperosa sorte.
Mendico: Buone cose tu mi desideri (sia per amor di Dio) ; ma sappi una verità: che io non fui mai sfortunato, né mai patii disgrazia alcuna.
Teologo: Prego Dio, fratel mio, che con l' altre buone sorti che hai, sii insieme beato lo confesso la verità, che il mio intelletto non capisce bene quello che significhino le tue cosi assolute parole.
Mendico: Ti faccio sapere, perché tu ti meravigli, che a me non è mancata, né manca la beatitudine.
Teologo: Cosi Iddio ti salvi!... Parlami più chiaro, perché il tuo linguaggio è per me troppo oscuro.
Mendico: Son contento, e di buona voglia lo farò. Ti ricordi con quante maniere mi hai salutato?
Teologo: Ben me ne ricordo, con tre: col buon giorno, con la buona fortuna, col desiderio della beatitudine.
Mendico: Ti sovvengono le mie risposte?
Teologo: Eccole: mi hai risposto che non hai mai avuto giorno cattivo, che non sei mai stato sventurato e che non ti è mancata mai la beatitudine. Queste sono le tue risposte, e queste ho confessato di non intendere; epperò ti prego che me le dichiari.
Mendico: Sappi, frate mio, che sono buoni per noi quei giorni, i quali impegniamo nelle lodi di Dio, il quale per questo stesso ci concede la vita; e cattivi sono per noi, quando in essi ci allontaniamo dal dare a Dio la gloria, che gli dobbiamo. Siano prosperi o avversi gli accidenti che alla giornata succedono; saranno tutti buoni i giorni, se noi lodiamo il Signore nella nostra volontà.
lo, come tu vedi, sono mendico e molto bisognoso, vado pellegrinando per il mondo, non ho rifugio, né luogo dove ricoverarmi, e nei viaggi incontrai gravi travagli: che se, per non trovare chi mi dia limosina, patisco fame, lodo di ciò Dio; e se mi piove addosso, o mi percuote la grandine, lodo di ciò Dio; se gli uomini mi disprezzano come miserabile, lodo pure Dio; e se, per andar mal vestito, patisco freddo, lodo Dio; in una parola tutto quello che mi si offre di avverso, mi è materia di divine lodi. E in questa maniera il giorno per me è buono. E quando mi fanno alcun piacere o dispiacere, ne lodo Dio, e tengo la mia volontà soggetta a lui, dandogli in tutto somme lodi; perché le avversità non fanno il giorno avverso, ma piuttosto lo fa la nostra impazienza, che nasce dal non tenere la nostra volontà soggetta a Dio, né esercitata nelle divine lodi in ogni tempo.
Teologo: Veramente, fratello, tu hai grande ragione in ciò che dici dei giorni buoni: già ho adesso inteso che sono buoni quei giorni che passiamo lodando Dio.
Mendico: Ho detto che non fui mai sfortunato, né ho patito sventura, e ho detto la verità, perché tutti teniamo per buona sorte quando ci avvengono cose tanto buone e prospere che non ci è più che desiderare, né migliorare. Ed essendo verissimo che quello che Dio ci dà e ordina che ci succeda, è per noi il meglio, ne segue che, non solo io, ma qualsivoglia altro uomo, che abbia aperti gli occhi dell'anima e che consideri le cose come cristiano, deve tenersi per fortunato in qualsiasi cosa, che gli succeda o che Dio gli dà e ordina che gli uomini gli facciano, perché allora nessuna cosa le può accadere che sia meglio per lui.
Teologo: Dimmi, fratello; come eserciti questa dottrina tanto buona e questa verità tanto certa, e come da essa cavi tanto frutto che ti faccia tanto avventurato, quanto tu dici che sei?
Mendico: lo so vivere con Dio, come figliuolo che vive con suo padre; e considero che Iddio é un buon padre, che ama i suoi figliuoli; ed essendo lui potente e saggio, sa e può dare e provvedere a' suoi figliuoli quello che ha ad essere meglio per loro. E così se vuole che quello che mi accade, sia gustoso all'uomo, o no, se vuole sia dolce o amaro, se vuole sia onorevole o disonore vale secondo il mondo, se vuole sia salutifero o contrario alla salute, questo tengo per meglio, e con esso mi reputo molto più bene, che con qualsivoglia altra cosa. E in questa maniera tengo per buona sorte tutto quello che mi avviene e di tutto rendo grazie a Dio.
Teologo: Resta la terza risposta, che mi hai dato, dicendo che non hai mai giorno senza beatitudine. Questa mi sembra molto difficile ad intendere; ma mi persuado che me la renderai tanto chiara, come le altre due.
Mendico: Così farò con la grazia di Dio, ma sta attento. Per beatitudine intendiamo tra gli uomini quella di colui che ha ciò che desidera; che in tutto riesce e la cui volontà sempre si adempie senza l'esistenza. Non v'ha uomo nel mondo, che, vivendo secondo quello che vuole, arrivi ad avere questa beatitudine intera: e ciò è manifesto. Nel cielo l'hanno interamente i beati; e la ragione è, perché non vogliono più di quello che vuole Dio. Lo stesso avviene tra gli uomini mortali, quando uno ha mortificati i suoi appetiti ed ha interamente rassegnata la sua volontà a quella di Dio, rallegrandosi di quello che Dio fa, così circa del medesimo uomo, come circa degli altri uomini.
Questi lo possiamo chiamare beato in terra, perché ha gusti celestiali, vedendo che in tutto si fa la sua volontà, la quale è conforme a quella di Dio.
Teologo: Dimmi: come tu poni in opera questo divino insegnamento?
Mendico: lo ho determinato di dipendere dalla volontà di Dio in tal maniera che la mia non trapassi mai la sua, e conformandomi tanto intieramente ad essa, che non mi rimanga alcun volere: e in questo modo vivo contento e mi tengo beato, perché quanto fa Dio, mi dà molto particolar gusto, e assai più dolce e soave di quello che ha l'uomo, il quale fa quanto i suoi appetiti desiderano.
Teologo: Io ho molto bene inteso in che consiste la tua beatitudine, e mi pare molto grande verità quello che mi dici. Ho però un dubbio intorno alla rassegnazione, che convien fare a Dio della nostra propria volontà; dimmi: Che cosa faresti e diresti se Dio ti volesse gettare nei profondi abissi dell'inferno?
Mendico: lo ho due braccia spirituali: l'uno é l'umiltà, che tengo soggetta a Gesù Cristo, con la quale sto unito alla sua sacratissima umanità, e questo braccio é il sinistro: l'altro destro é l'amore, con il quale sto unito e abbracciato con la divinità del medesimo Gesù Cristo, e con questo braccio lo tengo abbracciato tanto stretto, che cadendo io all'inferno senza peccato, non lascerei di stare con Dio: e in questo caso io terrei per cosa migliore andar coll'amicizia di Dio all'inferno, che stare senza la sua grazia nel luogo più delizioso che si possa immaginare.
Teologo: Già intendo che vuoi dire due cose: la prima é che la profonda umiltà é una scorciatoia divina per andare a Dio. La seconda é, che avendoci Dio obbligati col suo comandamento ad amarlo, non ci comanderà mai altra cosa in contrario. Onde dobbiamo dire a Dio: Signore, purché io ti ami, purché stia in tua grazia, purché non sia privo di lodarti, gettami dove ti piace, perché ogni luogo mi riuscirà buono, stando in tua compagnia.
Mendico: Mi. hai inteso bene. Orsù, hai ora alcun altro dubbio?
Teologo: Dimmi, fratel mio: giacché stai tanto unito con Dio, dove lo troverò io adesso per unirmi con lui? Perché nessun altro luogo sarà meglio per me, che quel medesimo dove tu lo hai trovato.
Mendico: Né tu lo troverai in alcun luogo, né io, né altri, se non dove lasceremo le creature per lui.
Teologo: Dove ora hai lasciato Dio?
Mendico: Nei cuori puri e negli uomini di buona volontà: in questi l' ho lasciato, e in questi sono per ritrovarlo.
Teologo: Non posso non domandarti, chi tu sei, perché vorrei conoscerti e che restasse nella mia memoria il tuo nome, in riguardo dei benefici, che in questo giorno ho da te ricevuti.
Mendico: Non ti posso dar più certa risposta, con la quale ti discuopra chi sono, che dirti: io sono realmente re.
Teologo: Come è possibile, che tu sii re? Dunque tu hai regno?
Mendico: Il regno lo tengo nell'anima mia, perché so reggere tutti i miei sentimenti e potenze interiori ed esteriori, e tengo soggetti alla ragione tutti gli affetti e le potenze dell'anima mia. E veramente, fratello, sopra tutti i regni del mondo, questo è unico, e nessuno ne dubiti. Quindi intendi con quanta ragione mi chiamo re, avendo io per la divina grazia questo regno.
Teologo : Vedo che te ne vuoi andare. Ma dove sei per inviarti? Lo vorrei sapere.
Mendico : Vado là, donde vengo.
Teologo: E donde vieni?
Mendico : Vengo da Dio, e però il mio viaggio è da Dio e a Dio, e quegli che viene meco è il medesimo Dio. E se non intendi questo che ti dico, te lo spiego. Essendo Dio presente in ogni luogo, e stando la sua essenza in tutte le creature, ancorché io muti luogo, e siano varie le creature, che vedo e con le quali mi trattengo e parlo, ritrovo in tutto Dio e più lui che quelle, e più vado tra lui che tra quelle. Anzi se esse mi avessero a nascondere Dio o disturbarmi che in esse non lo ritrovassi, fuggirei da esse, come da nemici mortali.
Teologo: Fratel mio, come sei arrivato a tanto grande perfezione?
Mendico: Con tre cose: continuo silenzio, alti pensieri, unione con Dio, perché in nessuna cosa, che sia sotto di Dio, ho potuto ritrovar riposo, né quiete. Perciò adesso riposo e riposerò nel mio Dio in somma pace, perché l'ho ritrovato. E però, se tu vuoi farti un tesoro di perfezione e avere vero riposo, non lo cercare nelle altre creature, né portar loro rispetto, quando t'impediscano l'avvicinarti a Dio. Esercitati molto di proposito in quelle tre cose sopradette: osserva perfetto silenzio, fuggi la conversazione degli uomini, che impedisce per lo più la pace e l'allegrezza, che con Dio guadagna il silenzio; i tuoi pensieri non siano bassi, ma alti, non di cose temporali, ma eterne, non umane, ma divine, non di carne, ma di spirito, non della terra, ma del cielo; l'unione con Dio sia la tua vita: distaccati da tutto il creato, come se non fossero creature nel mondo, procura di tenere il mondo per morto, rimiralo come una casa, nella quale è acceso il fuoco e si abbrucia, dalla quale fuggono quelli che non vogliono perire in essa. E in questa maniera ti hai a sbrigare dal mondo e ti ritroverai più disposto per unirti con Dio, per aver pace e riposo con lui, il quale supplico che ti dia la sua grazia e ti disponga a far così come ti ho insegnato.
P. EUSEBIO NIEREMBERG, S. J.